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Autore: Zastian    10/09/2013    0 recensioni
"Un regno maestoso, paradisiaco. Questa è Heavengard, la terra più bella mai concepita dalla natura, così splendida che neanche l' intervento dell' uomo la può macchiare. Zash, un ragazzo mezzo elfo e mezzo drago; sogna di poter visitare e catturare lo splendore di questa landa paradisiaca; ma dovrà affrontare diverse prove e attraversare tante terre per trovarla; sfide che metteranno la sua vita in pericolo e quella delle persone a cui care. E quando tutto ciò che esiste viene minacciato da una storica figura, sarà compito di Zash fermarla ed evitare la catastrofe." Questa è l' introduzione del mio racconto, Heavengard. Avviso fin da ora che si tratta di una storia semplice montata su fili complicati. Possiede divesi richiami a opere storiche e letterarie, senza la pesantezza del citazionismo, ed è tutto materiale ricercato e studiato da me. Spero che la ma storia vi piaccia e un ultimo saluto a voi, coloro che raggiunsero Heavengard con la loro mente.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I DRAVELL

 

"(...)Era descritta come la Terra dei Sogni, o Il Giardino degli Angeli. Il suo nome era semplice, ma comunque maestoso: Heavengard. Un' isola straordinaria, dove tutto al suo interno era una delizia per gli occhi di chi la visitava. Le persone che passeggiavano su di essa erano talmente felici di trovarsi in un luogo così paradisiaco, che spesso molti preferivano rimanerci e morire in mezzo ai suoi prati, piuttosto che tornare a casa. La leggenda narra che fosse una terra dotata di un' incalcolabile potere magico: aveva la facoltà di realizzare i sogni e le fantasie di chiunque avesse messo piede sul suo suolo candido; sogni e fantasie incredibili e stupefacenti; tant' è che nessuno osò mai parlare male di questa meraviglia. Heavengard fu dominata per moltissimi eoni dalla ricchissima famiglia degli Shelitan; uomini e donne dotati di un'  immenso potere e di una grandissima eleganza, che protessero e regnarono la terra di Heavengard come sovrani eccentrici, ma capaci. Non passò molto tempo, che però anche la più grande e splendida delle isole cadde, e con la morte dell' ultimo discendente degli Shelitan, Heavengard si richiuse con lui, sparendo così tra le nuvole dei cieli e celando così la sua presenza a chiunque avesse avuto l' intrepidità di volerla raggiungere. Ancora oggi sono ignote sia la sua ubicazione esatta sia il fatto che sia realmente esistita, ma di certo non c'è luogo dove ogni giorno non partano valorosi esploratori e audaci sognatori, che sperano di poter dar vita a nuove leggende potendo calpestare di nuovo l' incredibile terra di Heavengard, l' Isola dei Desideri.(...)"

Zash finì di leggere il capitolo, e con un sospiro, appoggiò delicatamente il suo volume di Luoghi Leggendari  di  Cabius Dehar sula sua scrivania, accanto alla lampada da studio.
La sua stanza era piuttosto spaziosa e illuminata, e spesso, per via della sua forma a mezza sfera, era paragonata ad un igloo. La cosa di cui però Zash era più fiero era il su enorme balcone, che occupava metà della sua camera, dove spesso si rifugiava per ammirare il panorama e come supporto per scalare i grossi tronchi degli alberi che attraversavano tutta la casa. Fiori, muschi e pianticelle avvolgevano e dominavano i piccoli spazi scoperti dalle lastre di legno sul pavimento irregolare, mentre alcune raggiungevano il soffitto poco pulito. La sua stanza era piuttosto disordinata: dalla porta principale, sul lato destro, si poteva chiaramente notare il suo grande letto dal materasso ripieno di foglie, che ospitava un gran numero di cuscini e vecchi giocattoli di quando era bambino. poco più a sinistra, vicino alla porta, vi era la grande libreria di Zash, dove centinaia di tomi e volumi spuntavano da essa, alcuni anche piuttosto impolverati e spesso anch'essi ricoperti di muschi e pianticelle. A terra, dentro uno scatolone ai piedi del mobile, vi erano numerosi fumetti stropicciati e consumati letti e riletti, appartenuti precedentemente a suo cugino Godric, che aveva deciso di disfarsene più o meno dodici anni fa. 
A destra della porta d' ingresso vi si trovava la sua scrivania in legno di larice, piuttosto scheggiata alle gambe per via della veneranda età, e sempre ricoperta di fogli da disegno, matite, libri e talvolta da vestiti usati. Più avanti, dal lato più vicino al balcone, vi era l' armadio dove Zash riponeva i numerosi vestiti all' interno, senza curarsi di metterli in ordine; presentava diverse scottature e segni di bruciature nere alle porte, dato che anni fa era stato vittima degli scherzi dei fratelli maggiori di Zash, Eric e James, che avevano tentato di aprirlo con la forza per controllare se al suo interno ci fosse un' ipotetico diario segreto.
Il ragazzo si asciugò la fronte bagnata. In quella zona della periferia il clima era piuttosto soleggiato, ma anche decisamente secco, tant'è che i tulipani sotto il letto di Zash avevano smesso di crescere e si erano pian piano appassiti, nonostante si trovassero in un confortevole posto all' ombra. Camminò per qualche breve passo verso la ringhiera del balcone, facendo scricchiolare rumorosamente un paio di assi, e si soffermò per ammirare la fitta foresta che si espandeva di fronte a lui, le cui chiome degli alberi facevano filtrare la luce del sole come raggi divini.
Zash Dravell era un ragazzo dall' aspetto piuttosto semplice: non era molto alto, ma raggiungeva una bella altezza che sfiorava il metro e ottanta; aveva un fisico robusto e snello, flessibile come quello di un animale; i folti e disordinati capelli rossi che gli raggiungevano le spalle gli donavano un' aspetto trasandato e selvaggio, le cui ciocche spuntavano da ogni angolo come alberi di una foresta. Ma il tratto più particolare di Zash, di cui erano dotati tutti i membri della sua famiglia, erano i suoi incredibili occhi arancioni, scintillanti ed espressivi con tonalità rosse, le cui pupille avevano una forma verticale e dritta come quelli dei felini e di alcuni rettili.
Non si poteva di certo dire che era un ragazzo che passava inosservato: la sua famiglia, composta da tredici persone, di cui undici figli e due genitori, abitava in una modesta dimora costruita tra i rami degli alberi della periferia di Eledrim, il più grande Regno Elfico della nazione. I genitori di Zash, Leonard Dravell e Angelique Lienothe; unendosi in matrimonio avevano compiuto, secondo i principi della famiglia della ragazza, un grande sacrilegio: infatti, Leonard non era affatto un elfo, bensì un Dragone: una creatura primordiale dotata di un potere immenso, in possesso di un corpo da uomo e i poteri di un drago, tanto da potersi trasformare in esso. La famiglia Lienothe, nonostante la grande delusione di queste nozze, cercarono in tutti i modi di non dar peso a questo evento, accogliendo i novelli sposi come una coppia qualunque, ma entrambi rifiutarono l' offerta, poiché nonostante fossero compiaciuti della loro cordialità, si sentivano additati dagli altri elfi che non condividevano la loro scelta classificandoli come "blasfemi", e come tali, preferirono allontanarsi dalla società che li discriminava.
Negli anni, i due coniugi misero al mondo ben undici figli, tutti metà elfi e metà dragoni. In ordine di nascita erano: Jasper Dravell, Ginevra Dravell, Julius Dravell, i gemelli Eric e James Dravell, Gregory Dravell, Zash Dravell, Gerard Dravell, Bill Dravell, Charlie Dravell e Jessica Dravell. Vivevano in pace e armonia tra loro, nonostante tutto, come una vera famiglia unita e felice. Con il tempo, i figli crescettero e cominciarono a diventare curiosi della vita in città, che iniziarono a frequentare molto volentieri. All' inizio per gli abitanti fu complicato accettare la presenza di ibridi elfi-draghi tra di loro, ma la vitalità el' innocenza di quei bambini fece intenerire anche il più duro dei loro cuori e ben presto cominciarono ad accettarli e a conviverci allegramente. Tra di loro, Zash era senza alcun dubbio il più attivo, e di certo, veniva immediatamente riconosciuto dai paesani, che immediatamente prendevano provvedimenti affinché non si ritrovassero coinvolti in qualche suo pasticcio: in molti si ricordavano quella volta in cui Zash fece rovesciare diverse bancarelle del mercato quando da bambino tentò di vendicarsi contro una zanzara che lo aveva punto, e non fu soddisfatto fino a quando non la catturò, anche se per farlo molti espositori erano stati ribaltati e molti negozianti si erano davvero infuriati; o quella volta che fece esplodere accidentalmente un petardo nella grande biblioteca, dove fece prendere fuoco a numerosi volumi di storia e il professor Finclaus, arrabbiato, uscì in fretta dall' edificio, urlando, gesticolando e imprecando come mai gli era successo.
Ma questi erano solo ricordi. Ricordi di un passato fin troppo lontano, ma che tutti avevano vissuto con spensieratezza. Ma per Zash era il momento di cambiare, Il momento di staccarsi da quella vita monotona che ripeteva ormai da tanti anni. Era il momento di realizzare il suo sogno: viaggiare.
Il ragazzo si staccò con un gesto rapido dalla ringhiera, e si lanciò sul letto, sbuffando. Erano ormai le dieci di mattina e ben presto sarebbe stata pronta la colazione, uno dei suoi pasti preferiti. Il solo pensiero lo fece sorridere appena, e cominciò ad immaginarsi le colazioni che avrebbe assaggiato nei paesi che avrebbe visitato, ognuna di ogni tipo diverso.
Trascorsi all' incirca cinque minuti, da fuori la porta Zash sentì bussare forte ed ebbe un tremendo presentimento: la porta si aprì di scatto e da fuori di essa entrarono i due fratelli di Zash, Eric e James, sorridendo e scherzando con ancora i loro pigiamo addosso: Eric e James erano i fratelli maggiori di Zash, del tutto identici tra loro, tranne per il tono di voce, poiché Eric aveva un timbro appena appena balbettante; entrambi con capelli rosso fuoco tagliati corti e gli occhi arancioni  con iridi verticali, come il fratello. Erano più alti di Zash di qualche centimetro, ma non erano dotati di una corporatura robusta. Entrambi sembravano parecchio vivaci e tenevano in mano delle campanelle d' ottone che continuavano ad agitare producendo un fastidioso rumore. Indossavano due pigiami identici di colore diverso: a righe azzurre e blu per Eric e a righe rosse e gialle per James.
Zash si portò un cuscino alla faccia cercando di coprirsi le orecchie e si rotolò nel letto implorando pietà, ma i due gemelli non lo ascoltarono: presero a saltare sul suo letto contemporaneamente, senza smettere di suonare le campanelle nelle orecchie del loro fratello, intonando una canzoncina improvvisata: «Sveglia sveglia, o malandrin! Se non ti alzi, ti lanciamo in faccia un panin!» Scrollarono Zash per qualche secondo, così da costringerlo a togliere il cuscino dalla faccia. Il ragazzo li guardò infastidito, e loro, cogliendo l' occhiataccia spiegarono, senza smettere di sorridere: «Mamma ci ha detto di svegliarti. La colazione è pronta!» Raccogliendo un pò di tono e strofinandosi gli occhi stanchi, Zash aggrottò la fronte e li fissò massaggiandosi la testa. «...e non potevate svegliarmi con qualcosa di meno rumoroso..?! Mi fanno male le orecchie...»
I gemelli si scambiarono un' occhiata, poi scesero dal letto, e beffardi, gli fecero la linguaccia. «.Potremo farlo...» Disse Eric. «...MA ANCHE NO!» continuò James, e risero come se avessero fatto la battuta più divertente del mondo. Poi uscirono insieme dalla stanza continuando sempre ad agitare le campanelle per andare lungo il corridoio ad intonare quella stupida canzoncina alle porte degli altri per svegliarli.
Zash si alzò dal letto ed uscì dalla stanza per poi dirigersi verso il corridoio a sinistra, dove si trovarono le scale. Con indifferenza, sgambettò per tutta la discesa, percorrendo la stretta scala a chiocciola fino a trovarsi in sala da pranzo: la cucina e la sala erano nella stessa stanza, ma era di certo una delle stanze più grandi della casa. Aveva un aspetto rustico e decisamente accogliente, anche se le pareti ospitavano diverse chiazze di muschio fresco, soprattutto vicino agli angoli degli scaffali alle pareti. al centro, vi era un enorme tavolo di legno ben decorato con ai lati quindici sedie, di cui la maggior parte di diverso tipo, come se alcune fossero state aggiunte in seguito.
In fondo alla stanza vi era la cucina: era una semplice e piccola cucina, dove a sinistra vi era riposto un grosso forno capiente di colore argento con sopra dei fornelli leggermente rovinati. Alla sua destra vi era il lavandino, anch'esso parzialmente rovinato e dotato di due vasche per il lavaggio dei piatti, ma tenuto in buone condizioni anche grazie alle numerose riparazioni fatte in casa. Ancora a destra di era un ripiano dove di solito venivano riposti gli attrezzi da cucina, le posate e i piatti; sotto vi era un cestino della spazzatura decisamente pulito a dispetto delle apparenze. Ai lati dell pareti, oltre ad un gran numero di quadri eleganti e ben incorniciati raffiguranti paesaggi di ogni tipo e tizi stravaganti appartenenti ad epoche passate, vi erano anche alcune credenze per i condimenti e il cibo in generale. 
Zash si affacciò per vedere se qualcuno della famiglia era già sceso a fare colazione: ai fornelli, intenta a cucinare quelle che avevano l' odore di essere frittelle alle mele, vi era sua madre, Angelique Ereliat Lienothe: bellissima oltre ogni immaginazione ed elegante anche con il grembiule da cuoca. Nonostante l' età, sapeva mantenersi perfettamente giovane, come tutti gli elfi. Aveva lunghi capelli setosi e di color argento raccolti in una treccia che le le arrivavano fino in fondo alla schiena, occhi lucenti di un profondo azzurro cristallino che le fornivano uno sguardo passionale e sensibile, e un' aspetto fragile come una punta di ghiaccio. Mostrava una pelle liscia e morbida, di un color carne leggermente più scuro del normale e delle labbra sottili ma morbide come marshmallow, di un colore appena appena più chiaro della pelle. Indossava il pigiama ricamato, con indosso un grembiulino da chef e canticchiava allegramente mentre muoveva una padella con dentro le frittelle.
Zash non era neanche sceso dalle scale che ella si voltò subito, distratta dal rumore dei suoi passi, e appena lo vide, si avvicinò a lui e gli diede un leggero bacio sulla guancia, che lo fece arrossire appena. «Ben alzato tesoro. Buongiorno.» Disse con una voce dolce e tenera, come quella di una bambina; mentre sorrideva radiosa mostrando la sua fila di denti perfetti e bianchissimi. «Per favore, aiutami a metterei i piatti a tavola, caro.» Angelique sistemò con grazia cinque piatti sulla tovaglia oltre a quelli che già c' erano. «Oggi ho preparato frittelle di mele per tutti!» Aggiunse pimpante.
Zash aveva appena messo a tavola due piatti quando dalla soglia della porta del corridoio sbucarono due figure.
«E' strano trovarti in piedi a quest'ora, Zastian. Sono stati Eric e James, vero?» A parlare era stato suo padre, Leonard: Era un uomo alto e muscoloso, con una pelle di una carnagione scura a chiazze più chiare, come se avesse fatto la muta. Aveva anche lui i capelli rossi, ma lunghi e lisci fino alle scapole e con una scriminatura talmente accentuata da coprirgli l' occhio destro; occhi come quelli Zash, cerchiati da leggere occhiaie violacee come se si fosse appena rimesso da una malattia. Indossava un paio di occhiali dalla montatura sottile in metallo che gli scendevano sempre sul naso. Oltre al pizzetto, anch' esso rosso, Leonard vantava di avere le braccia leggermente pelose, a dispetto del resto del corpo. Al collo portava un asciugamano perché probabilmente, pensò Zash, aveva appena fatto esercizio nella palestra dell' altra stanza.
Poggiava una mano sulla spalla di un un bambino dall' aria furbetta: era Charlie Dravell, il fratello più piccolo di Zash.
Anche lui aveva gli stessi occhi del resto della famiglia, e i capelli rossi, ma tutti sparati all' indietro come se un drago gli avesse ruggito contro. Indossava una canottiera rossa e gialla, un paio di pantaloncini strappati alla fine e indossava al collo un foulard a scacchi. Stringeva tra le mani un libricino illustrato a colori.
«Ciao mamma!» esclamò lui, correndo verso di lei come se non la vedesse da anni, per poi abbracciarla appassionatamente come solo i bambini sanno fare. Leonard invece si avvicinò a Zash che in quel momento stava sistemando un paio di bicchieri sul tavolo, e con un sorriso gli batté la mano sulla spalla. Era veramente forte. «Va tutto bene figliolo? Mi sembri un pò stanco.» Zash scosse la testa con un sogghigno, per poi riporre gli ultimi due bicchieri sul bancone. Aveva passato diverse ore della notte a leggere e a studiare i volumi che trattavano di Heavengard.
Quell' isola era la sua passione, un sogno segreto che aveva sempre sognato di avverare fin da piccolo, quando ascoltava insieme agli altri bambini le storie di Holga Ulythor, un' esploratrice elfa originaria di Eledrim che ogni tanto tornava al suo paese per riposarsi e soprattutto per raccontare dei suoi viaggi, mostrando anche oggetti da lei recuperati nel corso delle sue avventure.
Zash la ascoltava con enorme ammirazione ed estremo piacere, anche a lui sarebbe piaciuto tanto partire per intraprendere un viaggio come tanti altri, ma aveva paura che la sua famiglia non glielo avrebbe permesso.
Zash, Leonard e Charlie si misero a sedere sui loro posti attendendo che anche gli alti scendessero. Improvvisamente dalle scale si sentì un botto e subito dopo scesero cinque figure dalla scala: erano Ginevra, Eric, James, Jasper e Jessica. Avevano tutti quanti i capelli rossi e gli occhi arancioni con le iridi verticali, ma distinguerli non era poi così complicato: Ginevra era alta pochi centimetri in più di Zash, era magra e snella, con una fisico piuttosto sodo. Aveva i capelli più lunghi di quelli della madre, portati con una lunga coda di cavallo da cui un gran numero di ciuffi ribelli spuntavano in giro. Indossava ancora il pigiama a paperelle blu. Aveva ereditato la bellezza da sua madre, ma il carattere selvaggio dal padre; infatti Zash notò che i gemelli, anche se ancora sorridenti, si stringevano la mano destra sul rispettivo occhio, evidentemente per nascondere due ben visibili occhi neri. Dopo di loro, scese Jasper Dravell: era il maggiore e più alto dei fratelli. Aveva un comportamento e un aspetto decisamente tosto: portava i capelli lunghi fino alla spalla, con ciocche disordinate che gli coprivano parte del volto. Dalla sua fronte fino al collo mostrava un fiero tatuaggio tribale raffigurante un' aquila stilizzata, e il suo volto aveva lineamenti duri e da far paura. Dietro di lui, e ultima della fila, c' era la piccola Jessica. Zash aveva sempre pensato che sua sorella fosse la bambina più tenera di tutta la città, ed evidentemente era un pensiero che balenava nella mente di tutti: era di una corporatura minuta che si nascondeva nel pigiama smesso di Ginevra, le cui manine non arrivavano alle manica dell' indumento. Aveva capelli rossi brillanti, con una frangetta disordinata che gli nascondeva parte degli occhi dolci e sognanti. I tratti del suo viso erano tondi e accennati, come fosse la rappresentazione della tenerezza fatta persona. Tra i dentini stringeva la manica sinistra del pigiama, mentre con l' altra cercava di tenersi a Jasper, per non cadere dalle scale mentre camminava con i piedi scalzi.
I cinque Dravell si avviarono verso il loro posti, senza aver dato prima un bacio ciascuno sulla guancia delle loro mamma, che sorrise a ciascuno di loro con soddisfazione. Alla sinistra di Zash sedeva suo padre, mentre alla sua destra sedeva Charlie, che faceva tintinnare le posate mentre attendeva il suo piatto con le frittelle.
«Io mangio solo questa mamma» Avvertì Jasper afferrando una mela dal centrotavola. "Devo andare ad aiutare Hector, e sono anche piuttosto in ritardo." Lui lavorava come tessitore in una bottega nei pressi della città. Stranamente, andava molto orgoglioso del suo lavoro, forse perché era uno dei pochi ragazzi che lavorava, in quella casa.
«D' accordo, ma dove sono Julius, Gregory, Bill e Gerard?» commentò sua madre adocchiando ogni tanto le scale come se dovessero spuntare da un momento all' altro, mentre porgeva frittelle nei piatti di quelli che sedevano accanto a lei «Dopo le frittelle si fanno agrodolci.»
«Stanno arrivando adesso» disse Ginevra avvertendo il rumore dei passi, mentre mandava giù un boccone di frittella e nel frattempo scompigliava i capelli di Charlie, che tentava di sfuggirle.
Dalle scale arrivarono sordi rumori di passi che scendevano. ben presto apparvero i quattro Dravell rimasti. Julius era già vestito: indossava la sua tunica aperta sul torace che ne lasciava intravedere il fisico non allenato. Portava i capelli lunghi come quelli di sua madre, raccolti in una treccia che terminava con una coda, mentre ciocche svolazzavano sul suo viso e le sue spalle. Aveva sempre la sua solita aria distratta e sognante, anche mentre si sedeva al suo posto.
Dopo di lui arrivò Bill. Era di certo il più composto, e aveva l' aria di essere il più intellettuale: portava i capelli a caschetto leggermente spettinati per via delle pieghe del cuscino e indossava una camicia spiegazzata senza nemmeno aver finito di abbottonarla. Portava un grosso paio d' occhiali dalle grandi lenti e dalla montatura in plastica, di colore nero. Gerard era invece un ragazzo trasandato, dall' aspetto più selvaggio del gruppo. I suoi capelli erano raccolti in una coda che li faceva arrivare alla nuca, lasciando intravedere i numerosi orecchini che portava sull' orecchio destro e un unico, grosso dilatatore su quello sinistro. Aveva i polsi fasciati, con cui nascondeva parzialmente un tatuaggio di un lupo che dall' avambraccio arrivava alla punta delle dita.Fumava una sigaretta, e Zash non si stupì di quando vide che mentre si avvicinava a sua madre per abbracciarla ella fece una smorfia e gliela tolse dalla bocca con un cenno, spegnendola. Eric, James e Ginevra ridacchiarono assistendo allo spettacolo.
Infine fu il turno di Gregory. Aveva un viso leggermente più rotondo di quello degli altri, ma che si intonava benissimo col resto del suo corpo. Portava i capelli rasta lunghi fino alle spalle, spesso sempre legati. Indossava numerosi braccialetti di pelle e dei pantaloni mimetici con sopra il pigiama. Una volta che si accomodarono tutti, ci fu un mormorio di voci che Zash era abituato a sentire ogni mattina.
«Oggi devo vedermi con il dottor Finclaus papà.» Disse Bill discutendo con Gregory e Leonard usando un tono di superiorità. «Dobbiamo rimettere in ordine un sacco di libri nuovi che sono arrivati da oltremare, e bè...sai...hanno subito pensato a me per questo lavoro.» «Non sarà facile, sai?» Gregory lo aveva avvertito diverse volte. spesso era lui che andava più spesso in biblioteca. «Quel posto avrà più o meno cento stanze piene di libri.. devi proprio metterli in ordine alfabetico?» Leonard sogghignò notando la reazione infastidita di Bill, ma si affrettò ad aggiungere: «Non è poi questo gran lavoraccio se sai dove mettere le mani.» rispose a braccia incrociate, sollevando la testa. «Santi numi, quel posto è così grande che ci si potrebbe smarrire se non lo conosci bene...» Dall' altro capo del tavolo, Ginevra, Jessica e sua madre stavano discutendo del pigiama della bambina. «E' troppo largo, mamma.» Contestò Ginevra, sollevando una manica per analizzarla. «Potrei tagliuzzarlo un pò, così per farlo rimpicciolire...» Spaventata, Jessica ritirò la manica del pigiamino e cercò lo sguardo di sua madre, con gli occhi umidi e pronti alle lacrime. Avvertito il pericolo, Angelique le accarezzò la testa, e in tono da scusante rispose a Ginevra. «Non disturbarti cara, troverò in incantesimo che lo possa rimpicciolire... o in alternativa posso ricontrollare se ho qualche vecchio pigiamino di quando eri bambina...» Zash invece si ritrovò in un' accesa discussione con gli altri fratelli su una gara di pesca svoltasi l' altro ieri. «Quel Totano Rosa che ho preso valeva almeno trenta punti! Neanche Septimus c era mai riuscito a prenderne uno così grosso!» Disse Eric alzando e braccia, con ancora l' occhio nero pulsante. «Io e Jasper ne abbiamo pescati di più belli, di quelli!» Ribatté Gerard indicando il fratello, che annuì con la testa. «E poi se l' hai preso è soltanto merito di Zash che è andato a recuperare la lenza strappata...» aggiunse. A quelle parole, il ragazzo ebbe un tremito. «Non me lo ricordare, per favore! Mi sono inzuppato tutti i vestiti buoni che avevo addosso!» Zash aveva sempre avuto paura dell' acqua, soprattutto se doveva bagnarcisi con i vestiti addosso. «Pfff... il tuo era minuscolo invece, quasi non riconoscevo la testa dalla coda!» Ridacchiò James diretto verso Charlie, che incrociò le braccia. «Almeno il mo era vivo, sai?!» Ribatté beffardo il piccoletto. In quel momento Julius attirò l', attenzione. «Naaah... il vincitore è senza dubbio papà: qual pesce abissale che aveva preso a mani nude era davvero bellissimo!» Replicò con la sua solita aria sognante, guadagnandosi il consenso del resto della famiglia. La colazione passò in fretta. Jasper fu il primo ad andarsene, saltando dalla finestra e portandosi una mela, dopo aver salutato tutta la famiglia con un abbraccio ciascuno. Poi toccò a Bill, e in seguito quasi metà dei fratelli era uscita di casa.
Zash aiutò a sparecchiare, e quando finalmente ebbe finito, salì le scale e tornò comodamente in camera sua. All' ingresso della camera però lo aspettava qualcuno: era Jessica, che lo osservava timidamente dall' uscio della porta; si avvicinò lentamente e la piccola Jessica nascose il volto nella colonna della porta, poi gli chiese con voce flebile e dolce: «...Zash...non è che mi presteresti un libro da disegnare..? Ne vorrei uno con gli animali...» Il ragazzo gli sorrise radioso e annuendo gli accarezzò la testolina; entrò in camera e cercò attraverso i suoi libri da disegno qualcosa che fosse semplice da riprodurre per una bambina, e finalmente lo trovò. «Ecco, prendi questo. Ci sono un sacco di disegni sugli unicorni che ti piacciono tanto.» Jessica prese il libro e rivolse al fratello un sorriso dolcissimo, per poi cominciare a correre imbarazzata verso la sua cameretta.
Zash entrò e chiuse la porta. Si passò una mano tra i capelli e lanciò uno sguardo rassegnato alla stanza. « Devo metterla a posto.. è un vero casino.» Si affettò a raccogliere i vestiti che aveva depositato sulla scrivania, per poi depositarli alla bell' è meglio dentro l' armadio. Si era chinato appena per prendere un calzino caduto quando notò che sul pavimento c' era una cartina. Zash fu molto sorpreso di questo ritrovamento, perché non l' aveva mai vista prima d' ora dentro la sua stanza. Inizialmente pensò che fosse uno scherzo dei gemelli, come quei foglietti autobrucianti che usavano quando erano piccoli, ma questo era diverso: era vecchio. E curioso. Zash prese con cautela il foglio da terra, e lo aprì, leggendolo. Improvvisamente il suo cuore di fermò dall' emozione, le sue mani tremarono e suoi occhi si sbarrarono: tra le mani vi era una mappa, ben disegnata anche, e raffigurava un' isola tra le nuvole. il suo nome era Heavengard. E sotto, vi si leggeva chiaramente la dedica di qualcuno. La sua calligrafia era molto elegante e schizzata, come se fosse stata fatta con un inchiostro giunto al termine. Recitava: "Spero che farai buon uso della parola. Firmato L. S.".

  
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