Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: xSabri    11/09/2013    2 recensioni
" [...] Lei era vita pura, spirito vivo. Era strana, dolce, stronza, permalosa, piena di paure. Era pronta a reggere ogni tipo di sclero. Ammalarsi è stata la cosa peggiore che potesse fare.
La verità è che la sua malattia me la sono vissuta addosso come fosse mia e ora che è morta lei, son morta io.» "
Genere: Drammatico, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ad Elisa.
Ti auguro di vivere la miglior vita di sempre e,
soprattutto,di viverla con me.
Tutto ciò che ho è solo grazie a te. 






Dalla posizione in cui si trova riesce ad avere la visuale completa della chiesa.
Il silenzio è interrotto solo da qualche singhiozzo. Aspettano tutti che Savannah cominci a parlare.
La ragazza guarda tra i banchi disposti uno dietro l’altro su due file ordinate. Al primo è seduta la famiglia di Elizabeth. I genitori, l’uno tra le braccia dell’altro, sembrano aver esaurito tutte le lacrime. Gli occhi gonfi, la stanchezza nei loro sguardi, quell’abbraccio infinito in cui sono legati esprimono il loro dolore. Il fratello semplicemente guarda la bara ricoperta di fuori posizionata tra le due file di banchi e sospira.
Qualche banco più dietro il migliore amico di Elizabeth, James, cerca conforto tra le braccia della sua ragazza. Il viso rosso rigato dalle lacrime, lo sguardo perso.
Savannah sospira, poggia il foglio che ha in mano sul leggio e si schiarisce la voce. Tutti la stanno osservando, tutti stanno aspettando le sue parole.
«Quando mi hanno chiesto se volevo dire qualcosa, non avevo idea di cosa poter raccontare. Non ho mai dovuto fare un discorso in una situazione del genere e non mi sarei mai aspettata che l’occasione sarebbe arrivata così prematuramente.»
Alza lo sguardo dal leggio e posa lo sguardo sulla bara color noce al centro della sala.
«L’ho conosciuta tre anni e mezzo fa, più o meno. In tv trasmettevano la pubblicità sulla storia dell’Italia secondo la Tim. Era il periodo di Garibaldi e io mi chiesi chi fosse quel genio che ideasse certi spot perché a me facevano troppo ridere e scrissi un tweet. Lei, che è sempre stata più stupida di me, mi rispose. Era il 13 febbraio 2012. Da quel giorno non abbiamo mai smesso di sentirci fino a tre giorni fa. »
Savannah si passa il fazzoletto sulla guancia per asciugare una lacrima e riprende a parlare.
«Abbiamo vissuto a quanti chilometri di distanza? Quasi 800? C’erano momenti in cui tutti quei chilometri si sentivano, momenti in cui l’unica cosa di cui avevi bisogno era un suo abbraccio che non potevi ricevere. E poi c’erano momenti in cui ti sembrava di averla vicina sempre. Mi bastava inviarle un messaggio per sapere che era reale, per sapere che tutto ciò in cui credevo esisteva davvero.
Avete mai avuto la sensazione, dopo aver incontrato qualcuno per la prima volta, che da quel preciso momento tutto sarebbe andato come realmente volevi? Vi siete mai sentiti completi?»
Savannah vede James annuire.
«Ricordo che la prima volta che ci sentimmo trovammo diecimila cose in comune tanto che iniziammo ad ipotizzare di essere gemelle allontanate alla nascita. Eravamo stupide, ma a nessuna delle due fregava più di tanto anche perché era l’inizio, non pensavamo che saremmo arrivate a questo punto. La prima volta che ci siamo incontrate è stato al concerto dei nostri idoli. Abbiamo passato insieme otto ore. Otto ore dopo un anno e tre mesi che ci conoscevamo.  Sono diventata dipendente dai suoi abbracci in così poco tempo.»
Savannah si allontana dal leggio e percorre lo spazio che la separa dalla bara. L’accarezza e lascia un bacio su di essa.
«Sapete cosa mi ha detto quando ha scoperto della sua malattia? Mi ha chiesto scusa perché non avrebbe potuto mantenere tutte le promesse che ci eravamo fatte.
Avevamo sogni che erano più grandi di noi, sogni che avrebbero fatto invidia a chiunque se solo si fossero avverati e ora ancora non ci credo che dovrò realizzarmeli da sola certi progetti. Gli studi lontane da casa, il nostro futuro in una delle capitali più belle d’Europa. Non esiste più niente. Non ho più niente.
Voi neanche lo sapete cosa si prova a perdere metà del proprio essere. E’ come se una parte di te smettesse di funzionare, per sempre.»
James si alza e raggiunge Savannah vicino la bara. Imita i gesti compiuti dalla ragazza poco prima e poi le accarezza un braccio.
«Vorrei potervi dire che ho passato la mia intera vita ai piedi del suo letto quando ha smesso di alzarsi. Vorrei potervi raccontare delle infinite chiacchierate che ci siamo fatte sul perché della vita.
La verità è che non è mai cambiato niente. La sentivo tutti i giorni, parlavamo del più e del meno e poi io mi mettevo a studiare e lei cercava di impiegare il suo tempo senza pensare che lo studio non le sarebbe servito a niente. Se la chiamavo si poggiava il telefono all’orecchio e lasciava che io parlassi. A volte si addormentava e io rimanevo dall’altra parte del telefono fin quando non si svegliava e mi diceva “scusami, mi sono appisolata”. Solo in quel momento le dicevo che dovevo mettermi a studiare e chiudevo la chiamata.
Anche il sentire il suo respiro mi teneva in vita ogni singola parte del mio essere. Quando ha smesso di rispondermi ho capito che qualcosa non andava.»
Savannah alza lo sguardo verso i banchi.
La mamma di Elizabeth ha ripreso a piangere, suo padre cerca di trattenersi e suo fratello non si è mosso. Continua a fissare la bara ininterrottamente, quasi sperasse che di lì a poco suo sorella uscisse e con il suo solito tono dicesse “piaciuto lo scherzo?”. Ma non lo fa.
La bara non si apre. Elizabeth resta chiusa dentro e a Savannah manca l’aria a pensare che il corpo della sua migliore amica è stato sigillato in quella bara che sembra troppo piccola.
«Erano le tre del pomeriggio de tredici luglio quando ho preso l’aereo per arrivare a Catania. Quando sono arrivata a casa sua lei dormiva. Sembrava così piccola, così vulnerabile.
Mi sono seduta ai piedi del suo letto e ho aspettato che si svegliasse come durante le nostre interminabili chiamate. Quando ha aperto gli occhi mi ha sorriso e mi ha detto “finalmente ti sei decisa ad arrivare” e poi li ha richiusi. Credo che abbia aspettato di vedermi un’ultima volta al suo fianco prima di morire per portarmi con sé, ovunque sia andata.»
Savannah non sa  più cosa dire.
Non vuole ripetersi, non vuole dire qualcosa di scontato.
Si azzittisce un attimo e guarda James. Nella sua maglia blu scuro sembra più magro di quanto lo sia in realtà.
«Non so precisamente cosa vi aspettava di sentire. Forse avreste preferito qualcosa di più sentimentale, qualcosa che facesse davvero capire che tipo di persona fosse Elizabeth.
Ammettiamolo, non posso dire “era una brava ragazza” se sappiamo tutti quanti che a volte era proprio una stronza. Sapete quante scommesse ho perso con lei e quante me ne ha fatte pagare? Tutte! Le ha vinte tutte lei le scommesse! Da quella volta in cui scommettemmo che non mi sarei più baciata con quella che era la mia cotta in quel periodo, alla volta in cui mi fece scommettere che il suo regalo non le sarebbe arrivato entro una settimana.  Forse le devo ancora qualche gelato, in effetti.»
Qualcuno accenna un sorriso a quella parole.
«Credetemi, se potessi essere al suo posto lo farei. Meritava di vivere, meritava di crescere, innamorarsi e fare figli. Sapete quante volte abbiamo immaginato quel momento? Sapete quanto ci abbiamo scherzato!? Io sarei dovuta essere la zia preferita dei suoi figli! Io avrei dovuto viziarli e lei si sarebbe dovuta incazzare con me per tutti i regali con cui le riempivo la casa!  E non lo farà. Non sentirò nessuna ramanzina, nessuna risata infantile per casa tra dieci anni perché lei non ci sarà.»
Savannah è arrabbiata con Elizabeth perché l’ha lasciata sola così presto.
Savannah è arrabbiata con sé stessa perché crede di non esserle stata accanto nel modo giusto.
Savannah è arrabbiata con il mondo perché è l’unica cosa che può fare per mettere a tacere il dolore.
«Volete sapere cosa mi mancherà di lei? I suoi messaggi. La costante vibrazione del mio cellulare ai suoi messaggi. “ti abituerai anche a questo” penserete. Il punto è che a perdere una parte di sé stessi non ci si abitua mai.
Lei era vita pura, spirito vivo. Era strana, dolce, stronza, permalosa, piena di paure. Era pronta a reggere ogni tipo di sclero. Ammalarsi è stata la cosa peggiore che potesse fare.
La verità è che la sua malattia me la sono vissuta addosso come fosse mia e ora che è morta lei, son morta io.»
Savannah ripiega i fogli che aveva in mano e se li infila nella tasca posteriore dei jeans.
Si avvicina alla bara e lascia un altro bacio.
«Ti amo da pazzi. Sempre per sempre, hai promesso» dice, prima di tornare a sedersi al suo posto.


S.

 
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: xSabri