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Autore: britt4ever    11/09/2013    2 recensioni
South Carolina 1779
William Tavington è un Colonnello Inglese, temuto e odiato da tutti, non cerca l'amicizia, non cerca l'amore, non vuole costruirsi una famiglia.. I suoi occhi ghiaccio rappresentano la sua vita.. il Vuoto.
Ma un giorno il destino lo avvicina a Beatrix, una ragazza dal passato oscuro. Lei lo travolge con la sua allegria, la sua vivacità, la sua forza e gli fa desiderare proprio quelle cose che lui aveva evitato per tutta la sua vita.. Una tempesta in piena.
Lei farà crollare tutte le sue certezze e metterà in discussione la sua esistenza, solo una donna.. ma forse La Donna giusta per lui..
Riuscirà Beatrix a portare via le tenebre che avvolgono William?
-CONTENUTI TALVOLTA FORTI-
Genere: Erotico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Storico
Capitoli:
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Capitolo XLVII
**Ritorno alla normalità**

 

Tavington si alzò prima ancora che il sole sorgesse. Si vestì in fretta, cercando di non svegliare la ragazza che dormiva ancora. Indossò la sua giubba rossa e inserì la spada nella fodera della cintura. Scese le scale velocemente, era incominciato il countdown della scelta finale di Cornwallis e lui doveva battere sul tempo Tarleton. 
Giunto nel gran cortile del Forte, proseguì fino a che giunse di fronte gli appartamenti dei soldati.
I suoi soldati.
Aprì la porta, senza neanche preoccuparsi di bussare e la richiuse, facendola sbattere rumorosamente di proposito.
"Sveglia!" Urlò forte il Colonnello.
Gli uomini dormivano in brande senza materasso, semplici stracci costituivano i loro giacigli. Infatti solo gli Ufficiali dormivano in letti che potevano essere chiamati tali e solo i collaboratori personali di Cornwallis avevano una stanza per loro.
I soldati si alzarono subito dalle brande, formando due linee perfette che si guardavano l'un l'altro. Erano in tuta tutti quanti, ma -sebbene svegliati presto- rimanevano con la schiena dritta e gli occhi ben aperti.
William sapeva di aver addestrato bene i suoi uomini, poteva essere crudele e spietato, ma sapeva fare bene il suo lavoro.
Tavington camminò lentamente tra le due fila ordinate, scrutando lo sguardo di ciascuno di loro.
"Immagino sappiate il motivo della mia collera".
I passi erano calcolati, precisi ed erano il solo suono che si percepiva nella tenda.
"Ieri sono sceso ad allenare il mio esercito" proseguì "e indovinate cosa ho scoperto".
Il Colonnello si era fermato di fronte a Bordon, il Capitano non accennava a dire una parola, non era il caso di rendere Tavington più incollerito.
"I miei uomini non c'erano" lo scrutò attentamente e poi proseguì il cammino, tenendo le braccia dietro la schiena.
"Buffo, ho pensato, perché la mia squadra dovrebbe andarsene senza che io abbia ordinato alcunché?"
Si arrestò nuovamente. Un respiro e poi un altro passo.
"Oh, sì. Il mio caro collega ha detto di andare" disse con odio contro il Tenente Kent "ora si spiega tutto" sputò con acidità.
"Colonnello Tav.." tentò un discorso Bordon.
"Silenzio!" Ordinò l'altro, senza neanche girarsi a guardarlo.
Si mise in punta, per osservarli bene tutti quanti "mi avete mancato di rispetto, avete osato insultare la mia autorità, dimenticandovi che sono io quello che vi ha condotti qua!"
"IO" urlò forte e l'eco rimbombò in tutta la stanza "dovrei punirvi mettendovi a pane e acqua per qualche mese".
Tavington rise malignamente, come di una battuta che solo lui aveva sentito "lo farei davvero, credetemi, ma purtroppo ho bisogno delle vostre forze per vincere questa competizione con Tarleton".
Il suono della tromba segnò l'inizio della giornata.
"Da oggi abbandonerete ogni cosa che avete fatto finora. Ogni. Cosa".
Li scrutò, mentre ricominciava a camminare piano "seguirete il mio piano alla perfezione, il primo che esce dagli schemi o si rivela essere troppo lento rispetto agli altri verrà tagliato fuori".
Rise "e quando dico fuori intendo verrà mandato a Camden a soccorrere i feriti".
Il Colonnello si avvicinò alla grossa bacinella che veniva usata per la pulizia ordinaria dei soldati e la rovesciò per terra con nonchalance "questa non vi servirà più per un po', due settimane senza acqua, per lavarvi intendo".
Poi li guardò sorridendo "non manderete posta, lettere d'amore, qualsiasi missiva non verrà recapitata".
Tavington sistemò la bacinella in posizione stabile e poi si asciugò la mano bagnata con un fazzoletto "farete il doppio dell'allenamento, il coprifuoco verrà spostato di qualche ora e non vedrete donne fino.."
Tutti erano muti, nessuno osava fiatare. Ascoltavano il loro Superiore snocciolare la punizione senza emettere sillaba.
"..fino alla prossima battaglia vinta".
Poi indicò un ragazzo biondo che sostava vicino a lui "tu" lo chiamò.
"Sissignore!"
"Cento flessioni e cinquanta giri attorno al Forte".
"Subito, Colonnello Tavington" e si abbassò per terra a compiere le flessioni.
Allora William si girò verso l'altra fila e indicò uno a caso, come prima. Questa volta era basso e grasso, i capelli fuoriuscivano disordinati dal berretto.
"Togliti questo ridicolo cappello" gli ordinò Tavington a pochi centimetri dal suo volto unto.
"Subito, Colonnello" e gettò immediatamente il berretto per terra, come se valesse niente.
"Come ti chiami soldato?" Domandò William.
"Soldato semplice, Jones, Signore!" gli urlò forte e chiaro.
"Jones, Jones.." ripeté Tavington con disprezzo "non ho mai sentito il tuo nome prima, da dove vieni?"
L'uomo mandò giù lentamente, ma non abbassò lo sguardo "Kentwood, Signore".
William alzò le sopracciglia sorpreso "Louisiana, vedo. Allora sei un colone.." disse con grande disprezzo, senza nemmeno tentare di celare il disgusto.
"Sono un lealista, Signore, combatto come voi.."
"Io sono Inglese, tu no" lo fermò Tavington subito "non siamo uguali, ma purtroppo non sono io a fare le regole del gioco".
William sapeva che parte dell'esercito di Sua Maestà era costituito da lealisti, americani che erano rimasti fedeli alla Corona, ma lui non si fidava di loro. Erano accettati dai più, ma lui -che era di mente inamovibile- li vedevano sempre come nemici.
"Dov'è la tua famiglia, soldato semplice Jones?"
"Mia moglie e le mie due bambine sono andate a vivere con sua zia in Canada, perché.."
"Sì, sì" lo interruppe con un'alzata di mano Tavington "lo so, la terra dei tuoi simili".
"Colonnello, io credo nella causa quanto voi, non sono Inglese, ma non sono un nemico dell'Inghilterra come questi patrioti" gli rispose, senza lasciarsi scalfire dalle continue parole acide del suo Superiore.
"Perciò sei pronto a colpire i tuoi stessi compaesani" lo incalzò l'altro "magari tuoi amici, la tua famiglia.."
Il soldato non rispose, perché aveva poco da rispondere.
"Hai fatto bene a mandarli in Canada, quella terra pullula di lealisti, probabilmente moriranno uccisi dagli Americani" disse con semplicità William "ma almeno non sarai costretto a dover impugnare un'arma contro di loro".
Poi parlò a tutto l'auditorio "quanti sono come lui?"
Gli uomini si scambiarono qualche occhiata, senza spiccicare una parola.
"Bordon!" lo chiamò il Colonnello "Un passo avanti".
Lui fece come detto "Sissignore!"
"Quanti lealisti abbiamo?"
"Dieci, Colonnello".
William pensò un minuto al suo piano che aveva architettato, odiava quegli uomini, ma forse potevano tornargli utile.
"Andate a prepararvi tutti, vi voglio al campo fra mezzora" poi si rivolse al biondo di prima "tu continua".
Gli uomini ruppero la linea e andarono a cambiarsi in fretta.
"Bordon, con me" e poi uscì dalla tenda.
William attraversò il cortile e si posizionò vicino all'obelisco.
"Colonnello, io non volevo ascoltare Tarleton, ma lui ce l'ha imposto".
William guardava verso il grande cancello, quasi ignorando le parole dell'amico "non è la prima volta che lui tenti di mettermi in cattiva luce, ma è la prima volta che mi avete disobbedito tutti quanti!" inveì lui.
Bordon si avvicinò con cautela, mantenendo la distanza di sicurezza.
"Noi gli abbiamo creduto, visto gli eventi che.."
Tavington si girò verso di lui, con occhi rossi dalla rabbia "quali eventi?"
Bordon abbassò un secondo lo sguardo per terra, mentre riordinava i pensieri "noi abbiamo sbagliato, siamo noi in colpa, Colonnello".
Ma William non demorse, sapeva che c'era dell'altro che doveva dirgli.
"Quali eventi?" Ripeté, scandendo le lettere lentamente.
"Tarleton non si è limitato a dare ordini al vostro battaglione, lui ha anche sparso voci su di voi.."
Tavington strinse i denti, pronto a scoppiare da un momento all'altro.
Bordon aveva notato il cambiamento impercettibile del suo comportamento, ma aveva continuato, tanto gliel'avrebbe fatto dire comunque. Meglio con le buone.
"Diceva che eravate cambiato, che non eravate più in grado di comandare, che avreste abbandonato tutto presto".
William rise di gusto, ma con lo sguardo ancora assassino "che idiozia, e voi idioti gli avete dato retta!"
Bordon si grattò la testa dalla frustrazione "io non ho cambiato l'opinione su di voi, Colonnello. Mai."
L'altro annuì.
"Ma gli altri si sono lasciati convincere da Tarleton perché lui aveva usato come fondamento del suo ragionamento.."
"Chi?" lo interrogò Tavington.
"Beatrix, lui dice che siete cambiato da quando la ragazza è venuta al Forte, che fate cose.. strane".
William rifletté sugli ultimi avvenimenti che lo avevano reso protagonista. In effetti aveva fatto molte cose che non avrebbe mai fatto nel passato, riconosceva di essere cambiato. Ma non credeva che anche gli altri lo avessero notato, quello era un grande problema. Se i suoi uomini aveva creduto alle parole capziose del Colonnello, si erano lasciati distorcere la realtà dei fatti da quell'impostore.
C'era bisogno di riportare le cose al loro posto, di far vedere a tutti che il Colonnello Tavington era lo stesso freddo e insensibile comandante, certo i romanticismi magari li avrebbe tenuti per la sua Beatrice. Ma in campo doveva essere per forza il brutale Macellaio che avevano conosciuto gli Americani nella prima fase della guerra.
Stavano giungendo ad una fine di quello scontro e lui doveva indossare nuovamente la maschera di ghiaccio e combattere come sapeva fare.
"Ho un piano da realizzare, Bordon" poi si diresse verso l'entrata "vieni, che te lo mostro".
I due uomini entrarono nel Forte.


Qualcuno bussò lievemente alla porta della loro stanza. Beatrix si alzò con pigrizia e girò la maniglia, cogliendo l'ospite con la sola camicia di Tavington addosso.
"Sì?"
"Mi manda Lady Cornwallis, mi ha chiesto di consegnarle questa".
La fanciulla che portava la missiva della Contessa era una delle cameriere del Forte, alta, slanciata e mora, Beatrix non aveva ancora avuto modo di conoscerla.
"Grazie" rispose la ragazza, prendendo la lettera tra le sue mani.
L'altra fece l'inchino e poi se ne andò.
Beatrix rimase basita, non era abituata a vedere persone che si inchinavano per salutarla, era tutto nuovo. In quel Forte stavano succedendo cose strane, prima l'oppio nella bottiglia di liquore, poi gli inganni di Banastre e adesso il comportamento strano delle persone di fronte a lei.
Bea chiuse la porta e controllò il foglio che era sigillato graziosamente in una busta.

Cara Beatrice,
spero tu stia meglio, sono venuta a conoscenza della tua malattia dal Colonnello Tavington.
Ho incontrato poco fa la piccola Wellsie, mi ha avvisato delle tue attuali condizioni di salute e mi sento felice di sapere che hai passato il peggio ormai.
Come sta il tuo piccolo adorabile bambino?
Questa mattina prenderò il tè sulla terrazza nell'ala ovest del Forte, se hai voglia mi farebbe molto piacere chiacchierare un po' con te.
Saluti,

Semplicemente Liza


Beatrix rilesse più volte la lettera, come se non si capacitasse di quello che leggeva. Non ci poteva credere che la Contessa si fosse ricordata di lei, quel poco che aveva passato in sua compagnia era stato tempo speso bene. Le piaceva la signora, quindi sì, avrebbe proprio accettato il suo invito per il famoso tè Inglese.
Aprì l'armadio in fretta e prese il vestito che Wellsie le aveva imprestato la prima volta che era arrivata a Beaufort, quello giallo pallido con il fiocco grande al centro. Era perfetto e congruo per l'incontro con Elizabeth, non era provocante né troppo castigante.
Beatrix lo indossò, mettendo anche delle belle scarpette con tacco, sempre un dono di Wellsie.
Già, la sua amica..
Beatrix aveva bisogno di parlare anche con lei, la questione dell'oppio l'aveva lasciata senza parole, come aveva fatto a non notare il sapore del liquore viziato? E, soprattutto, come aveva fatto la sua amica a non accorgersene? Le aveva confidato che non era la prima volta che beveva il Gin, quindi avrebbe dovuto capirlo che non era quello originale?
C'erano troppe domande che aveva in mente Bea, e se ci avesse pensato un minuto in più si sarebbero moltiplicate e lei non si sarebbe mossa da quella stanza.
Prese la lettera e la appoggiò sotto il cuscino, era stupido tenerla, ma non sapeva come spiegarlo, si sentiva elettrizzata all'idea che la Contessa avesse scritto per sapere di lei.
Uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle. Non fu difficile trovare la terrazza, con tutti i viaggi perlustrativi della zona aveva imparato ad orientarsi, o almeno a chiedere informazioni.
La porta della camera della Contessa Cornwallis era già aperta, non c'era nessuno ad accoglierla, ma l'aria forte invernale faceva danzare le tende, che ondeggiavano con maestria.
La ragazza bussò sulla porta comunque, perché non sapeva come comportarsi, nessuno le aveva mai insegnato le buone maniere. Sapeva uccidere un caprino, sapeva mungere una mucca o uccidere un maiale, ma non sapeva niente di bon-ton.
Bussò nuovamente, ma non si percepì alcuna risposta.
Allora entrò nella stanza, come previsto all'interno non c'era nessuna persona, ma poteva sentire molto bene un suono melodioso, come se qualcuno suonasse uno strumento.
Si fece guidare dalle note, attraversò la camera lussureggiante e poi scostò le tende bianche.
Dall'altra parte, sulla terrazza, c'era la Contessa che suonava un.. flauto, almeno così credette subito la fanciulla, poco esperta in fatto di musica.
La Contessa non aveva udito che non era più sola, continuava a muovere con grazia le sue dita sui fori dello strumento, emettendo un suono dolce per le orecchie. Beatrix rimase in ascolto, non aveva avuto cuore di interromperla, pareva così concentrata sul suono e poi era un piacere stare a sentire.
La donna completò l'opera e poi appoggiò il flauto sul suo grembo.
Era seduta su una sedia a dondolo in legno, si lasciava cullare mentre si accarezzava teneramente il grembo.
Nel momento in cui Beatrix cercò di interpretare il suo comportamento, la donna si girò nella sua direzione.
"Sei arrivata, ti aspettavo" disse, senza scomporsi.
Al contrario, Beatrix rimase pietrificata, non si era mossa di un centimetro.
"Siediti" le disse la donna, indicando la seduta lasciata libera. La fanciulla notò che sulla sua c'era un cuscino sopra, lei si avvicinò e lo alzò prima di sedersi.
"Devi tenerlo" asserì Elizabeth, mentre l'aiutava a posare di nuovo il morbido cuscino sulla sedia.
Beatrix lasciò che la Contessa facesse come voleva e poi si sedette accanto a lei, avevano solo un piccolo tavolino a dividerle.
"Ho pensato avresti gradito qualcosa di soffice su cui sederti, dovresti essere piuttosto stanca in questi mesi, Beatrice" le confidò la donna.
"Grazie" rispose subito la fanciulla "è stato carino da parte vostra Contessa".
L'altra la guardò come rimproverandola "pensavo avessi chiarito sul tu, oppure devo tornare a darti anche io del voi?" rimbeccò scherzosamente la Contessa, mentre le sorrideva felice.
Beatrix non capiva perché si comportasse così, forse lo faceva con tutti o forse solo con lei. Questo non poteva saperlo, ma sapeva invece che il suo cuore balzava di felicità pura ogni volta che la Contessa si rivolgeva così a lei. La trattava come se fossero state pari, come se non si rendesse conto della grande differenza che intercorreva tra le due.
Come fosse solo sua amica.
"Va bene, Liza" rimbeccò sorridendo.
Poi la donna si sporse sul tavolino e prese la teiera che fumava leggermente, versò del tè in due tazze e poi la riposò sul sostegno.
"Ti piace con il latte?" domandò all'altra.
Bea era un po' imbarazzata perché non aveva mai bevuto tè prima, era strano, ma sua madre non lo aveva mai preparato.
"Io non saprei.." disse incerta la ragazza.
"Non l'hai mai preso con il latte?"
La fanciulla scosse la testa.
"Oh.. allora dobbiamo rimediare subito" prese la piccola lattiera in porcella e versò del latte copiosamente.
"..è così buono come dicono?" chiese titubante la fanciulla.
Elizabeth non le rispose, ma sorrise.
Aggiunse due cucchiaini di zucchero in ciascuna tazza e poi le passò il tè pronto.
Beatrix lo appoggiò sul grembo e poi attese che anche la Contessa prendesse il suo.
"Assaggialo e vedrai" la spronò Liza.
Beatrix bevve il tè preparato dall'amica e si meravigliò nel constatare quanto fosse buono e delizioso. Lei aveva sempre creduto che fosse un passatempo dei nobili Inglesi, qualcosa per rendersi diversi dagli altri. Almeno così lei lo aveva vissuto, invece le piaceva quella tisana.
"Mi piace" ne aveva ancora un po', ma volle aspettare a berlo tutto, era ancora caldo "non lo prendi alle cinque?" chiese incuriosita Beatrix.
"In teoria sì, nella pratica il tè mi piace molto perciò lo prendo ogni volta che ho un po' di tempo libero".
Poi la Contessa la scrutò con interesse "vedo che stai meglio oggi, ieri non sembravi tu. Eri così spenta, angelo" constatò infine, mentre beveva a piccole sorsate dalla sua tazza.
Bea annuì "Stamattina mi sento molto meglio, grazie. Come facevi a sapere della mia salute?"
Elizabeth appoggiò la tazza vuota sul tavolino "ieri sono passata a darti un'occhiata. Ho intravisto Wellsie tutta affannata che usciva dalla stanza del Colonnello Tarleton, così le ho chiesto perché fosse così agitata".
Le sopracciglia di Bea si incurvarono "Usciva dalla stanza di Banastre?" ripeté la ragazza.
"Credo si chiami così, non me lo ricordo sinceramente. Il Colonnello dai capelli rossi".
Bea appoggiò anche lei la tazza sul tavolino, all'improvviso le era passata la voglia di bere.
Cosa ci faceva Wellsie in camera con Ban?
Sapeva degli inganni del Colonnello, ma cosa c'entrava lei con lui?
Se prima aveva avuto tanti interrogativi, ora ne aveva una miriade.
Aveva bisogno di parlare con Wells.
"Mi sembri scossa, tesoro" disse la donna, accarezzandole il braccio "era solo preoccupata per te, era in pena per la tua salute precaria. Credo si sentisse colpevole".
Bea la osservò con gli occhi bassi "Sai perché ieri sono stata male?" domandò con un filo di voce, come una bambina intimorita per le conseguenze delle sue azioni.
L'altra annuì lentamente. Beatrix si vergognava per quello che aveva fatto, di sicuro ora la Contessa avrebbe pensato male di lei.
"Non era mia intenzione esagerare, l'altro giorno mi sono lasciata andare. Non mi sono preoccupata di niente, come non facevo da un po'.."
Beatrix alzò gli occhi e con sua sorpresa realizzò che la donna la osservava sorridendo, non vedeva nei suoi occhi rimprovero o colpa.
Non le parlava con toni aspri, come faceva la madre. Ma l'abbracciò, stringendola contro di sé.
"Non so come mai, ma sento come una connessione con te, piccola Beatrice. Immagino tu abbia avuto le tue buone ragioni per eccedere con Wellsie e forse, se hai voglia, puoi parlarmene adesso".
La donna sciolse il suo abbraccio e poi si alzò.
"Vuoi fare una passeggiata?"
Beatrix rimase seduta sulla sedia, indecisa sul da farsi.
Non ci ragionò su molto, fece quello che il suo istinto le suggeriva.
Si alzò e affiancò la Contessa "Sarei onorata".




**spoiler**
"Amavi il Generale quando lo hai sposato?" 
Elizabeth annuì "era la cosa giusta da fare in quel momento, Beatrice". 
La ragazza tirò leggermente le redini di Grangie, facendolo procedere più lentamente "non è quello che ti ho domandato" disse, facendole l'occhiolino. 
La Contessa rise "hai ragione, ma è la risposta che è giusto darti". 





 
   
 
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