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Autore: nialloveme    10/09/2013    5 recensioni
e quando succedeva era così: si sentiva a metri distante dalla terra, ma troppo lontano dalle stelle, teletrasportata in un mondo parallelo, a metà tra finzione e realtà. Poi il buio.
"non sono cattiva, Justin" sussurrai guardando il pavimento "io non voglio tutto questo"
Genere: Dark, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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CAPITOLO DICIOTTESIMO-As Long As You Love Me

 
*punto di vista di jade*

Quel suono irritante si catapultò nuovamente lungo il mio canale uditivo facendomi sussultare dai miei sogni e riportandomi al mondo reale. Stupida sveglia.
Pigiai sul tasto per spegnerla e rimasi ancora un po’ avvolta nel mio morbido e fresco lenzuolo, ma in casa mia non si è mai sentito parlare della parola ‘pace’ né tantomeno ‘calma’: “Jade Heyley scendi subito da quella branda e porta il tuo culo in bagno: ti voglio pronta entro dieci minuti”. Infatti mia madre stava urlando e bussando come una pazza già fuori da camera mia. Che ricordassi non mi sembra di essermi arruolata nell’esercito.

Trascinai di peso il mio corpo fuori dal letto e, non so con quale magica forza mi ressi in piedi, anche in bagno tenendo a malapena gli occhi aperti. Oggi, come accordo con mia mamma per la punizione sarei dovuta andare al lavoro con lei. Lei era infermiera in una specie di ospizio nel centro di Londra e aveva a che fare tutti i giorni con vecchi scorbutici abbandonati dai figli già all’età dei sessant’anni o anziani depressi in fin di vita. Non era il lavoro migliore del mondo, ma sicuramente sarebbe stata una punizione esemplare per me cercare di parlare con i suoi ‘pazienti’.

Entrai in macchina praticamente volando, visto che mia madre, vedendomi arrivare dalla porta di casa, si è sentita autorizzata a mettere in moto e fare retromarcia mentre salivo sul sedile del passeggero. “che questo ti serva da lezione Jade” rimproverò per l’ennesima volta lei come se non fosse stato abbastanza chiaro “mi hai fatto spaventare ieri sera” concluse.

Non so per quanto ancora avrei dovuto subire le sue ramanzine che mi rinfacciavano il mio ritardo della sera precedente e forse per molto tempo, ma in fondo è mia madre ed è suo dovere preoccuparsi o darmi punizioni. Scommetto che se non fosse così severa mi mancherebbe.
“allora qui c’è la signora Jhonson. Ha 80 anni, te lo dico per non farti fare brutta figura quando ti chiederà quanti anni sembra che abbia, il marito è morto e ha un solo figlio che ora vive in Italia chiaro?” riassunse velocemente mia madre prima di irrompere nella stanza bianca e correre ad aprire le finestre “buongiorno Madlen” sorrise la mamma facendomi segno di entrare.

“Lucy” ammiccò l’anziana mentre aveva ancora lo sguardo fisso in un punto indefinito di fronte a sé, forse perché i suoi occhi cercavano ancora il buio “allora come questa mattina?” chiese ancora raggiante mia madre “sono sola in un ospizio come pensa che stia?” commentò acida la signora Jhonson lasciandosi aiutare a mettere dritta con i cuscini appoggiati dietro la schiena. In effetti non aveva tutti i torti ma di certo non era colpa di mia madre se si trovava lì e non se la doveva prendere con lei.

“lei è mia figlia Jade” si affrettò a presentarmi mia madre. Presi coraggio e sfoggiando uno dei sorrisi migliori che avessi le porsi la mano che, come avrei  potuto aspettarmi, non strinse. Cercai di ritrarla senza far sembrare tutto una grande figura di merda sotto lo sguardo divertito di mia madre. Ora sei contenta mamma? Hai ottenuto quello che volevi? La mia umiliazione? Bene, ora portami via. Rimasi immobile davanti al letto cercando di trovare un modo per rompere il silenzio imbarazzante che arieggiava nella stanza.

“lei è la signora Jhonson” continuò mia madre parlando al posto di quella vecchia acida. Nessuno rispose. “beh allora vi lascio sole” finì e prima che io potessi imprecarle in sette lingue del mondo si era già volatilizzata fuori dalla stanza lasciandomi sola con la mia timidezza bloccata, o meglio, barricata completamente da un carattere freddo e distaccato come quello della signora Jhonson.

Mi sfregai le mani cercando di asciugare il sudore che si era creato sui palmi, iniziai a girare per la stanza cercando una meta che non fosse l’occhio vigile e allo stesso tempo indifferente della Jhonson. Avevo paura di camminare per i corridoi a scuola, figurarsi stare sola in una stanza con un adulto e dovergli tenere compagnia. impossibile per me!

“sei la peggiore compagna che tua madre mi abbia portato” commentò con quel suo tono da saccente irritata, feci una smorfia cercando di farmi scivolare quelle offese, sapendo benissimo che ciò che usciva dalla bocca di quella donna era tutto frutto di rabbia repressa. “già” pronunciai “non sono mai stata neanche una buona compagna di classe” continuai cercando di sembrare umile, ma senza lasciare spazio a lei di offendermi ancora e farle capire che non ne avevo alcuna intenzione per quell’ora che sarei dovuta rimanere.

Emise una specie di vagito gutturale e la sua bocca si trasformò in una piccola smorfia: non sapeva come offendermi. L’avevo messa all’angolo. Colpita e affondata. Ko nonnina.

“allora immagino che tu non abbia un ragazzo” continuò. Era qualcosa oltre la cattiveria quella donna. “invece si” sorrisi soddisfatta “si chiama Liam” mi sarei aspettata ancora quella sua smorfia che mi avrebbe suggerito la mia vittoria, ma rise di gusto “non sembri contenta di avere un ragazzo, più che altro sembri contenta di sbandierarlo ai quattro venti” rise ancora con quell’aria macabra, come se avesse voluto farmi notare la mi inferiorità rispetto a lei. Beh mi dispiace per lei ma sono timida, carina e gentile fin quando non toccano il mio ragazzo o la mia famiglia, o i miei amici.

“mi dispiace se lei non ha potuto provare che significa ma io lo amo” subito dopo aver detto quella frase l’appunto di mia mamma sulla morte del marito della bisbetica mi mozzò silenziosamente la lingua “mi-mi dispiace non so cosa mi sia preso” balbettai diventando rossa. Avevo esagerato e l’avrei pagata.
“non preoccuparti” sorrise “sei una ragazza pronta a tutto pur di difendere il suo ragazzo e mi piaci” concluse inaspettatamente. Cosa? Io? Brava ragazza? Gli piaccio? Cancellai mentalmente tutte le maledizioni che le avevo mandato e mi girai di scatto guardandola stupita. Se avevo conosciuto Justin che era un ragazzo pieno di contraddizioni, non oso immaginare cosa lei fosse.

“sai” iniziò senza guardarmi “in realtà non amavo mio marito” confessò e la mia faccia si trasformò da stupita a ‘cosa cazzo sta succedendo?’. Forse ero già a terra piena di sangue e  quella vecchietta che mi picchiava a sangue con la sua lurida borsetta bordò, stropicciai gli occhi e potei constatare che non era così, bensì quello che avevo sentito lo aveva detto e come. Rise, forse per la mia reazione “tranquilla, ora posso dirlo: non c’è più” mi consolò ancora una volta ridendo “l’ho sposato perché lui era il mio promesso sposo” spiegò diventando seria “ma io amavo Dawson” continuò con lo sguardo sognante e la voce innamorata.

Si sentiva che gli  mancava.

“poi io ero testarda da giovane, proprio come te” sorrise finalmente guardandomi “e al suo minimo errore mi convinsi che non era quello giusto per me, ma poi mi resi conto con gli anni che la perfezione non esiste e che Dawson era la persona che più vi si avvicinava” concluse. Un brivido percorse il mio corpo e l’immagine di Justin mi si presentò davanti.

“io ti amo”

Scossi la testa immaginandomelo lì, in piedi di fronte a me, in quel maledetto vicolo, quando mi aveva detto di amarmi la prima volta e io che lo rinnegavo, desiderosa di vendicarmi come lui aveva fatto con me.  Ero testarda, come aveva detto la signora Jhonson e come lei avevo trovato in Justin il primo difetto, come se stessi aspettando il suo errore e subito lo avevo lasciato andare, senza combattere perché troppo offuscata dalla ricerca della perfezione. Poi era arrivato Liam, o meglio, c’era sempre stato, ma era solo un amico per me e io mi ero inconsciamente accontentata di lui. Solo perché non potevo avere Justin. No, non volevo finire per sposare Liam, per quanto io gli volessi bene, solo perché ero stata troppo testarda per voler combattere per Justin. Io lo amavo, lo amavo davvero.

“grazie signora Jhonson” sorrisi, sorrise anche lei, quando sentii la porta aprirsi “allora com’è andata?” ci interruppe la voce di mia madre che nel frattempo era entrata nella stanza con un enorme vassoio “alla grande” sorrisi ancora schioccandole un bacio sulla guancia “mmh me l’hai messa anche di buon umore” scherzò la mamma “credo che si meriti un premio nobel” continuò e ridemmo tutte e tre.

**

Mi infilai sotto le coperte e presi il mio telefono, ancora con il sorriso stampato con la fotocopiatrice: per una volta nella mia vita sapevo cosa voler fare di certo e lo avrei fatto.


A: Leeyum
“devo parlarti
Jxx”

Chiusi la schermata della chat con Liam e aprii un’altra.


A: Justin cjgbf
“devo parlarti (:
Jxx”

Chiusi gli occhi sperando di vederlo nei miei sogni, ma poi mi resi conto che presto non avrei avuto bisogno di sperare di vederlo: sarebbe stato mio.
OH GOD CE L'HO FATTA
Allra vi informo per giustificarmi che mi era venuto un blocco.
apevo cosa doveva succedere nella vicenda ma mi veniva da schifo il capitolo, così ho aspettato l'ispirazione.
Anyway spero tanto che vi piaccia questo capitolo perché ci ho messo l'anima davvero per scriverlo
e spero tanto che recensirete 
grazie a chi lo ha fatto e lo sta facendo, davvero ckbfu
vi amo
serena xx
   
 
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