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Autore: TaeminninaBling    11/09/2013    1 recensioni
Le scale che percorre sono le stesse. Le scende, come ogni mattina. Quelle poche scale in parquet. Esce dalla porta, la solita porta. Quella che fa un suono metallico appena chiusa. Apre il cancellino. Il piccolo cancellino nero che cigola. Lo stesso dove una volta si era schiacciata il pollice.
Fa sempre la solita strada…passa dal parchetto, stradone, cimitero ed infine dal “muro dei graffiti”, attraversa le solite strisce e si ritrova ad aspettare il pullman con gli auricolari piantati nelle orecchie e la musica al massimo. La sua amata musica, l’unica cosa che davvero non odia della sua vita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le scale che percorre sono le stesse. Le scende, come ogni mattina. Quelle poche scale in parquet. Esce dalla porta, la solita porta. Quella che fa un suono metallico appena chiusa. Apre il cancellino. Il piccolo cancellino nero che cigola. Lo stesso dove una volta si era schiacciata il pollice.
Fa sempre la solita strada…passa dal parchetto, stradone, cimitero ed infine dal “muro dei graffiti”, attraversa le solite strisce e si ritrova ad aspettare il pullman con gli auricolari piantati nelle orecchie e la musica al massimo. La sua amata musica, l’unica cosa che davvero non odia della sua vita. la sua vita non è delle migliori. Ricorda sempre con molta tristezza tutte le cattiverie subite in 15 anni di vita. non si era mai sentita adeguata per quel mondo, per quelle persone, che alla fine nemmeno odiava, perché più che altro provava pena per loro e la loro stupidità. Nella sua vita lei non ricordava di aver fatto qualcosa di così brutto per essere odiata così.
La sua vita non è particolarmente movimentata, anzi, è del tutto il contrario. Esce di casa solo se necessario e non le piace incontrare gente. Non è che odiasse le persone, perché di amiche ne aveva, ma lei semplicemente non aveva voglia di vederle. Non sa precisamente quando ha perso del tutto la voglia di vivere, la voglia di fare. Forse era sempre stata così. Già. Lei era sempre stata diversa.
Il pullman arriva più o meno puntuale e lei ci sale. Sempre le solite frenate, le sbandate e la paura di cadere e fare una figuraccia.
Ma alla fine lei non odiava davvero tutta quella quotidianità. Era parte della vita che lei non aveva scelto. Parte del tempo che trascorreva e la mandava avanti. A lei non importava vivere o morire, forse era per questo che viveva alla giornata. Forse sperava anche lei in qualche cosa che avrebbe potuto in qualche modo cambiarle la vita. Ma forse a lei la sua vita andava davvero bene così. Non aveva i soliti problemi da adolescente. No. Lei non ne aveva di problemi. O almeno, i suoi non erano nulla paragonati a quelli degli altri. Quindi non ne aveva mai parlato con nessuno.
Era pronta a sorbirsi le solite cinque ore di scuola. Era stanca di quella tortura, di quella prigione chiamata scuola e sapeva che se avesse lavorato sarebbe stato anche peggio. A volte sperava di morire giovane, prima di iniziare una vera vita, ma si rispondeva che il fato non era così benevolo e di sicuro non lo era con lei.
Saluta le sue amiche e si avvia verso la fermata del pullman. Oggi non ci sono i soliti amici che l’accompagnano, così si rimette le cuffie e ascolta l’unica cosa bella della sua vita.
Incredibile come in una strada che fai sempre, dove ci sono le strisce, dove hai imparato quando muoverti e quando stare immobile,  possa succederti qualcosa. Praticamente impossibile. Eppure…eppure quel giorno non era come tanti. Quel giorno non c’erano i suoi amici, le orecchie non erano libere di sentire e gli occhi erano troppo stanchi per spostarsi dall’asfalto.
Quindi la giovane ragazza non si accorse di una macchina che a tutta velocità veniva nella sua direzione, non si accorse nemmeno dell’impatto, non si accorse del dolore. Ma si accorse della vista appannata, si accorse che il liquido caldo, rosso e denso del suo corpo che fuoriusciva copioso dal cranio. Si accorse anche di non riuscire a muoversi. Si accorse che poteva sentire tutto. Le persone spaventate e qualcuno che chiamava l’ambulanza con una voce disperata, rotta dai singhiozzi.
Probabilmente non voleva investirla. Pensò. Probabilmente quest’uomo è un rispettabile padre di famiglia che stava andando a lavorare per portare del pane ai suoi figli.
La ragazza non gli diede la colpa. A volte succede. E’ già abbastanza grata che si sia fermato e abbia chiamato un’ambulanza, che non tardò molto ad arrivare.
Ma lei aveva perso così tanto sangue, si sentiva così tanto debole, si sentiva così tanto morta.
Si ritrova a pensare che se davvero morisse, è felice di morire sentendo la sua amata musica e la voce di una brava persona. La portano in ambulanza, continuano a trafficare con gli oggetti all’interno, ma ormai nemmeno loro sanno più che fare, lei lo capisce. Non ne fa una colpa ai medici. Si vede che il destino aveva in serbo questo per lei. Sorride. Ormai lo sente. Sente che lentamente il suo spirito lascia il corpo. Ripercorre la vita che ha fatto. Non è stata bella, ma ne è comunque soddisfatta, perché lei, al contrario di quello che le altre persone le dicevano, non si è mai sentita brutta.  Sospira. L’ultimo sospiro e poi il rumore della macchinetta, quello che indica che, oramai, è giunta l’ora.
Solo quel rumore ricorda quando si sveglia, non ricorda niente della sua vita, nemmeno il suo nome, ricorda solo quel rumore acuto che si ripete per due volte. Si alza e nota un peso in più alla schiena. Si gira e…scopre avere due bellissime, enormi e candide ali bianche. Le ammira, affascinandosi lei stessa dall’incanto di quelle piume bianco puro.
Un uomo compare davanti a lei. Le sorride dolcemente, porgendole una mano. Lei esita. Lo guarda. Lo scruta. E poi sorride di rimando. Afferrando la sua mano.
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