Capitolo 18: Primo giorno
Eragon arrivò barcollando alla sua camera e, non senza una certa difficoltà, aprì al porta della stanza.
Con sua grande sorpresa trovò ad aspettarlo, seduta sul letto, Arya; quando lo vide entrare l'elfa alzò la testa quel tanto che bastava per far intravedere i suoi penetranti occhi verdi, obliqui come quelli dei felini.
Eragon si sentì mancare. Tutti gli sforzi che aveva compiuto in quel momento per evitare di far riemergere i sentimenti che provava per l'elfa furono mandati in fumo appena la vide alzarsi e dirigersi verso di lui, con un andatura sensuale ed incredibilmente femminile.
Arya intanto si trovava ad un palmo da lui e lo guardava negli occhi sorridendo maliziosamente; lentamente la donna si avvicinò ancora un po' al ragazzo, che ora riusciva ad avvertire il respiro dell'elfa sulle proprie labbra.
"Arya, cosa...?" Eragon non riusciva a capire cosa stesse passando per la mente dell'elfa, sapeva solamente che se avesse continuato a stargli così vicino avrebbe perso completamente quel briciolo di autocontrollo che ancora gli restava. L'elfa gli posò l'indice sulle labbra, zittendolo, per poi sussurrargli piano all'orecchio:
"Non è questo che hai sempre voluto da me? Non volevi che il tuo amore fosse ricambiato, che potessimo vivere come ogni altra coppia di Alagaesia?"
"Sì, ma non mi sembra giusto che accada adesso...Siamo entrambi sotto l'effetto del Faelnirv." ribattè il Cavaliere, con la gola secca
"Se è solo questo il problema lo risolviamo subito..." detto ciò l'elfa pronunciò alcune parole nell'Antica Lingua e la mente di Eragon tornò lucida
"Va meglio così?" domandò lei con voce suadente
"Decisamente." rispose lui avvicinandola a sè e poggiando le sue labbra su quelle della donna, che ricambiò prontamente il bacio.
"Ti amo Arya!" sussurrò lui con voce roca
"Ti amo anche io Eragon." rispose lei, stringendosi di più a lui e baciandolo ancore una volta.
La mattina seguente a svegliare il Cavaliere fu il ruggito impaziente della sua dragonessa. Eragon si stropicciò gli occhi e, lentamente, si alzò a sedere, stando attento a non disturbare Arya, ancora addormentata accanto a lui.
"Eragon! Vastiti in fretta o arriveremo tardi al nostro primo giorno d'insegnamento!" lo esortò Saphira, con voce dura
"Va bene, non serve che ti arrabbi tanto!" rispose lui, mentre si preparava.
Quando fu pronto prese Brisingr, la sua inseparabile spada, assicurandosela in vita, e si diresse verso la porta.
"Eragon..." la voce assonnata di Arya lo raggiunse prima che uscisse dalla stanza
"Buongiorno!" le disse gurdandola.
"Buona fortuna per il tuo primo giorno da insegnante."
"Grazie, ne avrò bisogno." rispose lui, uscendo poi dalla stanza.
Fuori dalla porta trovò ad aspettarlo suo fratello. Il Cavaliere Rosso aveva la schiena poggiata ad una colonna, le braccia incrociate e lo sguardo fisso su di lui.
Eragon capì subito che aveva qualcosa di molto importante da dirgli, così aspettò che si decidesse a parlare
"Cosa sta succedendo Eragon?"
"Non capisco a cosa ti riferisci." rispose il minore
Murtagh si staccò dalla colonna e si avvicinò al Cavaliere: aveva gli occhi neri ridotti ad una fessura e, come Eragon aveva imparato, ciò non presagiva nulla di buono.
"Non mentire con me Eragon! So perfettamente che deve essere accaduto qualcosa che ha allarmato, qualcosa di così importante da spingere Arya a richiamarti da Vroengard per farti tornare qui. La cosa non mi interesserebbe se non sapessi per certo che quell'elfa ha in mente di utilizzare i poteri di Raksha per risolvere la situazione, che deve essere alquanto grave. Non è forse così, Fratello?"
Eragon non potè fare altro che annuire. Murtagh aveva descritto precisamente quello che era accaduto e negare non avrebbe fatto altro che farlo infuriare più di quanto già non fosse.
Il Cavaliere Rosso sospirò passandosi una mano sul volto
"Maledizione! Sapevo che l'arrivo di Arya non avrebbe portato nulla di buono...Ma giuro che se permetterai che succeda qualcosa alla mia bambina mi occuperò personalmente di ammazzarti!"
Eragon lo guardò: era teso, anzi no, spaventato. Ma il ragazzo capì perfettamente la sua reazione, in fondo anche lui era preoccupato per la sorte della piccola Evy, ma l'unica cosa che poteva fare per proteggerla era insegnarle tutto quello che sapeva, sperando che la piccola apprendesse in fretta e riuscisse a fermare la minaccia che incombeva su Alagaesia.
"Farò di tutto per proteggerla. Hai la mia parola Fratello." disse il minore dei due, ripetendolo anche nell'Antica Lingua per rendere la sua promessa vincolante.
"Lo spero per il tuo bene, Eragon. E adesso vai, Raksha ti sta aspettando in giardino, ha detto che voleva portare Zestraj a prendere una boccata d'aria."
"Zestraj?" domandò il Cavaliere
"Sì, è il nome del suo drago."
Eragon sorrise, quella bambina era davvero un senso dell'umorismo particolare; infatti il nome del cucciolo nell'Antica Lingua significava Riflesso, allusione alle scaglie del drago che erano simili a specchi.
"Allora vado da loro, ci vediamo più tardi Fratello."
Il Cavaliere Rosso si limitò a fare un cenno affermativo con la testa, entre Eragon si incamminava verso il giardino dove trovò ad attenderlo Raksha e Zestraj, che giocavano tranquilli sotto lo sguardo attento e protettivo dei tre draghi adulti.
Quando lo sentì arrivare la bambina alzò lo sguardo e gli rivolse uno dei suoi sorrisi radiosi, che il Cavaliere ricambiò
"Allora siete pronti per il vostro primo giorno d'allenamento?"
"Sì!" risposero all'unisono l'Evy e il cucciolo
"Bene, seguitemi." disse Eragon con voce calma ma decisa, lo stesso tono di voce che Oromis usava con lui e che aveva un che di paterno.
Raksha e Zestraj obbedirono.
Il ragazzo li condusse nello spiazzo dove si era allenato durante la sua permanenza ad Ellesmèra, e li fece sedere sull'erba mentre Saphira si accoccolava alle sue spalle.
"Vi ho portati qui perchè vorrei sapere la tua storia Raksha. So che non eri a conoscenza dell'appartenenza alla razza degli Evy, quindi vorrei che mi raccontassi la tua vita fino ad oggi." spiegò il Cavaliere
La piccola si rabbuiò ed un lampo di tristezza le attraverso lo sguardo, offuscandolo, ma un attimo dopo la bambina annuì in modo deciso iniziado a raccontare:
"Fin da quando ho memoria ho vissuto in un villaggio a nord, dove abitavo insieme alla mia mamma. Purtroppo quando scoppiò la Grande Guerra, la mamma fu rapita dai soldati dell'esercito del re. Ricordo ancora quel giorno: quegli uomini entrarono in casa, io mi nascosi con la magia, e due di loro bloccarono le braccia della mia mamma e le chiesero dove nascondesse il Nijal. Lei rispose che non sapesse di cosa stessero parlando; uno dei soldati allora le colpì il viso con un pugno, dicendole che alla fine avrebbe raccontato tutto quello che sapeva. Lo disse con un espressione così orribile che a volte lo rivedo ancora nei miei incubi. La mamma non cedette e il comandante ordinò di radere prelevare tutte le ricchezze del villaggio; ancora ricordo le urla terrorizzate dei bambini e i pianti delle donne. Poi tutto finì e io mi ritrovai sola in quella casa ormai completamente vuota. Da allora tutti mi guardarono con diffidenza, pensando che la causa di tuttele loro sventure fossi io. Continuò così finchè il villaggio fu attaccato dai briganti che lo depredarono ancora una volta; gli abitanti decisero allorta di uccidermi, pensando che così avrebbero liberato il villaggio dalla cattiva sorte. Mi presero di notte e mi portarono nella foresta, dove mi legarono le braccia e le gambe; il capovillaggio si avvicinò con un coltello in mano, lo alzò sopra la mia testa ed io chiusi gli occhi attendendo i colpo. Sentii un rumore assordante e poi la voce profonda e imperiosa di un uomo che ordinava di fermarsi; come a sottolineare le sue parole si udì un ruggito, a quel punt0 aprii gli occhi e vidi davanti che il capovillaggio era sospeso in aria, pallido come un morto e fissava un punto alla mia destra. Mi voltai e vidi un guerriero in armatura e dietro di lui un drago rosso, rosso come la corazza di quell'uomo, che ringhiava con ferocia; il Cavaliere lasciò cadere il capovillaggio e gli intimò di andarsene, insieme ai suoi uomini, e poi si diresse verso di me. Ammetto che in quel momento tremai di paura ma, quando sentii il nodo delle corde allentarsi, iniziai a tranquillizzarmi un po'; dopo pochi secondi fui del tutto libera ed allora cedetti: gli buttai le braccia al collo ed iniziai a piangere disperatamente, il Cavaliere allora ricambiò titubante la mia stretta e mi disse di stare tranquilla, mentre mi arruffava i capelli. Mi chiese quali fosse il mio nome e cosa fosse successo prima del suo arrivo, io gli raccontai tutto per poi chiedergli quale fosse il suo nome e lui presentò se stesso ed il drago rosso. Successivamente mi si avvicinò lentamente e mi prese in braccio, issandomi sul dorso del drago. Quando lo sentii sedersi dietro di me ed abbracciarmi piano, avvertii un senso di protezione mai provato prima. Da allora vissi con lui,imparando l'arte della magia e della spada, fino all'arrivo di Nasuada ed Arya."
Eragon era scioccato dal racconto della bambina, così come Saphira e per un attimo pensò a quanto avesse dovuto costare a suo fratello il non uccidere quei vermi che avevano tentato di ucciderla.
Mai come allora si era sentito in dovere di mantenere la promessa fatta a Murtagh, avrebbe protetto quella bambina perchè aveva già sofferto abbastanza.
Perchè lui sapeva cosa significasse vedersi strappare la propria famiglia senza poter fare niente.
Angolo dell'Autrice
Eccomi di nuovo con il secondo capitolo di oggi.
In questa parte della storia vediamo un Eragon innamorato che finalmente può stare con la sua elfa, ed un Eragon Maestro che desidera conoscere meglio la sua piccola allieva.
Finalmente veniamo a conoscenza della tristissima storia della nostra piccola protagonista, che con grande sforzo riesce ad aprirsi con il Cavaliere.
Mi raccomando, fatemi sapere se questi capitoli vi sono piaciuti.
Baci<3<3<3
RedSonja