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Autore: FedeB    11/09/2013    1 recensioni
[...]"Poi qualcuno ci trova, magari in un vicolo o lungo il ciglio di una strada, impauriti e tremendamente incazzati con il mondo, e veniamo portati qui, dove tutti i reietti della società cercano una famiglia. Dopo che la famiglia l’ hanno persa."[...]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Niji’s corner
Non sono solita fare il mio angolino qua in alto, ma proprio ci tenevo.
Ci tenevo a dire che tutti i personaggi qui nominati esistono. Esistono e aiutano ogni giorno quei piccoli animali che vivono nel rifugio, aspettando pazienti.
Ci tenevo a dire che l’ esperienza di volontariato mi ha cambiata nel profondo, poter aiutare i cani ed essere ricambiata con un amore indescrivibile sono solo due delle centinaia di sensazioni che i cani ti possono trasmettere.
Quindi niente, se proprio non avete niente da fare, passate ogni tanto in un rifugio, state lì anche solo un’ ora, aiutate gli altri volontari e verrete ripagati con valanghe  e valanghe di amore.

A Bambi, che veglia sul canile sdraiato su una nuvola.
 

Siamo tutti uguali all’ Aragon.
Gli occhi marroni ci accomunano, nessuno escluso, ma ognuno racconta un passato diverso, seppur simile.
C’è la violenza, il rifiuto, l’ abbandono.

Poi qualcuno ci trova, magari in un vicolo o lungo il ciglio di una strada, impauriti e tremendamente incazzati con il mondo, e veniamo portati qui, dove tutti i reietti della società cercano una famiglia. Dopo che la famiglia l’ hanno persa.

Io? Io sono Maike e l’ Aragon è la mia casa da quando ho memoria.
 

Oggi l’ Aragon è agitato, persino Birillo lo sente.
Ah, Birillo è mio fratello gemello.

Lorenza ci chiama “Birillini”, per comodità, perché è troppo complicato distinguere i fratelli sole.
Quelli con i capelli color dell’ oro, che il sole ce l’ hanno sulla pelle, ma non nel cuore.
Almeno non in quello di Birillo.

È il più piccolo, fra i due, ma è quello che ha sofferto di più. Non conosce il morbido tocco di Martina o quello di Nicole, perché li rifiuta.
Io no. Io lo cerco, lo bramo. La luce nel mio cuore entra attraverso quei piccoli gesti, quelle parole amorevoli che rivolgono ad entrambi, perché la speranza è l’ultima a morire, ma lui è proprio un caso perso.

Quindi tocca a me proteggerlo dal mondo, anche se il nostro mondo si limita alla nostra stanza, al giardino e al rifugio vero e proprio.

Eppure, dalle prime stanze si propaga un messaggio, che lentamente giunge alle orecchie di tutti, mettendo in subbuglio il rifugio.
Lorenza è arrivata e con lei Nicole e Martina.
Chiacchierano, discutono sul da farsi e poi ognuno prende la propria strada.

Il giardino è vuoto, ma presto si riempirà di due volti conosciuti: Maggie e Asso.
Maggie è una bella bambina di circa sette anni e mezzo, i lunghi capelli biondi e ricci che si scontrano sempre sul suo viso, facendola cadere una volta sì e l’ altra pure.
Asso, invece, è un ragazzo di circa ventotto anni, che si comporta proprio come un padre nei confronti della piccola.
E quando dico così, intendo che Maggie passa metà del suo tempo sulle spalle di Asso.

Entrambi sono qui da sette anni, Maggie ci è praticamente nata.
Abbandonata perché femmina, quindi debole.
Asso ha semplicemente terminato il suo lavoro.
Abbandonato perché inutile.
Si son trovati sin da subito e da allora sono sempre stati legatissimi.

“Niki, mi aiuti a fare la loro stanza?” è Martina che ha parlato, dopo aver lasciato papà e figlia nel giardino.


“No, Marti, lo faccio io!” questa è Lorenza. “Niki va a fare un giro con Maggie, te la senti?”
“Certo, certo!”

Nicole la chiama e lei si allontana da Asso per tenderle una manina, impaziente e felice, e i due si allontanano.

Asso si sdraia su un’asse di legno e aspetta fedele che la sua bambina ritorni, lanciando – per distrarsi – una pallina contro il muro.
In realtà, oggi è uguale a ieri e ieri è uguale a domani, ma le prime stanze sono sempre felici di vedere i volti delle tre giovani. Ogni giorno come se fosse la prima volta.

“Miki.”

“Dimmi, Birillo.”

“Ci vorranno mai?” non sono nuove queste sue uscite, ma ogni volta io rimango spiazzato, incapace di dirgli qualcosa di sensato.

Quindi mi limito a stringerlo a me, ad accarezzargli lentamente i capelli stopposi e a rispondergli ciò che lui vuole sentirsi dire: “Certo, Birillo. Qualcuno ci sarà sempre.”
E ogni volta lui sospira soddisfatto.

Tutti, all’ Aragon, sanno parlare, semplicemente non ci facciamo sentire dai “velentori”, come li ha chiamati Maggie una volta.
Perché ogni volta che torna dalla sua passeggiata ha tante cose nuove da dire e Asso, anche se le sa già, la ascolta teneramente, carezzandole i capelli biondi di tanto in tanto.
Anche oggi, di ritorno, la bambina si è fiondata tra le braccia del suo papà e insieme hanno aspettato che Lorenza li richiamasse per tornare nella stanza con qualcosa da mangiare e una giornata da affrontare.
 
Il giardino si riempie ad intervalli regolari di volti diversi: c’è Jonathan, venticinque anni, un visino infantile e i capelli mori tinti di marroncino chiaro.
È il preferito di Nicole, che gli passeggia accanto e gli racconta delle sue giornate sempre trascorse in posti diversi, con volti diversi e avventure nuove.
Poi a volte lo chiama a sé e Jonathan si fa abbracciare, felice.
Perché tutti, almeno una volta al  giorno, hanno bisogno di un gesto d’ affetto.

C’è Rafael, l’ altro adorato di Nicole; ventuno anni, un volto sorridente e i capelli nero corvino tinti qua e là di bianco. Perché in Spagna va di moda così, a quanto pare.
Nicole lo adora, anche se a volte quel maniaco cerca di saltarle addosso.
Lei ride, perché dice che non potrebbe mai farlo, ma se solo sentisse la metà delle cose che mi dice, molto probabilmente cambierebbe idea. Anzi, sicuramente.

Poi ci sono gli anziani dell’ Aragon: Bambi e Klimt.
Quarantadue anni e non sentirli.

Beh, insomma. Hanno entrambi i loro acciacchi dell’ età; tutt’ora Bambi prende dei farmaci per stabilizzare il cuore e Klimt è stato appena operato di un ascesso diventato maligno.

Dagli anziani, ai giovincelli: Dejan e Artù.
Cinque anni e viverli con serenità.

Artù, albino dagli occhi scuri che cerca attenzioni come un esibizionista e Dejan, dalla pelle color caffèlatte e i capelli color pece, sempre in cerca di amore e di un giocattolo con cui divertirsi.

E fra di loro, la più vasta varietà disponibile all’ Aragon.
Nanà, altezzosa principessina dai riccissimi capelli biondo fragola, che cammina due passi davanti a te, ma ascolta tutto quello che le si dice.

Sonia, donna araba dalla pelle scura e lo sguardo vivace; Polly, una bambina di otto anni che mangia seduta sul tavolo, le gambe incrociate e il sorriso stampato in faccia.
A lei piace così e guai a farla mangiare da qualche altra parte!

I due teppistelli, Ciaki e Sheila, adolescenti che si divertono a fare scherzi di cattivo gusto agli altri, ma che alla fine vengono sempre messi in riga da Klimt, stanco del trambusto. Vecchiotto, ma con le palle.

Ci sono quelli che il mondo l’ hanno visto e avrebbero preferito non averlo fatto: Gemma, l’ anziana – seppur più giovane – compagna di Klimt, che segue tutti i tuoi movimenti, ma è schiva ad ogni tipo di attenzione fisica.

Asia, con un passato di violenza alle spalle, restia dal fidarsi degli altri, ma che non si nega mai il piacere di un caldo abbraccio di Martina, Nicole o Lorenza.
Grigetto, il secondo più anziano. Quando è arrivato all’ Aragon io e Birillo eravamo poco più che bambini, ma ricordo perfettamente le condizioni in cui si trovava la sua gamba sinistra.
Setticemia, aveva detto, e avevano dovuto amputargliela.

Ma lui non si ferma, anzi! Se riesce a sopportare i due bambini, significa che proprio nulla lo abbatte.
Pelù, un uomo dalle rughe profonde sul viso e i dai capelli brizzolati, con un passato sfumato dalle troppe droghe assunte per farlo calmare, azzittire.

Infine c’è il mio fratellino.
 
È arrivato qualcuno, al rifugio: è un papà con tre bambini. Sta cercando una compagnia per la suocera.

“Marti, Niki, fate fare voi il giro a loro?” chiede Lorenza.

Le due ragazze annuiscono e accompagnano la famiglia a fare un giro per le stanze.

Ne vogliono uno, quindi io e Birillo siamo esclusi a priori: se ci vogliono, ci prenderanno in coppia. Nessuno ci dividerà, gliel’ ho promesso.

Si fermano davanti alla stanza di Vanessa, compatriota di Rafael, restia ad ogni tipo di novità o cambiamento e decisamente asociale.
Vanessa li guarda parlare tra di loro e poi li vede sfuggire dal suo sguardo. Quella è la “sentenza”: lei non va bene.

Vanno avanti e si fermano davanti alla stanza di Aisha, bambina iperattiva, ma affettuosa.
Aisha li guarda parlare tra di loro, sorridere e allungare una mano per avvicinarla, un gesto di affetto, ma anche una sentenza: è lei.

Lorenza parla loro di preaffidamento, un anno di prova se tutto va bene, mentre tutto il rifugio, sommessamente, si congratula con lei.

“Sa,” dice ad un certo punto il papà. “Noi abbiamo appena cambiato casa. Ci siamo trasferiti in una villetta con un giardino bello grande e volevamo salvarne un altro. Abbiamo pensato a quello fuori, ci siamo innamorati tutti!”

“Re no.” Questa  è Martina. Interviene prontamente, forse anche troppo, non appena qualcuno accenna anche solo a voler vedere Re, il suo amore proibito: Re rappresenta in qualche modo il capo del rifugio, con la pelle color cioccolato e il fisico ben piazzato, statuario.
Ha una stanza più grande, adiacente al rifugio, perché le stanze normali sono troppo strette e troppo basse per lui.

“Re non va d’accordo con i bambini.” Spiega Martina.

Ha ragione, solo che se potesse se lo porterebbe a casa lei e fine della storia.

“Io ne voglio uno tedesco!” dice il bambino più piccolo.

“Abbiamo, Connie, una tedesca.” Continuano Martina e Nicole.

Donna dal caldo cuore tedesco, occhi marroni fiammeggianti, biondi capelli lunghi e.. beh, non un fisico propriamente minuto.
Una volta ha travolto Lorenza solo perché voleva abbracciarla.
 
La famiglia se ne va, con la promessa di prendere Aisha e di salvarne un altro.
Il rifugio torna alla tranquillità.

Tutte e tre le ragazze tornano al lavoro: Nicole lava i piatti mentre Lorenza e Martina puliscono la stanza di Filippo e Polly, lasciati in giardino.
Polly mi si avvicina sorridente e alle mie spalle Birillo fa un passo indietro: la normalità.
Mentre la bambina mi parla felice, Filippo in sottofondo si lamenta di voler uscire per sgranchirsi le gambe, ché se lo avessero tenuto ancora un po’ nel rifugio avrebbe morso qualcuno.
Così, non appena Lorenza li richiama per rientrare nella stanza, Filippo si piazza davanti all’ uscita e non si muove più.
Arresasi, Lorenza incarica Nicole di fargli fare una passeggiata.
Filippo sa come ottenere le cose e tutto il rifugio, davanti a quella scena, ridacchia.
 
Dopo poco ricomincia il caos: una macchina rallenta e scende da essa una coppia; lei assomiglia un po’ a Connie, ma ha i tratti più marcati, i capelli più biondi e gli occhi azzurri. Parla con un accento un po’ strano, che non ho mai sentito, a differenza del marito, che sembra una persona del  posto.

Sono qui per cercare un giovane per il loro monolocale, dice la donna. “L’importante è che vada d’accordo con i gatti.” Specifica poi.

La questione si complica: pochi, all’ Aragon, vanno d’accordo con i gatti e il campo di ricerca si restringe a cinque o sei individui.
Nicole nel frattempo è tornata con Filippo, che è già rientrato in stanza, e si unisce alla ricerca di Martina.

Passano per il primo corridoio di stanze e si fermano davanti a Vanessa, Aisha o Mela, una bambina grassottella e felice.
“Se no ci sono i bambini.” Dice Martina, come alternativa, facendo loro strada per il giardino, dove Dejan e Artù stanno rincorrendo Riccardo, un altro volontario.

“Sono vivaci, però, anche tanto. Il monolocale si distruggerebbe con uno di loro lì dentro!” aggiunge ridendo Nicole, provocando la risata di tutti.

Poi la donna ci indica. “E loro?”

Oh, signora, noi no. Stringo la mano di Birillo; ci sono, fratellino, non ti preoccupare.

“Loro sono i Birillini.” Inizia Martina. “Uno si fa avvicinare senza problemi, tranquillamente, ma l’ altro…”

Birillo sospira. Mi lascia la mano per andare a sdraiarsi sul letto.

Guardo la signora. Una lacrima le riga il viso, seguita da una seconda e da una terza, sbavandole il trucco.
Non piangere, signora, troverai qualcuno, vedrai.

Allungo una mano verso la porta recintata della mi stanza e sorrido in direzione della donna: va tutto bene, signora, va bene così.

Si gira di scatto, passandosi una mano sul viso e levandosi le lacrime dalle guance. Dice di voler passare anche al rifugio municipale e se ne va con la promessa di dare notizie a Lorenza.
 
Il resto della giornata scorre tranquillo: nessuno più visita il rifugio e il giardino continua a riempirsi di volti diversi.
Nicole è la prima ad andarsene. Si guarda attorno, saluta tutti e poi se ne va.

Martina e Lorenza lavorano sodo per pulire tutte le stanze entro la fine del turno, ma presto anche Martina se ne va e Lorenza rimane da sola con ancora cinque stanze da finire.
Ci mette poco: una spazzata , una sciacquata e poi dà da mangiare a tutti.

Anche per oggi ha finito.
Si guarda intorno, assicurandosi che tutto sia in ordine, poi abbraccia con lo sguardo tutti noi: “Non disperate,” sembra dirci. “Domani è un altro giorno.” E io ci credo.
 
Siamo soli, adesso. Ognuno conta sul proprio compagno di stanza per sopravvivere.
Klimt e Gemma sono i primi ad addormentarsi, coperti dal caldo del loro letto.
Lentamente, tutto il rifugio si fa più tranquillo, fino a quando anche i bambini si addormentano.
Guardo Birillo, stretto a me nel mio letto, gli occhi chiusi e un’ espressione serena sul volto.
 
Io ci credo: domani è un altro giorno.
  
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