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Autore: Alex Wolf    09/09/2013    7 recensioni
Dal primo capitolo:
« Ma che cosa fai? Mettimi giù rampollo viziato!. »protestai nel mentre il mio sedere toccava il cuoio chiaro della sua sella.
« Quanto sei bisbetica. » borbottò salendo dietro di me e passando le sue mani attorno ai miei fianchi per prendere le redini.
« Togli quelle mani, guido io. » ringhiai afferrando d’impulso le redini e procurandomi una fitta alla spalla.
« Smettila. » mi riprese il principe scocciato levando le mie mani dalla giuda e riportandoci le sue. « E sta zitta. Hai già parlato troppo. » spronò il cavallo.
Risucchiai le guance e le labbra all’interno e le rilasciai andare con uno schiocco frustrato.
« Se dovrò viaggiare così, tanto vale che mi metta comoda. » borbottai appoggiando la mia schiena al suo torace e chiusi gli occhi. « Se ti metti a cantare qualche canzone in elfico ti strappo le labbra. » aggiunsi.
Non fatevi ingannare dalle apparenze, leggete e poi saprete dirmi che ne pensate ;)
Storia ispirata al film "la compagnia dell'anello"
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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When you let her go.     
 
 


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Tre giorni dopo, quando le tenebre ci avevano circondato e non sapevamo più se era notte o giorno, cominciai a sentirmi rinchiusa, in trappola. Tutto, attorno a noi, illuminato dalla luce, che proveniva dal bastone di Gandalf, proiettava ombre lunghe e storte, deformate dalla rovina.  Stavamo risalendo delle scale rovinose quando mi voltai e in lontananza, nelle profondità della roccia, scorsi un movimento. Che sia un goblin?, pensai. Mi fermai, tenendo lo sguardo fisso sulla figura, e poi allungai una mano per afferrare la manica della camicia del re, davanti a me. Aragorn si voltò a guardarmi, sorpreso e incuriosito. « Guarda », gli dissi solamente, e con un cenno del capo gli indicai la figura. Lui la scrutò con i suoi occhi azzurri e corrugò le sopracciglia « E’ Gollum », mi riferì poggiando una mano sulla mia schiena, « Non fermiamoci, è meglio », e mi diede una leggera spinta verso l’alto. Voltai il capo riprendendo a camminare. Più andavo avanti, più mi sentivo osservata da quell’essere. Io sapevo chi era stato e com’era fatto, ma non riuscivo a ricordare che cosa avesse in comune con la compagnia, cosa c’entrasse in questa storia. Mi resi conto che, piano piano, i miei ricordi stavano svanendo e che presto avrei dimenticato tutto. Dovevo chiedere spiegazioni a Gandalf il prima possibile. Con quel pensiero in mente continuai sulla mia strada, arrampicandomi sui ripidi scalini, evitando di toccare le ossa e i crani dei poveri nani defunti. Era tutto così raccapricciante. Finalmente arrivammo alla fine del percorso e ci ritrovammo con i piedi saldi a terra, su una piccola piazzuola. Altri pochi scalini portavano a un piano rialzato sul quale si aprivano tre porte scavate nella pietra. Gandalf si bloccò all’inizio della prima e illuminò tutto meglio.
« Non ho memoria di questo posto », ammise dopo un paio di minuti. La mia mascella, credo, toccò terra dopo quell’affermazione. Come poteva lui, guida della compagnia, non ricordarsi la strada da percorrere? Era il colmo. « Quindi… è ora della pausa? », domandò Marry entusiasta. « Cibo! », sorrise successivamente. Dopo aver acceso un, miracoloso, fuoco ci sparpagliammo. Lo stregone grigio si sedette su una grossa pietra, posta proprio davanti alle tre porte, dandoci le spalle per pensare. Boromir e Aragorn si appoggiarono a una parete, e il re prese a fumare la sua pipa. Solo a guardarlo mi veniva male, odiavo il fumo, portava alla distruzione della persona stessa. Gimli era seduto, gambe a penzoloni, su un’altra roccia, anch’esso a fumare. Legolas se ne stava con una spalla appoggiata a una parete grigia e fredda, le braccia conserte al petto e gli occhi azzurri rivolti alle fiamme, che danzavano nelle sue iridi come ballerine. I quattro hobbit si erano riuniti, nel masso sul masso più alto. Io girovagavo curiosa, e anche perché non riuscivo a stare ferma. Tutta quella situazione, per i miei standard, era pazzesca.
« Ci siamo persi? », sentii mormorare Pipino. Io, che in quel momento, ero intenta a dilettarmi a distruggere una piccola pietra, o a tentare di farlo, alzai gli occhi verso di lui. « No », sentii rispondere Marry, sicuro. « Io credo di si », continuò imperterrito il piccoletto. Corrugai le sopracciglia e poi le inarcai. « Shhh, piantala. Sta’ pensando », gli disse Marry scocciato. « Marry », mormorò poi Pipino. « Ch vuoi?! », domandò esasperato l’amico. « Ho fame », piagnucolò l’esserino. Stufa di quella conversazione, e annoiata, tornai al mio sasso. Lo tenni stretto in mano finché le nocche non diventarono bianche, poi quando vidi che non succedeva nulla, che la pietra non dava segni di voler, neanche, minimamente venarsi, sbuffai esasperata e lo gettai a terra con un ringhio frustrato. I miei compagni mi fissarono e poi tornarono al fuoco, o al fumo.
Ma che problemi ha?, borbottò Aragorn masticando l’imboccatura della sua pipa, ma poi chi le capisce le donne?, aggiunse sbuffando una nuvoletta di fumo. Lo guardai piegando la testa e mi preparai a ribattere, e l’avrei fatto se un’altra voce non si fosse mezza in mezzo. Come farò ad andare avanti, con questa ragazza, nella compagnia se sbotta per qualunque cosa?, riconobbi il tono di Gimli, l’ho sempre detto che le nane sono le migliori. M’indignai e poggiai le mani sui fianchi. E’ pazza, ma potrebbe funzionare come moglie, si disse Boromir, magari cucina bene ed è brava anche in qualcos’altro. Spalancai le palpebre e poi le socchiusi, acidamente. Come potevano solo pensare quelle cose di me? Incrociai le braccia al petto e mi sedetti dando loro la schiena. Ma un dubbio mi crebbe nel cervello. Come potevo io ascoltare i loro pensieri? Come ci riuscivo? Mi appuntai mentalmente di chiedere anche questo a Gandalf. Sicuramente ci riuscivo grazie alla mia passata avventura nella Terra di Mezzo, ma volevo comunque risposte. Nel mentre io pensavo a queste cose, Gandalf stava spiegando a Frodo cosa fosse Gollum e cosa pensasse, cosa bramasse. Io mi voltai verso i due, che ora stavano discutendo sulla morte e la vita, e poi tornai a guardare l’ombra. Solo allora mi accorsi che la creatura Gollum era affacciata da un sporgenza, non lontano da me. Rimasi immobile, pietrificata e impaurita. Un pensiero mi balenò in mente allora: io avevo sempre avuto paura di lui, e ora non era diverso. I suoi enormi occhi azzurri ci scrutavano, penetranti e paurosi. La pelle bianca, ma non di un bianco candido come quello di Legolas, bensì un bianco giallastro, malaticcio, si poteva intravedere dalle mani attaccate a qualcosa. Mossi una gamba, col pensiero di allontarlo, un po’ come si fa con i piccioni, ma lui si avvicinò e tentò di mordermi. Allora mi alzai e gli sputai contro avvicinandomi al fuoco. Gollum gracchiò e tornò nell’ombra, dove scomparve.
« Ti sei fatta un nemico », mi disse Gimli mordicchiando la sua pipa, « Io starei attenta la notte, d’ora in poi. Non si sa mai cosa passi per la testa di quella cosa ». Gli rifilai un’occhiata di sottecchi e il nano mi sorrise, scacciando una nuvoletta di fumo dalle labbra. « Io non credo », cercai di convincermi. La verità era che quell’affermazione mi aveva scalfito la corazza “senza macchia e senza paura”.
Pensaci, Eleonora. E se si muovesse nella notte per ucciderti, o mangiari? Dopo tutto è un essere orrido e crudele, pensai rabbrividendo.  « Ah! Quella è la via! », parlò Gandalf. Ci voltammo tutti nella sua direzione e ci alzammo.  « Ah! Se l’è ricordata », gioì Merry cavandosi la pipa di bocca. « No… ma laggiù l’aria non ha un odore così fetido », lo smentì subito il mago, avvicinandosi ad una delle porte col capello in mano, poi poggiò una mano sulla spalla del mezz’uomo e disse: « Quando sei in dubbio, Meriadoc, segui sempre il tuo naso », e prese a scendere. Lo seguimmo tutti, in fila indiana, e quando ci ritrovammo a percorrere le scale a chiocciola sulle quale ci conduceva, non  potei trattenermi e domandai, sottovoce al nano: « Secondo te mi mangerà davvero? ».
 
Vari scalini dopo ci ritrovammo in uno spiazzo con Gandalf che borbottava qualcosa e il suo bastone che emanava altra luce. Davanti a noi si estendeva un immenso salone, con giganteschi pilastri di pietra che sorreggevano il soffitto. Solo tentando di guardare in alto, versa la fine di questi, mi venne il torcicollo. A terra, grosse pietre crollate dall’alto, erano sopite un po’ ovunque. Legolas saltò giù da una di esse, seguito da Boromir, mentre Aragorn e gli altri preferirono la strada composta dagli scalini. Io esitai, indecisa, ma a un tratto sentii due mani forti stringermi i fianchi e poi mi ritrovai sollevata e di nuovo a terra. Boromir sorrise sodisfatto. Sibilai un “Tzé” fra i denti e lo scansai raggiungendo gli altri. « Un grazie sarebbe gradito », mi rimbeccò lui da lontano. Feci un mezzo giro su me stessa e alzai le spalle, non curante.
« Ammirate, il grande reame della città dei nani. Nanoster », disse Gandalf girando su se stesso. « Ti fa spalancare gli occhi, certo », mormorò Sam, sorpreso. Procedemmo silenziosi, nei meandri della capitale, mentre attorno a noi i grandi pilastri restavano muti. « Secondo voi verrà a prendermi? », domandai impaurita, accostandomi a Gandalf. « Chi? », domandò lo stregone. « Gollum! Gli ho sputato contro!... E se volesse uccidermi?? », strinsi forte il braccio dell’uomo. « Farebbe così! », qualcuno poggiò le sua mani sulle mie spalle all’improvviso, e qualcun altro sui miei fianchi. Io ingoiai un urlo acuto, presi il bastone dalle mani di Gandalf e lo rifilai nel fianco di chi mi aveva spaventata, terrorizzata a mia volta. Legolas saltò evitandolo, per un pelo, mentre Boromir lo prese in pieno, gemendo e inveendo. Sbattei le palpebre e ridiedi il bastone al vecchio, riappoggiandomi al suo braccio.  « Sei pericolosa, ragazza », rise Gimli, facendo roteare la sua ascia.
 

 
°  °
 
 

Il vecchio mago prese dalle mani di uno scheletro un grosso tomo. Solo un raggio di sole penetrava nella stanza in cui ci trovavamo e i pianti di Gimli la riempivano di rumore. Stava piegato sulla tomba di suo cugino Balin, mentre io arrancavo in giro alla ricerca di qualche arma di cui appropriarmi. La mia era andata distrutta dopo l’incontro con l’enorme polpo. « Dobbiamo proseguire. Non possiamo indugiare », disse calmo Legolas, ma la sua voce, alle mie orecchie, tradì la tensione  che in realtà provava. « E dove andremo? Come minimo, con tutto il rumore che Gimli sta facendo, o a causa di Gollum, i goblin sapranno già che siamo qui… siamo sfacciati », mormorai. Ma la stanza era talmente silenziosa, ora, che il mio pensiero rimbalzò sulle pareti e fu udibile da tutti. Gli altri mi lanciarono uno sguardo critico, io non potevo vederli perché ero intenta a strappare dalle mani di uno scheletro una grossa ascia, ma sentì il peso dei loro occhi sul mio capo. « Hanno preso il ponte, e il secondo salone. Abbiamo sbarrato i cancelli, ma non possiamo resistere a lungo. La terra trema. Tamburi. Tamburi negli abissi », lesse lo stregone, riuscendo a catturare la mia attenzione. Finalmente strinsi l’ascia fra le mani e mi ricongiunsi al gruppo, affiancando i piccoli hobbit e la spalla di Legolas. Il calore che il suo corpo irradiava, anche attraverso i vestiti, scaldò i miei e mi donò un senso di quiete, anche se durò solo un attimo. « Non possiamo più uscire », continuò. I miei occhi corsero nella stanza in cui eravamo, sulle pareti, sui miei compagni. « Un’ ombra si muove nel buio. Non possiamo più uscire. Arrivano », concluse il mago. Calò silenzio, interrotto da un rumore sordo che mi fece sobbalzare. Gollum! E’ venuto a mangiarmi!, gridai a me stessa, colta alla sprovvista, e mi ritrovai contro Legolas. Intrecciai le mie dita alle sue e strinsi la presa, talmente tanto che le mie nocche divennero bianche subito. Gli occhi azzurri dell’elfo mi scrutarono sorpresi, e sul suo volto si dipinse un sorrisetto, divertito. Lo ignorai e continuai a guardarmi attorno, in cerca di quel mostruoso essere. I rumori cessarono e tutti rimasero a guardare Pipino, che ora avevo lo sguardo a terra. Feci due calcoli e capii che era stato l’esserino a creare tanto rumore. Imbarazzata mi staccai da Legolas e portai le mani sulle spalle. L’ascia mi era caduta poco prima.  « Idiota di un Tuc », sbottò Gandalf, « Gettati tu, la prossima volta, e liberaci dalla tua stupidità ». Nessuno osò parlare, ribattere il mago per difendere l’ometto. In fondo Gandalf aveva ragione. « Andiamocene », mormorai chinandomi a prendere l’arma nanica. Proprio in quell’istante il fragore dei tamburi risuonò per tutta la capitale. Assieme agli strumenti arrivarono anche le grida degli orchi. Mi ritrovai a stringere più forte l’impugnatura dell’ascia e a muovere le spalle, più carica che mai. Evidentemente il potere dell’anello, di dare forza nei momenti più opportuni, come mi aveva detto Elrond, era entrato in azione. Feci roteare l’arma sul palmo e aspettai.
« Gli orchi », mormorò l’elfo biondo. « Che grande, grandissimo genio che sei elfo silvano », sborbottai correndo ad aiutare Boromir  a chiudere il grande portone d’entrata. Aragorn ordinò agli hobbit di nascondersi dietro lo stregone mentre ci raggiungeva. Un ruggito più forte degli altri mi fece tremare le ossa. « E’ un troll di caverna », ci disse Boromi, intento a serrare la porta con delle asce. Ci allontanammo dalla porta e aspettammo. L’uscio era scosso violentemente e dietro di esso le grida e ringhi degli esseri risuonavano spaventosi. « Speriamo in bene », mi dissi.
« Arrg! Che vengano pure, troveranno che qui a Moria c’è ancora un nano che respira », ringhiò, letteralmente, Gimli. Mi voltai e vidi Aragorn con un arco in pungo. Alzai gli occhi al cielo e scossi il capo. Ma fai sul serio?, avrei voluto chiedergli, usa quella dannata spada che hai!
La porta cedette e l’orda di orchi entrò. Le frecce dei due compagni della compagnia uccisero con precisione quanti più esseri potevano, ma il corpo a corpo era inevitabile. Finalmente urlai, sfogandomi, e mi scaraventai contro uno dei mostri che avevo vicino, troppo. Tu non mi mangerai!, pensai mentre gli tagliavo via la testa dal collo. Il suo sangue schizzò sui miei vestiti, ma non ci feci caso e continuai a fendere corpi. Uno dopo l’altro, i miei nemici, caddero a terra stremati e con i corpi senza più vita. I loro versi erano grida e ruggiti odiosi per le mie orecchie quindi, alla maggior parte, tranciai di netto il capo, oppure lo spaccai in due. L’anello mi stava rendendo un assassina provetta. Sebbene, in nel mio cervello pensavo di non aver mai ucciso nessuno, in cuor mio sentivo che, quelli a cui stavo togliendo la vita, non erano altro che mostri che si aggiungevano alla mia, già vasta,  lista. Dopo tutto io ero Isil, la guerriera. Reincarnata, nel mio stesso corpo, certo, ma ero comunque una guerriera che aveva partecipato alla battaglia dei  cinque eserciti, a detta di Elrond e Gandalf. Un enorme figura entrò in scena, spaccando la porta di pietra con le spalle. Mi ritrovai sotto di lui e Legolas, per darmi il tempo di allontanarmi, gli socco’ una freccia nella spalla. Il troll di montagna ruggì e fece un passo indietro, io ne approfittai per correre lontano. Le scene a seguire furono cruente e ricche di morti. Il troll toglieva, sotto inganno, la vita ai suoi stessi compagni.
« Legolas! », urlai, vedendo il gigante avvicinarglisi. Il principe evitò la catena del troll e gli saltò sulle spalle, lanciandogli una freccia dritta in testa. Tirai un sospiro di sollievo vedendolo allontanarsi dall’essere e tornai a concentrarmi sul mio assalitore, per restare in vita. Non sapevo cosa mi era preso in quegli attimi in cui avevo visto la vita di Legolas appesa a un filo. Il mio cuore si era fermato e i miei occhi non avevano potuto fare a meno di guardarlo, come la mia bocca non aveva resistito ad avvertirlo. Mi ero anche ferita, a causa sua. Sam intanto prendeva a padellate tutti quelli che lo attaccavano, e io ridevo sonoramente, divertita dalla scena.
« Eleonora, dietro di te! », gridò Bormoir. Mi chinai, veloce come il vento, e, scoprendo io stessa delle novità su di me, mi voltai tranciando le gambe all’orco. Quello cadde di schiena e cominciò ad agitare le braccia come un gratto, supplicando di risparmiargli la vita. Mi morsi il labbro e affondai l’ascia nel suo petto. Dovevo ammettere che ero davvero cruenta, per non dire temibile, come il mare.
 
 


°  °
 



Legolas osservò la ragazza correre in soccorso del re, che venne brutalmente scaraventato contro un masso. Mentre il piccolo hobbit, Frodo, lo raggiungeva, lei si mosse veloce e temibile affondando la sua ascia nelle gambe del gigante. Questo ringhiò e la scalciò via. La giovane volò e finì contro l’elfo, che si ritrovò a terra, sotto di lei. In quel momento l’essere trafisse il petto del portatore dell’anello con la sua lancia. Eleonora gridò, rialzandosi velocemente, e quando Legolas fece lo stesso notò che sulla sua divisa, dove prima era stata poggiata la ragazza, c’era del sangue fresco e lucente. La guardò, sorpreso del fatto che lei non se ne fosse curata, e fosse tornata all’attacco contro il mostro, per aiutare i Merry e Pipino.  Gimli e Gandalf si unirono ai tre compagni e Legolas li raggiunse dopo che il grido di lei si fece acuto dal dolore. Quell’abominio le aveva quasi rotto il braccio. Preso da un impulso vendicativo l’essere immortale incoccò una frecci e la rilasciò, con cattiveria e precisione degna di un cecchino. La punta dell’arma si conficcò nel collo del mostro, che ciondolò e poi cadde a terra, stremato e senza vita. Tutto era calato nel silenzio, ora. La ragazza si alzò da terra, a fatica. La sua camicia strappata lasciava vedere la pelle nuda e candida, costellata di cicatrici. Sulla guancia destra aveva un graffio rosso e sanguinante, che con non curanza coprì con una mano, prima di avvicinarsi a Frodo. Lui la guardò, e vide che sorrise dopo che Gandalf ebbe spiegato il motivo della sua sopravvivenza. La guardò e pensò che non aveva mai più visto un sorriso tanto bello da quando la battaglia dei cinque eserciti era conclusa. Perché dopo di essa lui era stato solo, sebbene circondato ogni giorno da persone, lui era rimasto solo senza lei. Le mancava ogni giorno, la sua guerriera, ma sapeva che non sarebbe mai più tornata da lui. Ormai non poteva più farlo.
Altre grida arrivarono a un tratto  e tutti sguardarono la porta con paura, stremati. « Al ponte di Khazad-dûm! », ordinò Gandalf, cominciando a correre trafelato.  Lo seguirono tutti, ritrovandosi in un enorme spiazzo circondato da pilastri. Gli orchi li stavano circondando, constatò con orrore Legolas, erano troppi per essere fermati.  Spuntavano da ogni parte, come il prezzemolo, e li circondavano. Furono costretti a fermarsi. Legolas, che scrutò tutti i suoi nemici con aria truce, puntando l’arco contro di loro, sentì accanto a se un corpo caldo e tremante. Voltò il capo e la vide intenta a strapparsi le maniche della camicia, per crearne delle bende, che cominciò a legarsi al braccio ferito.  Andava veloce, come una scheggia, ma tremava per l’ansia di quella situazione. Lui sapeva che non l’avrebbe mai ammesso, era troppo testarda e orgogliosa per farlo, ma aveva bisogno d’aiuto. Perché era impaurita. Perché era stata ferità. Perché era sola. Perché aveva eretto attorno a se una barriera della più solida roccia, imponendosi di non lasciarci entrare nessuno per paura di essere ferita. E questo Legolas lo sapeva, lo sapeva perché, sebbene lei gli avesse vietato di insinuarsi nella sua mente, qualche sera l’aveva fatto, durante il suo turno di guardia, e vi aveva letto dentro tante cose, troppe. Dopo poco, gli orchi scapparono via impauriti e la compagnia rimase sconcertata a guardarsi intorno.  « Oh dannazzione! Non ora, no! », la sentì implorare mentre guardava lontano, nel buio da dove provenivano grida più alte e una luce che prima non c’era.
 « Cos’è questa nuova diavoleria? », sussurrò Bormir all’orecchio di Gandalf. Eleonora tese una mano verso il braccio di lui e la strinse. « Rimanda a dopo le domande. Ora dobbiamo andarcene. Gandalf! », lo richiamò, « Gandalf dobbiamo andare via! ». Il mago sospirò e poi disse: « E’ nn Balrog. Un demone del mondo antico. E’ un nemico al di là delle vostre forze ». « Gandalf! », gridò lei, una vena gli pulsò sul collo. « Fuggiamo! », si decise a ordinare l’uomo e prese a correre.
 

 
°  °
 

Fuggivamo e il calore del luogo in cui ci eravamo ritrovati mi faceva sudare, freddo. Ci ritrovammo in un vicolo ceco quando trovammo un pezzo delle scale mancante. Legolas saltò dall’altra parte e si voltò a guardarci. « Gandalf », disse e il mago saltò. Una freccia cadde a pochi centimetri dai miei piedi facendomi storcere il naso e convincermi a saltare. Presi la rincorsa e mi ritrovai dall’altra parte, per poco non caddi dagli scali per colpa della mia poca stabilità. Gli orchi continuarono a scoccare i dardi mentre anche gli altri saltavano. Legolas rispose al fuoco prontamente quando a un tratto udii uno strano rumore. Mi voltai e vidi che la parte di tragitto su cui stavano il re e il portatore dell’anello stava crollando. O mio Dio!, gridai dentro di me. Eravamo tutti in salvo, tranne loro. La parte prese a barcollare e Aragorn si ritrovò a dover tenere Frodo per il colletto del mantello. « Aragorn! », gridai avanzando verso di loro, ma una mano mi prese la camicia da dietro e la tenne stretta. « Aspetta! », mi disse il re. Il masso oscillava sempre di più, e sempre più pesantemente. Una parte di esso, andatasi a scontrare con un'altra roccia cedette e cadde nel vuoto. « Chinati », ordinò al piccolo hobbit. Inaspettatamente il masso si piegò in avanti e i due saltarono dalla nostra parte. Legolas afferrò il re, mentre Gimli prese Frodo. Corremmo per le scale, tra i sussulti della terra che accoglieva le nuove macerie, e il fiato corto dovuto alla fatica. Finalmente il ponte era davanti a noi.  « Al ponte! Avanti! », gridò Gandalf, illuminando la via con il bastone.
Arrivammo all’inizio della struttura e Aragorn mi scagliò in avanti, mettendosi al mio seguito. « Corri, e non ti voltare! », mi spinse ancora.  Ci mettemmo in salvo e ci avviammo verso l’uscita di Moria, finalmente.  « Se riesco a uscire di qui viva, vi bacerò a uno a uno », proclamai correndo talmente veloce da non distinguere le pareti che si stagliavano al mio fianco. « Tu non puoi passare!  », sentii e mi bloccai. Con il cuore che batteva a mille mi voltai e i miei occhi catturarono  l’immagine di un Gandalf che fronteggiava un mostro di fuoco. « Sono un servitore del Fuoco Segreto, e reggo la fiamma di Anor! Il fuoco oscuro non ti servirà a nulla, fiamma di Udun! », sbraitò agitando il bastone in aria. Quello prese a brillare intensamente, ma il demone non parve accorgersene e gli mostrò una spada, grande il doppio di esso, infuocata. Sferrò un attacco che però lo stregone parò. « Ritorna nell’ombra! Tu non puoi passare! » Rimasi ferma al mio posto mentre Aragorn fece un lungo passo avanti e Frodo trattenne il fiato. « C’è la farà? », domandò Merry stringendosi a una mia gamba. Continuai a fissare la scena. « C’è la deve fare », mormorai. Il ponte sotto il peso dell’essere cedette, e questo crollò nelle viscere della terra con tutto il suo fuoco. Un ruggito si levò, ormai lontano. Gandalf si voltò pronto a raggiungerci, ma la frusta rossa, come il sangue, dell’essere risalì e gli circondò la caviglia, facendolo cadere. M’irrigidii. « No,no!  Gandalf! », stillò il piccolo hobbit. Corse verso l’amico ma Bormir lo trattenne, per il suo bene. Chiusi gli occhi e strizzai forte le palpebre.
« Fuggite, sciocchi », mormorò il grigio e poi scomparve con il mostro nelle tenebre. 
  
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