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Autore: Mauschen    17/03/2008    2 recensioni
Questa è la storia di un amore proibito, di un amore strano, di un amore diverso. Contro tutto e contro tutti, fino alla fine.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mauschen
Ciao a tutti. Sono nuova, ma avevo in mente questa fan fiction da secoli. Finalmente mi sono messa all'opera ed eccomi qua.
I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia è scritta senza nessuno scopo di lucro, ma è oggetto della mie fantasie.
Buona lettura a tutti. Sono graditissime le recensioni.
Helena.

Prologo.

Quando la mattina ti svegli e guardi fuori dalla finestra se non vedi il sole cominci a deprimerti. Questo succede alle persone normali. Ma io non sono una persona normale. A me non piace il sole. Mi piaciono la pioggia, e il vento. Mi piace la neve, e preferisco la notte al giorno.
Eppure quella mattina quando ho visto il sole battere alla mia finestra mi sono detto: "Finalmente è arrivata...l'estate."
Non ho potuto elaborare granchè il pensiero comunque, dato che qualcuno si era buttato a peso morto sul mio letto soffocandomi, e provocando l'arresto immediato del mio flusso sanguigno.
"Bill! E' il primo giorno di vacanza, ti rendi conto?"
"Swe...mba njon redspirto..."
"Eh?"
"Togliti dalla mia faccia!" Sbottai, liberandomi del suo corpo pesante.
"Oh, scusa!" Tom non sembrava affatto dispiacuto. Cominciò a saltare lungo tutto il perimetro del mio letto. "Bye bye giorni grigi e bui, e bentornato sole!" Cominciò a fare ciao ciao con la mano alla sfera infuocata e luminosa che faceva capolino dalla mia finestra.
Mi alzai dal letto con gli occhi ancora semichiusi e la bocca impastata, ma con un sorriso. Mi diressi alla porta, e sentì Tom camminarmi a fianco. "La mamma è già su di giri per domani. Gordon ha detto che possiamo partire anche oggi se vogliamo, ma mi sà che è meglio di no; oggi dobbiamo salutare Andreas."
Rizzai il capo con sguardo vispo. "E' vero, domani partiamo!"
"Penso che ormai non ci siano più speranze..." Fece Tom, con voce improvvisamente cupa. Mi voltai verso di lui rattristato. "Ti ha telefonato ieri per dirtelo?"
Tom annuì. "Si. Ha detto che la mamma non gli dà il permesso."
"Uffa..." Sbuffai. "Sarebbe stato più bello se fosse venuto anche lui."
"Lo so."
"Ehi, cosa sono quei musi lunghi?"
Alzai la testa e guardai negli occhi mia madre bella come sempre, con la sua chioma di ribelli capelli rossi e il sorriso sghembo, velato da un debole rimprovero.
"Andreas non può venire con noi. Sofia non vuole." Soffiai. Lei venne ad abbracciarmi per un pò, riempiendomi i polmoni del suo profumo buono, poi mi sorrise dolcemente. "Posso provare a parlare io con Sofia, come ultima spiaggia." Sussurrò. Vidi Tom spalancare gli occhi. "Ma avevi detto che non volevi metterti in mezzo!" Esclamò. Mia madre si voltò per guardare mio fratello negli occhi.
"Non mi va che state così tutta la vacanza, e poi, se ben ricordi, avevo detto che ci avrei pensato sù." Disse, con voce allegra e sguardo birichino. E prima che nè io, nè lei ce ne rendessimo conto, Tom aveva preso la rincorsa e le si era avvinghiato addosso, stringendola in un abbraccio assassino. "Oh mutti! Sei la mamma migliore del mondo, non ce ne sono come te, se riesci a convincere quella megera ti prometto che saprò come ringraziarti, credo che erigerò una statua solo per te e poi chi la sà magari anche..."
"Ok, ok, va bene. Ora basta piccolo ruffiano, ipocrita. Ci proverò, ma non restateci troppo male se la cosa non va come sperate, d'accordo?"
"Promesso." Dicemmo io e Tom all'unisono. Dei gran sorrisi si erano appena stampati sulle nostre faccie, ma mentre nostra madre camminava verso il telefono incrociammo le dita, guardandoci negli occhi.
Chissà cosa avrebbe pensato Andreas una volta capito che sua madre parlava con la nostra della famosa vacanza proibita.
Restammo in attesa febbrile fino a che la chiamata non fu terminata. Nostra madre si dimostrò gentile come sempre e non fu affatto invadente. Parlava col suo tono pacato e rilassato. "Grazie, Sofia...ciao." La chiamata si chiuse così. Poi Simone si voltò verso di noi, con sguardo indecifrabile. Io e Tom non aspettavamo altro che la sua risposta. Lì, immobili, con gli occhi fissi nei suoi, e delle espressioni ebeti.
Poi, finalmente, quella si lasciò andare ad una risata sonora, il suo viso si illuminò, e annuì. "Viene con noi, contenti?" E così cominciammo a saltare in lungo e in largo per tutto il perimetro della cucina, gridando: "Grazie mamma!" L'abbracciammo a turno, ridendo come matti. Tanto che quando Gordon, assonnato ed evidentemente frastornato fece la sua entrata in cucina, dovette gridare per farsi ascoltare da noi.
"Che succede? Cos'è tutta questa euforia?"
Mia madre andò a baciarlo sulla bocca, prima di versargli del caffè, e mentre io e Tom intonavamo l'ennesino: "....Andreas viene in vacanza...Andreas viene in vacanza....", gli sussurrò nell'orecchio: "Ecco, ho convinto Sofia a farlo accodare alla combriccola...mi dispiace che ti abbiano svegliato." Ma Gordon sorrideva bonario mentre si infilava in bocca il suo cornetto al cioccolato, Andreas gli era sempre piaciuto.



"Io direi che le valige sono l'ultimo dei nostri problemi, Bill. Ti rendi conto che con alta probabilità ovunque andremo avremo bisogno di un passamontagna per passare inosservati?"
Roteai gli occhi.
"Sarà sempre così, Tom. E' inutile che ti arrovelli il cervello, spreca le tue energie per qualcosa di più produttivo, piuttosto." Sbottai.
Quello mi lanciò un'occhiata in tralice. "Mi stai dicendo che il miglior uso che posso fare del mio tempo, sarebbe aiutarti a scegliere quale tonalità di rosso ti dona di più?"
Andreas sbuffò una risatina, ma si zittì non appena mi voltai per lanciargli uno sguardo torvo.
"Grazie tante." Sbuffai.
Il mio amico sorrise. "Dai, ti aiuto io." Disse, e il mio visò si illuminò di nuovo in un sorriso. Lo presi per mano trascinandolo fino a dentro la cabina armadio, afferrai la mia valigia dallo scaffale più alto, e la poggai sul materasso. Le mie maglie erano tutte sparse lì sù, sembrava ci fosse appena stata un'esplosione di colori.
Andreas sganò gli occhi. "Santo cielo, vi trattate bene voi divi!"
"Dovrebbe essere abituato a fare le valige ormai, e invece ogni volta è la stessa storia: Oh mio dio, e adesso che mi metto? Come farò? Questa è una tragedia!"
Andreas ridacchiò di nuovo, ma io sbuffai sonoramente. "Quando la smetterai di prendermi in giro?"
"Quando tu la pianterai di fare la prima donna." Tom scrollò le spalle, sorridendo beffardo.
"Dai, lascia stare la mia prima donna." Andreas mi poggiò una mano sulla spalla, mi fece voltare verso di lui, poi mi appiccicò addosso una maglia rosso scuro con dei disegni tribali neri e dorati, e cominciò a studiarmi attento da più angolazioni, come un'artista con la sua tela.
Poi sorrise.
"Questa." Disse. E la infilò nella valigia.
Tom era inorridito. "Siete senza ritegno..." Fu il suo commento, poi prese porta scuotendo il capo.
Io invece regalai ad Andreas un gran sorriso. "Mi ero anche dimenticato di averla! Grazie Andi!" Esclamai. Quello fece un cenno col capo. "Ordinaria amministrazione, cheri." E mi fece l'occhiolino. "Ora vado a fare le mie di valige, o non credo che potrò essere dei vostri domattina."
Mi abbracciò sorridendo, e sparì oltre la porta anche lui. Col suo passo leggero raggiunse il piano di sotto, e salutò mia madre col suo tono pieno di allegria. Mi affacciai alla finestra per guardarlo andare via, e sorrisi quando dalla strada si voltò, per un ultimo saluto.



  
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