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Autore: Vals Fanwriter    10/09/2013    3 recensioni
Niff (Nick/Jeff) | Mini-Long | Angst, Romantico, Sentimentale, Introspezione a palla | Missing Moment | Ambientata durante l’episodio di Michael (3x11)
Il quinto giorno, però, tutto fu più chiaro. Dovette aspettare la riunione dei Warblers per avere delle risposte, ma alla fine arrivarono. Lo vide mettere piede in aula canto, dopo più di dodici ore di completa assenza. Ed era diverso, ancora più diverso di quando lo aveva lasciato in camera a poltrire invece di insistere per svegliarlo e trascinarlo a lezione. E il cambiamento non consisteva soltanto negli sguardi complici che si scambiava con Sebastian Smythe, [...] il cambiamento, Jeff lo vedeva nei suoi occhi, ora duri e sicuri, nella sua postura dritta e rigida, nel mento sollevato, nelle mani infilate nelle tasche dei pantaloni con disinvoltura, nei capelli stranamente troppo ordinati.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Nick/Jeff
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Getting over you.

Capitoli: 2/3

Rating: Verde.

Pairing: Niff.

Genere: Angst, Romantico, Sentimentale, Introspezione a palla.

Avvertimenti: Mini-Long, Missing Moment, Ambientata durante l’episodio di Michael (3x11).

Note: Alla fine.

 


 
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2.

 
 

 

Il giorno dopo, Nick non si presentò alle lezioni del mattino. Jeff lo vide direttamente alle prove dei Warblers. A quanto pareva, avevano davvero trovato qualcuno che ideasse le coreografie di “Bad” al posto suo – forse Nick e Sebastian avevano passato la mattinata a fare quella ricerca – ma a Jeff non importava particolarmente di quel dettaglio futile. Era stato lui stesso a rifiutare, e preoccuparsi di quella faccenda era fondamentalmente impossibile dato che aveva questioni più gravi per la testa. A Thad non aveva avuto modo – e voglia – di raccontare il breve dialogo avuto con Nick la sera prima. Era ancora una ferita aperta. Aveva cercato di non pensarci in tutte le maniere possibili, ma alla fine, vedendolo di nuovo al fianco di Sebastian, quel pomeriggio, gli era ripiombato tutto addosso. Quel “mi dispiace, Jeff” gli rimbombava ancora nelle orecchie. Ed era doloroso, doloroso da morire.

Vedere Nick, in prima fila, a ballare e cantare, a poca distanza da lui, e vedere con quanto impegno cercava di sfuggire al suo sguardo faceva male. Durante le prove, di solito, si cercavano sempre, anche solo per sorridersi complici o per ridere delle proprie gaffe. Era tutto così diverso, invece, adesso. Come avevano fatto a diventare così?

Jeff ci aveva rimuginato tutta la notte, ma non era venuto a capo di nulla. Gli sembrava di non aver sbagliato nulla, quindi tutto quello non poteva essere colpa sua. Ma continuava a trovarsi Nick davanti agli occhi, anche quando li chiudeva per provare a dormire, anche quando era a lezione e cercava di concentrarsi sulle parole del professore. Anche adesso.

E sbagliava i passi di danza. Non gli capitava mai di sbagliare i passi di danza. Fortunatamente, a lui era toccata la seconda fila, quindi né Nick, né Sebastian avevano modo di accorgersi di lui e fargli eventuali strigliate.

Ecco, si era ridotto a questo. Ad immaginare Nick rivolgergli parole cattive e severe, nonostante sapesse che non ne sarebbe mai stato capace. Ma il fatto era che non lo riteneva neanche capace di ignorarlo, eppure stava accadendo.

Nick continuava ad evitare il suo sguardo. Lo fece per tutta la durata delle prove e Jeff finì per arrendersi all’evidenza che quella giornata non avrebbe mai avuto modo di migliorare.

 

 

Tirò un sospiro di sollievo quando quelle lunghissime tre ore di prove terminarono e lui poté uscire fuori a respirare liberamente e profondamente, per scacciare quel fastidio continuo che gli opprimeva lo stomaco. Si era trattenuto un po’ con Thad e Flint ad ascoltare le loro chiacchiere – dato che lui era stranamente silenzioso e tremendamente giù di morale – giusto il tempo necessario a far sì che Nick e Sebastian abbandonassero la sala, poi era uscito inventandosi una scusa qualsiasi che Thad aveva subito preso per falsa. E forse nemmeno Flint gli aveva creduto, ma era frustrante stare lì, in compagnia, e riuscire a concentrarsi poco e niente sui discorsi in atto. Jeff aveva bisogno di starsene un po’ da solo, magari trovare un angolino tranquillo e riempirsi le orecchie di musica, canticchiare sottovoce e bere qualcosa di caldo e di dolce.

Stava appunto per recarsi al bar – lì avrebbe ordinato una cioccolata e si sarebbe trovato un posticino solitario solo per lui e per i suoi Neon Trees – ma fu costretto a fermarsi a metà strada. Nick era dietro l’angolo, riusciva a sentire la sua voce.

Ma perché la fortuna non era mai dalla sua parte?

Fece per fare dietro front, ma la frase che disse Nick in quel momento lo colpì nel profondo.

‹‹Diventa sempre più difficile. Questo non sono io, Sebastian.››

Più o meno quello che pensava lui da qualche giorno a quella parte: quello non era Nick. E non si stupì nel sentire quelle parole pronunciate proprio dalla sua voce.

‹‹Non dire cazzate. Devi solo prenderci la mano.››

‹‹No, Sebastian. Non mi sento a mio agio. Mi sento male a fare tutto questo, non è da me.››

Jeff si appiattì contro il muro. Forse quella era l’occasione giusta per capire qualcosa di più, per trovare un senso logico in tutta quella situazione. Stette in silenzio, provò anche a respirare più piano per non farsi sentire, e si strinse le mani al petto in attesa. Il cuore gli batteva così forte nel petto per l’ansia che temeva che i due ragazzi lo potessero sentire.

‹‹Non volevi smettere di pensarci e diventare indifferente?›› La voce di Sebastian pareva scocciata, nonostante gli arrivasse attutita alle orecchie a causa della lontananza e della parete che li divideva. ‹‹Cos’è che ti ha fatto cambiare idea?››

Nick non rispose subito, ma quando lo fece, Jeff dovette sforzarsi per carpire le sue parole appena sussurrate.

‹‹Lo sai, cosa.››

E forse anche Jeff sapeva, ma non era sicuro del completo significato di quella risposta. Ciò che aveva insinuato in Nick il dubbio era lui stesso, su questo non c’erano dubbi, ma vi era qualcos’altro di cui lui non era al corrente e che aveva indotto Nick ad indossare una maschera per apparire più forte e autoritario agli occhi degli altri e ai suoi.

“Non volevi smettere di pensarci?” E a cosa doveva smettere di pensare? Jeff non riusciva proprio a venirne a capo.

‹‹Quindi non ti importa più? Vuoi tornare ad essere l’idiota della situazione?›› Chiese Sebastian, poi fece una breve pausa, prima di proseguire. ‹‹Non ti sto costringendo a starmi dietro come una zecca, quindi decidi tu. Per me non fa differenza.››

Seguirono rumori di passi che si allontanavano e Jeff intuì che fosse Sebastian a stare lasciando Nick dietro di sé. Quest’ultimo, invece, non si mosse. Jeff riusciva ad immaginare benissimo il suo sguardo che seguiva la figura slanciata in lontananza, ed era uno sguardo afflitto e combattuto.

Poi parlò di nuovo.

‹‹Mi assicuri che funzionerà?››

I passi di Sebastian si arrestarono.

‹‹Io non faccio promesse che non sono sicuro di poter mantenere›› rispose con estrema lentezza. ‹‹Se continui ancora a pensare a quello che hai da perdere, però, forse è meglio che torni sui tuoi passi.››

Piombò di nuovo il silenzio, ma nessuno osò muoversi, né Jeff, né Nick, né Sebastian. C’era immobilità nell’aria e in quelle parole che ancora rimbombavano nel corridoio, ma Jeff riusciva a percepire la confusione che stazionava nella testa di Nick. Era come costituita da una serie di tasselli che si muovevano in maniera caotica in uno spazio chiuso e che poi si scontravano tra loro; e c’erano pezzi che cercavano di incastrarsi anche se la sagoma che li attendeva non era quella giusta. Era un’enorme forzatura.

‹‹Non ci sto pensando. Per niente.›› Ma era una bugia, Jeff sapeva riconoscerlo anche senza guardarlo negli occhi. Ci stava pensando, anche adesso. Non riusciva a smettere, questo diceva la sua voce, anche se non a parole. Provava a nasconderlo, ma non ce la faceva. ‹‹Non ho nulla da perdere, solo da…››

‹‹Solo da guadagnare.›› Sebastian finì la frase per lui e, probabilmente, dopo si voltò a guardarlo.

A Jeff iniziarono a prudere le mani. Che diavolo gli aveva promesso? In che specie di patto lo aveva trascinato? Dio, avrebbe tanto voluto prendere a pugni Sebastian, in quel momento.

‹‹Solo da guadagnare, sì›› mormorò Nick, poi prese a camminare verso Sebastian, lo raggiunse e gli disse qualcos’altro, ma Jeff non riuscì ad udirlo. Ormai erano lontani e non avevano più bisogno di parlare a voce alta per sentirsi.

Jeff rimase fermo lì per un lungo momento, fino a che i due non si allontanarono del tutto da quel corridoio. Non sapeva più cosa fare, si era completamente dimenticato del suo bisogno di stare solo e di svuotare la mente. L’unica cosa che voleva, adesso, era andare in camera, buttarsi a peso morto sul letto e mettere un po’ d’ordine nella sua testa. Avrebbe trascorso un’altra notte insonne, a rimuginare e ad analizzare ogni parola detta da Nick. E poi, al mattino, si sarebbe alzato più stanco di prima, per nulla pronto ad affrontare la sfida in cui i Warblers erano stati trascinati a forza.

 

 

*

 

 

Non riuscì a capacitarsi in nessun modo quando accadde l’imprevedibile, la mattina dopo, al garage del centro commerciale. Sembravano essere partiti col piede giusto. Avevano tenuto testa alle New Directions a suon di voci e di passi di danza ben coordinati. Di certo, non avevano bisogno di trucchetti per essere avvantaggiati e per superarli in bravura, il loro talento parlava da solo. Ma a quanto pareva, Sebastian non era d’accordo con quell’idea. Sebastian non era quello che programmava un piano B da utilizzare in caso di sconfitta; lui aveva un solo piano attuabile e funzionante, uno di quei piani che portano alla vittoria ad ogni costo.

E il risultato di tutto questo era il senso di colpa, la sensazione di aver vinto una sfida ricorrendo ad un colpo basso di cui gli altri Warblers, prima di entrare in scena, neanche erano consapevoli, il pensiero di aver fatto involontariamente del male ad un loro amico.

Non sapeva che cosa fosse passato per la testa di Sebastian, quando aveva ideato quella bastardata, decidendo di colpire i suoi avversari a quel modo, ma neanche gli importava scoprirlo. Al momento, era troppo preoccupato a cercare Nick, scomparso dalla circolazione non appena erano ritornati tutti in Accademia.

Lui era quello che si sentiva più in colpa, di sicuro. Aveva appoggiato Sebastian in quella follia, forse inconsapevolmente, ma quello era comunque un grosso peso da sopportare. Nessuno poteva sapere cos’avrebbero pensato gli altri di lui, cos’avrebbe pensato il Preside, o i suoi genitori, una volta venuti a conoscenza dell’accaduto.

Sebastian, del resto, stronzo e menefreghista com’era, non si sarebbe fatto scrupoli a trascinarlo in quel casino e ad ammettere davanti a tutti che Nick era stato suo complice. Che diamine gliene importava, poi? A lui interessava soltanto vendicarsi per chissà quale torto e far capire a tutti che lui decideva, lui manipolava e lui comandava.

Di come stava Nick importava solo a Jeff, perché riusciva a sentire perfettamente tutto quello che pensava e provava.

Non avrebbe dovuto fare dietro front, tornare da Nick per l’ennesima volta e cercare nuovamente di far parte della sua vita. In quei giorni, Nick lo aveva evitato, gli aveva taciuto cose, era stato duro con lui, ma Jeff stava sotterrando tutto, ogni più piccolo gesto sbagliato, ogni sguardo non ricambiato. Lo stava facendo in onore del suo Nick, del vero Nick, quello che lui conosceva veramente.

Non gli pesava passare le ore a cercarlo per tutta l’Accademia. Voleva trovarlo e voleva abbracciarlo. E voleva dirgli che sarebbe andato tutto bene, che Blaine si sarebbe rimesso, che non era colpa sua.

Aveva quel discorso ben stampato in testa, frase per frase. Si era ripetuto ogni parola, più volte, fino a ricordarle in maniera ordinata e precisa, ma quando poi vide Nick, seduto sotto un albero, in giardino, da solo e con la testa incassata nelle spalle, gli parve di dimenticare tutto. Aveva le ginocchia rannicchiate al petto e le braccia avvolte attorno ad esse, e Jeff non poté fare a meno di sentirsi stringere il cuore di fronte a quell’immagine.

Prese un bel respiro e si decise a fare qualche passo in direzione del compagno, cercando di muoversi silenziosamente per non spaventarlo. Il fruscio dell’erba sotto le scarpe, però, attirò l’attenzione di Nick e lo indusse ad alzare lo sguardo per identificare la persona che gli si stava avvicinando. Tuttavia non parve stupirsi nel riconoscere i lineamenti di Jeff, anzi, la sua espressione divenne quasi sollevata – ma non perse quell’accenno di tristezza e colpevolezza. I suoi occhi dicevano “Dio, meno male che sei qui”. Avevano trascorso troppo tempo distanti e, adesso, la mancanza iniziava a farsi insostenibile, il bisogno che avevano l’uno dell’altro era quasi soffocante.

‹‹Sono qui›› disse Jeff, senza neanche lasciarlo parlare – come se Nick lo avesse già fatto attraverso lo sguardo. Si lasciò cadere sull’erba, al suo fianco, sfiorandogli casualmente una spalla con la sua, ma non distolse lo sguardo dal suo viso mentre lo faceva. E neanche Nick.

Lui respirò più volte, profondamente, e gli occhi gli si fecero lucidi. Forse aveva temuto che Jeff non ci sarebbe più stato per lui, in seguito ai suoi comportamenti stupidi, e ora il vederlo lì gli causava quel vortice di emozioni e sollievo che gli comprimeva il petto in maniera dolorosa e lo conduceva quasi al pianto.

‹‹Io non pensavo che…›› provò a dire, ma la frase si spense a metà fondendosi con una sorta di miagolio flebile. Nick chiuse gli occhi di scatto e Jeff avvertì la vergogna che provava di se stesso, come quella di un bambino che rompe qualcosa di fragile e prezioso, senza farlo apposta, e che si ritrova immediatamente gli indici di tutti puntati contro.

‹‹Lo so. Nessuno lo pensava, Nicky.››

Jeff gli parlò dolcemente, sperando che quello bastasse a guadagnarsi un po’ della sua fiducia e a fargli capire che, per lui, non aveva nessuna colpa. Ma Nick continuò a fuggire dal suo sguardo – le braccia che gli ricadevano in grembo adesso – e Jeff non ebbe altra scelta. Non che gli dispiacesse abbracciarlo, anzi, gli mancava così tanto che avrebbe voluto rimanere in quel giardino per tutta la notte, a stringerlo e basta, ma aveva paura che Nick potesse respingerlo, come aveva fatto giorni addietro.

Però ci provò. Lo strinse tra le braccia e Nick parve rilassarsi tra di esse. Jeff gli era mancato, anche se aveva fatto di tutto per non darlo a vedere.

‹‹Quindi mi credi?›› Domandò sottovoce.

‹‹Per chi mi hai preso? Certo che ti credo.›› Jeff posò la guancia ai suoi capelli e lo avvicinò di più al suo petto. Il calore che irradiava e il suo profumo, da quanto tempo non li sentiva così vicini? Sorrise automaticamente e chiuse gli occhi. ‹‹Sono il tuo migliore amico, Nick. Di me puoi fidarti.››

Nick avvicinò una mano al suo fianco e chiuse un pugno attorno al suo blazer, ma stette in silenzio, con la fronte posata nell’incavo del collo di Jeff, a respirare a pieni polmoni e con le labbra schiuse. Passò un minuto, poi due. Si sentiva solo il frusciare del vento attorno a loro, nessuno dei due proferiva parola. Poi Nick sollevò appena la testa dalla spalla di Jeff e bisbigliò.

‹‹Già.››

Inizialmente, Jeff non collegò quel monosillabo all’ultima frase che lui stesso aveva pronunciato. Rimase semplicemente stupito e confuso insieme, perché Nick aveva assunto improvvisamente un tono di voce arreso e sconsolato. Dunque, si mosse e cercò di incontrare il suo sguardo per capire a cosa si stesse riferendo e per accertarsi che stesse bene. Nick ora aveva la fronte aggrottata e gli occhi bassi, come se stesse rimuginando su qualcosa di importante; ma quando li alzò, subito dopo, Jeff vi ritrovò dentro sicurezza e caparbietà. Non ebbe il tempo di chiedere nulla, però, perché Nick rafforzò la presa sul suo blazer e si sporse in avanti.

Le sue labbra avevano il sapore del sale.

 

 

 

 


 

Ma quanto siete stati carini tutti nei commenti allo scorso capitolo! (minacce di morte a parte (che tra l’altro mi meritavo))

Avevo una paura tremenda che nessuno avrebbe letto questa cosa tristissima e invece, a quanto pare, mi sbagliavo. E ne sono felicissima. Sarete ricompensati con un lieto fine per questo, lo sapete, sì? *occhioni dolci alla Jeffie*

Chi mi conosce sa che a me piace da morire confondere il lettore e lasciare punti di domanda sparsi per strada, ma soprattutto mi piace creare un’ “apparenza dei fatti” e poi smontarla man mano. Quindi siete avvisati, arriverete alla fine della storia e direte “Nick, sei un completo idiota” (come se non lo abbiate già fatto).

Il prossimo e ultimo capitolo lo avrete il 16 Settembre (e quindi tra 6 giorni, come promesso). Perciò la smetto di perdermi in chiacchiere inutili e vi lascio, mandandovi tanti bacini per farmi perdonare. :*

 

Vals

 



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