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Autore: Pandora86    10/09/2013    3 recensioni
Mito raggiunge Hanamichi in clinica durante la riabilitazione con l'assoluta convinzione che sarà un'estate come un'altra.
Una persona che però non aveva mai considerato farà crollare le sue convinzioni riuscendo a sconvolgere i lati più intimi del suo essere.
Come si comporterà Mito quando si troverà ad affrontare sentimenti che non aveva mai preso in considerazione?
Continuazione de "Il tuo vero volto" incentrata però su Mito.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Yohei Mito
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi con il terzo capitolo.
Grazie a chi ha recensito quello precedente e chi ha inserito la storia tra le preferite e le seguite.
Grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Per adesso, buona lettura!
 
 
 
Capitolo 3.
 

Sendoh rimase a fissare il volto del ragazzo che gli stava di fronte.

Le mani in tasca, lo sguardo duro, rivolto ai due tipi.

Nessuna traccia di paura, nessuna traccia di preoccupazione.

Solo una luce decisa e molto, molto minacciosa.

Il ragazzo, dopo la domanda, non aveva detto null’altro, continuando a fissare i tipi.

Non dava segni di averlo riconosciuto, e non gli aveva rivolto neanche un’occhiata; la sua attenzione era rivolta solo ai due uomini.

“Allora?” parlò ancora, rivolgendo il suo sguardo alla mano dell’uomo che non mollava il braccio di Sendoh.

“Di che t’impicci tu?” si decise a parlare uno dei due, avvicinandosi.

“Ho capito!” disse l’altro che aveva ora lasciato il braccio del giocatore per avvicinarsi.
“Vuoi offrirci da bere!”

“Non credo proprio!” fu la secca risposta del ragazzo che sorrise impercettibilmente.

“Andatevene, se non volete guai” pronunciò con tono basso e minaccioso.

Quella minaccia fece accapponare la pelle di Sendoh che, da protagonista, era diventato spettatore di tutta la scena.

Lo sguardo del ragazzo si era assottigliato.

Quel tono gli aveva dato i brividi.

Sendoh non sarebbe riuscito a staccare gli occhi dalla sua figura neanche se avesse voluto.

“Ehi, ragazzino! Chi ti credi di essere?” domandò uno dei due.

“Qualcuno che può farvi molto male, se non vi togliete dalle palle alla svelta!” fu la pronta risposta del ragazzo.

L’impercettibile sorriso era sparito e il volto si era fatto ancora più duro.

Sendoh aprì impercettibilmente le labbra di fronte alla nuova versione del ragazzo che lo aveva tanto incuriosito.

La tensione era palpabile e il giocatore non aveva dubbi sul fatto che, se si fossero trovati in uno di quei manga pieni di combattimenti, il mangaka avrebbe certamente disegnato un’aura nera intorno al ragazzo.

Se prima, infatti, il ragazzo li aveva avvertiti con un tono abbastanza minaccioso, ora Sendoh vedeva chiaramente che si stava arrabbiando, e di brutto anche.

I due uomini non sembravano averlo capito però, visto che iniziarono a ridere in modo sguaiato.

“Ma sentitelo” disse uno dei due, fra una risata e l’altra.

“Vieni qui che ti concio per le feste!” sbottò un altro avvicinandosi pericolosamente e tenendo in maniera salda la bottiglia.

Sendoh si avvicinò tendendo la mano.

Quel ragazzo, per quanto arrabbiato, rischiava di farsi male.

Non ci fu però bisogno del suo intervento.

Il ragazzo, che non aveva battuto ciglio durante le risate degli altri, ora si era mosso andando incontro all’uomo.

Durò tutto meno di un istante e Sendoh vide l’uomo letteralmente volare a un metro di distanza.

Un pugno ben assestato e troppo veloce lo aveva definitivamente messo al tappeto.

L’altro uomo sgranò impercettibilmente gli occhi assistendo impotente alla scena.

Il ragazzo si avvicinò afferrandolo per la collottola.

Sul suo volto ora c’era un sorriso minaccioso.

“Apri le orecchie, amico!” parlò il ragazzo. “Stasera mi girano alquanto e se non vuoi che mi sfoghi su di te, raccogli quel rottame del tuo compare e sparisci all’istante!” gli intimò lasciandolo andare.

L’uomo non se lo fece dire due volte.

Anche se ubriaco, si era reso finalmente conto di chi gli stava di fronte.

Quello non era un ragazzino.

Quello era un teppista a tutti gli effetti.

Ma non un teppistello da quattro soldi. Non un ragazzino che gioca a fare il gradasso.

Quello era un teppista con la t maiuscola.

Uno abituato a incassare senza battere ciglio. Uno che, quando le dava, faceva molto male.

L’uomo capì all’istante che, se non voleva trovarsi pronto per un ricovero, avrebbe fatto meglio a darsela a gambe.

Se quella serata aveva pensato di poter scroccare qualche altro bicchiere infastidendo il vacanziere di turno, gli era andata molto male.

L’altro, nel frattempo, si era alzato.

Sendoh notò il sangue che gli colava dal naso e da una parte del labbro.

Con un solo pugno il ragazzo gli aveva sicuramente rotto il naso, vista la curva irregolare
che aveva assunto l’osso, e spaccato parte del labbro.

Senza farselo dire due volte, si allontanò con l’altro, cercando di coordinare meglio i movimenti per fare più in fretta.

Il ragazzo lì guardò allontanarsi con uno sguardo duro.

Fu solo quando furono parecchio distanti che distolse lo sguardo rivolgendolo ora al giocatore.

Sendoh deglutì, non trovando le parole adatte.

Nonostante sorridesse spesso, in quel momento le labbra avevano assunto una piega incerta.

Fu la voce del ragazzo a trarlo d’impaccio.

“Stai bene?” domandò con un sorriso.

Sendoh ammirò il volto dell’altro, ora completamente rilassato nel rivolgersi a lui.

Sembrava una persona diametralmente opposta rispetto a quella di pochi istanti prima eppure, se si osservavano meglio i suoi occhi, non si avevano dubbi; quella luce decisa era sempre presente, anche se adesso le labbra sorridevano.

Sendoh non potette fare a meno di ricambiare il sorriso.

“Grazie per essere intervenuto!” aggiunse.

In effetti, era stata una fortuna.

Quel ragazzo gli aveva sicuramente risparmiato qualche livido.

Considerando poi che la sua forma doveva essere ottimale visto che a breve si sarebbe riunito con la nazionale, l’intervento del ragazzo diventava provvidenziale.

Inoltre, aveva finalmente l’occasione per conoscerlo e non se la sarebbe fatta scappare.

Lo osservò alzare le spalle con indifferenza, come risposta alla sua affermazione.

“Ero di passaggio!” liquidò la faccenda Yohei, evitando così altri ringraziamenti inutili.

Anche se, in effetti, era una fortuna per il giocatore che lui si trovasse al posto giusto nel momento giusto.

Non riusciva proprio a figurarsi l’altro mentre faceva a pugni.

La situazione aveva un che di surreale; Sendoh, il grande Akira Sendoh, stella del Ryonan che vantava di più fan di Rukawa e usciva sulle copertine dei giornali locali una settimana sì e l’altra pure, era lì che lo ringraziava.

Ultimamente, da quando Hana giocava a basket, sembrava avere la calamita per i giocatori.

Prima Rukawa, ora Sendoh.

Non contando poi come aveva conosciuto Ryota Miyagi, e i pugni che aveva dato a Mitsui.

Oltre ad essere intervenuto per salvare il tiratore, poco prima di una partita, da un’ennesima rissa.

Tra un po’, stringo amicizia con Maki, pensò ironico con un sorriso.

Sendoh sorrise ancora di più a quella risposta.

Sentiva che quel ragazzo gli piaceva sul serio.

“Beh, è stata una fortuna!” esclamò allegro.

“Su questo non ho dubbi!” rispose Yohei ghignando.

Sendoh, a quelle parole, assunse un’aria fintamente offesa.

“Ehi, guarda che avrei potuto sistemarli anche da solo!” replicò.

“Sì, come no!” rispose pronto Yohei allargando il sorriso e avviandosi.

Sendoh lo seguì camminandogli di fianco.

“Siamo nella stessa pensione” si giustificò, spiegando così il suo comportamento.

“Lo so!” rispose lapidario Yohei.

Sendoh lo guardò, continuando a sorridere.

Certo che era proprio loquace il tipo.

Ma questo lo aveva intuito da sé.

“Non mi sono presentato” ricominciò a parlare, superandolo e voltandosi nella sua direzione.

“Sono Akira Sendoh, piacere” disse tendendo la mano.

Yohei la guardò per un lungo istante.

Quella situazione era proprio ciò che voleva evitare.

Lui non era lì per vacanza.

Lui era lì per Hanamichi che stava vivendo un momento difficile.

Tra un po’, sarebbe arrivato anche Rukawa.

E Yohei era intenzionato a evitare tutte le possibili voci che potessero circolare sulla neonata storia tra il numero undici e il suo migliore amico.

Dal canto suo, non si preoccupava.

Se anche gli altri componenti della nazionale l’avessero notato mentre parlava con
Rukawa, non avrebbero dato peso alla cosa.

Lui non era altro che uno dei tanti volti sconosciuti che affollava lo stadio durante qualche partita e nessuno lo avrebbe collegato a Hanamichi.

Ma, se stringeva amicizia con Akira Sendoh, il rivale numero uno di Kaede Rukawa, allora poteva nascere qualche sospetto.

Durante le partite dell’anno successivo, Hanamichi avrebbe affrontato nuovamente il Ryonan e Mito non sapeva quanto Sendoh potesse essere chiacchierone.

Di certo, se avessero stretto amicizia, si sarebbe ricordato di lui nel caso l’avesse visto parlare con Rukawa durante il ritiro della nazionale.

Il problema non era tanto il rapporto che lui e Rukawa stavano costruendo; presto, infatti, Mito, stesso avrebbe raccontato a Hanamichi quanto in passato fosse entrato in contatto con il numero undici.

Il problema vero, era la storia che il suo migliore amico stava vivendo con il giocatore.
Hanamichi, negli ultimi mesi, aveva fatto dei grossi passi avanti.

Aveva accettato le sue tendenze sessuali, aveva accettato l’amore che provava per il giocatore, scegliendo di starci insieme.

Tutto era però ancora agli albori.

Quanto ci avrebbero messo invece a circolare le voci se il migliore amico di Hanamichi parlava tranquillamente con Rukawa?

In teoria, i due giocatori dello Shohoku non avevano nessun tipo di legame.

Anzi, era ben nota la loro rivalità, o meglio l’antipatia palese di Hanamichi verso Rukawa.

Nessuno sapeva del rapporto che li legava.

Ed era un diritto soltanto loro renderlo noto.

Inoltre, Hanamichi non aveva avuto il tempo di ritornare a scuola con le sue nuove certezze.

Comunque, in qualunque modo la si mettesse, la presenza di Sendoh in quel posto era solo una grande seccatura.

Un problema che Yohei avrebbe risolto alla radice.

Fu per questo che guardò la mano che Sendoh gli porgeva con un sorriso sarcastico.

Il giocatore, nonostante fosse notevolmente più alto dell’altro, si sentì spiazzato da quello sguardo e ritrasse impercettibilmente la mano.

“Non mi interessa chi sei” replicò duro Mito.

“Stammi alla larga!” concluse, avviandosi a passo deciso.

Sendoh rimase a fissare la schiena dell’altro che si allontanava.

Che diamine era successo?

Il ragazzo aveva immediatamente cambiato espressione nel momento in cui aveva teso la mano.

L’aveva visto diventare pensieroso, quasi come se stesse cercando la soluzione più ovvia per un problema.

E, per come si erano svolti poi gli eventi, le cose dovevano essere andate in quel modo.

Quello che non capiva, era il perché.

Prima era stato gentile poi, nel momento in cui aveva provato a fare conoscenza, il ragazzo si era rabbuiato cambiando definitivamente umore e rispondendolo in malo modo.

Eppure, quando si era presentato, l’aveva visto sorridere ironico.

Possibile che lo conoscesse e che ce l’avesse con lui?

Questo poteva spiegare il suo atteggiamento.

Ma allora, chi diavolo era?
 

***
 

Mito entrò nella stanza trovando ad accoglierlo un letto che mai gli era parso più invitante considerata la sua stanchezza.

Come la sera precedente, una volta entrato, quella era stata la sua direzione.

Era distrutto.

E, oltre a essere distrutto, era anche incazzato nero.

Quel fuori programma con Sendoh gli aveva letteralmente fatto girare i cosiddetti.

Eppure, non ce l’aveva con il giocatore.

In effetti, lui aveva sempre osservato Sendoh.

Lo aveva fatto per Hana.

Sapeva, infatti, dove si dirigevano gli interessi dell’amico e aveva tenuto gli occhi aperti.

Era indubbio anche per un cieco che Sendoh fosse un bel ragazzo.

Non che a Yohei interessasse, però sapeva bene che Sendoh rientrava nei canoni di bellezza standard.

Come Kaede Rukawa del resto.

Quando aveva capito che gli interessi di Hana erano proiettati verso Rukawa, si era guardato attorno.

La rivalità tra Sendoh e il numero undici era sempre stata palpabile.

In particolare, Yohei era andato al Ryonan a vedere questo fantomatico Sendoh dopo l’amichevole che lo Shohoku aveva giocato contro il Ryonan.

Mito, con l’armata, aveva assistito alla partita senza però badarci più di tanto.

Ma quando Hanamichi, nei giorni successivi, non aveva fatto altro che inveire conto
Sendoh, allora Yohei era andato a curiosare.

Aveva scoperto che, oltre ad essere una stella nascente del basket, era anche molto
ricercato e apprezzato sia tra il gentil sesso sia tra i compagni di squadra.

Si era tranquillizzato quando aveva capito che tra Rukawa e Sendoh c’era solo una forte rivalità sportiva.

Il numero undici dello Shohoku non lo considerava se non su un campo di basket.

Il numero sette del Ryonan faceva lo stesso.

E Yohei si era tranquillizzato.

E, ad Akira Sendoh, non ci aveva più pensato.

Poi, raggiungeva Hanamichi in clinica e, sorprese delle sorprese, se lo trovava lì, nella stessa pensione.

Non vi aveva badato più di tanto; in fondo il giocatore non lo conosceva e a lui era totalmente indifferente.

Infatti, in passato, una volta che aveva appurato che non potesse rappresentare un problema per un’eventuale storia tra Hanamichi e Rukawa, l’aveva immediatamente cancellato dalla sua mente.

Poi, quella sera, mentre tornava dalla clinica, ecco che se lo trovava davanti.

Il fatto non era strano; quel quartiere era meta per i turisti ed era molto piccolo.

Le case, le pensioni e i vari locali affacciavano, infatti, tutti sulla costa.

Il lungomare era la strada principale.

Non era strano incrociare gli stessi volti se si girava per quella zona.

Quello che però era strano, era il fatto che Sendoh sembrasse impegnato in una conversazione a senso unico con due tipi.

Inutile dirlo; non ci aveva pensato due volte a intervenire.

Il giocatore era lì per la nazionale, anche se un po’ in anticipo sui tempi.

Inutile dire che se si fosse fatto male avrebbe dovuto dire addio al ritiro.

Così, era intervenuto.

Non aveva dubbi sul fatto che Sendoh, anche se avesse tirato qualche pugno, si sarebbe comunque fatto male.

Non era un teppista, a differenza di lui.

Poi però, aveva dovuto riportare le cose al giusto ordine.

Forse, era stato troppo brusco.

In fondo, il giocatore voleva solo chiacchierare.

Probabilmente, il giorno dopo, neanche si sarebbe ricordato del suo volto.

Anche se, Yohei non era tanto sicuro di questo.

Sin da quando era arrivato e aveva incontrato il giocatore la sera in spiaggia, aveva sentito il suo sguardo su di se.

Anche quando era intervenuto poco prima, il giocatore lo aveva riconosciuto; segno che il suo volto gli era rimasto bene impresso.

Ma perché?

Era questa l’ovvia domanda di Yohei.

Lui era uno dei tanti volti della pensione.

Perché Sendoh si ricordava di lui?

Possibile che mi abbia riconosciuto?

Ma Mito sapeva che le cose non stavano così.

Eppure, non riusciva a spiegarsi gli sguardi insistenti del giocatore.

Mah, forse mi sto impressionando, valutò anche se non troppo convinto.

Nonostante tutto, era però dispiaciuto di essere stato così scortese.

Sendoh era un bravo ragazzo e lui l’aveva liquidato in malo modo dopo essere intervenuto di sua iniziativa.

Non gli era sfuggito il suo sguardo dispiaciuto dopo la sua uscita, e il pensiero di quegli occhi interrogativi lo fece sentire in colpa.

Avrà pensato che io sia uno psicopatico! Valutò con un sorriso sarcastico rivolto al soffitto della sua camera.

E comunque, non aveva importanza visto che sicuramente il giocatore avrebbe dimenticato l’avvenimento poco dopo.

Avrebbe dovuto esserne felice, in fondo era proprio quello che voleva.

Eppure, cos’era allora quella velata traccia di malinconia?

Sarà meglio che mi metta a dormire, pensò girandosi su un fianco e puntando la sveglia.

L’indomani sarebbe stata una lunga giornata, considerando che avrebbe dovuto almeno chiamare sua madre e trovare un orario adatto per parlare con Rukawa.

Aveva promesso al giocatore di tenerlo aggiornato.

In fondo, erano appena passati due giorni ma, conoscendo il numero undici, era meglio non farlo aspettare visto quanto ci tenesse a Hana e quanto gli pesasse non essergli accanto.

Eh sì, una telefonata all’altro era d’obbligo, valutò sbadigliando e sentendo il sonno farsi strada in lui.

Gli occhi dispiaciuti di Sendoh però gli comparvero nella mente poco prima di addormentarsi, non abbandonandolo nemmeno durante il sonno.
 

***
 

Sendoh girovagava da un po’

Era mezzanotte passata ma non aveva la minima voglia di tornare alla pensione.

Non riusciva a togliersi dalla mente lo sguardo astioso del ragazzo.

Perché era finita in quel modo?

Lui si era soltanto presentato.

Quel ragazzo non era come gli altri, Sendoh lo sentiva altrimenti sapeva che non ci sarebbe stato a pensare più di tanto.

Il pensiero che, in qualche modo, il tipo lo conoscesse diveniva più concreto ora.

Eppure, era intervenuto di sua spontanea iniziativa.

Sendoh ripensò all’unico pugno che il ragazzo aveva tirato, sentendo i suoi battiti aumentare.

Ripensò alla sua voce dura e allo sguardo minaccio, sentendosi fremere.

Non gli era mai capitato di provare simili cose per qualcun altro.

In particolar modo per qualcuno che non conosceva.

Un sorriso gli incurvò le labbra mentre decideva di ritornare alla pensione.

Un modo avrebbe trovato per entrare in sintonia con il ragazzo.

Quello era poco ma sicuro; non era da lui arrendersi per così poco.

Perso nei suoi pensieri, non si era accorto di qualcuno che lo guardava con interesse.

Un qualcuno che aveva assistito a tutta la scena e che adesso, mentre lo guardava allontanarsi, aveva un cipiglio scuro in volto.
 

Continua…
 

Note:
 

Lo so, la scena della rissa è un cliché ma che ci volete fare… adoro troppo Mito quando fa a pugni per cui perché non farlo ammirare anche a Sendoh?

Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Ci vediamo martedì prossimo con il nuovo capitolo.

Nel frattempo, grazie a chi è arrivato sin qui.

Pandora86
  
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