Libri > Harry Potter
Segui la storia  |      
Autore: Caesar    16/03/2008    6 recensioni
Urla, urla ragazzo.
Non tenerti tutto dentro.
La tua anima lo sta già facendo.
E io sono l’unico che la può sentire.
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: Incompiuta
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

My Soul

 

Prologo:

- Life -

 

Fu una nuova folata di vento freddo a sferzare violenta le mura dei palazzi scuri di quella via.

Alla luce dei pochi lampioni funzionanti, una sagoma incappucciata gettò a terra il mozzicone di una sigaretta. Scrutò la strada deserta, sistemandosi meglio il mantello nero inchiostro.

Ci fu una nuova folata di vento, e il cappuccio scuro ricadde all’indietro, rivelando sottili ciocche d’oro pallido, e mentre il ragazzo lo ritirava rapidamente ad oscurare il volto, le sue iridi plumbee saettarono a un angolo buio della via.

- Quando agiremo, Draco? –

Malfoy alzò lentamente il capo, quasi ignorando quella voce profonda giunta dall’ombra.

Osservò il cielo, coperto da nubi nere, simili ad ali di corvo tese ad oscurare il firmamento.

Selene, non era sorta, quella notte.

Volse lo sguardo a nord, e vide – in lontananza -, il nero della notte frastagliato dai folgore di lampi e tuoni.

- Presto –

Disse con voce bassa, in un debole sussurro serpentino.

Nell’angolo, una figura scura si mosse, rimanendo celata nell’ombra.

- Stanotte stessa –

Draco Malfoy volse nuovamente lo sguardo plumbeo lungo la strada e, vedendo giungere una carrozza, ghignò maligno.

 

*

Era una notte speciale, quella.

Hermione lo sapeva.

Dentro quella carrozza scura, lasciò vagare lo sguardo lungo la strada.

Si accigliò appena, quando vide qualcosa sparire dietro un angolo.

Chiuse gli occhi per riaprirli immediatamente, ma c’era solo ombra.

Credendo di essersi sbagliata, volse lo sguardo verso il suo taciturno accompagnatore.

Harry Potter era cambiato in quei tre anni, dopo la sconfitta di Tom Riddle.

Sembrava essersi invecchiato di colpo, in quella lontana notte d’inizio maggio.

Erano morti in molti, sotto la luce di quella luna di cui ora non rimaneva che uno sbiadito ricordo.

In troppi. Troppi occhi che non potevano più vedere il cielo.

Per lui. Erano periti per lui.

Vessillo di Speranza.

Era caduti sotto la Saetta.

Emblema di Libertà

Ma anche dopo tanto tempo, non c’era ne l’una né l’altra.

Non per lui, almeno.

- Tutto bene, Harry? –

Chiese Hermione, vedendolo immerso in pensieri dall’apparenza cupi.

Harry Potter alzò appena lo sguardo, spento.

Indossava uno smoking nero sopra una camicia bianca. Un classico.

In effetti, nulla poteva far intuire la situazione di Potter.

Se non lo sguardo, vitreo e opaco. Buio. Senza vita.

- Tutto bene –

Rispose, in un bisbiglio appena accennato.

Si scostò una ciocca di capelli corvini dalla fronte, prima di parlare nuovamente.

- Dovevo proprio venire? –

Chiese, squadrando Hermione con quello sguardo da morto.

La Granger rabbrividì. La intimorivano, quelle iridi spente.

Le ricordavano quello di un uomo che non ha più niente da perdere.

Neppure la vita. Neppure l’anima.

- È l’anniversario della tua vittoria più grande –

Rispose. Era effettivamente così. 2 Maggio 2001. Tre anni dalla fine della Grande Guerra.

- Della mia sconfitta più grande, vorrai dire –

Commentò Harry, per poi ricominciare a ignorare Hermione.

Lei socchiuse gli occhi, cercando di non far solcare le sue guance a neppure una lacrima.

- Siamo arrivati –

Disse dopo un po’. Ma non ricevette risposta.

Harry Potter non poteva sentirla. Era naufragato nei propri ricordi.

 

C’era profumo di tempesta, quel giorno.

Oppure d’estate.

Non lo sapeva. I ricordi di quel giorno erano sfumati nella sua mente. [Malata].

Elios sormontava il suo capo, re nell’azzurro del cielo.

Era mattino. O forse pomeriggio. Non lo sapeva con esattezza. [Chi lo poteva sapere?]

Lui non piangeva. Ne era certo.

Avanzava su quell’erba brillante, con la morte nel cuore. [Nell’anima].

Dietro di lui, mille tra uomini e donne.

Davanti, una distesa di blocchi di marmo.

Tombe. A centinaia. [Troppe].

Camminava deciso, avvolto in un mantello scuro.

Si scostò una ciocca di capelli dalla fronte, osservando ogni epitaffio.

Nomi. Fin troppo conosciuti. [Mai come in quel momento volle dimenticare i loro volti].

Si soffermò su quelli di Sirius, di Alastor.

Di Minerva, di Remus, di Severus, e mille altri ancora.

Fino a giungere agli ultimi due.

Estrasse una rosa nera dal mantello, ponendola sulla tomba di Ronald Weaslay.               

[Amico sincero fino alla fine. Di tutto].

I suoi petali scuri si mossero al vento, quasi in un muto ringraziamento. [Fraterno].

Le labbra furono deformate da una smorfia amara.

Cadde in ginocchio, sfiorando il marmo freddo con le dita.

Lacrime salate gli scivolarono sulla guancia, andando poi a impregnare il terreno. [Brullo].

Se le asciugò con una manica. Strano, credeva di aver finito le lacrime tempo prima.

Nella sua memoria ci fu un lampo poco lontano, ma era quasi certo che non fosse così.

Spostò lo sguardo sulla seconda tomba.

Singhiozzò più forte, piegandosi in due.

 

Ginevra Molly Weaslay.

1981 - 1998

 

Non c’era epitaffio. Meglio così.

Forse questo rendeva meno reale la sua morte.

Depose una seconda rosa, chiusa.

Non sarebbe mai sbocciata. Come Ginny.

Urlò forte, ma non ne fu sicuro. [Non troppo, almeno].

Forse fu solo la sua anima a urlare, straziata.

Nel suo ricordo, sentì una seconda anima urlare. [Disperata].

Allo stesso modo. Volse lo sguardo verso destra, e vide un ragazzo in piedi, davanti a due tombe.

Era avvolto in un mantello nero, allacciato al torace in alto a sinistra da alamari d’argento.

Immobile. [Morto dentro].

Sembrava una statua di cera dai tratti freddi, illuminata fiocamente dalla pallida luce solare.

Il ricordo, a quel punto, si faceva sbiadito. [Sfumato].

Quel ragazzo gli dava le spalle, e aveva un cappuccio scuro calato ad oscurare il volto.

Nella mente, gli parve di vederlo voltare.

Ma forse a questo punto subentrò l’immaginazione.

Perché, l’unica cosa che vide con chiarezza, furono due iridi chiare.

Illuminate dall’Odio.

 

 

- Harry? –

Harry Potter aprì gli occhi di scatto, tornando alla realtà.

- Arrivo –

Disse sussurrando.

Mentre scendeva dalla carrozza, poté giurare di vedere due stelle d’argento splendere nell’ombra di un angolo. E in lontananza, gli parve di udire un urlo.

 

*

 

 - Sono in ritardo –

Commentò Ludwig Heitz, neo-ministro della magia.

Si trovava all’ingresso del suo palazzo, dove si stava svolgendo la festa per l’anniversario della morte di Riddle.

- Suvvia, signor ministro –

Disse una voce femminile nascosta in un angolo.

Ludwig lo squadrò un attimo, prima di sistemarsi meglio la giubba in pelle e alamari bronzei che si allacciavano sul lato destro del busto.

- Lasci il giusto tempo alle “celebrità” -

Continuò suadente la donna, avanzando con grazia ed eleganza di un passo.

Illuminata dalla luce di un lampadario, rivelò una cascata di boccoli neri inchiostro che scendevano morbidamente sulle spalle lasciate scoperte.

La pelle – alabastrina -, rifletteva la luce lì attorno.

Indossava un leggero abito interamente nero, che lasciava scoperte schiena e spalle.

Uno spacco partiva dall’inizio della coscia sinistra, mentre le dita affusolate sfiorarono le spalle del ministro.

- A ogni modo, potremo divertirci anche senza quei due, non è forse vero, caro Ludwig? –

Finì, uscendo completamente dall’ombra.

Sul volto, portava una maschera d’argento, che riproduce le fattezza di una donna stupenda.

- Certo, dolcezza –

Disse Heitz, regalandone un sorriso malizioso, e prendendola a braccetto.

In quel momento, il grande portone d’ebano si aprì, per lasciare passare due sagome scure.

La festa sembrò fermarsi per un istante.

Ci fu il serpeggiare di una voce. Di un nome.

Harry James Potter.

Rimbombò quel sussurrò appena accennato.

Ci fu un lampo, e la sua luce rivelò le fattezze di Harry.

Sembrarono ammutolire tutti, per un istante - il fiato perso di un vigliacco -, prima di ricominciare a illudersi – nuovamente -, della bellezza del mondo.

Muovendosi nel volgare palcoscenico delle proprie meschine certezze, si illusero ancora una volta – come sempre – che l’uomo fosse di natura misericordiosa.

 

*

- Festa riuscita, direi –

Disse Hermione, a braccetto con Harry, mentre sui dirigevano verso l’angolo degli alcolici.

- Certo –

Le sussurrò lui, scrutando truce ogni presente in quell’ampia sala.

- Un eccellente sfoggio della più totale ipocrisia –

Disse. Hermione gli scoccò uno sguardo duro, ma lui rimase indifferente.

- Sappiamo entrambi della verità contenuta nella mia affermazione, quindi risparmiami la predica –

Disse Potter, sedendosi su uno sgabello girevole e ordinando due firewhisky con un cenno della mano.

- Anche fosse –

Iniziò Hermione, sedendosi al suo fianco, avvolta in un abito cremisi.

- È così -

Harry stroncò ogni accenno di protesta, per poi dare le spalle alla propria accompagnatrice.

Volse lo sguardo verso l’ampia vetrata.

Era arrivata la tempesta, e lampi – fugaci schizzi di luce nella notte buia e scura –, squarciavano il nero del manto notturno.

Una nube scura si mosse, e dietro di essa Harry Potter poté vedere Selene.

Sembrava ghignare la luna, sinistra.

L’aveva già visto quel ghigno, Harry.

E contro la sua volontà, fu travolto nuovamente dai ricordi.

 

- Avada Kedavra! –

- Expelliarmus! –

I due incantesimi corazzarono nel rimbombo metallico di una campana.

Ci fu uno spostamento d’aria tanto forte da costringere i mangiamorte a portarsi la mano davanti al volto.

Voldemort socchiuse gli occhi, levando una mano pallida. [Morta].

- Non intervenite! –

Ordinò imperioso, risucchiando l’aria tra i denti.

Potter, intanto, teneva la bacchetta stretta con due mani, sforzando i muscoli degli avambracci.

Dove i due incantesimi s’incontrarono, si formò una sfera di luce scura. [Impura].

Tom Riddle avanzò lentamente di un passo, mentre il mantello nero si muoveva sinuoso.

- Non intervenite! –

Ordinò nuovamente. [Dio tra gli Uomini].

Fu un gemito roco quello che uscì dalle labbra di Harry, quando sentì la bacchetta vibrare violentemente: la sfera si stava avvicinando. [Impietosa].

Lord Voldemort urlò.

I Mangiamorte sguainarono le bacchette, avvicinandosi di un passo. [Impauriti].

- Non intervenite! Lui è solo mio! –

Urlò con voce ferma Tom. [Sorpreso].

Ci fu un periodo infinito di stallo, sferzati dal vento freddo.

Come immuni dallo scorrere del tempo.

Alla fine, poiché tutto ha un inizio e anche una fine, la sfera iniziò a scivolare verso la bacchetta di Voldemort.

Il pendolo del tempo scandì i battiti del cuore di Harry e Tom.

E beffardo, decise che, per quella volta, sarebbe stato Potter a trionfare.

[Ancora una volta. Forse l’ultima].

Quando la bacchetta di Tom e la sfera entrarono in contatto, ci fu un’esplosione di fumo argenteo.

In una cascata di scintille verde-argento la sagoma di un uomo fuori uscì dalla bacchetta d’osso.

Simile ad un fantasma pallido, mosse la labbra d’aria.

- Mio Signore, perché? –

Dietro di lui, vennero altre sagome argentee, altri pallidi fantasmi di un passato che non ritorna.

[Che non ritorna].

- Forza Harry, ce la puoi fare! –

- Allora era proprio un mago?! Forza ragazzo, mi ha ucciso! –

-  Squallido mezzosangue che sei altro! Mio Signore, Uccidilo! –

- Siamo con te, Harry Potter –

Tom, incredulo, non mosse un dito davanti a quello scenario inverosimile.

Fu Harry a interrompere l’incantesimo, con uno strattone violento della bacchetta. [Gemella].

Quella pallide sagome scomparvero, mentre Voldemort veniva colpito dal suo stesso incantesimo.

Tutto quello che successe dopo, Harry ne ha solo un pallido ricordo.

Nella mente, vide il corpo del suo rivale piegarsi con grazia all’indietro.

La bacchetta parve impiegare una eternità a scivolare via dalle sue mani pallide.

Il viso di Tom Riddle era deformato da un smorfia di sorpresa, quando cadde a terra. Morto.

In lontananza, sentì una voce urlare.

Sempre più lontana. Sempre più lontana.

Anche Harry Potter urlò.

E un istante prima di cade in ginocchio, scoccò uno sguardo al cielo.

Lì Selene si intagliava fredda, ghignando sinistra, affiancata dal Marchio Nero.

Harry chiuse gli occhi, e si limitò ad ascoltare l’ululare del vento.

 

- Harry! Harry ci sei? Il ministro sta per fare il suo discorso –

Harry Potter non rispose.

Rimase in silenzio, ad osservare Selene.

Rimase in silenzio, ad ascoltare l’ululare del vento.

 

*

- Theodore, tu tieniti pronto per fermare un’eventuale difesa. Pansy –

Infuriava rabbiosa, la tempesta.

Il nero del cielo era frastagliato dai folgori dei fulmini e dei lampi, mentre pioveva.

Gelida pioggia che porta via il sangue. E le lacrime.

Ballerine trasparenti che danzavano in quel palcoscenico di vento e gelo.

Avevano la loro eleganza, dopotutto.

Il cappuccio calato ad oscurare il volto lasciava scoperta qualche ciocca di serici capelli biondi, mentre Draco Malfoy chiamava l’ex compagna di Casa.

- Tu entrerai con me. Mano alla bacchetta –

Ordinò a bassa voce, osservandola con i suoi occhi plumbei.

Odio e rancore all’interno di quelle sfere d’argento fuso.

- Voi, invece –

Si rivolse sussurrando alle decine di figure incappucciate lì intorno.

Avvolte in abiti scuri, portavano maschere di morte in volto.

- Circondate l’aria. Pronti per ogni imprevisto –

Ordinò duro. Quelle sagome scure sguainarono le bacchette.

- Pronti? –

Chiese con voce bassa.

Gli uomini si portarono la bacchetta al torace.

- Sì, Nostro Signore –

Risposero quasi in sincrono: mille voci, un credo.

Quello dei Mangiamorte.

 

*

- Ricorderemo per sempre questo giorno! –

Disse ad alta voce il ministro della magia, levando un calice.

Circondato da tutti gli ospiti, sorrise.

In un angolo, Harry Potter ghignò.

“Se vogliono vivere nella loro bella campana di vetro, facciano pure”

- Il giorno che vide la caduta dell’essere più ignobile di tutti i tempi! –

Chiuse gli occhi, davanti a tanta ipocrisia.

[E in quell’istante, sentì qualcuno urlare. Disperato]

Riaprì di scatto gli occhi.

- Il giorno in cui la setta dei mangiamorte cessò di esistere! –

Ludwig Heitz inclinò il calice, sorseggiandone il contenuto.

 

Clap. Clap. Clap.

 

Qualcuno batteva le mani, in modo beffardo, quasi.

Scese il silenzio. Freddo. Gelido.

- Bel discorso signor ministro –

Disse una voce, melliflua.

Sull’ingresso si intagliava una figura incappucciata.

Fradicia. Qualche ciocca d’oro pallido scendeva sul petto.

Dietro di lui, una seconda sagoma.

Draco Malfoy lasciò ricadere il cappuccio all’indietro, rivelando i capelli biondi.

Avanzò di qualche passo, squadrando i presenti con i suoi occhi plumbei.

- Un eccellente sfoggio della più totale ipocrisia –

In un angolo, Harry Potter ghignò, divertito, deciso ad ascoltare il resto di quel discorso.

[Eppure, l’eco di quell’urlo continuò a riecheggiare nella sua mente. Vivido]

Assomigliava al padre, Draco Malfoy.

La pelle alabastrina rifletteva la luce pallida del lampadario, mentre i serici capelli biondi scendevano oltre le scapole.

Si scostò una ciocca, portandosela dietro un orecchio.

Completamente avvolto in un mantello nero allacciato al torace da alamari d’argento, continuò ad avanzare con falcate ampie ed eleganti, in modo quasi sprezzante. Arrogante.

- Peccato che lei sia un pessimo bugiardo, caro signor ministro –

Continuò. La seconda sagoma lo seguiva a pochi passi di distanza, ancora incappucciata.

Si fece largo tra gli ospiti, arrivando davanti al ministro.

- Lei sarebbe? –

Chiese, con voce ferma. Peccato che dentro tremasse.

Draco si esibì in un inchino arrogante.

- Draco Lucius Malfoy al vostro servizio –

Disse, ghignando sprezzante.

Ci fu un tremore tra gli ospiti. Un sussurrò che serpeggiò maligno.

Il nome dei Malfoy contava ancora, dopotutto.

Harry si portò le mani alle tempie, chiudendo gli occhi.

[L’urlo riecheggiava ancora nella sua debole mente].

- Condoglianze per sua padre, signor Malfoy –

Disse sorridendo mellifluo Ludwig.

Lucius Malfoy era stato sottoposto al bacio tre anni prima.

Il ghigno di Draco non si smorzò.

- È anche un pessimo attore –

Commentò, scrutandolo attentamente.

- Quindi io sarei un bugiardo? –

Chiese Heitz, alzando il capo: Malfoy lo sormontava di mezza testa.

- Lei sì che è un uomo pespicace, signor ministro –

Disse sarcastico Draco.

- È un grandissimo bugiardo –

Draco prese mano alla bacchetta e la puntò verso l’alto.

- Perché sa benissimo che la setta dei mangiamorte non può cessare di esistere! -

La sala era sormontata da una cupola di vetro, e la luce di Selene si infrangeva contro essa, dividendosi in mille raggi argentei.

Harry Potter scattò in piedi, la bacchetta in mano, ancora prima che succedesse.

E incredibilmente, si sentì vivo. E felice.

Gli occhi splendettero, di una luce che sembrava scomparsa da troppo tempo.

- Morsmordre! –

Urlò Draco Malfoy.

Il lampo verde sfrecciò rapido, frantumando il vetro della cupola.

Ed apparve.

Vessillo di una setta, che non era mai morta.

Emblema di un credo che, probabilmente, non sarebbe scomparso mai.

Il Marchio Nero.

Infuriò rabbiosa la tempesta.

Ululò feroce il vento.

E il serpente di Salazar, saettò tra le nubi scure ridendo.

O forse, ghignando.

Vittorioso.

 

*

 

Fine Primo Capitolo

 

*

 

Spero questo capitolo vi sia piaciuto.

Un commento mi farebbe piacere, grazie.

 

Caesar

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Caesar