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Autore: CowgirlSara    09/09/2013    4 recensioni
Arrivato davanti alla tazza, tirò giù il bordo dei pantaloni e cercò qualcosa che era sempre stato lì, per la gioia di sua madre, l’orgoglio di suo padre e la soddisfazione di innumerevoli fanciulle. Ma quel qualcosa non c’era. Cercò ancora, ma sembrava proprio che il suo glorioso attributo maschile avesse deciso di cambiare locazione...
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: James T. Kirk, Leonard H. Bones McCoy, Sorpresa, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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more than a woman
Ecco a voi l’ultima parte di questa storia. I nodi vengono al pettine e l’ennesima avventura si conclude. I nostri eroi ne usciranno cambiati? Aspetto i vostri commenti e, intanto, vi ringrazio per averla apprezzata così tanto!

Buona lettura!
Sara


- 3 -

L’ultimo ordine del capitano, prima di ritirarsi nella sua cabina, era stato quello di rintracciare la nave da guerra berghiana, così da chiarire l’incidente al cargo prima di raggiungere la colonia, poi aveva lasciato la plancia stanco e convinto di riposarsi davvero.
Aveva pensato che un po’ di adrenalina, sfogarsi col dottore e scusarsi con Spock, l’avrebbero aiutata a prendere sonno e riposare un po’.
Perché la verità, che non aveva confessato né a Leonard né a Spock, era che da quando si era ricordata della trasformazione non riusciva più a dormire. Continuava a sognare quell’uomo in uniforme ed a svegliarsi con quella lancinante emicrania. In pratica, non dormiva da due giorni.
Anche quella notte il sogno si ripresentò puntuale e doloroso come sempre. Si svegliò urlando, bagnata di sudore, con l’immagine del finto ufficiale che la fissava serafico impressa nella mente. Il mal di testa era a livelli esplosivi.
Non poteva continuare così, la mattina dopo sarebbero arrivati su Berga e c’era una difficile trattativa ad aspettarla. Doveva risolvere la faccenda ora.
Si alzò dal letto e, così come stava – con addosso solo la camicia del pigiama – si diresse da chi poteva aiutarla.

Il cicalino della porta lo sorprese. Era notte fonda – per l’orario standard delle navi stellari – e solitamente non lo avrebbero disturbato. Se ci fosse stato un allarme urgente, il signor Scott – incaricato del turno notturno – lo avrebbe avvertito tramite il circuito di comunicazione.
Andò alla porta e, quando questa si aprì, non poté nascondere una certa sorpresa nel trovarsi davanti il capitano in pigiama.
“Spock ho bisogno di lei.” Dichiarò concitata la donna, prima di entrare nell’alloggio.
Il vulcaniano la osservò. Portava solo il sopra del pigiama, le lunghe gambe chiare scoperte. I capelli erano arruffati e sudati alla base. Il suo viso pallido e tirato.
“Che cosa succede?” Le domandò quindi, seguendola all’interno.
“Devo risolvere questa cosa, adesso.” Affermò tesa la donna. “Devo andare fino in fondo, scoprire cosa è successo ed avere di nuovo il controllo di me stesso.”
Si voltò e fissò negli occhi Spock per un lungo istante. Il primo ufficiale era impassibile, ma i suoi occhi la guardavano con una tale intensità da farle tremare le gambe.
“Posso andare più a fondo, ma potrebbe essere pericoloso.” Disse infine Spock. “Andare a recuperare ricordi che potrebbero essere stati rimossi forzatamente rischia di ledere la corteccia cerebrale.” Spiegò quindi.
“Me ne rendo conto.” Annuì il capitano. “Ma, allo stesso tempo, io non posso affrontare la missione in queste condizioni… Non dormo da due giorni, Spock.”
“Ne ha parlato col Dottor McCoy?” S’informò il vulcaniano.
“Ehm… no, non ho avuto tempo.” Rispose lei, deviando lo sguardo.
“Certo.” Fece Spock con tono retorico.
“Il sarcasmo non fa per lei, lo sa?” Reagì Kirk, posando le mani sui fianchi.
“Io ritengo che il Dottore debba essere informato riguardo alle sue condizioni, Capitano.” Replicò freddamente il primo ufficiale.
“Mi farebbe una predica, poi m’imbottirebbe di inutili pillole e non è questo che mi serve.” Affermò lei. “Io devo sciogliere il nodo, altrimenti non sarò più me stessa né come donna, né come uomo, capisce!” Aggiunse frenetica. “Solo lei può aiutarmi davvero.”
Spock continuava a fissarla con quei suoi occhi scurissimi e profondi come lo spazio, poi incrociò le dita delle mani.
“Io non sono certo di volermi assumere la responsabilità di danneggiare il suo cervello, Capitano.” Asserì infine.
“Mi rendo conto che le chiedo molto…”
“È molto più logico, da parte mia, averla così che non averla per niente.” Continuò, ignorando il suo commento.
Kirk stava per ribattere, quando si accorse di cosa aveva appena detto Spock. Alzò gli occhi su di lui, incredula. Lui la stava ancora fissando, ma sperava di non sbagliarsi a vedere del turbamento nella sua espressione.
“Oh, Spock…” Mormorò consapevole, facendogli un breve sorriso. “Tu lo sai quanto sei prezioso per me, vero? Quanto lo sei sempre stato, e non solo sulla plancia o in missione.” Gli disse poi, prendendogli le mani.
Le mani del vulcaniano erano così grandi e calde tra le sue, ora piccole, e lei ringraziava gli dei in cui non aveva mai creduto per il fatto che lui non si sottraesse alla presa.
“Ne sono consapevole e… onorato.” Rispose Spock, continuando a tenere le mani nelle sue. “La tua importanza per me è assolutamente paritaria.”
Kirk sorrise dolcemente davanti a quella dichiarazione d’affetto che a chiunque sarebbe sembrata fredda e distaccata ma che per lei era bella e sacra.
“Capisci, allora, quanto sia fondamentale per me riuscire a risolvere questa situazione?” Gli chiese quindi, seria, fissandolo negli occhi.
“E naturalmente non presterai attenzione agli avvertimenti che ti sto dando, non è così?” Replicò Spock, corrispondendo lo sguardo.
“Mi conosci.” Rispose lei, stringendo un po’ di più le sue mani. “Ma apprezzo la tua preoccupazione.”
Spock aggrottò la fronte. “Non ho parlato di preoccupazione, è un sentimento che…”
“Certo.” Sorrise Kirk. “Ma anche io conosco te.” Aggiunse con dolcezza.
“Capitano…”
“Aiutami e basta, Spock, fidati di me come hai fatto tante volte in passato, ti chiedo solo questo.”
Lui sembrò rifletterci per un lungo momento, fissando qualcosa oltre la spalla di Kirk, poi abbassò nuovamente lo sguardo nel suo.
“So che ci proveresti comunque, anche senza il mio aiuto e allora sarebbe veramente pericoloso.” Le disse infine. “Quindi è più logico da parte mia, assecondare il tuo volere.”
Kirk sorrise soddisfatta, sempre stringendogli le mani, poi però assunse un’espressione pensosa.
“Spock.”
“Sì?”
“Mi domandavo se…” Mormorò la donna. “Se tutto dovesse andare storto, se poi io non fossi più la stessa persona, io vorrei…”
“Dobbiamo cercare di essere ottimisti, Jim.” La interruppe lui.
“No, non è quello!” Esclamò lei quasi divertita. “È solo che non vorrei avere rimpianti e, insomma… ecco, io potrei… Posso?”
Quella richiesta senza oggetto parve molto strana a Spock, non capiva a cosa si riferisse, se lui ne fosse il soggetto, ma c’era una supplica inespressa nei begli occhi nocciola di Kirk e gli sembrò illogico non rispondere affermativamente.
“Sì.” Le disse annuendo.
Il capitano sorrise, poi lasciò le sue mani e gli posò i palmi sul viso. Il vulcaniano, istintivamente, la prese delicatamente alla vita. Lei si alzò sulle punte, spingendosi verso di lui. Le loro labbra collisero in un bacio impacciato. Che divenne più morbido e partecipe in pochi istanti.
Quando finì, si guardarono confusi e sorpresi, poi un sopracciglio di Spock si sollevò ed i suoi occhi brillarono.
“Affascinante.” Affermò.
Kirk sorrise. “Non è l’aggettivo che avrei usato io, ma… sì.” Confermò quindi.
Spock avrebbe anche voluto dire che avrebbero dovuto farlo prima, ma ritenne che non fosse logico far gravare sul capitano un tale carico emotivo prima di quello che stavano per fare. La cosa più giusta ora, ritenne, era aiutare Kirk ad affrontare il suo misterioso nemico. E fu ciò che fecero.


*****


“Oh, hai portato anche il tuo adorabile Vulcaniano!” Esclamò l’uomo, seduto su un trono e vestito approssimativamente come Enrico VIII.
“No, non approssimativamente.” Il personaggio corresse i loro pensieri. “Esattamente come Enrico VIII.” Precisò.
“Puoi leggere le nostre menti?” Chiese Spock.
“Ah, so cose di voi che neanche voi sapete di sapere!” Commentò annoiato l’uomo, rigirandosi lo scettro tra le dita. “Siete nudi, davanti a me.” Aggiunse fissandoli, poi schioccò le dita.
Spock abbassò gli occhi su di se e si accorse di non avere più niente addosso; li rialzò e fissò con disapprovazione la persona che sedeva sul trono.
“A quanto pare è vero quello che ho sentito sui Vulcaniani.” Affermò l’uomo, osservando Spock. “Peccato per lo scarso uso… Anche il Capitano, comunque, è ben messo.”
Kirk si guardò e vide, oltre all’ovvia mancanza di abiti, che tutti i suoi attributi maschili erano tornati al proprio posto. Si girò verso Spock.
“Sono un uomo!” Esclamò.
“Lo vedo, Jim.” Replicò asciutto, poi tornò con l’attenzione all’uomo sul trono. “Adesso vorrei sapere chi sei tu.”
Lui sospirò e si accomodò meglio, aggiustando il bordo di ermellino del suo abito. “Non credo di doverti rispondere, tu non dovresti neanche essere qui: questa non è la tua mente.”
“Allora rispondi al legittimo proprietario di questo cervello.” Intervenne autoritario Kirk.
L’uomo soffocò una risatina sarcastica. “Tu, pensi di potermi imporre qualcosa? Mentre sei davanti a me nudo come un verme?”
“Io pretendo di riavere la mia dignità!” Sbottò Jim, facendosi avanti.
“Per quanto mi riguarda, eri una donna più che dignitosa, qualunque uomo dotato di almeno qualche ormone funzionante ci avrebbe fatto un pensierino…”
“Voglio essere di nuovo me stesso!” Insisté il capitano.
“…ti volevo solo dare una possibilità concreta di realizzare qualcuno di quegli interessanti sogni erotici che facevi riguardo al tuo primo ufficiale…” Continuò l’altro, ignorandolo.
Kirk si bloccò e lanciò un’occhiata imbarazzata a Spock, che lo fissava con curiosità.
“Ehm… ecco…” Balbettò.
“Sogni erotici, Jim?” L’interrogò perplesso il vulcaniano.
“È un uomo dotato di una discreta fantasia.” Commentò quello sul trono, giocherellando ancora con lo scettro. Il sopracciglio di Spock si alzò ulteriormente.
“Spock, io… non…” Biascicò agitato Kirk. “Oh, insomma! È colpa tua! Potresti anche cercare di non essere così… sexy!”
“Sexy?” Fece confuso il comandante.
“Ecco, adesso siete divertenti.” Commentò l’uomo in costume con un gran sorriso.
“Adesso basta!” Gridò allora Kirk, tornando a guardare lui. “Non è una commedia e noi non siamo attori comici, è la mia vita, maledizione!”
Il dolore feroce era tornato a martellare la sua testa, costringendolo a contrarre il viso in una smorfia ed a strizzare gli occhi.
“Infatti: è la tua.” Disse il tipo. “Lui deve andare.” Girò una mano e la spinse verso Spock, che scomparve, lasciando vuota quella parte di stanza.
“Ora siamo solo noi due, Jim.” Dichiarò l’uomo, mentre Kirk osservava sconvolto l’assenza del suo primo ufficiale.


*****


Spock riaprì gli occhi, trovandosi nella realtà, proprio mentre il capitano gli cadeva tra le braccia, svenuta. Provò immediatamente a rianimarla ma, nonostante il respiro ed il polso fossero regolari, non ci riuscì. E, sorprendentemente, nella realtà era ancora una donna.
La prese in braccio e l’adagiò sul proprio letto, prima di avvicinarsi al comunicatore e chiamare il dotto McCoy.
Pochi minuti dopo erano tutti in infermeria ed il lettino diagnostico rimandava letture del tutto nella norma. Il capitano, apparentemente, era solo caduta in un sonno profondo da cui sembrava impossibile svegliarla.
“E l’attività cerebrale, Dottore?” Domandò Spock, senza togliere gli occhi da quelli chiusi di Kirk.
“Normale.” Rispose Leonard con tono spento. “Maledizione!” Imprecò poi, sbattendo il Tricorder medico su un tavolinetto. “Non c’è niente che, a livello medico, possa spiegare le sue condizioni.”
“Quindi è propenso ad affermare che si tratti semplicemente di sonno?” L’interrogò il vulcaniano.
“Santo cielo, sì!” Esclamò McCoy. “E non so cosa fare, onestamente, per riuscire a svegliarla.” Aggiunse rammaricato. “Se vuole provare con un bacio, faccia pure, le manca la calzamaglia azzurra, ma…”
“Citare irragionevoli favole umane non ci aiuterà a risolvere la situazione, Dottore.”
“E che cosa vuole che faccia, eh?!” Ribatté piccato il medico. “Non posso defibrillarla, perché il suo cuore batte regolarmente, non posso usare una stimolazione neurologica, perché anche il cervello è a posto, mi dia qualche suggerimento!”
“Perdere inutilmente la pazienza non è un buon…”
Il cicalino del comunicatore interruppe quella discussione. Il primo ufficiale prese lo strumento e rispose, lanciando un’occhiata di rimprovero a McCoy.
“Sulu a Comandante Spock.” Esordì il pilota.
“Parli, Tenente.” Incitò il vulcaniano.
“Abbiamo intercettato la scia di curvatura della nave da guerra berghiana, Signore.” Riferì il navigatore.
“Molto bene, vi raggiungo immediatamente in plancia.” Annuì lui. “Spock, chiudo.”
Si girò di nuovo verso McCoy, che lo stava fissando leggermente contrariato, con le braccia incrociate.
“Devo andare.” Annunciò Spock. “Faccia il possibile, Dottore.”
“E da quando in qua devo farmelo dire da lei, eh?” Sbottò scorbutico Leonard, voltandosi verso il lettino diagnostico su cui giaceva il capitano. Il vulcaniano lo fissò perplesso, poi lasciò l’infermeria con un ultimo sguardo per Kirk.


Raggiunsero la zona di spazio in cui doveva essere la nave ricercata in pochi minuti. Il Capitano aveva ordinato di rintracciarla poco prima della fine del suo turno ed ora i suoi uomini ubbidivano con efficienza.
Spock sedeva rigidamente sulla poltrona di comando, osservando lo schermo su cui apparivano alcuni planetoidi contornati da resti di meteoriti, grossi asteroidi e altra varia spazzatura spaziale.
“La nave berghiana probabilmente si nasconde in una zona inaccessibile ad un vascello come l’Enterprise.” Riferì l’accento russo di Checov. “La nostra mole non ci permette di attraversare la fascia di asteroidi.”
“Siamo a portata di contatto, Tenente Uhura?” Chiese allora il comandante.
“Sì, Signore.” Annuì la donna.
“Apra un canale.” Ordinò Spock.
“Non rispondono, ma dovrebbero sentirci.” Comunicò Uhura poco dopo.
“Parla il Comandante Spock della nave stellare Enterprise.” Si annunciò il vulcaniano. “Nave della colonia di Berga II, siete sospettati di un attacco al cargo todiano Katch, vi ordino di palesare la vostra presenza, o dovremo farci largo nella fascia di asteroidi con i nostri phaser.” Il tono era calmo, completamente privo di intonazioni minacciose.
In quel momento la porta del turbo ascensore si aprì e il dottor McCoy fece il suo ingresso in plancia.
Spock si girò e lo vide. Il medico intercettò subito la domanda nei suoi occhi e scosse il capo con diniego. Il comandante si riaccomodò sulla poltrona: niente era successo al capitano Kirk, poteva continuare col suo lavoro.
“Sulu, tracci una rotta attraverso il campo di asteroidi.” Ordinò Spock. “Checov, carichi i banchi phaser, pronti al fuoco.”
“Sì, Signore!” Risposero i due ufficiali.
Pochi istanti e l’Enterprise sarebbe stata pronta a colpire, aprendosi un varco sufficiente ad intercettare l’altra nave, colpirla disabilitando i suoi armamenti e prenderne il controllo. Ma tutto questo non avvenne perché un vascello comparve sullo schermo.
“Checov?” Interrogò il comandante.
“Erano occultati dietro ad uno dei planetoidi, ora sono nel raggio dei nostri sensori.”
“Li contatti, Uhura.”
“Canale aperto.”
“Berghiani.” Esordì Spock. “Avete apertamente violato una risoluzione della Federazione dei Pianeti, siamo autorizzati ad usare la forza ma non è questo lo scopo della nostra missione.” Continuò il vulcaniano. “Abbassate gli scudi e consegnatevi pacificamente.”


******


“Mio caro Jim.” Pronunciò suadente la creatura dall’aspetto umano, mentre scendeva dal trono e si avvicinava a Kirk.
“Chi sei tu?” Domandò ancora Jim, fissandolo da sotto le sopracciglia aggrottate con sospetto. “Sei una specie di divinità?”
“Se vuoi chiamarmi così, non mi offendo.” Replicò lui, con un insopportabile sorriso soddisfatto.
“Perché mi stai facendo questo?” Chiese allora il capitano, tremando di rabbia.
“Mi annoiavo.” Rispose l’uomo allargando le mani. “Ultimamente Jean-Luc non è più quello di una volta, tutta quella storia dei Borg, sai…”
“No, non so.” Lo interruppe Jim. “Chi è Jean-Luc e cosa sono i Borg?”
“Hm, cose che non dovresti sapere e che, comunque, poi dimenticherai.” Spiegò lui con semplicità.
“Quindi sono il passatempo di una divinità annoiata?” Interrogò ancora il capitano.
“Sì, in un certo senso.” Fece lui distrattamente, aggiustandosi il mantello. “E poi volevo darti una possibilità di migliorare la tua vita.”
“Non capisco…” Mormorò confuso Jim.
“Certo, per quanto intelligente non sei altro che un Umano!” Sbottò annoiato l’altro. “Parlo dell’amore, James!” Continuò con enfasi. “Non trovi che sia uno spreco, amare qualcuno e non realizzare mai questo sentimento? Voi Capitani, fate il lavoro più bello dell’universo e siete sempre così soli.”
Jim lo studiò per un attimo: aveva una gestualità teatrale, era alto ed elegante, i capelli scuri e mossi sotto il cappello bordato di pelliccia. Gli occhi erano azzurri e penetranti.
“Hai ragione, è il lavoro più bello che esista.” Disse infine, dopo un lungo respiro. “Ma è anche il più duro e gli affetti richiedono tempo e dedizione.” Aggiunse. “E quanta puoi dedicarne, se il tuo dovere è verso la nave ed il tuo equipaggio?”
“Hmm, sei un uomo profondo.” Commentò compiaciuto l’altro. “Tu e Jean-Luc potreste essere buoni amici, peccato che lo conoscerai tra molto, molto tempo.”
“So che può suonare strano, detto da me, ma non me ne importa un accidente di questo ipotetico futuro che mi prospetti.” Dichiarò asciutto Jim. “Io voglio il mio presente, essere un Capitano, essere un buon amico per chi lo è per me e l’amore… Se deve essere succederà, che io sia donna o uomo.”
“Vedo che sei determinato a riavere la tua vita come è sempre stata.” Accennò distrattamente l’alieno.
“A qualsiasi costo.” Disse Kirk a pugni stretti.
“Beh, allora…” Fece lui, roteando lo scettro. “Devi però ammettere che ho aperto i tuoi orizzonti, non è così?”
“Oh, sì, è stato illuminante pisciare da seduto!” Ribatté immediato il capitano.
“Suvvia!” Esclamò divertito l’altro. “E stare tra le braccia di Spock?” Chiese quindi, con uno sguardo malizioso.
“Quello è stato… piacevole.” Ammise Jim, ma sempre con espressione dura.
“Quindi mi ringrazierai?” Soggiunse lui con un sorriso invitante.
“Scordatelo!” Sbottò Kirk. “Ti rendi conto di quanto è stato difficile?!”
“Non essere così orgoglioso, James, o potrei cambiare idea e la prossima volta trasformarti in una procace femmina klingon… Oh, le adoro quando ringhiano!”
“Sei insopportabile.” Affermò Jim.
“Un’opinione molto diffusa.” Replicò lui serafico.
“Cosa hai intenzione di fare, adesso?” L’interrogò sospettoso il capitano.
“Prima di tutto, presentarmi.” Rispose.
Fece quindi un pomposo inchino, togliendo il cappello con uno svolazzo elaborato, poi tornò a guardarlo in faccia.
“Voi Umani mi chiamate Q, sono parte del Q-Continuum.” Jim lo fissò perplesso. “Io sono nel passato, nel presente e nel futuro, io sono ovunque e posso tutto.”
“Certo.” Commentò scettico Jim con un sorriso storto.
“Vuoi di nuovo le tette, Jim?” Lo minacciò Q.
“Possiamo tagliare corto, avrei una missione da concludere.” Protestò Jim, mani sui fianchi nudi.
“In realtà, non è esattamente così.” Dichiarò Q. “Potrei riposizionarti in qualsiasi momento del tempo, nella tua brufolosa adolescenza, come nel momento in cui stavi baciando il tuo Vulcaniano…”
“Mettimi dove ti pare, ma fammi tornare sull’Enterprise.” Ringhiò Kirk.
L’alieno sorrise benevolo. “È stato un piacere passare del tempo con te, James.”
“Spero mi perdonerai se non dirò altrettanto.”
Il sorriso di Q era misterioso. “Ci rivedremo, Jim, è una promessa.”
“Suona più come una minaccia.” Ribatté il capitano.
“Fa buon ritorno, James.” Gli augurò quindi l’uomo con espressione ammiccante. “E ricorda cosa ti ho insegnato: il lavoro più bello dell’universo non riempie tutti i vuoti.”
Jim lo fissò aggrottando la fronte. “Tu non mi hai spiegato un bel nient…”
“A presto, Jim.” Lo interruppe lui, poi alzò una mano e tutto sparì.


*****


Jim si svegliò di soprassalto, emettendo un rantolo disperato, come se ricominciasse a respirare in quel momento dopo chissà quanto. Tentò di alzarsi seduto, ma una fitta al petto lo costrinse a rimettersi disteso. Decise, allora, di guardarsi intorno.
Era in infermeria, steso su un lettino diagnostico ed indossava un camice… rosa. Qualcosa però gli fece capire che la situazione era cambiata. Si toccò il petto, poi guardò le proprie mani.
Spalancò gli occhi ed emise un verso che poteva essere un gemito di dolore come un grido vittorioso, poi scostò le coperte e fece per saltare giù dal lettino.
Il calcolo sbagliato fu pensare che le gambe fossero più collaborative delle corde vocali, ma i suoi arti non si piegarono come dovevano, i piedi non si appoggiarono e Jim scivolò goffamente dal lettino, ritrovandosi con la faccia schiacciata sul pavimento freddo dell’infermeria.
“Ma che cosa suc…” Fece l’infermiera Chapel entrando nella stanza. “Oh, santo cielo!” Esclamò poi, quando vide il capitano a terra bocconi e con il sedere all’aria.


La nave berghiana si era arresa ed una squadra della sicurezza dell’Enterprise stava per teletrasportarsi a bordo e prendere in custodia gli ufficiali in comando.
Spock era soddisfatto dell’azione e certo che il capitano avrebbe approvato come si era mosso.
Il comunicatore risuonò nella plancia, attirando la sua attenzione; si girò verso la consolle delle comunicazioni.
“Infermeria a Dottor McCoy.” Annunciò la voce concitata della Chapel.
“Christine, che succede?” Chiese immediato Leonard.
“Deve venire subito qui, si tratta del Capitano.” Rispose l’infermiera.
A quelle parole, Spock scattò immediatamente, mettendosi in piedi. Il dottore gli lanciò un’occhiataccia e alzò una mano bloccandolo.
“Dove crede di andare?” Gli disse minaccioso. “Pensi a risolvere questa faccenda.” Aggiunse, accennando allo schermo. “A quell’altro penso io, il ricongiungimento coniugale lo farete dopo.” Concluse, dirigendosi al turbo ascensore.
Spock, senza commenti, ma col sopracciglio alzato, si risedette sulla punta della poltrona di comando; quando alzò gli occhi, tutti gli ufficiali di plancia lo stavano guardando. Lui dedicò loro uno sguardo di disapprovazione.
“Signori, non c’è niente da guardare.” Affermò gelido. “Tornate al lavoro.” Ordinò poi.

Leonard entrò in infermeria guardandosi intorno; subito si vide venire incontro Christine con un’espressione accigliata.
“Che succede?” Domandò il medico.
“È caduto dal letto, sembra avere qualche problema agli arti…” Riferì la donna, mentre procedevano verso l’area di degenza. “…ho provato ad aiutarlo, ma non riesce a muoversi con coordinazione, ho dovuto lasciarlo a terra, però continua ad agitarsi e mugugnare.” Bones la guardò divertito. “Non provi a ridere! Ho dovuto coprirgli il sedere almeno tre volte!” Protestò lei.
“Ci sono cose peggiori da vedere che il sedere del Capitano.” Dichiarò lui reprimendo una risatina.
“Dottore, la prego!” Esclamò scandalizzata l’infermiera.
Si fermarono accanto al letto, dietro al quale spuntavano i piedi del capitano; si muovevano scoordinati, scivolando senza presa sul pavimento. Il dottore aggirò il letto e si morse le labbra per evitare un sorriso inopportuno: Jim era di nuovo Jim.
E poco importava se era riverso a sbavare sul pavimento della sua infermeria, bestemmiando e battendo i pugni sulle piastrelle, con addosso una tunichetta rosa troppo stretta per lui e con le chiappe al vento.
“Non so cosa darei ora, per poterti fare una foto…” Mormorò il dottore, con la voce piena di ilarità mal trattenuta.
“…hnc.. brrnnnsss… ones!” Sputacchiò il capitano, battendo un pugno a terra.
Leonard si piegò sulle ginocchia, per avvicinarsi all’amico. “Non riesci a parlare meglio di così?” Chiese con tono professionale.
“…hng… oooo…” Fu la risposta di Jim.
“Hm, afasia.” Commentò distaccato Bones. “E le gambe? Le senti? C’è formicolio, prurito, dolore?”
“…onn… ons… fn… mi… ahnzare… qvi, gerda!” Sbottò agitato Kirk.
“Gerda?” Fece McCoy interrogativo. “O hai detto Gherda?”
“Mmm… m… erda!” Imprecò ancora il capitano.
“Ah, avevo capito bene allora!” Scherzò Bones, poi si avvicinò ancora a Jim e lo fece voltare sulla schiena, si guardarono negli occhi. “Adesso ti aiuto a tornare a letto, poi avvertiamo il tuo preoccupatissimo primo ufficiale, che ne dici?”
Kirk riuscì soltanto ad annuire, poi fece del suo meglio per aiutare Bones a rendergli la dignità.


Quando Spock giunse in infermeria, Jim per fortuna era già a letto; la tunica rosa era stata sostituita con una verde, gli arti cominciavano ad ubbidire al cervello e riusciva anche a pronunciare qualche frase senza sbavare come un mastino.
Il primo ufficiale non riuscì a nascondere un’espressione incredula, mentre si avvicinava al lettino e constatava che il capitano era di nuovo se stesso. Jim gli fece un dolcissimo, accogliente sorriso, invitandolo a raggiungerlo.
“La sua espressione non vale quanto il sorriso che mi fece ai tempi dello scontro su Vulcano, ma posso accontentarmi.” Gli disse Kirk, una volta che Spock si fu fermato accanto al suo letto.
Il vulcaniano mise le mani dietro la schiena e annuì compito. “Devo ammettere che mi stupisce vedere che è tornato normale, non credevo sarebbe accaduto.” Affermò quindi. “Come è riuscito a convincere l’alieno?”
“Beh…” Raccontò il capitano. “Non ricordo un gran che, sono frammenti… Ha detto di averlo fatto per noia, ha parlato di cose che non conosco, di una lezione che dovevo imparare… Gli ho detto che rivolevo la mia vita e… lui me l’ha restituita.” Spiego incerto, ancora incredulo.
“Quindi, a questo punto cosa pensi di fare?” Domandò Bones a Jim; lui sospirò e si appoggiò contro i cuscini.
“C’è una missione da portare a termine, mi pare.” Affermò poi.
“Jim…” Tentò subito il dottore, ma il capitano lo bloccò alzando una mano, quindi si rivolse al suo primo ufficiale.
“Riferisca, Spock.” Lo incitò.
“Tra un’ora e quaranta minuti saremo nell’orbita di Berga II ed il consiglio della colonia ci attende per le quattordici, ora standard.” Porse al capitano un Padd. “Questo è il rapporto del Tenente Checov sull’interrogatorio ai membri dell’equipaggio berghiano responsabili dell’attacco.” Kirk esaminò brevemente il testo, poi con un cenno autorizzò Spock a parlare. “Gli ufficiali riferiscono che l’attacco è stata una loro iniziativa personale, portata a compimento senza l’autorizzazione del consiglio della colonia, ma sia io che il Tenente Checov dubitiamo della veridicità di questa affermazione.”
“È una situazione spinosa.” Commentò McCoy, incrociando le braccia.
“Per questo è necessario che io sia presente ai colloqui con Berga e Tod Alpha.” Dichiarò pensoso Kirk. “Non accetterò proposte riguardo ad un giudizio interno per l’equipaggio della nave che ha attaccato il cargo.”
“Concordo con lei, Capitano.” Affermò Spock. “Sarebbe troppo facile lasciare che i berghiani giudichino da soli questi uomini, una sentenza pilotata sarebbe immaginabile e, anche se non ci sono state vittime, senz’altro ingiusta.”
Jim si limitò ad annuire, senza guardare il comandante.
“È perfettamente inutile, vero, che io ti dica che non sei in grado di affrontare un incontro diplomatico così teso?” Sostenne il medico.
“Bones, tu mi conosci troppo bene!” Scherzò il capitano con un sorriso impertinente. McCoy sbuffò e si girò dall’altra parte.
Jim, allora, guardò Spock negli occhi e lo vide presente e assertivo come sempre. Allungò una mano e gli strinse il polso, Spock annuì. C’erano l’uno per l’altro, come sempre e Jim si sentì subito più sicuro di se.

Jim barcollò dalla camera al soggiorno del suo alloggio, trovando ad attenderlo lo sguardo di rimprovero del dottor McCoy.
“Sto bene, Bones.” Mormorò il capitano con un sorrisetto, mentre si appoggiava alla scrivania per allacciare gli stivali.
“Non credo proprio.” Replicò burbero il medico. “Dovrei farti un altro paio di esami e un controllo neurologico…”
“Non abbiamo tempo.” Lo interruppe Kirk.
Leonard, allora, gli posò una mano sulla spalla, stringendo appena, così l’altro fu costretto ad alzare gli occhi su di lui.
“Sono solo preoccupato per te, Jim.” Gli disse sincero il dottore.
Kirk sorrise, con quel suo sorriso un po’ furbo, ma apertamente tenero, poi si raddrizzò e corrispose la stretta alla spalla dell’amico.
“Lo so, Bones e apprezzo, credimi.” Gli disse, comprensivo ma deciso. “Però laggiù c’è bisogno di me ed un Capitano non si tira indietro.”
Bones sbuffò e rimise su la sua espressione severa, incrociando le braccia.
“Avrai bisogno di una stampella, ad ogni modo.” Borbottò poi.
Spock, che era rimasto in silenzio fino a quel momento, godendosi il battibecco tra gli altri due ufficiali, fece un passo avanti, si affiancò al capitano e lo prese alla vita. Jim lo guardò e sorrise. Il vulcaniano si girò verso il dottore.
“No, non ne ha bisogno.” Sostenne impassibile.
“Visto?” Rincarò un raggiante Jim.
Leonard emise un sospiro frustrato e si posò le mani sui fianchi, fissandoli con disapprovazione.
“Io non so più come fare per combattere contro voi due!” Sbottò quindi.
“Arrenditi, Bones, non puoi fare nulla.” Ribatté allegro Kirk, poi guardò negli occhi Spock. “Insieme siamo invincibili.”
Il vulcaniano alzò il sopracciglio. “Affermazione illogica che, misteriosamente, mi sento di condividere.” Disse poi.
Jim sorrise ancora di più, stringendosi al fianco del primo ufficiale.
“Ergh…” Rantolò il dottore, mentre li guardava fissarsi negli occhi. “Oh, e va bene!” Esclamò infine. “Ma scordatevi che resti qui.” Aggiunse, afferrando l’attrezzatura medica, quindi puntò il dito verso di loro. “Oggi questa coppia sarà un triangolo, ci siamo capiti?”
Kirk scrutò per un attimo l’espressione perplessa di Spock, poi scoppiò a ridere.


Il governatore Marquez accolse il capitano Kirk con un’espressione incredula ed un: “Ma non era una donna?!”
Lui rispose con un sorriso sornione. “Una donna? Ma non scherziamo!”
Spock si trovò ancora una volta ad ammirare e, allo stesso tempo, disapprovare, l’atteggiamento disincantato di Jim e la sua abilità nel girare le situazioni a proprio favore.
Ignorando qualsiasi commento da parte del governatore e dei suoi accompagnatori, la piccola delegazione dell’Enterprise entrò nella sala dove si sarebbero svolti i colloqui.
Fu dura. Non tanto per l’ostinazione dei berghiani a negare responsabilità del consiglio nell’attacco al cargo, o per la venale caparbietà dei todiani riguardo ai mancati introiti dovuti alla perdita del carico. Jim era provato, fisicamente e mentalmente ed era spossante mettersi in mezzo a questa inutile bega tra colonie e fare da cuscinetto. Quello, purtroppo, era il suo compito.
Più di una volta Kirk si era ritrovato ad appoggiarsi col gomito al tavolo e massaggiarsi la fronte, mentre intorno a lui i delegati starnazzavano fermi nelle loro posizioni. E si era sempre risollevato quando una mano calda aveva sfiorato quasi casualmente la sua schiena. Lui aveva alzato gli occhi e incrociato quelli determinati e presenti di Spock e ritrovato un po’ d’energia. Bones, nel frattempo, lo monitorizzava col tricorder da sotto il tavolo.
Dopo interminabili ore di trattative, finalmente Kirk ottenne il rinnovo della risoluzione della Federazione, in cambio di un risarcimento delle perdite subite da Tod Alpha e di un processo imparziale agli uomini che si erano auto accusati dell’attacco. Il capitano, ad ogni modo, non si fidava della parola dei coloni ed impose una missione diplomatica di controllo da parte di Federazione e Flotta Stellare - possibilità tra l’altro concordata fin dall’inizio col suo comando. I coloni protestarono, ma lui li ignorò.
Jim concluse la riunione distrutto, ma soddisfatto.


*****


Era tardi, quando il dottor McCoy entrò nella sala ricreazione dell’Enterprise. Le persone non impegnate nel turno notturno erano a dormire ed un po’ di tranquillità era esattamente ciò che Leonard cercava, dopo quei giorni concitati.
La grande stanza era deserta e la luce delle stelle la rischiarava appena, aiutata dalle tenui luci blu del bancone.
Bones cominciò a sperare di farsi un piccolo spuntino in pace – niente di che, un sandwich o una fetta di torta. Arrivato vicino ai replicatori, però, vide una persona in piedi davanti alla vetrata affacciata sullo spazio. Si avvicinò piano, con un mezzo sorriso.
“Jim.” Chiamò a bassa voce.
Il capitano sussultò ma si voltò con un sorriso. “Oh, Bones!” Lo accolse allegro.
“Un drink prima di dormire?” Accennò il medico, indicando il bicchiere di latte in mano all’amico.
Jim lo alzò a mò di brindisi e sorrise ancora. “Non avevo voglia di alcolici e in camera avevo solo quelli.” Disse poi e bevve un sorso.
“Come medico non posso che approvare, come amante del buon Bourbon del Sud un po’ meno.” Commentò l’altro; risero piano.
Seguì un momento di piacevole silenzio, con entrambi a guardare fuori, dove il profilo illuminato di Berga II si stagliava ellittico contro il nero dell’orizzonte.
“Perché non vai a dormire, Jim?” Domandò ad un certo punto il dottore.
Vide chiaramente Kirk irrigidirsi e stringere la stretta sul bicchiere. Il capitano poteva sembrare una persona estroversa, ma per chi lo conosceva bene come Bones, era chiaro quanto di profondo e pesante lui si tenesse dentro. Per non essere di peso agli altri, per dimostrare che ce la faceva da solo. Leonard, però, gli voleva bene e non lo avrebbe lasciato in balia dei suoi fantasmi.
“Non avrai paura che addormentandoti possa capitare di nuovo?” Domandò allora, dando voce a quello che doveva essere il timore più grande di Jim.
Lui lo guardò con occhi grandi e spaesati. “Bones…” Mormorò poi.
“Oh, santo cielo!” Sbottò il medico di rimando, alzando le mani. “Ora non cominciare con queste paranoie o sarò costretto a farti una siringa di sonnifero! Tu hai bisogno di dormire, Jim!”
Kirk, davanti a quell’invettiva, alzò le mani con espressione allarmata e divertita allo stesso tempo. Le minacce di Bones gli facevano sempre quell’effetto.
“Dottore, mi arrendo!” Proclamò sorridente.
“Bene.” Annuì Leonard. “Adesso, io mi prendo una generosa fetta di torta di ciliegie e tu, te ne vai a letto!” Aggiunse, indicandogli l’uscita.
“Affermativo!” Ubbidì il capitano, dopo aver depositato il bicchiere nello smaltimento rifiuti. “Ah, Bones…”
Il dottore si girò nuovamente verso di lui, mentre il replicatore materializzava il suo ordine. “Dimmi.” Fece tranquillo.
“Ti voglio bene.” Gli disse Jim con un sorriso.
“Ohh, sparisci!” Sbottò burbero Leonard, nascondendo l’imbarazzo con una rapida svolta verso la parete.
Kirk ridacchiò felice ed uscì dalla sala. Sì, era decisamente l’ora di andare a dormire.


Fu con una certa umiliazione che si ritrovò – meno di un’ora dopo – davanti ad un certo alloggio, mentre suonava con titubanza il campanello.
L’espressione di Spock mutò in modo millimetrico e solo chi aveva passato interi turni a decifrarne il minimo cambiamento avrebbe potuto leggerci la sorpresa provata. Kirk gli sorrise timidamente.
“Jim…” Mormorò il vulcaniano.
“Ti disturbo? Stavi meditando?” Domandò con leggerezza il capitano.
“No, ho appena finito, entra.” Rispose lui, facendogli spazio per passare. “Tu cosa ci fai qui?” Chiese poi.
Jim si voltò verso di lui e lo fissò intensamente. Poteva parlarne solo con lui.
“Ho paura di dormire.” Confessò con semplicità ed un sorriso incerto.
Spock aggrottò la fronte, prima di muoversi nella stanza e spegnere alcune candele.
“È illogico che tu affermi questo, Jim, non ci sono prove che il sonno sia direttamente responsabile della tua trasformazione, ne che tutto ciò sia accaduto in un sogno.” Affermò il vulcaniano senza guardarlo.
“Bones dice che sono paranoie, ma io…”
“Il tuo comportamento è irrazionale.” Commentò Spock.
“Grazie di avermelo fatto notare anche tu.” Disse Kirk scrollando il capo. “Ma è così, sono un Umano, una specie di nucleo di irrazionalità intorno al quale ruota il mio essere.”
Il vulcaniano alzò su di lui uno sguardo curioso. “Se può rassicurarti in qualche modo, penso che tu sia un uomo estremamente coerente, nonostante le tue incontrollate emozioni.”
Jim sbuffò un sorriso arreso e mise le mani sui fianchi. Oh, il suo vulcaniano!
“Perché sei venuto a parlarne con me, ad ogni modo?” Domandò il primo ufficiale, costringendolo a guardarlo.
“Perché…” Esitò Kirk, prima di fissarlo negli occhi. “Perché tu sei il punto fermo nel mare imprevedibile degli eventi, sei l’ancora, sei… la pace della mia tempesta.”
E lo disse con uno sguardo così caldo, così aperto e sincero, che anche il verde cuore del vulcaniano, illogicamente, mancò un battito.
Spock si avvicinò a lui continuando a guardarlo negli occhi, poi alzò una mano, Jim fece altrettanto. Le loro dita si sfiorarono con delicatezza, quasi con reverenza, i polpastrelli a saggiare appena la pelle dell’altro.
“Sai cosa significa questo, per un Vulcaniano?” L’interrogò Spock, gli occhi ora sulle loro mani unite.
“Sì.” Rispose Jim a bassa voce, per non turbare il momento.
“È cambiato qualcosa, Jim?” Domandò calmo Spock, tornato a fissare gli occhi limpidi del suo capitano.
“Non è cambiato niente nel mio cuore, Spock, tu eri tanto importante per me già prima di capire quanto.” Rispose con lui con sincerità. “È del tuo cuore che voglio sapere.” Aggiunse, indicando il fianco dell’altro.
“Come Vulcaniano dovrei risponderti che il muscolo cardiaco non c’entra molto con i sentimenti…” Jim scosse il capo con un sorriso retorico. “…ma, d’altra parte, non posso ignorare come il suo battito cambi, quando ci sei di mezzo tu.” Concluse a testa alta.
E Jim, allora, sorrise. Uno di quei suoi sorrisi splendidi, teneri e scanzonati, capaci di abbagliare come una supernova.
“Davvero non mi avresti voluto, se fossi rimasto una donna?” Gli chiese poi.
“Io… non so.” Ammise Spock. “Forse ci sarebbe voluto del tempo, però…” Ancora si guardavano negli occhi. “Ho compreso che per me sei più di questo, più di un uomo o di una donna.”
“E che cosa sono, quindi?” Domandò sorridente lui.
“Sei il mio T’hy’la.”
Jim non sapeva cosa significasse, gli avrebbe chiesto poi, si sarebbe fatto spiegare, ma ora era così stanco che voleva solo abbracciare Spock e fare finta che niente esistesse più. Lo fece. Passò le braccia sotto le sue e lo strinse a se. Spock si irrigidì leggermente.
“Ho bisogno di dormire.” Sostenne il capitano, contro il collo dell’altro.
“Questo mi sembra fosse già stato chiarito.” Replicò il vulcaniano.
E Jim rise contro la sua pelle, demolendo in un istante la fastidiosa e ingombrante razionalità di Spock. Lui gli accarezzò appena i capelli.
“Posso restare a dormire qui?” Domandò, quando le risate finirono.
“Questo è logico.” Annuì il vulcaniano e Jim lo strinse di più. “Anche se la mia presenza potrebbe non avere alcuna influenza sulla decisione di qualche intelligenza superiore di trasformarti in qualunque cosa.”
“Lo so.” Replicò divertito Kirk. “Ma mi fai sentire bene.”
“È un’affermazione emotiva, irrazionale e… umana, ma…” Disse Spock. “…se lo dici tu.” Il capitano gli sorrise con tenerezza.
“Andiamo a letto.” Ordinò dolcemente Jim, prendendogli la mano e guidandolo nell’altra stanza.


FINE



Continuo a pensare che a questo finale manchi qualcosa, ma mettere una scena di piegoni, dove Spock dice cosa sia un T’hy’la, o dove ci fosse un bacio o altro, mi sembrava superfluo ai fini della trama.

Ad ogni modo, il giudizio è a voi, a me la storia piace, ora voglio sapere se è lo stesso per voi!
Grazie già da ora!
Baci.

   
 
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