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Autore: Tohru Honda    16/10/2004    1 recensioni
La storia è ambientata tre anni dopo la battaglia contro Dark Star. L'inizio è un classico; strana agitazione nel mondo dei demoni e Lina e Gourry che decidono di fare una visitina ad Ameria...a questo si aggiungono incubi notturni, una Dark Lady impazzita che vive in fondo al mare, Zelgadiss che la notte diventa irreperibile, una vecchia amica di Lina con pochi scrupoli morali, un libro nascosto a Sailuun, Xelloss e Xellass nell'ombra...più un tocco di romanticismo e un'atmosfera vagamente dark....
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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CAPITOLO 2

BUTTERFLY’S WINGS

Era il tramonto. No, forse l’alba.

Il cielo era di un colore arancio, velato di un pallido strato di rosa.

Un bel colore.

Se era effettivamente quello il colore. Non ci faceva molto caso.

Lei si trovava in un campo, un terreno esteso, senza alberi.

Solo qualche roccia qua e là. Erano rocce?

Stava mangiando.

No, stava divorando. Qualcosa.

Stava sbranando, dilaniando con i denti, qualcosa che aveva tra le mani.

Com’era affamata.

Oh, che fame.

No, forse non era proprio fame.

Ma aveva così tanta voglia di continuare a mangiare.

Sentiva di non poter smettere.

Troppa fame, ma di cosa?

Bastava solo che smettesse.

Basta, basta, allontana la bocca da quello che stai mangiando.

No, come faccio a smettere?

Azzannare, sbranare, ecco quello che stava facendo.

Ma cosa mangiava?

Era qualcosa di morbido, dolce, amaro, buono, disgustoso.

E c’era qualcosa di liquido che le bagnava le labbra.

Cos’era?

Chi lo sa, aveva così tanta fame!

Non poteva fermarsi a pensare a cosa mangiava.

Non poteva fermarsi.

Oh, come era bello continuare a mangiare.

Che fame, che fame…

Il cibo non finiva; quando terminava di mangiarlo, eccone un altro pezzo.

E continuava a mordere.

Il suo corpo era leggero.

Si, sentiva il suo corpo leggero.

Era una bella sensazione.

Davvero?

Era tanto, tanto leggero.

Troppo leggero.

Perché era così?

Chi se ne importa, era troppo affamata.

Continuiamo a mangiare.

Si, però……perché non sentiva il suo corpo?

Perché non lo vedeva?

Perché non vedeva le braccia, le mani che stringevano il cibo?

Il cibo….

Con fatica, lo allontanò dalla bocca.

C’era? C’era la bocca?

Si passò una mano sulle labbra.

Sangue.

Le sue labbra erano bagnate di sangue.

Guardò quello che aveva tra le mani. Che non vedeva. Non vedeva le sue mani.

Perché non c’erano. Non più.

Neanche le gambe.

O il busto. Il collo. La testa.

Non c’erano più.

Guardò il cibo.

Quella che aveva tra le mani era carne.

Carne umana.

La sua carne.

Quello che aveva sulle labbra era il suo sangue.

Quella che stava mangiando era la sua carne.

Aveva appena divorato il suo stesso corpo.

- Aaaaaaaaah!!!!- urlò Lina. -Aaaaah, basta, basta!!!!-

- Lina!!! Lina, che ti prende?-

Lei alzò lo sguardo. Aveva gli occhi lucidi; stava piangendo.

- Lina, cos’hai?- le chiese Gourry, con tono ansioso.

La ragazza lo guardò. Si trovava in un salottino elegante, sdraiata su un divanetto con morbidi cuscini di velluto azzurro; era avvolta da una soffice coperta di lana rosa, in parte scivolata per terra. Probabilmente si era addormentata lì, la sera prima; la coperta doveva avergliela messa addosso qualcuno, forse Gourry.

Si asciugò velocemente le lacrime -Sto…sto bene. Ho solo fatto un brutto sogno.- disse allo spadaccino, che la guardava con aria apprensiva; doveva avere un’espressione sconvolta, pensò Lina.

Ed era vero. I suoi occhi erano fortemente arrossati, sebbene non avesse pianto a lungo, e lacrime calde continuavano a scenderle lungo le guance pallide, nonostante cercasse di ricacciarle indietro; a peggiorare la situazione c’era quel sorriso forzato stampato sul viso, che di certo non contribuiva a tranquillizzare l’amico.

Lei stessa non era nelle condizioni adatte per poter fingere, in maniera convincente, di stare bene: sentiva la testa incredibilmente pesante, come se al suo interno ci fosse qualcosa che bruciava e che rischiava di esplodere da un momento all’altro, mandandole in frantumi il capo: il suo corpo era privo di forze, come Lina notò quando fece un debole tentativo di alzarsi dal divanetto, e come se non bastasse si sentiva preda di una strana sensazione febbrile, che la estraniava leggermente da quello che stava accadendo intorno a lei, come se si trovasse in uno strano sogno, consapevole di stare dormendo, ma senza riuscire a svegliarsi. Quasi come si trovasse in uno stato di dormiveglia, o come se fosse reduce da un’incredibile sbornia.

Si accorse di essere praticamente sprofondata tra i cuscini del divano e, lentamente, si mise a sedere, mentre si sforzava di mettere a fuoco gli avvenimenti della sera precedente; subito dopo cena, Ameria era stata chiamata dal padre, che al momento si trovava in un piccolo castello poco distante dal palazzo principale, per un colloquio; Lina si era sorpresa del fatto che Philionell non si fosse neanche scomodato a venire a salutare lei, Gourry e Zel, sebbene fosse al corrente della loro presenza alla reggia.

In ogni caso, a causa del principe, Ameria non aveva ancora potuto raccontare nulla agli altri della questione “Magarah”; si era però preoccupata di invitarli al ballo che si sarebbe tenuto a palazzo la sera successiva.

Lina era parecchio infastidita dalla cosa: non era venuta a Sailunn per ballare e bere champagne (beh…forse un goccetto non lo avrebbe rifiutato…), era lì per scoprire qualcosa sui demoni.

Qualcosa che le spiegasse il significato dei suoi incubi. Ebbe un breve sussulto nel ripensarci.

Aveva paura di addormentarsi, la notte. Aveva paura di sognare.

Quegli incubi erano……troppo realistici. Troppo. Sentiva ancora in bocca il sapore del sangue, della carne; il suo sangue e la sua carne. Aveva bevuto del sangue, aveva mangiato il suo corpo.

Macabro, spaventoso. Affascinante…

Rabbrividì per aver pensato una cosa del genere, e sprofondò nuovamente tra i cuscini.

Forse, se avesse avuto la certezza che quelli erano dei semplici sogni, si sarebbe tranquillizzata, almeno un po’. Ma era certa che fossero qualcosa di più.

Lo sentiva. E Xelloss lo sapeva.

- Sei sicura? Stai tremando…vuoi che ti porti qualcosa…un teh, una camomilla?- continuò Gourry, ancora quell’espressione preoccupata in viso.

- NO…ti ho già detto che sto bene!- replicò Lina, irritata. DETESTAVA l’amico, quando si comportava in modo così apprensivo nei suoi riguardi; non era mica una bambina di 5 anni! -Piuttosto…dove sono gli altri?- chiese, cambiando argomento.

- Beh…ieri, dopo che ti sei addormentata, abbiamo aspettato ancora un po’ sperando che Ameria si facesse viva, ma poi è arrivato By che ha detto che non sarebbe rientrata prima di stamattina…quindi sono andati tutti in camera a riposare. A dire il vero, Zelgadiss era andato via già un paio d’ore prima, chissà perché…- rispose Gourry.

- Si chiama TY e non BY!- replicò Lina, non troppo convinta. Insomma, il ragazzino non si chiamava né By né Ty. E non era nemmeno un ragazzino.

Vallo a spiegare a Gourry…beh, non che avesse intenzione di dirgli nulla, per il momento; né a lui, né ad Ameria né a chiunque altro. Non adesso.

Doveva prima chiarirsi un paio di cose, che rispondevano alle semplici domande di: cosa, come, quando, dove e perché?????

Asirah le aveva detto di Dynast. Ok, le credeva: non stava scherzando. Ma, visto che lo sapeva, perché con lui faceva finta di nulla? E anche Xelloss, perché si comportava come se niente fosse? Perché Dynast si fingeva un normale ragazzo innamorato di Ameria? E perché non aveva dato segno di riconoscere Xelloss?

O forse………ma certo. Ecco spiegato il significato di quel “Metallium” sibilato tra i denti, quando il demone era intervenuto in sua difesa, nel bosco.

- Vado fuori a fare un giro.- disse a Gourry, alzandosi; aveva bisogno di riordinare un po’ le idee, e non poteva farlo con lo spadaccino che continuava a fissarla in quel modo.

- Ti accompagno?- le chiese l’altro.

- No, resta qui e avvertimi, nel caso Ameria torni.- comandò Lina, uscendo dalla stanza e sbattendo rumorosamente la porta dietro di lei; un po’ si pentì di essere stata così brusca, ma in quel momento non aveva voglia di badare alle buone maniere.

Attraversò i lunghi corridoi del castello, incontrando ogni tanto qualche guardia che, non appena la riconosceva, si affrettava a rivolgerle qualche ossequioso segno di saluto e giunse fino alla porta della camera di Zelgadiss. Provò a bussare: nessuna risposta.

Ritentò. Nulla. Che si fosse già svegliato? In fondo, l’amico era mattiniero.

Accidenti; le sarebbe piaciuto scambiare qualche parola con lui, giusto per controllare che fosse tutto a posto.

Il giorno precedente avevano avuto la peggiore litigata da quando si erano conosciuti, sei anni prima; escluso, ovvio, il periodo in cui Zel aveva cercato di ucciderla.

Ah, già……erano passati sei anni. Solo sei.

Eppure, le sembrava di conoscere Gourry, Zelgadiss, Ameria e, si, anche Xelloss, da moltissimo tempo; forse perché era con loro che aveva trascorso le esperienze più importanti della sua vita.

Beh, non era poi così strano……in fondo, aveva solo vent’anni; era giovane. Non aveva vissuto per chissà quanto tempo da poter vantare un così grande bagaglio d’esperienze; una sciocchezza, quei vent’anni, paragonati ai 1.750 di Xelloss, e a quelli che avrebbe dovuto vivere Zelgadiss.

Senza pensare neanche per un attimo che quello che stava per fare poteva essere definito “violazione dell’altrui privacy”, mise una mano sulla maniglia della porta e la forzò leggermente; non era chiusa a chiave. Strano.

Entrò lentamente nella stanza, cercando di essere il più silenziosa possibile, nel caso l’amico stesse ancora dormendo. Ma lui non c’era.

La camera era molto spaziosa, grande circa il doppio del già ampio salotto dove Lina aveva passato la notte; il muro davanti la porta non era fatto di pietra, ma era piuttosto un’enorme finestra, formata da un’insieme di vetri di vario taglio e colore, che dava sul giardino del castello.

Le pareti erano decorate da vessili recanti il sigillo reale di Sailuun, forse un po’ troppi considerato che si trattava di una camera per gli ospiti e non una sala per riunioni ufficiali; sulla parete alla destra della porta, inoltre, vi era una serie quadri, posizionati perfettamente in linea gli uni con gli altri, che probabilmente raffiguravano i vari regnanti del Paese. L’ultimo di essi, infatti, ritraeva il principe Philionell, con un’espressione giuliva sul volto, e con in braccio una bambina di circa di quattro anni, dai corti capelli neri: Ameria. L’attenzione di Lina, tuttavia, venne attirata in particolar modo dal penultimo quadro che, invece dei soliti uomini dai volti arcigni e severi, raffigurava una donna molto bella, sui 24, 25 anni al massimo, che sorrideva dolcemente. Accanto a lei, c’erano due bambine; una era Ameria, che in quel ritratto poteva avere all’incirca due anni, e un’altra, molto simile, nei lineamenti, alla madre, che dimostrava 5 anni circa. Prima di poter fare qualsiasi osservazione sul quadro, e prima di chiedersi come mai il volto della bambina più grande le sembrava tanto familiare, Lina venne distratta dal suono squillante di una risata, che proveniva dall’esterno della stanza.

Si avvicinò alla finestra, e diede un’occhiata fuori; con la schiena appoggiata ad un albero e con un’aria estremamente divertita, c’era Asirah. Aveva tutta l’aria di stare civettando con qualcuno; ma non fu questo il particolare che colpì Lina………in fondo, Asirah era capacisissima di svegliarsi all’alba anche solo per flirtare con un tipo su cui aveva messo gli occhi……….no, il problema era l’identità di questo “tipo”.

- Non ci posso credere……- sentenziò Lina.

Zelgadiss.

“Ma bene……si è ripreso in fretta. E io che mi preoccupavo per lui, dannato imbecille!”pensò, furiosa, senza prendere in considerazione neanche per un momento la possibilità di aver frainteso la situazione.

Assurdo!!! Lei si prendeva il disturbo, nonostante il suo DELICATISSIMO stato d’animo attuale e la morsa che sembrava stringere la sua testa, di andare a bussare alla sua porta, pensando di trovarlo solo e triste per via della questione “Ameria”, disposta a scusarsi nuovamente e a tirarlo su di morale, e lui stava tranquillamente civettando con Asirah!!!

Gli uomini……incostanti e superficiali! Cascano proprio come polli di fronte ad una bella ragazza, che magari li sta pure prendendo in giro!

Si allontanò dalla finestra e uscì in fretta dalla stanza, sbattendo rumorosamente la porta, per poi incamminarsi per il corridoio che conduceva fuori in giardino.

Le era appena venuta voglia di prendere un po’ d’aria fresca.

 

- Ehi, Zel! Che ci fai qui, a quest’ora?- chiese Asirah, scendendo la gradinata di pietra che portava nel parco; Zelgadiss era a pochi metri di distanza da lei, seduto su una panchina di marmo bianco, a guardare l’acqua che zampillava in una delle fontane del giardino. Al richiamo della ragazza, si girò a guardarla.

- Potrei farti la stessa domanda.- osservò.

Asirah sorrise -Giusto. Beh, io sono un tipo mattiniero, alzarmi a quest’ora per me è la norma.- disse -e tu?-

- Anche per me è la stessa cosa.- disse Zelgadiss, semplicemente.

- Oh. Beh, in compenso, vai a dormire presto.- osservò Asirah, sempre con il sorriso stampato sulle labbra.

Zel la guardò male. -Ero stanco. Abbiamo camminato per tutto il giorno, ieri, se ricordi.- disse, gelido.

- Ok, ok, la mia era una semplice osservazione, non ti scaldare.- replicò in fretta la ragazza. -In ogni caso, sarà meglio che tu ti riposi ancora un po’; non vorrai cascare addormentato nel bel mezzo della sala, stasera al ballo.- continuò.

Zelgadiss distolse nuovamente lo sguardo, tornando ad osservare lo zampillìo dell’acqua nella fontana -Io non ballo. Non verrò alla festa.- disse, freddamente.

- Non ho detto che devi andarci per ballare. Semplicemente, credo che tu non voglia perderti la tanto attesa spiegazione di Ameria.- replicò Asirah, guardandolo attentamente.

- Non vedo quale sia il problema. Mi unirò a voi non appena Ameria si deciderà a parlare; venite a chiamarmi, quando sarà il momento.- ribattè l’altro, sempre rivolgendo lo sguardo alla fontana.

- Beh, un problema c’è. Contavo su di te, per farmi da accompagnatore.- disse Asirah, in tono serio, ma sempre sorridendo.

Ci mancò poco che Zelgadiss cadesse dalla panchina. -C-cosa? Sei impazzita? Come ti è venuta in mente un’idea tanto assurda?- chiese, alzando il tono di voce.

Asirah scoppiò a ridere, divertita dalla reazione del ragazzo. -Ma dai, sei così sconvolto solo perché ti ho chiesto di ballare? Come sei tenero!- disse, cercando di reprimere le risate.

Zelgadiss arrossì, arrabbiandosi -Io…non sono…TENERO!!!- urlò -E tu, vuoi smetterla di ridere?-

Asirah non sembrò ascoltarlo, anzi rise ancora più forte, finchè Zel, con l’aria rassegnata, tornò a rivolgere lo sguardo alla fontana.

- Dai scusami, non ti sarai arrabbiato?- chiese infine la ragazza, ormai con le lacrime agli occhi; Zelgadiss si chiese perché mai la sua reazione alla richiesta di farle da cavaliere, avesse scatenato nella biondina tutta questa ilarità. -Ehi? Su, rispondi!- continuò lei, sedendosi accanto lui, sulla panchina.

- Ehi, ragazzi!- gridò una voce, da lontano. Zel e Asirah si voltarono subito nella direzione da cui questa proveniva, e videro Lina che veniva verso di loro, con un sorriso smagliante stampato sul viso. Forse era un sorriso eccessivamente luminoso per essere naturale, ma nessuno lo notò.

Zelgadiss non ricordò di essere mai stato tanto felice di vedere l’amica piombargli davanti, mentre Asirah imprecava qualcosa sottovoce.

- Tutti mattinieri, a quanto sembra- disse la bionda, alzandosi dalla panchina e andando incontro alla maga, seguita a ruota da Zel, che era tutto contento per essere stato salvato dall’interminabile ruota di domande postegli dalla ragazza.

- Già…beh, di che parlavate?- chiese prontamente Lina, senza lasciare che l’espressione sorridente sul suo volto scomparisse; naturalmente, dentro di lei stava lanciando tutte le possibili maledizioni della terra all’amico…

Zelgadiss rabbrividì -Beh…-

- Zel mi ha appena chiesto di accompagnarlo al ballo di stasera! E’ stato così dolce, che gli ho detto subito di si!- rispose Asirah alla velocità della luce.

- Cos…? Ma sei fuori? Io non ho mai…- cominciò Zel, ma Lina lo interruppe.

- Lascia perdere Zel, è il suo modo di fare. Ti conviene abituarti, perché se le piaci non ti si staccherà più…- disse, tranquillamente. Sapeva per esperienza che l’amico non avrebbe mai e poi mai invitato una ragazza a ballare; quel ragazzo era decisamente impacciato……avrebbe pur dovuto, prima o poi, darsi una svegliata, però! Quanto le dava da fare…

Beh, almeno adesso era tutto chiaro: Asi ci aveva provato, e Zel-chan aveva abboccato come un pesce all’amo. Ah, quanta pazienza…

Asirah le fece la linguaccia, e poi si mise a ridacchiare -Beh, se tu e la principessa per queste cose non avete occhio…che devono fare questi poveri ragazzi, rimanere single per tutta la vita?-

- Che diamine stai dicendo??? Ma hai in mente solo questo?!?- ribattè Lina, arrossendo.

- No, ma ho un cervello che lavora…-

Zel sospirò, notando come le due ragazze si erano messe a discutere tranquillamente ignorando la sua presenza lì; meglio così, in fondo. Non aveva voglia di essere chiamato in causa in una discussione senza né capo né coda, specie se avesse dovuto rispondere di certi suoi atteggiamenti, che a quanto pare risultavano parecchio singolari ad Asirah.

Perché non andava al ballo? Che razza di domanda era? Lui non andava MAI ai balli, punto e basta; non gli piacevano, non era il tipo da passare una serata a bighellonare e danzare. Di solito le persone lo davano per scontato anche solo guardandolo, e si astenevano dal fargli domande al riguardo…………veramente, evitavano di fargli qualsiasi domanda che riguardasse il suo stato d’animo, i suoi gusti, le sue abitudini.

E di certo nessuna ragazza gli aveva mai chiesto di accompagnarla ad un ballo.

- Zel-chan, che ti prende? Ti vedo pensieroso…-

Xelloss si ritrovò, in pochi secondi, con le mani di Zelgadiss che gli stringevano il collo. -Ma dai……coff…sei nervosetto, a quanto pare…- intuì.

-Già, è la tua presenza a farmi questo effetto!- disse l’altro, rabbioso.

- Oh, Xel-chan! Che bello rivederti!- disse Asirah, raggiante -Zel, per favore, non lo strozzare, priveresti il mondo della sua meravigliosa presenza!-

- Non preoccuparti Asi, tanto non si fa niente…- disse Lina, annoiata da quello spettacolino che aveva visto ripetersi fin troppe volte, per poterlo trovare interessante; era meglio quando ancora non era a conoscenza della vera identità del demone…almeno poteva illudersi che si facesse male.

Xelloss si liberò dalla stretta di Zelgadiss, teletrasportandosi alle spalle di Lina.

-Ugh…come sei fredda…- osservò, con un tono scherzosamente afflitto.

La maga sorrise ironica -Parla il maledetto che voleva vendermi a Valgarv…ricordi, Xel-chan?- disse con un tono angelico.

Xelloss rispose al sorriso -L’ordine veniva da Dynast-sama, Lina-chan- disse, fissandola attentamente.

Lina si limitò a guardarlo male, mentre Asirah ridacchiò silenziosamente. Zelgadiss li osservò con aria interrogativa: qual era il problema?

- Dunque Zel, cosa mi rispondi? Mi farai da cavaliere, stasera?- chiese la bionda, decisa, cambiando argomento. Già non era sicura di aver fatto bene ad aver detto di Dynast a Lina, era meglio evitare che Zelgadiss ne venisse a conoscenza…

- Woooo, il nostro Zel-chan si dà da fare!- esclamò Xelloss, non resistendo alla tentazione di torturare un po’ la chimera. Certo, i suoi abituali metodi di tortura erano ben altri, ma al momento sperimentarli su Zelgadiss non sarebbe stato né saggio né utile. Solo divertente.

Un’altra volta ci avrebbe provato, magari.

- Ok, basta, mi avete disgustato.- ribattè Lina, anticipando di un secondo quella che sarebbe stata un’ennesima dimostrazione delle strabilianti capacità dialettiche di Zelgadiss. Ovvero, il balbettamento. -Io torno su e mi faccio preparare la colazione, visto che Ameria ancora non si vede. Voi continuate pure il vostro spettacolino, divertitevi!- si girò e fece per andersene.

Fu tutto talmente improvviso che non ebbe nemmeno il tempo di urlare.

Era appena arrivata alla scalinata, che vide del sangue schizzare davanti ai suoi occhi e bagnare i gradini che si accingeva a salire. Qualcuno gridò.

Non capì subito cos’era successo.

Vide il mondo intorno a lei che cominciava a girare, e due braccia che si facevano avanti per afferrarla, un attimo prima che sbattesse la testa contro il corrimano di pietra.

Sentì degli uomini che urlavano, voci che non conosceva.

La persona che la stava tenendo fra le braccia continuava a gridare il suo nome. Chi era? Zelgadiss?

Aprì lentamente gli occhi, ma vide soltanto delle figure sfocate dall’aria terrorizzata che si muovevano veloci intorno a lei, creando una confusa girandola di colori.

Seguì il loro sguardo. Xelloss.

Con la solita aria impassibile, stava uccidendo qualcuno.

Vide un nuovo schizzo di sangue, e chiuse gli occhi.

 

-Lina? Lina, mi senti?- qualcuno la chiamava. Aprì gli occhi.

Era Ameria, che la guardava con un’aria incredibilmente spaventata.

- Ehi, ragazzi, si è svegliata!-

Provò a guardare in alto, ma la luce abbagliante del sole la costrinse a distogliere lo sguardo, e a posarlo sulle persone che le stavano intorno.

Era tra le braccia di Zelgadiss, e accanto a lei c’erano Ameria, Gourry, Asirah e Xelloss.

Non vedeva più sangue.

- Lina, ce la fai a parlare?- chiese Asirah; dalla voce sembrava piuttosto preoccupata. Lina notò che aveva un rivoletto di sangue che le colava da un taglio sulla guancia.

- Mmmh……si.- disse Lina, piano. -Cos’è successo?- chiese.

La testa non le girava più. Stava bene.

- Sei stata ferita da un pazzo armato di spada- disse Zelgadiss, con la voce che tremava un po’. -Ci siamo spaventati, hai perso tantissimo sangue…-

Lina provò ad alzarsi, ancora un po’ confusa; Gourry, che fino a quel momento era rimasto in disparte, le si avvicinò e le porse un mano, per aiutarla.

Lina lo guardò: le sorrideva, ma aveva l’aria di essere parecchio agitato…doveva essersi preoccupato molto, per lei. Si sentì un po’ in colpa, senza sapere perché.

- Come sarebbe, un pazzo armato di spada? Cosa ci faceva un maniaco omicida qui nel pallazzo?- chiese, mentre si appoggiava al passamano della scala, sostenuta da Zelgadiss e Gourry.

I gradini erano ancora macchiati di sangue, notò.

Il cuore prese a batterle più forte.

Le venne in mente il sogno di quella notte.

Anche in quell’incubo era stato versato il suo sangue.

- Il punto fondamentale è che non ce ne siamo accorti, Lina.- disse Asirah -Io, Xelloss e Zel abbiamo visto quell’uomo solo un secondo prima che ti colpisse; è comparso dal nulla, dietro di te, come un fantasma. Doveva essere avvolto da uno scudo invisibile, che si è dissolto non appena servito allo scopo.-

- No no, aspetta un attimo. Hai detto che era un umano, no? Allora che cos’è questa storia dello scudo? E anche se fosse stato un mago, avremmo dovuto percepirne la presenza; come ha potuto prenderci di sorpresa?-

- Infatti.- disse Zelgadiss -Erano normali esseri umani; è questa la cosa strana.- spiegò, mentre Lina lo scostava gentilmente e si rimetteva in sesto da sola.

- In che senso, “erano”?- chiese.

Era scomparsa anche la sensazione febbrile; adesso stava benissimo, a parte un leggero dolore al fianco. Doveva essere lì che l’avevano colpita; probabilmente Ameria le aveva praticato il Recovery.

- Erano una decina di persone.- continuò Asirah -Quello che ti ha ferita era un ragazzino di circa 13 anni, e poi c’erano 3 donne e 6 uomini; sono comparsi tutti assieme all’improvviso, sparsi qui intorno. A dire la verità, sembrava che fossero più sorpresi loro, di noi; come se non capissero cosa ci facevano quì. Non hanno opposto molta resistenza quando……beh…- scoccò un’occhiata a Xelloss, di sfuggita.

- E dove sono adesso?- chiese Lina, temendo di conoscere già la risposta. Ebbe la conferma alla sua teoria quando guardò in faccia Xelloss

- Ok…- disse, cercando di mantenere la calma……10 persone… -Nessun sopravvissuto?-

- E’ rimasta una donna, Syra.- disse Ameria, anche lei visibilmente scossa. -L’abbiamo portata nelle prigioni, in attesa di interrogarla; faceva come una pazza. Ha urlato per tutto il tragitto da qui alla sua cella, strappandosi i capelli e pregando di vedere il figlio; forse si riferiva al ragazzino che ti ha colpita…-

- Credo che fosse sotto ipnosi.- disse Zelgadiss, all’improvviso, rivolgendosi ad Asirah e Xelloss -Lei e tutti gli altri. Non avete visto com’erano sconvolti quando sono apparsi dal nulla? Ci hanno attaccato, è vero, ma per me erano posseduti.-

Asirah annuì, e Xelloss prese la parola -E’ vero. C’era un qualcosa che li controllava, non avevano la solita aura degli esseri umani; c’era dietro una forza demoniaca molto più grande…-

Wow……Xelloss aveva scucito un paio di informazioni…che anche lui fosse rimasto spaesato da quell’attacco improvviso, e non si preoccupasse di nascondere loro qualcosa, quella volta?

- Ok, ma…come facciamo a capire di chi si tratta?- chiese Ameria.

- Potremmo chiederlo a quella donna.- propose Gourry -In fondo, è l’unica testimone che rimane, anche se probabilmente non ricorderà molto, se davvero non era cosciente delle sue azioni.-

Lina avrebbe voluto dir loro che il problema non si presentava nemmeno, visto che l’identità del colpevole era chiara come il sole. Dynast. Ovvero Ty.

Ma chiaramente non poteva rischiare a rivelare ad Ameria una cosa del genere, non ancora; e poi, chissà, magari parlare con Syra poteva davvero essere utile. -Ok- disse -Ameria, portaci pure da lei. Ma è meglio che non andiamo tutti; potrebbe verificarsi un altro episodio del genere, e non possiamo lasciare la servitù e le guardie da sole, non saprebbero come difendersi. Per cui…- diede uno sguardo veloce agli amici -Gourry, tu vieni con me e Ame. Asirah, Zelgadiss, voi restate qui a palazzo, occhi aperti. Xelloss…- guardò il demone, sorridendo angelicamente -Tu potresti scomparire dalla circolazione e tornare solo stasera, magari con qualche informazione da darci?-

Xelloss alzò le sopracciglia, e una vena cominciò a pulsargli nella testa -E’ un modo elegante per dirmi che non mi vuoi tra i piedi, Lina-chan?- chiese, semplicemente.

-Oh, come hai fatto a capirlo?- chiese Lina, con una finta espressione sorpresa -Beh, noi andiamo! Avvertiteci, se succede qualcosa!- e, insieme a Gourry, seguì Ameria, verso le prigioni del castello.

- Beh…- fece Asirah -adesso che ci hanno esclusi alla grande, che si fa? Giochiamo un po’ a scacchi, per passare il tempo?- chiese a Zelgadiss.

- Che idea sarebbe? Ci sono cose più importanti di cui occuparci, adesso!-

- Oh, hai ragione!- disse Asirah, raggiante -Parliamo un po’ del ballo. Dunque, accetti di farmi da accompagnatore?- chiese, sorridendo furbescamente.

- Vada per gli scacchi…- disse Zelgadiss, sospirando.

 

 

Il mare che circondava la Penisola dei Demoni quel giorno era meraviglioso.

Dopo l’abbondante ed incessante pioggia del giorno precedente, finalmente il banco di nuovole che copriva il cielo era andato diradandosi, spezzettandosi in tante morbide nuovolette bianche, nelle cui forme i bambini si divertivano a riconoscere i visi dei propri genitori, dei loro orsetti di peluches, dei loro cibi preferiti, ma che a Lina ricordavano solo delle masse di zucchero filato; il cielo era colorato di una rosa pallido che sfumava in un tenue arancione, dando a chi osservava questo insieme di colori la sensazione di trovarsi immerso in un’atmosfera fiabesca, circondato da un alone onirico. All’orizzonte, un cerchio infuocato stava per venire a galla sull’acqua, lentamente ma inesorabilmente, mentre salutava, malinconico, la sua eterna innamorata, che stava per sprofondare nel mare, ma che qualche ora dopo sarebbe stata pronta a riprendere il suo posto nel cielo, insieme alle sue numerose e brillanti sorelle; nel frattempo, il chiarore del suo compagno si stava riflettendo in uno specchio d’acqua, che sembrava splendere di luce propria. Se ci si fosse immersi in quello specchio, non troppo in profondità, si sarebbe potuto ammirare l’arcobaleno; non il nastro variopinto che appariva nel cielo, ma una girandola di coralli, alghe e pesci di mille colori che trascinava chi la osservava in una trottola colorata e luminosa, che si muoveva spinta dalla vorticosa danza delle onde.

Ma, come il luccichìo dell’acqua, provocato dallo splendore del Sole, tutto era una semplice luce riflessa, un meraviglioso miraggio; perché, se si provava a scendere più in profondità, negli abissi del fondale marino, dove le acque non erano più di un brillante azzurro, ma di un cupo nero…allora i pesci colorati sparivano, i coralli e le alghe erano oscurati dal buio, il mare diveniva silenzioso e calmo, come se stesse in silenzio per proteggere un importante segreto, nascosto fra le acque.

Era lì che si trovava la dimora di Dolphin Deep-Sea.

Quella demone era pazza, si diceva.

Pochi l’avevano vista, e ancora di meno erano quelli che ne avevano potuto parlare a qualcuno.

Si diceva che torturasse orribilmente fino alla morte i suoi prigionieri, solo per divertirsi; alcune persone che si erano trovate a passeggiare di notte sulla spiaggia, avevano giurato di sentire delle agghiaccianti grida di dolore che arrivavano fin lassù.

E a volte, se si prestava attenzione, si poteva udire in lontananza la risata cristallina di una donna.

La stessa donna che a volte passeggiava, silenziosa, sulla riva del mare, con l’acqua che le arrivava appena alle caviglie; a vederla da lontano sembrava quasi un’apparizione fiabesca, una fata appena uscita da una favola per bambini, dai lunghissimi capelli del colore della luna, e dalle labbra incredibilmente rosse.

Ma appena si voltava verso di te, la sua figura appariva simile a quella di una strega: occhi rubino che ti fissavano inespressivi, ma che sembravano guardarti in profondità; un leggero sorriso sul volto, talmente freddo che ti gelava le ossa.

L’espressione di una pazza.

Ma per quanto fosse forte il desiderio di scappare, o addirittura di urlare, di fronte a quella visione inquietante…non era possibile distogliere lo sguardo da lei; rimaneva ferma a guardarti anche per molto tempo, finchè, ridendo, non faceva capire di essersi stancata di quello strano gioco, e si immergeva lentamente nelle acque da cui era venuta fuori.

Non la si vedeva più uscirne.

Che le voci fossero vere o no, di certo non erano molti quelli che osavano avvicinarsi al suo castello; sembrava che neanche gli altri Demoni Superiori vi si recassero spesso.

Quale fosse la causa della sua presunta instabilità mentale, la conoscevano in pochi -anche se fra i demoni minori si vociferava di un ipotetico coinvolgimento di Xellass Metallium, in questa faccenda- ma le leggende su quanto avveniva in quel palazzo in fondo al mare erano gli argomenti di conversazione preferiti da coloro che abitavano nelle città portuarie, che usavano raccontarle agli amici nelle riunioni intorno al fuoco, o ai figli che non volevano andare a dormire.

E quando gruppetti di bambini si ritrovavano il pomeriggio per giocare, nei loro discorsi ricorreva sempre il personaggio di quella sirena dai capelli bianchi che a volte vedevano danzare sott’acqua, quando erano a mare a nuotare.

Nessuno di loro sapeva spiegarsi perché una donna così bella avesse un sorriso tanto freddo.

Nessuno si chiedeva il perché di quelle risate malvagie che si sentivano nel cuore della notte.

Nessuno parlava più di quella donna vestita di bianco che popolava i propri incubi.

Perché se ammettevano la sua presenza, allora non sarebbe più stata una leggenda.

Sarebbe diventata reale. E pericolosa.

E il mare che di solito appariva così calmo e tranquillo, si sarebbe agitato.

E avrebbero saputo che la Signora del Castello si era arrabbiata.

Ma non quel giorno.

Quel giorno la signora era contenta, perché mancava poco.

Mancava poco al Momento.

E se ne stava nel suo castello buio, sola, nell’enorme sala per i ricevimenti ufficiali, a danzare; ballava al lento ritmo di una musica silenziosa, che conosceva solo lei, e andava canticchiando le parole di una vecchia canzone, simile alle filastrocche dei bambini.

La sua figura era totalmente bianca; i suoi capelli lisci, che le arrivavano fino alla vita, erano di un luminoso argento, la carnagione era pallida, e indossava una lunga e morbida veste di seta bianca che le arrivava fino alle caviglie e che le svolazzava intorno ad ogni suo passo.

L’unica cosa che spezzava l’incantesimo di quel bianco era il rosso intenso degli occhi; un rosso brillante che ti scrutava attentamente, un rosso sangue che ti faceva rabbrividire.

All’improvviso, la danza ebbe fine; l’orchestra invisibile smise di suonare, le parole della canzone erano terminate.

Dolphin si buttò pesantemente a terra, sdraiandosi sul freddo pavimento di marmo, e si mise a fissare il tetto del salone; era pieno di farfalle.

Farfalle vere, vive.

A lei piacevano le farfalle; così delicate, così leggiadre, così variopinte.

Le trasmettevano un’incredibile sensazione di bellezza e di morte.

Perché la vita delle farfalle è breve.

Ma straordinariamente bella.

L’accostamento delle parole morte e bellezza le suonava bene.

E il segreto di quell’unione era racchiuso in ogni singola farfalla.

Quelle farfalle che lei teneva imprigionate nel tetto del suo salone da una sottile rete invisibile.

Era così bello osservare le loro ali dibattersi, così bello il contrasto di colori che sprigionavano; sarebbe rimasta secoli a guardarle.

Si creava un legame sottile tra lei e quelle creature quando si fermava ad osservarle, anche per giorni interi, senza distogliere da loro lo sguardo neanche per un attimo; la sua attenzione era totale, morbosa.

- E’ così bello osservare le farfalle per tutto questo tempo, Dolphin?- chiese la voce di un ragazzo appena entrato nella stanza.

Dolphin non si scomodò a girare lo sguardo nella direzione del nuovo arrivato; le farfalle erano più interessanti. -Mi piacciono la bellezza e la morte, Dynast.- disse soltanto.

Dynast non commentò, si limitò a fissarla. Come si fissa una pazza.

Dolphin non ci fece neanche caso; lentamente, alzò un braccio verso il tetto e serrò le dita a pugno, in una stretta forte, decisa.

Una farfalla si liberò dalla rete d’aria. Per un attimo sembrò che induggiasse lì intorno, vicino alle sue compagne ancora prigioniere, ma lentamente incominciò a scendere verso terra, come calamitata da una forza magnetica. Scendeva verso Dolphin.

Appena arrivò a pochi centimetri dal viso della donna, questa chiuse intorno a lei le dita della mano; quando le riaprì, la farfalla era immobile, bloccata. Ma viva.

Dolphin afferrò l’esserino per un’ala, con due dita, e lentamente, se lo portò alla bocca.

Chiuse tra i denti l’altra ala dell’insetto, staccandogliela; poi, dopo averla tenuta per un po’ tra le labbra, assaporandola, la ingoiò. Ripetè la stessa operazione per la restante parte della farfalla.

Dopodichè, riprese a guardare il soffitto.

- Hai finito?- chiese Dynast, impassibile.

- Non finirei mai.- rispose Dolphin -Ma posso ascoltarti. Non ci rimane che attendere che i pesci si mettano a cantare.-

Dynast non fece neanche caso all’ultima frase pronunziata dalla demone, e continuò -Siamo vicini, Dolphin. Ho quasi scoperto chi è.- disse, appoggiando la schiena al muro.

Dolphin sorrise freddamente. Il sorriso di un demone. -Si…- si alzò dal pavimento, distogliendo a fatica lo sguardo dalle farfalle, e si avvicinò ad una specchiera dall’aspetto antico, l’unico soprammobile presente nella stanza; sopra c’era un altro piccolo specchio, con il manico di corallo elegantemente decorato. Non si sapeva a cosa le potesse servire, visto che le pareti di quella sala erano fatte interamente di specchi. -Ma ci hai messo fin troppo tempo, Dynast……- disse, sempre sorridendo ironica, mentre prendeva in mano lo specchio più piccolo e osservava attentamente la sua immagine riflessa, come se non l’avesse mai vista prima.

Dynast si scostò di scatto dalla parete e le si avvicinò di qualche passo -Se pensi di poter fare le cose meglio di me, allora perché non ci vai tu in mezzo agli umani, fingendo di essere il fidanzato di un’amica di Inverse?- sibilò, con gli occhi stretti -Almeno ti renderesti utile, invece di perdere tempo qui a guardare farfalle!- quest’ultima parte la pronunciò a voce più alta.

Dolphin lo guardò, senza perdere il suo sorriso -Ssshh……- disse, in tono leggermente provocatorio -Così le spaventi……- e indicò le farfalle sul tetto.

- Maledizione, finiscila!!!- urlò Dynast, così forte che Dolphin temette che la prigione d’aria che custodiva le sue farfalle si rompesse. -Vuoi SVEGLIARTI, una buona volta??? Non si tratta di un gioco!-

La demone pogiò lo specchio sul mobile, e si avvicinò all’altro - Tu non ti permettere……di gridarmi così……- sussurrò, gelida. Il sorriso sul suo volto svanì, mentre la sua espressione si faceva seria.

Dynast rispose allo sguardo -Non mi piace che non mi si presti attenzione, quando parlo…- disse, con un vago sorriso.

Dolphin si girò, e camminò saltellando fino al centro della sala, dove fece un’ampia giravolta - I delfini non hanno ancora imparato a leggere, sai?- chiese, recuperando un’espressione sorridente, come se si fosse già dimenticata di quello che era successo.

Dynast sembrò sul punto di esplodere, ma all’improvviso l’espressione sul suo volto si distese -Ah, ancora no? Sono proprio degli zucconi…- commentò, sorridendo alla ragazza.

- Eh già.- disse quella, simulando qualche passo di danza -Dovrò punirli, se continuano così……dovrò punirli……- continuò, con lo sguardo perso nel vuoto.

- E sai chi altro si meriterebbe una punizione?- le chiese il Dark Lord, sempre con la stessa espressione serena sul viso -Xellass…- il suo sorriso si allargò, ma assunse un che di ironico.

Dolphin si bloccò all’improvviso, e Dynast capì di aver centrato il bersaglio -Sai Dolph, sembra che non voglia proprio farsi i fatti suoi…indovina che ha fatto? Ha mandato il suo cagnolino da guardia a tenerci d’occhio…immagino che abbia in mente qualcosa per romperci le scatole…- disse, aspettando una qualche reazione da parte della demone.

Quella si era girata nella sua direzione e lo guardava inespressiva; poi si diresse nuovamente verso il mobile, prendendo in mano lo specchio.

All’improvviso lo gettò con forza sul pavimento, dove si infranse con un rumore assordante; quindi corse verso una parete di specchi e cominciò a graffiarli con le unghie, urlando -Quella…quella MALEDETTA……vuole…vuole togliermi il divertimento…di nuovo!!! Vuole fare tutto lei, non mi lascia…mai…giocare!!! Lei e quel suo……quel suo……subordinato!!! Maledetti……maledetti tutti e due!!!- Alla fine, dopo che ebbe urlato ancora per un po’, senza che Dynast alzasse un dito per fermarla, si calmò e si accasciò al suolo.

Quando, dopo qualche minuto, si girò a guardare il Dark Lord, aveva stampato sul volto un sorriso diabolico e i suoi occhi sembravano ancora più rossi; perfino Dynast rimase un attimo interdetto.

- Ehi, Dy-chan……- disse Dolphin, mentre il suo sorriso si allargava -Che ne dici……la uccidiamo? Li uccidiamo tutti?- chiese, con un tono flebile che stonava con la sua espressione malvagia.

Dynast sorrise crudelmente -Sei pazza.-

Dolphin fece segno di no con un dito, ridacchiando - Sono una Dark Lady-

Detto questo, la demone alzò la testa e proruppe in una risata perfida, mentre le farfalle sul tetto continuavano a dimenarsi senza sosta.

 

 

La palla arancione rimbalzò per terra.

Una, due volte.

Tre.

Poi tornò nelle mani del bambino.

Un ragazzino dai corti capelli castani e due grandi occhi blu. Rin.

Un bravo bambino, Rin. Voleva bene alla mamma, faceva sempre tutti i compiti e non si allontanava mai di casa più del dovuto, quando usciva a giocare.

Mai, tranne quella volta.

Non che volesse disobbedire alla mamma, affatto.

Solo che quella ragazza era così bella…………………come si chiamava quella storia? Quella che mamma gli raccontava prima di mandarlo a dormire…

La Sirenetta. Ecco, si.

Quella ragazza sembrava proprio la Sirenetta.

Oh, lui aveva sempre voluto incontrare un personaggio delle favole!

Una principessa rinchiusa in una torre, un prode cavaliere uccisore di draghi, un folletto che vive nei boschi ed esprime i desideri dei bambini che lo incontrano.

E ora si trovava davanti ad una ragazza dai capelli argentati e la pelle candida, vestita di bianco. Più bella della mamma, anche se non gliel’avrebbe mai detto.

Era davvero la Sirenetta? Non aveva la coda, ma profumava di mare…

Era seduta su uno scoglio, le gambe immerse nell’acqua, dal ginocchio in giù; guardava lontano, verso l’orizzonte, con quei suoi luminosi occhi rossi.

Rin l’aveva osservata a lungo.

……poteva avvicinarsi?

Poteva chiederle se lei era davvero una sirena e se era riuscita a sposarsi con il principe?

Poteva abbracciarla e giocare a palla con lei?

Perché era tardi e i suoi amici erano tornati a casa dalla mamma.

Era tanto tardi.

………forse doveva rientrare anche lui.

Ma…………se l’indomani la sirenetta non fosse stata più lì?

Se non l’avesse aspettato, seduta sullo scoglio, mentre guardava davanti a sé?

Si avvicinò.

Lentamente, in silenzio.

Quando fu abbastanza vicino alla ragazza, lei si voltò di scatto.

Paura.

Freddo.

Argento.

Era bella davvero…………però Rin cominciò a tremare.

Lei sembrava una statua di cera.

Gli stava sorridendo?

Perché non capiva se quello era un sorriso o l’espressione di chi si appresta a divorare un pezzo di carne.

Il rumore dell’acqua. Il mare era agitato.

La luna sembrava più grande, quella sera. Forse per illuminare meglio gli occhi rossi della sirena.

Lui l’aveva già visto un rosso simile.

Era il colore della pietra incastonata nell’anello della mamma.

Lei glielo diceva sempre, di non toccare quell’anello.

“E’ pericoloso!”. Si, perché poi si rompe. E se si rompe, ti tagli.

Ti fai male.

Se gli occhi della signorina si rompevano, si sarebbe tagliato?

Era una creatura delle favole, questo era certo.

Ma non aveva capito se era la sirena o la strega….

- C-ciao…- balbettò, tremante.

La ragazza si limitò a fissarlo più intensamente, come incuriosita; l’espressione di una bambina che ha appena incontrato un nuovo compagnetto con cui giocare.

-I-io stavo giocando a palla e…- fece Rin. E……?

Lei continuò a guardarlo negli occhi, lo sguardo fisso. Poi sbattè la mani di colpo.

Il bambino sussultò per il rumore improvviso.

-Narinìna, narininà……liuflirilù, seeemaaa…- cominciò a canticchiare la ragazza, sotto gli occhi perplessi di Rin -narinìna, narininà……liuflirilù, seeemaaa…-

Mentre cantava dondolova le gambe, provocando piccoli schizzi d’acqua.

La sua voce era bassa, quasi un sussurro; quella litanìa senza senso sembrava quasi ipnotizzarlo……

All’improvviso, la ragazza s’interruppe, riprendendo a fissare il bambino.

- Ho……cantato bene?- chiese, semplicemente.

Rin rimase sorpreso dalla domanda, ma si affrettò a rispondere -Oh, si si, sei stata bravissima!-

Le ragazza sorrise. Si, quello era un sorriso.

-Sono……contenta- disse -I delfini non mi fanno mai i complimenti…- si rattristò.

-T-tu parli con i delfini?- chiese Rin, stupito. Parlare con i delfini! Nemmeno la mamma, nemmeno gli adulti sapevano fare una cosa simile!

Lei lo guardò, sgranando gli occhi -Si…- rispose, incerta; sembrava quasi impaurita dalla reazione entusiastica del bambino.

- Ma è fantastico!- disse Rin, gioioso - Io…non sapevo che si potesse fare una cosa simile!-

La ragazza lo fissò smarrita -E’ una cosa……bella?- chiese.

-Certo! Altro che giocare con la palla!-

Lei sorrise, un po’ stupita -Vuoi……che t’insegni?- chiese, timorosa.

Era……una cosa bella?

Lei faceva una cosa bella?

Era stata brava?

Era una brava bambina?

-PUOI INSEGNARMI???- domandò Rin, dimentico della paura precedentemente provata. Una ragazza che parlava con i delfini………aveva davvero incontrato una sirena!

- Certo……anche……con le farfalle…- disse lei.

- Noo, le farfalle sono roba da femminucce!- esclamò il bambino, ormai completamente a suo agio nel parlare con la sconosciuta.

Lei aggrottò leggermente le sopracciglia -……femminucce?-

-Si, sono così noiose! Ma i delfini……oh, sono tanto simpatici!-

-Sono belle……le farfalle.- continuò la ragazza, fissandolo attentamente. Per un attimo, l’aria sembrò diventare ghiaccio, mentre il bambino riprese a tremare, inconsapevolmente.

Sono belle le farfalle.

Certo che lo sono.

Perché quel bambino diceva il contrario?

Perché mentiva?

Non si dicono le bugie…

Rin sussultò.

Una voce nella sua testa.

Cattiva…

Era cattiva.

Quella voce era cattiva.

-Scu-scusami…- chiese, mentre i suoi occhi si facevano lucidi -Non……dirò mai più le bugie…-

Non le dirò, non le dirò mai più.

Perdonami, perdonami ti prego…

La ragazza sorrise. Era contenta.

-Si…si, bravo!- disse, accarezzandogli piano la testa. -Tu sei bravo…e carino.-

Si, era tanto carino.

Piccolino, paffuto, con grandi occhi del colore del mare.

Era carino.

-Se…se io t’insegno a parlare con i delfini…e le farfalle…siamo amici?- chiese, guardandolo dolcemente.

Rin smise di tremare.

Strano.

Quella ragazza prima gli sembrava cattiva e orribile come una strega, poi buona e bella come la mamma.

Come poteva non desiderare di essere suo amico?

Come poteva?

-C-certo…- disse. Amico di una sirena! Bello…la mamma sarebbe stata contenta…

No!

No, la mamma non sarebbe stata contenta.

La mamma gli aveva detto di non allontanarsi e di rincasare presto.

……………la mamma doveva essere preoccupata, in quel momento.

-Che bello!- disse la ragazza, allegra.

Rideva. Si, rideva.

Come la strega di Hansel e Gretel che sta per gettarti nel forno.

Come l’assassino che sta per tagliarti la gola.

Come una pazza.

All’improvviso, s’interruppe.

Lo baciò. Sulle labbra.

Lo tirò a sé e lo strinse.

Questa è una cosa che fanno gli adulti, non io.

Io sono un bambino.

Questa è una delle cose che capirò quando sarò grande, come dice la mamma.

-Smettila!- urlò Rin, scostandosi. La ragazza lo guardava fisso, immobile. -Io…io devo tornare a casa, adesso. Mi-mi stanno aspettando.-

La strega -adesso non era più la mamma- lo guardò fisso -Te ne vai?- chiese, in un sussurro.

Non era suo amico?

Gli amici non devono andarsene…………………il bambino le aveva mentito, allora. Non era suo amico.

Aveva detto un’altra bugia.

Cattivo, cattivo…

-S-si. La mamma sarà preoccupata.- disse Rin, tremando sempre di più alla vista della donna, che stava tendendo un braccio verso il suo collo.

Era arrabbiata?

Era triste?

No…………non era niente.

I suoi occhi erano vuoti. Vuote sfere di cristallo rosso.

Il cristallo rosso dell’anello.

Aveva ragione, la mamma.

Era pericoloso giocare con l’anello.

Perché si rompe molto facilmente. E se si rompe, ti tagli.

E ti fai molto male.

Molto male.

Crack!

 

 

Non voglio essere mangiata….non voglio essere mangiata…..

-Eh no, che diamine! Non puoi mangiarmi la regina in questo modo! Come facevo ad accorgermi di quell’alfiere piazzato all’altro angolo del mondo???- si lamentò Asirah, mentre Zelgadiss era in procinto di buttare fuori dalla scacchiera -con una mossa piuttosto intelligente, c’è da dire- la regina nera.

-Non lo so, sta di fatto che è quello che sto per fare….- rispose il ragazzo, posizionando l’unico alfiere rimastogli al posto del pezzo nemico. Fece un sorrisetto. Se andava tutto come previsto, ancora tre mosse e…

-Nonono, aspetta un secondo!- ribattè Asirah, riprendendo in mano la regina -In questo caso mi è possibile cambiare mossa!- e sorrise con fare trionfante.

-Quale caso, scusa? Le regole non prevedono una cosa del genere.-

-Invece si, se l’avversario ha barato!- disse la ragazza -Non hai fatto altro che fissarmi con uno sguardo languido per tutta la partita, mi hai distratta! E’ chiaro che poi non mi accorgo delle tue subdole manovre!-

Zelgadiss per poco non cadde dalla sedia -Ma quale sguardo languido?!? I miei occhi non hanno guardato nulla che si trovasse oltre i limiti della scacchiera!- ribattè, irritato. Era tutta la mattina che quella ragazza lo provocava con battutine e affini……e dire che lui avrebbe voluto solo starsene per i fatti suoi.

In attesa che Lina ritornasse, possibilmente con buone notizie, avrebbe potuto fare quella tanto desiderata ricerca nella biblioteca del palazzo….e magari rimettere a posto le rotelle del suo cervello che ancora non si erano sistemate dal pomeriggio precedente…

…o dalla sera…

-Cos’è, hai riattivato la “modalità depressiva”? Certo, sempre che l’avessi disattivata…- chiese Asirah, scrutandolo in viso.

Occhi profondi, lineamenti fini…

Un bel viso, decise. Anche se di pietra.

Un viso che, evidentemente, la principessa aveva deciso di non guardare mai più.

Un viso che, forse, non voleva più essere guardato.

O guardare.

Non voglio essere mangiata…

Ehm………forse s’impicciava troppo negli affari degli altri.

Lina glielo diceva spesso, in effetti…

Ma tu non hai certo il diritto di parlare, carina…..

…c’è da dire che lei non aveva mai prestato particolare attenzione ai commenti della maga, tuttavia.

Lina era sempre molto pungente nei suoi confronti….

Io posso pungerti più forte, se non stai attenta.

Ma, per un qualche strano motivo, pur detestandola, la maga le era amica.

E Lina la detesteva, si.

E tu la odi…

E lei la odiava. Però le era amica.

Un discorso da schizofrenici, senza dubbio, se ascoltato da un’estraneo.

Un’estraneo non avrebbe capito che tutto era perfettamente logico, lineare.

Odiava la sua amica. L’avrebbe uccisa, se avesse potuto. Ma sarebbe morta per salvarla.

Non sopportava quel legame di amicizia che le univa. Ma se qualcuno provava a spezzarlo, se la sarebbe vista brutta.

Molto brutta.

Ma Lina non approverebbe. Non approva mai niente, quella strega.

Oh, ma che vuoi che sia un piccolo litigio? Puoi uccidere chi vuoi, quando e come vuoi; puoi farla arrabbiare, puoi farti odiare. Ma lei ritornerebbe, e tu lo sai.

Gli insulti si dimenticano. Le ferite guariscono. Il sangue…..quello puoi fare a meno di guardarlo.

Ti farei affogare nel tuo, di sangue.

-Non sono in “modalità depressa”, solo che mi sono stufato!- esclamò Zelgadiss, alzandosi bruscamente dalla sedia.

-Mh?- fece Asirah, guardandolo. Ops, si era persa un po’ nel divagare dei suoi pensieri! Avrebbe dovuto odiarsi per non essersi concentrata solo ed esclusivamente sul bel ragazzo che aveva davanti!

-Dove vai?- gli chiese.

-Fuori- rispose brevemente Zel, uscendo dalla stanza.

Asirah rimase interdetta per un attimo, fissando la porta chiusale in faccia dal ragazzo. Un maleducato, senza dubbio.

Un bel maleducato.

Un maleducato amico di Lina.

Un maleducato innamorato di un’amica di Lina.

Un maleducato che la notte scompare e di mattina ha un’aria terribilmente stanca…

“Interessante…” pensò.

Poi cominciò a ridacchiare.

Fuori, finalmente. Aria.

Un altro minuto passato a giocare a scacchi con la biondina e sarebbe impazzito.

“Non puoi mangiarmi la regina!”

Argh.

Quella ragazza era stranissima, accidenti. Avrebbe osato dire che lo era più di Lina, ma non sarebbe stato un paragone corretto; conosceva la maga da tantissimo tempo, per cui alcune sue stranezze ormai gli apparivano come atteggiamenti del tutto naturali.

Più o meno.

Scese lentamente le scale che davano sul giardino; erano ancora sporche di sangue.

Lina era stata molto, molto fortunata a salvarsi.

Non che fosse tanto strano, in fondo. Lo sapeva che quella ragazza aveva una fortuna sfacciata.

Un giorno dovrà pur finire, questa fortuna…..

Rabbrividì, all’improvviso.

Cos’era stato?

Non era un suo pensiero, quello.

No, non lo era.

Aveva pensato il pensiero di un altro.

Ma, se non era suo, di chi?

Chi era entrato nella sua testa?

…chi?

Per un attimo, un nome gli balenò nella mente.

Ma fu talmente veloce a scomparire, che Zelgadiss non riuscì a leggerlo.

Come se qualcuno gliel’avesse rubato.

Rubato il suo pensiero.

Si guardò intorno, lentamente.

Perché poi? Di certo non sarebbe arrivato qualcuno a dirgli “scusa se mi sono intrufolato nella tua testa senza permesso”.

Non voglio essere mangiata…..

Si girò indietro di scatto, come se qualcuno alle sue spalle l’avesse chiamato.

Appoggiata ad un albero, con le mani nelle tasche, c’era Asirah che lo fissava con un sorissetto che Zelgadiss avrebbe definito tra il tenero e l’ironico.

- Hello!- disse la ragazza, guardandolo intensamente negli occhi.

Lui non rispose, limitandosi a squadrarla dalla testa ai piedi. Si rese conto che la stava fissando freddamente.

Cielo, non aveva motivo di sospettare.

Era lì, davanti a lui, punto e basta.

Non gli aveva aperto il cervello e succhiato via i pensieri con la cannuccia.

Nessuno poteva fare una cosa del genere.

Lei era amica di Lina.

La voce nella sua testa non assomigliava alla sua.

Anzi, lui non aveva proprio sentito alcuna voce.

Non aveva dormito e la mancanza di sonno faceva brutti scherzi.

-Non si fissa così una ragazza.- disse Asirah, con un tono indispettito.

Zelgadiss sussultò, strappato a forza dai suoi pensieri. Di nuovo.

-C-cosa?- chiese, spaesato.

-Non devi fissarmi così, mi metti in imbarazzo.- continuò la bionda, imperterrita.

Zelgadiss sospirò e ribattè in tono calmo -Lo sai benissimo che io non ho certe mire su di te e che stai facendo tutto da sola. Appurato questo, si può sapere perché continui a insistere con me?-

-Mi piaci- disse Asirah, diretta. Colse l’espressione sorpresa negli occhi del ragazzo, così continuò -E, dal momento che mi sono appena unita alla compagnia e non ho un cavaliere per il ballo, l’ho chiesto a te. C’è qualcosa di male?- chiese, semplicemente.

Zelgadiss rimase in silenzio per un po’, interdetto dai modi piuttosto schietti della ragazza.

Stava per rifiutare cortesemente la proposta, ma poi si bloccò; in fondo, che c’era di male? Avrebbe dovuto partecipare ugualmente al ballo, con o senza ragazza………e allora, perché non accompagnare Asirah, e cercare di far sentire a suo agio almeno lei?

In fondo, non aveva preso impegni con nessun’altra………………ecco.

Eccolo, il punto.

Ti sei fregato da solo, Zel.

Sei proprio uno stupido.

Sorrise. Chissà perché, ma nella sua testa quest’ultimo pensiero era suonato con la voce di Lina.

-Ok.- disse, serio -Allora ci vediamo stasera davanti alla scalinata della sala?-

Asirah lo guardò sorpresa, per un attimo. Poi sorrise, guardandolo dolcemente.

Begli occhi.

-Si! Aspetta e vedrai cosa si prova ad essere l’accompagnatore della ragazza più bella della festa!- disse, con entusiasmo.

-Se ti sentisse Lina, potrebbe mangiarti viva.- osservò Zelgadiss.

Asirah lo fissò. Mangiarla……?

Non voglio essere mangiata…………………nessuno può mangiarmi.

-Lascia che ci provi. Non sono da meno di lei.- disse, mentre si avvicinava al ragazzo.

Quando la distanza si ridusse a due o tre passi, riprese a sorridere -Allora a stasera!-

Non voglio essere mangiata………

………ma potrei mangiare te, in alternativa.

 

 

 

Aveva ricominciato a piovere.

Piccole gocce d’acqua colpivano ritmicamente il vetro dell’enorme finestra della Sala Grande, creando una piacevole colonna sonora che spezzava il silenzio che avvolgeva, come sempre, il palazzo.

Bevve un altro sorso di vino.

Il bicchiere era quasi vuoto, osservò.

Pazienza. Non poteva certo ubriacarsi, lui.

Finì di bere il liquido rimasto nel calice, riprese in mano la bottiglia e ne versò dell’altro.

Era ottimo vino, quello; proveniva da Zefiria, la patria dell’uva.

Curioso che un demone si mettesse a fare osservazioni sulla qualità del vino, ma c’è sempre una prima volta. E cosa c’è di meglio che il parlare di alcool per ingannare il tempo, mentre aspetti che il tuo capo finisca di parlare con “il cucciolotto”?

Ridacchiò.

Immaginò che il master lo stesse spennando, in quel momento. Eh si, non si deve passare così tanto tempo fuori di casa, senza avvertire la mamma della propria decisione di prolungare la vacanza; male, male, molto male.

Lui, invece, era sempre stato un bambino diligente.

E gli scocciava che la pecora nera si facesse avanti tutt’ad un tratto, sperando di portargli via le caramelle che spettavano a lui, come premio.

Eh si, la cosa era fastidiosa.

Ma sopportabile, in fondo. Poteva sempre ucciderlo.

Xellass-sama non se la sarebbe presa con lui.

-Anneghi i tuoi dispiaceri nell’alcool, Xel-chan?- chiese ironicamente una voce maschile, alle sue spalle.

Xelloss non si prese il disturbo di voltarsi, anzi, bevve un altro sorso di vino -Già qui? Xellass-sama ha avuto pietà e ha deciso di risparmiare la tua vita da parassita?- domandò, fingendo un tono preoccupato.

L’altro sorrise -Beh, si……qualcosa del genere!- disse -Diciamo che il mio sex-appeal ha affascinato anche il nostro capo…-

Xelloss posò il bicchiere di vetro sul tavolino accanto alla poltrona dove era seduto -Tu non vuoi che io vada a riferire questa tua frase a Xellass-sama, vero?- chiese, in tutta tranquillità.

L’altrò sussultò -Non lo faresti mai…-

-Certo che no…-

-Davvero?-

-No.- disse Xelloss, laconico.

-Ma dai, era una frase detta così, per dire……piuttosto, chi è la ragazza che cerchi di dimenticare, affogandoti nel vino?- chiese il nuovo venuto, riacquistando la precedente baldanza.

L’altro sorrise ironico -Lina Inverse. Mi ha spezzato il cuore, oggi, quando mi ha intimato di levare le tende e tornare solo se avessi avuto informazioni preziose da darle- disse, restando in attesa della rezione del compagno.

Quello riacquistò un’aria seria -…Inverse? Ha ancora l’hobby di mettere il naso nei nostri affari?-

- Non è mica toccato a te il compito di tenerla a freno, in questi anni.- rispose Xelloss -Ma non ti darà particolari problemi. Basta sapere quando sfruttarla e quando farti sfruttare…alla fine, si arriva ad una pacifica collaborazione, nel pieno spirito della giustizia!- disse, imitando il tono della principessa di Sailuun.

L’altro inarcò le sopracciglia -C’è poco da scherzare. Il Magarah è in mano ad una sua compagna.-

-Dimentichi chi c’è a Sailuun, insieme all’allegra brigata.-

A quell’affermazione, seguì un lungo silenzio; mentre Xelloss si versava l’ennesimo bichiere di vino, l’altro rimase immobile a guardarlo. Infine, il primo riprese la parola.

-Dovresti conoscerla, visto il luogo in cui hai fatto la tua gitarella di piacere.- disse, a bassa voce.

-Diciamo che l’ho vista di sfuggita.- replicò l’altro -Xellass-sama non mi aveva informato della sua presenza.-

Xelloss si alzò in piedi, lentamente; poi si avvicinò alla grande vetrata che dava sul balcone di pietra. Mentre passava accanto all’interlocutore, bisbigliò qualcosa…non doveva essere qualcosa di piacevole, perché quello s’innervosì.

-E’ inutile che fai lo spavaldo, Xel. Hai così tanta paura che io prenda il tuo posto?-

L’altro sorrise divertito, appoggiando la schiena alla finestra -No di certo, chibi-chan. Tu, piuttosto, sei sicuro di rappresentare una minaccia, per me? Non starai sopravvalutando la simpatia di Xellass-sama nei tuoi riguardi?-

Era facile provocarlo. E divertente, ovvio.

Bastava una battutina, una mezza frase, una vaga allusione………

Divertente.

Era divertente provocare qualcuno che aveva un volto, degli atteggiamenti così simili ai propri; giusto per vedere come sarebbe apparso lui stesso, se si fosse arrabbiato.

Non bene, decisamente.

E infatti lui non si arrabbiava mai. Meglio mantenere la solita aria ironica e impassibile.

Tanto per non assomigliare ancora di più a quell’essere detestabile.

-Se la metti così…- fece l’altro, scrutandolo attentamente negli occhi.

Che l’osservasse pure.

Quanto voleva, lui non si faceva problemi.

Ma poteva scordarsi di captare qualche suo pensiero solo guardandolo.

Non c’era mai riuscito. Non era mai stato bravo nell’indovinare i pensieri altrui.

Meno che meno i suoi.

Resse il suo sguardo, allora. Accompagnando quella fermezza degli occhi con un leggero sorrisetto sarcastico.

Fu l’Intruso a spezzare il silenzio -Beh, allora alla prossima. Non vedo l’ora di conoscere la signorina Inverse- disse, ridacchiando.

-Non so se le piacerai.- rispose l’altro -Ha gusti difficili, la signorina…-

Quello, dopo avergli rivolto l’ennesimo sorriso, scomparve.

Meglio così.

Xelloss si allontanò dalla finestra, raggiungendo nuovamente la poltrona di pelle rossa, vicino al tavolino; si sedette comodamente e riprese in mano il bicchiere, ricominciando a bere lo squisito vino di Zefiria, come se nulla fosse successo.

 

 

 

Le prigioni di Sailuun erano quanto di più cupo e squallido avesse mai visto in vita sua; acqua che gocciolava giù dai tetti e formava enormi pozzanghere sui pavimenti increspati, muri in pietra che davano l’impressione di stare per crollare da un momento all’altro, uno squittìo di topi in -non troppa- lontananza…

Non che si aspettasse il palazzo del sultano, ma credeva che Ameria e suo padre, grandi paladini della giustizia, s’interessassero di più alla manutenzione e l’igiene dei luoghi dove vivevano quelli che, sebbene criminali, erano pur sempre loro sudditi; Lina si ritrovò a pensare che, forse, anche quello squallore era dovuto alla crisi che, in quel momento, stava attraversando il paese.

Anche i soldati a guardia delle celle e dei corridoi erano, in effetti, molto pochi; un qualsiasi bandito un po’ più sveglio della media avrebbe potuto facilmente evadere.

Ma, in fondo, i banditi un po’ più svegli della media non si fanno certo catturare da quei broccoli dei soldati di Sailuun.

-I prigionieri in attesa del processo si trovano nei sotterranei- disse Ameria - dopo aver bisbigliato qualcosa a una guardia che si trovava in un angolo della stanza, prese una torcia e fece cenno a Lina e Gourry di seguirla giù per una scalinata.

Il percorso era molto, molto buio, tanto che Lina rischiò di inciampare per ben due volte, su quegli scalini non ben allineati; fortunatamente, Gourry se ne accorse in tempo per afferrarla per un braccio, solo per essere malamente respinto dalla ragazza, una volta rimessasi in piedi.

Quando, finalmente, terminarono di scendere la scalinata, si ritrovarono a percorrere un lungo e stretto corridoio, illuminato solo da poche torce appese ai muri, in linea perfetta. Passarono davanti a numerose celle con porte dall’aria molto spessa; a giudicare anche dai lamenti isterici che provenivano dall’interno di queste, Lina ipotizzò che lì venissero chiusi i criminali con problemi psichici.

L’attenzione della maga venne catturata, in particolare, dall’ultima porta del corridoio, dal cui interno sentiva provenire delle urla animalesche, quasi dei ringhi, insieme a dei singhiozzi soffocati; vicino a quella porta c’erano ben due guardie, cosa strana, visto che fino a quel momento ne aveva contato solo nove, nell’intero edificio. Chi c’era in quella cella di tanto pericoloso da dover essere sorvegliato con così tanta attenzione?

Fu la stessa domanda che pose ad Ameria.

-Beh…- fece la principessa, riluttante -Non lo so bene neanch’io. E’ un prigioniero che fa parte di una delle famiglie più in vista della città, i Sohma; sembra che, in un attacco di follia, abbia ucciso una parente, almeno questa è la versione ufficiale. I suoi familiari hanno insistito che venisse rinchiuso in prigione a vita, sotto la massima sorveglianza.-

-“Versione ufficiale”?- chiese Gourry, anticipando Lina di un secondo -Ce n’è una non ufficiale?-

-No.- disse Ameria -Cioè………le guardie che sono incaricate di portargli il cibo, dicono che sia……un mostro. Non sai quante volte abbiamo dovuto cambiare soldati; erano molti quelli che si rifiutavano di entrare nella stanza.-

-Mmh.- fece Lina.

In effetti, i versi provenienti dalla cella sembravano tutto tranne che umani.

Accantonò comunque la riflessione su quella storia, perché Gourry le fece cenno che stavano per arrivare alla stanza dove era chiusa la donna che l’aveva aggredita.

-I miei ossequi, altezza- disse solennemente il soldato a guardia della cella -La prigioniera è di là.- e aprì la spessa porta di legno.

Non fu uno spettacolo piacevole.

No, decisamente.

La donna era stesa a terra, a pancia in su, rigida. Era morta.

Gli occhi, diventati quasi completamente rossi, era sbarrati, il volto deformato in un’espressione di orrore; la mano destra era chiusa a pugno, dal quale usciva un rivoletto di sangue. Doveva aver stretto così forte da essersi tagliata.

La mano sinistra era, invece, chiusa attorno alla gola; dalla bocca spalancata usciva un liquido disgustoso, a prima vista un miscuglio di saliva, sangue e acqua.

A terra erano sparsi alcuni pezzi di stoffa provenienti dal suo abito, insieme ad alcune ciocche di capelli; no, lo spettacolo non era affatto piacevole.

Ameria strinse inconsciamente il braccio dell’amica; forse lo fece con troppa forza, ma Lina non avvertì alcun dolore, presa com’era a guardare il corpo della donna davanti a sé. Il soldato, dopo un attimo di smarrimento, cominciò a chiamare a gran voce alcuni suoi compagni; solo Gourry sembrò mantenere la calma.

-Sembrerebbe…- disse, piano -…essere morta di paura-. In effetti, dall’espressione terrorizzata che la donna aveva sul volto, quella era l’ipotesi più plausibile.

-Qualcuno voleva tapparle la bocca- fece Lina, dopo un secondo di silenzio; Ameria ancora non parlava, ma neanche distoglieva lo sguardo dal cadavere.

-Oh, eccome- disse una voce roca, proveniente da un angolino buio della cella. I tre si voltarono di scatto; c’era un vecchio, rannicchiato, che ridacchiava sommessamente. Nessuno di loro l’aveva notato, prima. -E’ stata l’acqua. L’acqua era arrabbiata.-

-Cosa stai dicendo?- chiese Lina, irritata, avvicinandosi al prigioniero.

-L’acqua. L’acqua è entrata qua dentro e ha ucciso la donna.- rispose quello, senza smettere di ridere.

-Quest’uomo è pazzo!- disse Ameria, ripresasi, ad alta voce. -Lina, usciamo, ti prego!-

Non voleva rimanere in quella stanza un secondo di più.

Sentiva gli occhi della donna puntati su di sé. E non c’erano posti per nascondersi, lì dentro.

-Non credo- fece Lina, riacquistando sicurezza -Vuole solo giocare agli indovinelli.- disse ironicamente, chinandosi all’altezza del vecchio; a vederlo da vicino, era davvero orribile. Magro come uno scheletro, senza un occhio, la bocca con pochi denti; oltre a quell’irritante espressione sarcastica, ovviamente. -Allora………Lady Acqua come è entrata?-

-Da sotto la porta, signorina.- disse quello, indicando l’uscio. -E’ solida, ma l’acqua può passare lo stesso. Lei può andare dove vuole. L’acqua può andare dove vuole, signorina.-

Ameria lo fissò con un’aria disgustata. Era pazzo, era evidente.

-Capisco…e come ha fatto ad uccidere la donna?- continuò Lina, senza badare al tono provocatorio del vecchio.

-E’ scivolata………si è avvicinata alla signora -una signora brava e bella, chissà perché è finita qui- piano piano………lei si è spaventata, ha provato a scappare………ma è inutile………puoi fuggire, ma non puoi nasconderti………Lei ha mille occhi, ti trova sempre.-

-E quando l’ha raggiunta, che ha fatto?- continuò Lina.

Il vecchio la guardò, allargando il sorriso -Le è entrata in gola, signorina. In bocca, negli occhi, attraverso la pelle. L’ha riempita come un palloncino………e poi………boom!- disse, scoppiando in una fragorosa risata.

Lina si alzò di scatto, soffocando l’impulso di schiaffeggiare l’uomo; impulso provato anche da Gourry, che però non lo soffocò. Si gettò sull’individuo e gli strinse il collo tra le mani, guardandolo con odio.

-Gourry…- fece Lina.

-Cos’hai da ridere così tanto?- chiese Gourry, urlando, al vecchio. Quello non potè rispondere, tanto era impegnato a tossire convulsamente e a lottare contro la stretta dello spadaccino.

-Gourry, smettila.-

-Prima lo mando all’inferno- disse lui, con un tono furioso che raramente Lina gli aveva sentito usare; la sorpresa durò comunque solo un attimo.

-Gourry, basta!- urlò, prendendogli il braccio.

Lentamente, l’uomo allentò la presa, lasciando il prigioniero a terra, quasi agonizzante; rimase a guardarlo con disprezzo per qualche secondo, poi si lasciò trascinare da Lina verso l’uscita.

-Ehi, signorina…- fece il vecchio, tra i colpi di tosse.

Lina si bloccò sulla porta, senza però guardarlo.

-L’Acqua le porta i suoi saluti………- e ricominciò a ridere.

Prima che Gourry potesse nuovamente scaraventarsi contro l’uomo, Lina trascinò via lui e Ameria verso il corridoio.

Mentre risalivano le scale, tutti e tre cercarono di non rivolgere lo sguardo all’acqua che scendeva giù dalle pareti.

 

 

 

-Li vedi?-

-Si………sono appena usciti.-

-Bene- disse la ragazza, sdraiandosi sul ramo del noce su cui si trovava -Possiamo andare a riferire il tutto, no?-

-Si.- affermò il ragazzo, facendo ritornare i proprio occhi all’aspetto originale; non gli piaceva il taglio dell’occhio umano -Ma forse sarebbe consigliabile farsi un giro al castello, prima-

-Tu dici?-

-Beh........tanto per vedere che combina Dy-chan…- cominciò lui.

-………e ricevere un premio dal capo per la nostra efficienza………- continuò la ragazza, guardando il compagno negli occhi. Così belli, i suoi occhi.

-………e passare qualche oretta in pace, senza dover sorvegliare Inverse.- concluse il ragazzo, avvicinandosi lentamente alla donna.

-Ottimo………- disse lei, a bassa voce, mentre gli accarezzava una guancia.

-Sapevo che saresti stata d’accordo- fece lui, prima di baciarla.

 

 

 

 

Ok, end; fracassatemi pure^^. Solo due cose: ho provato un po’ di ribrezzo nello scrivere del bacio fra Dolphin e il bambino (infatti non l’ho “descritto”), però ho voluto lasciarlo ugualmente………per Dolphin non c’è distinzione tra adulto o bambino, quindi per lei baciare Rin era come baciare Zel (capisco, è diverso^^;;;), ma non so se ho fatto bene, ditemi se vi sembra fuori luogo^^. Altra cosa; il prigioniero della cella controllata dalle due guardie -il presunto mostro, insomma- non è un personaggio che fa effettivamente parte della storia, è solo una “citazione” di un manga che adoro, “Fruits Basket”. Nella famiglia Sohma si succedono da secoli generazioni di 13 individui “maledetti”; fra questi, uno di loro si trasforma in un orribile mostro, se gli viene tolto una specie di rosario che è costretto a portare fin da bambino. E’ inoltre condannato, raggiunga l’età di circa 18 anni, ad essere rinchiuso in una stanza, dalla quale non potrà uscire per il resto dei suoi giorni; la citazione è mooolto contorta, oltre ad essere comprensibile solo a chi legge il suddetto manga, ma ci tenevo a far entrare un po’ di Fruits Basket nella fan fiction^^.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dunque, mi rendo conto che il mio ritardo è a dir poco vergognoso^^ (sorry ç_ç), molto probabilmente non vi ricorderete più la trama^^ (incubi di Lina, “qualcosa non bene identificato” che accade a Zel di notte, Asirah-vecchia conoscenza di Lina- che non si sa né chi sia né cosa vuole né perché ci prova spudoratamente con ogni ragazzo che respira, Ameria fidanzata -senza saperlo, ovviamente- con Dynast [di questa cosa ne sono al corrente solo Lina, Asirah e Xelloss] e piena di risentimento per Zel-kun, Gourry e Lina in fase di stallo -anche se il biondino ha finalmente capito di essere innamorato della rossa^^-, Xelloss che è ritornato a rompere e sembra sapere il perché degli incubi di Lina e cosa accade a Zel-kun, i demoni che vogliono qualcosa nascosto a Sailuun, Dynast e Dolphin alleatisi per raggiungere un comune obiettivo, Lina attaccata da alcuni uomini posseduti- prontamente sterminati da Xelloss, con una sola donna sopravvissuta-…..etc.).

Un paio di note^^:

1.Questo capitolo non piace neanche a me ><; mi è venuto un po’ “tirato via” e in alcuni punti mi sembra un po’ affrettato. Più che altro è un insieme di scene spezzate senza continuità; ho voluto tenerle però, perché mi servono a introdurre il capitolo 3, che invece di continuità ne avrà (o meglio, dovrebbe averne^^) molta, oltre al fatto che sarà parecchio “rivelatorio”. In sostanza, questa seconda parte del capitolo due mi serviva più che altro per introdurre nuove situazioni, in vista del terzo capitolo; alcune scene sembrano pure inutili, ma il senso ce l’hanno………tranne la prima, che ho scritto solo perché una mattina mi sono alzata con la luna storta^^.

2.Forse alcuni personaggi sembreranno un po’ OOC, ma l’effetto è voluto; il contesto è serio, quindi non mi sembrava il caso di mettere degli attacchi isterici di Lina solo per dire “guarda, è Lina!”. Con il prossimo capitolo dovrei ritornare negli schemi^^.

  
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