-
Katniss
non… vai piano d’accordo? Hai mio figlio
lì dentro!
-
E’
una bambina Peeta!
-
Come
fai a dirlo? Non puoi saperlo!
-
Invece
lo so!
Prima di aver a che fare con Katniss,
io
non avrei mai scommesso nulla, e dico nulla,
sul fatto che una donna incinta potesse farsi strada fra erbacce nella
boscaglia. Nemmeno se si fosse trattato di Katniss stessa. Insomma, non
dovrebbero
starsene sul divano a non far nulla tutto il giorno? A riposo, ecco. E
a
mangiare biscotti. Per lei, li avrei fatti io ovviamente. Sarei stato
felicissimo
di essere per lei e la sua pancia un cuoco, un giullare, un
massaggiatore…
insomma, un modo per animare quell’attesa lunga mesi,
l’avrei trovato!
Quando ho parlato a Katniss della
mia
visione della gravidanza, mi ha prima urlato contro e poi è
scoppiata a
piangere per aver urlato troppo. E’ stato così che
ho scoperto i singolari
effetti degli ormoni della gravidanza. Li avevo sottovalutati, lo
ammetto.
Tutto questo ha avuto come
conseguenza
il contraddirla il meno possibile che ha portato a sua volta a questa
bella
scampagnata con lei che si fa strada nel bosco davanti a me con il suo
bellissimo
pancione di otto mesi, e io a sudare freddo.
-
Lo
so e basta – sbotta all’improvviso, si ferma e si
volta a guardarmi – E’ una
sensazione Peeta. Solo questo. Siamo arrivati.
Siamo al lago. Non ho mai imparato
i
sentieri dei boschi. Nonostante lei mi abbia già portato qui
altre volte, io
non riesco mai a riconoscere la strada.
Ricambio il suo sguardo e, anche se
ha
il respiro affannato e qualche ciocca di capelli sudata che le ricade
sulla
fronte, io la vedo bella più che mai. Succede ogni volta che
mi porta nei
boschi, è come se la terra, gli alberi, le donassero una
luce diversa, come se
il sole che filtra tra il fogliame, non vedesse l’ora di
raggiungerla e posare
i suoi raggi su di lei. Come se la riconoscesse e la aspettasse.
-
Katniss,
ti sei stancata… siediti…
Le prendo la mano e ci sediamo in
riva
al lago. Quando il suo respiro è tornato regolare, mi
rassereno anche io e mi
permetto di godere del paesaggio.
-
Guarda
Peeta! Anatre!
-
Già…
Avrei dovuto portare l’album dei disegni.
Cerco di imprimere nella mente
quello
che mi si presenta adesso davanti agli occhi. Katniss incinta, che
guarda
pensierosa verso un lago che ospita un gruppo di anatre, seduta sulle
sue rive
verdeggianti.
-
Sai
- dico – da qualche parte devo aver letto che il verso delle
anatre non produce
l’eco…
Katniss mi guarda sorpresa.
-
Come
facciamo a capirlo?
-
Dovremmo
spaventarle immagino, per farle starnazzare*…
-
Scapperebbero…
Dopo qualche minuto si rivolge a me
con
un’espressione seria.
-
Sto
per piangere. Maledetti ormoni…
-
Oh
no… Io… non volevo essere apprensivo, solo
che… cerca di capirmi, non voglio
che ti stanchi. Sono le papere? Non vuoi che scappino?
Riesco a strapparle un sorriso, ma
due
lacrimoni si sono già fatti strada sulle sue guance. La
abbraccio e la attiro a
me.
-
Questo
è uno dei miei posti preferiti Peeta, ci venivo da bambina
con mio padre e
alcuni dei miei ricordi più belli sono legati a quella
casetta e a quello che
mio padre mi insegnava sulla caccia, e sui boschi…
So già di cosa sta
parlando. La prima
volta che mi portò qui rimase in silenzio. “Voglio
farti vedere un posto” ci incamminammo e non
proferì più parola. Io potei
capire soltanto che quello splendido lago aveva un significato molto
importante
per lei, ma solo molti giorni dopo me ne parlò.
-
Perché
mi ripeti tutto questo?
-
Perché
questa pancia non ha ancora smesso di crescere Peeta, e probabilmente
non
riuscirò più a venire qui prima che nasca la
bambina e anche dopo… ma, quando crescerà
e comincerà a capire, vorrei farle conoscere questo posto.
-
Qual
è il problema Katniss?
Lei prende un profondo respiro,
come se
dovesse dire qualcosa che le costa fatica ammettere.
-
Non
so riuscirò a portarla io, potrei…
-
Ci
verremo insieme Katniss…
-
…morire,
durante
il
parto.
Morire
durante il parto.
Ho imparato a non farmi spaventare
dai
momenti di pessimismo di Katniss. Ho sempre intuito che dietro
quell’atteggiamento
fiero e duro che ostenta c’è qualcos’altro,
e adesso che la conosco come
mai avrei pensato, so che è la paura.
Quindi sospiro, e so già che la mia calma la
renderà solo più nervosa di quanto
non sia già.
-
Ehi,
ascoltami – le prendo le mani tra le mie, e le sposto sulla
sua pancia. – Quello
che abbiamo non finirà, d’accordo?
-
Devo
prenderlo in considerazione!
-
Smettila
Katniss! Io non sono disposto a darti ascolto ma tu, invece, devi
fidarti di
me!
Lei non dice nulla, mi stringe solo
di
più le mani per farmi capire che è quello che
vuole. Vuole fidarsi di me.
-
E’
giusto avere
paura
– le sussurro – significa
che hai
qualcosa da perdere. Ma io e questa bambina, non andiamo da
nessuna parte.
Non sei più sola Katniss, non lo sei stata mai.
Con il passare dei minuti si
tranquillizza, e mi indica vari punti che vorrebbe che dipingessi su
tele da
appendere in casa e quando ci rimettiamo in piedi per andare via,
è
visibilmente più rilassata.
-
Dammi
la mano stavolta, va bene? La strada è lunga e voglio
tenervi d’occhio.
-
Si…
io… voglio solo provare una cosa prima di andare.
Si avvicina alla riva del lago e
prende
respiro.
-
CIAO
PRIM!
Tutte le anatre che nuotavano beate
nel
lago prendono a starnazzare e sparpagliarsi, spaventate.
E quella radura restituisce i loro
versi amplificati, come se ce ne fossero il doppio, finché
gli animali non si
disperdono ma noi percepiamo quel suono per qualche secondo ancora.
- Fanno l’eco, Peeta!
Visto?
- Non saprei… non siamo
propriamente in
montagna…
- Tu fidati di me stavolta. Andiamo.
Mi porge la mano, e ci incamminiamo
nel
bosco.
E le nostre mani,
intrecciate,
significano sempre una sola cosa per me. Resta
con me. Sempre.
----------------------
Ciao a tutti!
Questa storia viene fuori
da una curiosità che ho letto sulle anatre e cioè
che il loro verso non produce
eco. La cosa mi sembrava talmente strana che ho cercato altre info
sulla Wiki,
nella quale invece c’è scritto che a causa delle
proprietà timbriche del verso,
l’eco c’è ma è difficile da
rilevare.
Comunque. Una volta
capito anche che le anatre sarebbero le papere (ebbene sì,
non lo sapevo), è
nata questa storia.
Su Google, inoltre, ho
scoperto che il verbo riferito al verso delle anatre è
proprio “Anatrare”. Mi
dispiace, ma non ho avuto cuore di usarlo, fa troppo schifo. Le anatre anatarono. No no.
E scusatemi, davvero
scusatemi *mani giunte e inchini a ripetizione* se
Spero anche per voi, di
immaginare qualcosa di più leggero, perché sto
aggiungendo un po’ troppe storie
angst al fandom!
Per chi ci vede lungo, la
frase “E’ giusto avere
paura, significa che hai qualcosa
da perdere” è
liberamente ispirata a Grey’s Anatomy, la dice il dottor
Webber nell’episodio
4x10 che ho rivisto pochi giorni fa.
Nel caso abbiate
intenzione di lanciarmi frutta e verdura varia, mi piacerebbe comunque
saperlo
con una recensione.
Un abbraccio a tutti
quelli che hanno letto!
Gabry