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Autore: Clockwise    11/09/2013    2 recensioni
Teneva gli occhi chiusi quando cantava, ma se li avesse aperti, se avesse potuto vedere quel momento, allora l’avrebbe vista con i suoi occhi, oltre a sentirla, l’alchimia che li legava. Era proprio lì, in loro, nei piedi che battevano lo stesso tempo, nelle vibrazioni sugli strumenti, nel riverbero che echeggiava dentro ciascuno di loro alla stessa frequenza, nelle note che ciascuno di loro creava e che si intrecciavano in armonie meravigliose e così, insieme, solo insieme, erano qualcosa.
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I Want To Break Free (in the Sound Of Silence)
 
Aprì la porta e puntò dritta al bancone, ma Guy non si vedeva. In compenso, c’era suo fratello seduto al bancone con un caffè davanti.
«Dov’è Guy?» domandò, una volta accanto a lui, reprimendo l’istinto di ignorarlo. Lui la guardò sorpreso.
«Ciao, Jo! Qual buon vento?»
«Non sono fatti tuoi. Dov’è Guy?»
Mark sorrise alla solita socievolezza della ragazza.
«Di là in cucina. Posso offrirti qualcosa?»
«Non dovevi tornartene in Scozia, tu?» chiese lei, seccata, sedendosi.
«Guarda che ci lavoro qui a Londra» sospirò il ragazzo, con uno strano sorriso amaro. Si affrettò a recuperare la sua faccia di bronzo.
«Comunque, raccontami, Jo, come va la vita?» chiese con un sorriso smagliante.
«Fatti un favore, Mark, vattene prima di dover raccogliere i tuoi denti.»
Il ragazzo sorrise, appoggiando l’avambraccio al bancone.
«Ma che ti ho fatto? Sempre così scontrosa… Secondo me, nutri una passione segreta nei miei confronti…»
«Mark, non ripetere quelle parole se ci tieni alla vita» suggerì la voce pacata e stanca di Guy, emerso dalla cucina con delle bottiglie di latte in mano. Joanna sorrise e si sporse per baciarlo oltre il bancone. Il ragazzo sorrise debolmente. Joanna notò le sue occhiaie e la barba mal rasata, accigliandosi.
«Tutto bene? Sembri stanco.»
«Cos-? Oh, sì, tutto bene. Solo… Ho fatto le ore piccole. Davano Armageddon ieri sera» spiegò in fretta, fuggendo gli occhi della ragazza. Joanna lo guardava inquieta: qualcosa le diceva che non era a conoscenza di tutta la verità, e non capiva perché Guy avesse quell’aria sfinita. Si impose di cercare di comprenderlo e non diventare sospettosa quando si rese conto che Armageddon l’avevano trasmesso due sere prima.
Guy notò la sua preoccupazione e le voltò le spalle, intento a prepararle il suo solito cappuccino alla cannella.
Joanna aprì la bocca per dire qualcosa quando sentì allegre voci maschili avvicinarsi al bancone. Guy salutò con una mano Chris, Will, Jonny e Tim che si avvicinavano. I ragazzi salutarono vivacemente anche lei e Mark, per poi ordinare chiassosamente da bere. Joanna osservò Guy rispondere ai loro scherzi con la sua flemma consueta, ma i sorrisi che rivolgeva loro erano meno caldi, e la testa era completamente da un’altra parte.
Guy, perché non ne parli con me? pensò, versando lo zucchero nel cappuccino che il ragazzo le aveva porto. Se non altro non s’è scordato la cannella, constatò con un sorriso, assaporando il profumo.
Poco lontano lungo il bancone, i ragazzi discutevano su come festeggiare il Natale. Purtroppo non ci sarebbe stato granché da festeggiare insieme, visto che molti di loro sarebbero tornati dalle proprie famiglie.
«E allora organizziamo qualcosa a Capodanno! Se mia sorella scopre che non faccio niente mi prenderà in giro per il resto della vita» disse Chris, spalancando gli occhi. Gli altri risero e Tim propose di andare in un qualche pub, ma Chris protestò pensando all’incolumità di sua sorella. Alla fine, vinse la proposta di Jonny di cenare tutti a casa loro e poi di andare a fare un giro e vedere i fuochi d’artificio al London Eye. I ragazzi si voltarono verso Guy, Mark e Joanna per chiedere la loro approvazione.
«Per me va bene» alzò le spalle Guy. Anche Mark diede il suo assenso.
«Tu ci stai?» le chiese Guy, scrutandola con gli occhi scuri. Joanna lanciò un’occhiata insofferente a Mark, che abbassò gli occhi.
«Credi davvero che ti lascerò passare il Capodanno da solo? Ti starò alle costole» scherzò. Lui sorrise.
«Perfetto, allora saremo noi, Phil, Julia e Delilah, penso di invitarla. Va bene?» disse Chris, tenendo il conto con le dita e guardandosi attorno con gli occhi azzurri in cerca di approvazione. Will tossicchiò nervosamente.
«A dire il vero… C’è una mia amica che vorrei invitare, a voi non dispiace, vero?» chiese timidamente, gli occhi marroni tenacemente puntati sul suo caffè.
Joanna non sapeva se essere più stupita per la sua timidezza o per il fatto che avesse una ragazza. Sì, perché la storia dell’amica non se la beveva nessuno, e lei non aveva mai pensato a Will come a qualcuno capace di sospirare per una ragazza.
Il silenzio durò tre secondi netti, il tempo necessario ai cervelli assonnati dei ragazzi per metabolizzare l’informazione. Poi scoppiò il putiferio fra pacche sulle spalle, prese in giro, schiamazzi e risate. Si ritrovò a sorridere anche lei: la faccia di Will era ormai più rossa dei suoi capelli. Probabilmente si era già pentito di aver parlato di quella ragazza a quegli idioti dei suoi amici. Lei e Guy scossero la testa all’unisono quando Chris iniziò a cantare, spalleggiato da Jonny e Tim:
«Will e Marianne, seduti sotto un pino, si guardano negli occhi e si scambiano un bacino…»
Will aveva un’aria alquanto assassina. Guy alzò stancamente una mano verso di lui, un’ombra di sorriso sulle labbra.
«Uccidili quando uscite, se lo fai qui dentro potrei andarci di mezzo io.»
Mentre i ragazzi continuavano a torturare Will, e Mark se ne andava a lavoro in silenzio, Joanna si voltò il suo ragazzo, assorto nella contemplazione di un cornetto.
«Guy, dimmi che ti succede, per piacere. Non è da te startene zitto mentre Will viene preso in giro» disse, buttandola sul leggero. Guy alzò gli occhi su di lei.
«Va tutto bene, Jo, non preoccuparti. Ora è meglio che tu vada. Farai tardi.» Di nuovo quel sorriso mesto e stanco, sotto quegli occhi distanti, persi. Dove, Guy?
 
♪♬
 
It's strange but it's true:
I can't get over the way you love me like you do,
But I have to be sure
When I walk out that door
Oh, how I want to be free, baby…”
cantava Freddie Mercury dritto nelle cuffie che Delilah teneva alle orecchie mentre studiava nella biblioteca del College. La rilassava fare i compiti con la musica in sottofondo, paradossalmente la aiutava a concentrarsi. Anche se doveva ammettere che quel brano non era proprio l’ideale: era uno dei suoi preferiti, con quel ritmo trascinante, e non poteva fare a meno di muovere la testa qua e là, tamburellare il tempo col piede, rischiando di venire cacciata dalla bibliotecaria, oltre che di non finire mai i compiti. Non era nemmeno sicura che si potesse portare il walkman lì dentro.
Quando vide le sedie del suo tavolo spostarsi e venire occupate, alzò gli occhi verso le sue due amiche, Claire e Megan e mise in pausa la canzone.
«Ciao, ragazze. Che ci fate qui?» Da che erano a scuola, non le aveva viste una sola volta in biblioteca. Non era proprio il posto per loro, ecco.
«Ciao, Delilah. Allora… Hai qualche novità da raccontare? Qualcosa che hai fatto nel finesettimana?» chiese Claire, con uno strano tono tranquillo, in contrasto con il suo viso minaccioso.
«No-o…» Perché quella domanda le veniva fatta solo quel giorno, che era mercoledì?
«Ah, no? Che mi dici del concerto di Chris Martin a cui sei andata di nuovo?» domandò, stavolta apertamente minacciosa. Delilah si ritrasse sulla sedia.
«Dicendo a noi e a Nathan che andavi a cena dai tuoi, fra parentesi» rincarò Megan. Delilah deglutì. Come diavolo avevano fatto a scoprirlo?
«Ora, non c’è molto da discutere: ormai è ovvio che ti piace Martin, altrimenti non saresti andata al suo concerto per la millesima volta e non ci avresti mentito» affermò Claire in un sussurro furioso, incrociando le braccia.
«No, non mi piace, siamo solo buoni amici, smetti di fare queste insinuazioni» sospirò invece Delilah, stanca, incrociando le braccia a sua volta. A dire il vero, non aveva mai nemmeno pensato a Chris in quei termini, per lei era un amico e basta. Ok, un grande amico. Ma pur sempre un amico.
Claire la osservò per un momento.
«Bene, meglio così. Non avrai problemi a uscire con me e Nathan oggi pomeriggio, allora» la sfidò, con un sopracciglio alzato.
«Ci sono anch’io» pigolò Megan. Claire agitò una mano verso di lei, aspettando la risposta di Delilah.
«Devo studiare con Chris oggi pomeriggio, abbiamo un esame fra due settimane» rispose secca. Claire lo sapeva benissimo, gliel’aveva detto il giorno prima. Iniziò a tamburellare nervosamente il piede sul pavimento.
«E allora?» spalancò gli occhi Claire. «Non è il tuo ragazzo, puoi dargli buca per una volta. E poi, saranno almeno due settimane che non esci con Nathan. Poi si stufa.»
Delilah lasciò vagare lo sguardo intorno e l’occhio le cadde sul lettore Cd, dove il disco aveva ormai smesso di girare. Un moto di rabbia le invase il petto. Era ora di dire basta.
«Non me ne frega niente. Non è il mio fidanzato, peggio per lui se si stufa» rispose, la voce pacata vibrante di rabbia. «E voi due avete smesso di dirmi con chi devo uscire e chi non devo vedere. Con Nathan me la vedo io, è una faccenda fra noi due.»
Claire aprì e richiuse la bocca più volte, senza trovare le parole.
«Be’, il mare è grande e pieno di pesci, peggio per te, Delilah» disse alla fine Megan, alzandosi con sussiego seguita dall’altra. Se ne andarono senza un’altra parola. Delilah aggrottò le sopracciglia, chiedendosi cosa diavolo avesse voluto dire. Poi rimise le cuffie e il disco tornò a girare.
Oh, how I want to be free…
Ma ormai non riusciva più a concentrarsi. Diede un’occhiata all’orologio, poi ripose libri e walkman nella borsa, e si diresse verso la mensa, quell’inusuale sensazione di rabbia che ancora le opprimeva il petto.
Quando incrociò Chris in corridoio, lo stomaco le si contrasse. Cosa…? Nah.
Di sicuro la fame.
Oh, how I want to break free.
 
♪♬
 
«Λεξετε da dove viene?» chiese Delilah, tentando di concentrarsi. Sapeva di sapere da dove veniva quel verbo, era facile, ma la sua mente svolazzava indomita lontano dalla versione di greco. Semplicemente, pensava ad altro: Natale si avvicinava, stava studiando a casa di Chris, e per la prima volta erano soli, senza alcun Jonny, Guy o Will che ronzasse intorno. E questo la rendeva inspiegabilmente felice.
«Futuro attivo di λεγω, mi pare» rispose Chris, continuando a sfogliare il vocabolario.
E aveva una fame da lupi, ma non voleva dirglielo. Erano a casa sua, non poteva fare la maleducata chiedendogli di mangiare. Il suo stomaco, però, decise per lei.
Chris alzò gli occhi su di lei, ghignando.
«Fame?»
«No-o» mentì.
«Allora dev’essere stato un tuono quello che ho sentito» ghignò il ragazzo. Si alzò e andò in cucina, seguito dalla ragazza gongolante. Finalmente si mangiava!
Chris aprì il frigo e sparì dietro l’anta.
«Ehm… Ho paura che non ci sia molto… Forse è meglio se faccio un salto al market di sotto…»
«Dai, non c’è bisogno, ci arrangiamo.»
«Ok» acconsentì Chris, esitante. «Be’ qui c’è… Latte… No, è scaduto. Però… C’è dell’insalata.» disse, riemergendo dall’anta. Delilah sbatté le palpebre un paio di volte.
«Insalata? Siete due ragazzi, maschi, ventenni, a Londra, e tutto quello che avete in frigo è dell’insalata
«E della birra!» sorrise Chris, tirando fuori una lattina dai recessi del frigo, trionfante.
«Ci piace mangiare sano» si giustificò sotto lo sguardo incredulo della ragazza. Lei sollevò un sopracciglio.
«Will e Guy non hanno avuto una buona influenza su di voi, a quanto sembra.»
Chris rise. Delilah non sapeva del quintale di lattine, cartoni di pizza, involti di fish and chips e di altre porcherie varie che aveva dovuto nascondere in tutta fretta sul balcone prima che lei arrivasse.
«Meglio se andiamo a fare la spesa.»
 
♪♬
 
Osservò la vetrina per qualche istante, chiedendosi se valeva la pena di entrare. Sollevò le spalle, riflettendo che tanto non aveva altro da fare ed era meglio mettersi al caldo. Spinse la porta ed entrò. Nel negozio, l’aria era calda e polverosa. Un uomo dai lunghi capelli brizzolati gli diede la buonasera da dietro una pila di vinili. Guy ricambiò il saluto, affrettandosi a smarrirsi fra i dischi. C’era il mondo in quel negozio. 45 giri, 33 giri, 7 pollici, ogni tipo di vinile in commercio, assieme a più moderni Cd. Curiosando, prese fra le mani un 7 pollici polveroso.
The Sounds Of Silence. Dove l’aveva già sentito? Poi ricordò: gliene aveva parlato Chris, gli aveva prestato anche una cassetta con la canzone. Gli era piaciuta, ma probabilmente l’aveva persa. Si guardò intorno, ma non c’era alcun giradischi. Ripose il disco e continuò a girovagare canticchiando il motivo del brano.
Con una morsa d’angoscia al petto, si chiese se loro sarebbero mai finiti su quegli scaffali. Ecco. Era questo il dubbio che lo tormentava da tutto il fine settimana. Ce l’avrebbero mai fatta? Chris, scherzando, una volta aveva detto che “dobbiamo assolutamente diventare delle rock-star, o io e Jonny passeremo la vita a pulire i bagni del campus”, lavoro che lui e Jonny svolgevano per pagarsi l’affitto. Ma era solo uno scherzo: se anche la musica non fosse diventata il loro lavoro, Chris, Jonny e Will avrebbero comunque avuto una laurea in tasca, la possibilità di trovare un buon lavoro, non avrebbero continuato a pulire bagni. Lui, Guy, cos’aveva? Il diploma di scuola superiore e un paio di anni sconnessi di università. Ah, e la sua provata esperienza di barman. Sospirò, leggendo la track-list del nuovo Cd dei Radiohead. A Chris sarebbe potuto piacere?
Era stata una buona idea abbandonare la scuola? Quando l’aveva fatto, qualche mese prima, aveva pensato che era inutile continuare a sgobbare inutilmente, se poi sarebbe diventato un musicista professionista. Che poi, era solo un bassista, e il bassista veniva sempre ignorato, a meno di non essere Paul McCartney. Chris poteva continuare a ripetere quanto voleva che sarebbero diventati famosi solo per il bel faccino di Guy, lui restava un bassista sfigato. Posò il Cd - non aveva tutti quei soldi – e passò ai Pink Floyd. La sua attenzione vagante venne attratta da un cartello che indicava ‘Musical Room’. Vi si diresse e, oltre una porta, trovò il paradiso in una stanza straripante di chitarre, bassi, violini, flauti, sax e decine di altri strumenti musicali. Curiosò fra le chitarre e i bassi, prendendone alcuni e provando alcune note, esitante, come ogni volta che prendeva in mano uno strumento nuovo. Un’elegante Fender nera lo guardava amorevolmente da un angolo, ma si trattenne. Si diresse invece verso un espositore oscurato da tutte quelle meraviglie, scovando confezioni di plettri. Ecco, quelli gli servivano, dato che Chris continuava a perdere i suoi.
Era dalla sera del concerto che aveva iniziato ad arrovellarsi con quei dubbi. Il contratto. Non sapeva perché, ma non l’aveva reso particolarmente entusiasta. Se fosse stato un buco nell’acqua? Avrebbero superato la delusione? Lui l’avrebbe superata?
Prese una confezione da dieci plettri medi, poi si soffermò su un plettro con l’immagine di Jimi Hendrix. Jonny lo adorava. Vide il prezzo, e constatò che era piuttosto caro per trattarsi di un comune plettro, quindi avrebbe potuto usarlo come regalo di Natale. Ne scovò anche uno con Bob Dylan per Chris, mentre per Will scelse i Beatles. Rimase affascinato da uno nero metallizzato con una miniatura di The Dark Side Of The Moon, che Joanna adorava, e pensò che avrebbe potuto farci un buco, infilarci una cordicella e regalarglielo. Magari avrebbe chiesto aiuto a Delilah. E magari avrebbe preso anche un Cd a Jo, perché no, lei era importante, non poteva presentarsi solo con un plettro… Mentre si riempiva le mani di altri plettri per i suoi amici, ripensò agli sguardi preoccupati che gli aveva rivolto quella mattina. Forse avrebbe dovuto parlarle, o lei avrebbe potuto insospettirsi e andare a pensare chissà cosa, ormai la conosceva bene, aveva una fervida fantasia. Ma poteva fidarsi di lei. Sorrise inconsapevolmente.
Dieci minuti dopo, pagò la sua ventina di plettri assortiti e un 7 pollici polveroso. L’uomo al banco lo guardò sorridente e stupito.
«Mica tutti per te?»
Guy scosse la testa.
«Regali per degli amici.»
«Ah, be’, devono essere dei grandi amici se si accontentano solo di plettri» scherzò bonariamente l’uomo, prendendo i soldi che il ragazzo gli porgeva ridendo.
Uscendo, Guy vide di sfuggita Chris e Delilah andare verso il supermercato dall’altra parte della strada, ridendo e chiacchierando. Sì, l’uomo aveva ragione: aveva dei grandi amici, era fortunato. Non avrebbe più dovuto pensare a quelle cose, era sbagliato, doveva credere in loro. Forse, proprio grazie a loro sarebbe riuscito a liberarsi di quei dubbi, quei fantasmi tormentati.
 
♪♬
 
Delilah osservò scettica il contenuto del carrello.
«Non puoi seriamente pensare di comprare dodici pacchi di brownies e biscotti al cioccolato.»
«Perché no? Sono buoni» argomentò Chris, spalancando gli occhi. A Delilah ricordò tanto un bambino.
«Non puoi nutrirti solo di biscotti! Devi mangiare anche cibo vero!»
«Guarda che ho un metabolismo fantastico, posso mangiare tutti i biscotti che voglio e non mettere su nemmeno un etto.»
«Questo lo vedo» constatò la ragazza, punzecchiandogli la pancia piatta. «Ma un paio di chiletti non starebbero male sopra questi ossicini…»
Lui rise, tentando di schivare le sue dita sottili.
«Lila, non stuzzicare il cane…»
Per tutta risposta la ragazza rise e prese a solleticarlo, ma Chris la schivò e la prese da dietro, bloccandole le braccia e facendole il solletico ovunque. La ragazza soffocava fra le risate e i deboli tentativi di liberarsi.
«Te la sei cercata» disse Chris, ridendo anche lui. Aveva il cuore che batteva a mille, e il profumo di fiori dei suoi capelli rossi non lo lasciava pensare lucidamente.
Quando una signora anziana disse loro che erano una coppia bellissima, stavano davvero bene insieme e avrebbero avuto tanti bambini biondi, arrossirono e Chris la lasciò andare.
«Ok, hem… Allora, io vado di là a prendere della verdura e del pane, tu vedi di disfarti di quella roba, sì» mormorò Delilah, ancora rossa in viso, sistemandosi la borsa di tela in spalla, per poi allontanarsi. Chris ripose disordinatamente alcuni pacchi di dolci e si affrettò a seguirla. Si ripresero lentamente dall’imbarazzo e, battibeccando allegramente come loro solito, arrivarono al reparto dei surgelati con un carrello ragionevolmente pieno di alimenti di vario genere, e non solo biscotti.
«Hey, che giorno è oggi?» chiese improvvisamente Delilah, esaminando una confezione di pizza surgelata.
«Dodici» rispose Chris. Si illuminò improvvisamente.
«The Twelve Days Of Christmas!» esclamò, poi prese le mani della ragazza e improvvisò una danza cantando la popolare canzone natalizia, sebbene si riferisse ai dodici giorni dopo Natale, sotto lo sgomento dei passanti. Delilah rise come una bambina.
«… and a partridge on a pear tree! E poi basta, non me la ricordo più» disse Chris, fermando all’improvviso la sua danza saltellante, ma senza lasciare le mani fredde di lei.
«Tu sei tutto matto» sorrise lei.
«Lo so.»
Rimasero a fissarsi per qualche istante. Delilah si perse nei suoi puliti occhi chiari, che le ricordavano tanto i cieli invernali della sua Glasgow. Si sentì improvvisamente bambina, in una giostra come quelle delle fiere che si tenevano prima di Natale, la voce di Chris che si sovrapponeva alla sua quando cantava quella carola con i bambini del vicinato. L’odore di cannella, canditi e pudding si insinuò nelle sue narici dai meandri della memoria e davanti agli occhi sfavillarono le luci della candele della chiesa.
Quasi inconsapevolmente, si avvicinò a lui, ai suoi occhi celesti, il battito del cuore che accelerava. Voleva solo scoprire se anche lui profumava di cannella…
«Delilah!»
L’esclamazione irata la fece sobbalzare. Si voltò e vide Claire, Megan e Nathan avvicinarsi. Lasciò le mani di Chris.
«Oh, ciao! Io…Che ci fate qui?» chiese, senza guardare Chris. Nathan alzò le bottiglie di birra che aveva in mano come risposta.
«Tu che ci fai qui, Delilah?» le chiese, una vibrazione autoritaria nella voce baritonale. Megan non le diede il tempo di rispondere.
«Non te l’abbiamo detto, Nathan? Doveva studiare con il suo amico Chris. Anche se a me non sembra affatto che stiano studiando» disse, guardando maliziosa i due. Delilah strinse i pugni.
«Allora sei tu Chris, il musicista. Io sono Nathan» si presentò il ragazzo, allungando la mano libera verso Chris e scrutandolo con i suoi freddi occhi marroni dall’alto della sua figura ben piantata. «Esco con Delilah.»
Chris deglutì un piccato ‘lo so, idiota, siamo solo amici’ e gli strinse la mano mormorando il suo nome. Non poté fare a meno di notare la sua stretta vigorosa, i suoi capelli perfettamente lisci e scuri, il viso regolare dalla mascella squadrata. Aveva paura a fare il confronto con se stesso.
Il silenzio si dilatò scomodo, finché Claire non prese l’iniziativa.
«Nathan, perché intanto non fai la fila alla cassa? Noi e Delilah dovremmo parlare un momento» fece, spingendolo verso le casse. Lui salutò freddamente Chris e Delilah e si allontanò.
«Non ti dispiace se te la rubiamo, vero?» disse Claire rivolta a Chris, e senza attendere una risposta, la trascinò un metro più lontano.
Claire incrociò le braccia, notando compiaciuta che il ragazzo non le guardava ma era abbastanza vicino da poter sentire, e disse, con piglio beffardo:
«Le mie congratulazioni, Delilah, hai preferito passare il pomeriggio a saltellare per il supermercato cantando canzoni per bambini che uscire con Nathan. Davvero, complimenti»
Chris sperò che Delilah rispondesse qualcosa, qualsiasi cosa, ma, con una stretta al cuore, la vide voltare il viso verso Nathan alle casse poco distanti.
«Anzi, saltellare per il supermercato con Martin: un musicista sfigato da quattro soldi, alto e secco come un lampione, con dei vestiti insensati, una zazzera indefinita in testa e i denti storti. Ottima scelta.»
Delilah, mortificata, alzò gli occhi verso Chris, che guardava a terra. Come facevano a notare quei particolari assurdi e non vedere invece i suoi grandi occhi, le sue belle mani, la sua voce calda e morbida?
«Non fa proprio per te, Delilah, noi lo diciamo per il tuo bene. Tu e Nathan siete molto più belli insieme» rincarò Megan.
Come potevano fermarsi solamente all’apparenza? Chris era una persona meravigliosa, un grande amico, chi se ne importava se non era bello? Che poi, quelle erano opinioni opinabili, la vecchietta aveva detto che ‘erano una coppia bellissima’
Ma davvero era amica di persone così superficiali?
Fermo accanto al carrello, Chris aveva stretto i pugni e fissava la schiena di Nathan.
Quando se ne accorse, per Delilah fu come ricevere uno schiaffo da una mano gelida. Chiuse gli occhi. Basta.
«È vero, il più bello del gruppo sono io, senza ombra di dubbio. Purtroppo non so cantare, quindi dobbiamo accontentarci di questa pertica bionda, ma anche come bassista, sono sufficientemente bello per attirare l’attenzione anche sugli altri tre.»
Guy era emerso dagli scaffali con un pacco di cioccolatini e, non visto, aveva osservato la scena e ascoltato la conversazione. Ora guardava trionfante le due ragazze sgomente, con un braccio intorno alle spalle di un Chris imbarazzato. Era piuttosto orgoglioso di se stesso: di solito non parlava facilmente con estranei, né faceva battute, ed era in assoluto la prima volta che scherzava sulla sua presunta bellezza. In effetti, era la prima volta da giorni che scherzava.
«Quindi ora vorrei pregare le signore di smettere di dire che questo qui è uno sfigato, altrimenti si demoralizza e non canta più, ma a noi serve, perché è anche grazie alla sua voce se facciamo concerti. Ovviamente, il resto del merito, è del mio bel faccino» continuò, accennando prima all’amico, poi a se stesso con la scatola di cioccolatini. Le due ragazze si imporporarono.
«Se questi sono gli amici che ti sei scelta Delilah…» mormorò Claire, poi prese l’amica sottobraccio e si allontanarono, tentando di darsi un contegno.
«Bene» sospirò Guy, mollando le spalle di Chris. Era una posizione piuttosto scomoda, considerando che il ragazzo era molto più alto di lui.
«Ora devo andare, vado a fare una sorpresa a Jo. I ringraziamenti a Natale: voglio regali belli e costosi. Ci si vede» disse, salutò i due e sparì nella fila per le casse, improvviso com’era venuto, con un’energia che non aveva da giorni.
«Quel ragazzo è un mistero» mormorò Chris, senza osare guardarla. «Però non aveva tutti i torti…»
«Chris, mi dispiace così tanto»
Aveva le lacrime agli occhi. Lui sorrise mestamente.
«Non importa. Non è la prima volta che mi dicono che mi vesto male.»
Delilah deglutì, incerta su cosa dire.
«Meglio se andiamo» la anticipò il ragazzo cercando di suonare rassicurante, di mostrarle che non le importava di come lo avevano definito le sue amiche.
Delilah lo seguì con lo sguardo a terra. Si sentiva una vigliacca, una codarda. Avrebbe dovuto impedire che dicessero quelle cose, avrebbe dovuto fermarle e mandarle via. Non avrebbe mai pensato che sarebbe stato così difficile liberarsene, senza contare che non era sicura di esserci riuscita.
Ricacciò le lacrime e prese fiato.
«Io penso che siano soltanto delle oche, non penso quello che hanno detto, non esco con Nathan da due settimane, perché non mi piace, non mi è mai piaciuto veramente, penso tu sia un ottimo musicista, e abbia una voce bellissima e io sto bene con te» disse tutto d’un fiato, guardandolo timorosa come se avesse appena combinato una marachella. Lui sorrise piano, rinfrancato.
«Però una spuntatina a quei capelli potresti dargliela…» scherzò allora lei, arruffandogli i ricci biondi. Lui rise e, tornando a chiacchierare allegramente, prendendo in giro il tono baritonale di Nathan o i modi affettati di Megan e Claire, pagarono la spesa e uscirono. Era ormai buio, l’aria gelida sferzava loro i volti.
Chris si perse nei ribelli capelli rossi di lei, svolazzanti, mentre camminavano fianco a fianco nel silenzio inusuale della sera.
Noi non cambiamo mai, vero, Lila? Ci hai provato, lo capisco, ma ribellarti a te stessa non è facile. Stai provando a liberarti, ma cambierai veramente mai? E finiamo sempre qui, così: io incapace di dirti quello che provo, e tu troppo lontana da me per accorgertene, perché ancora non sai bene chi sei e dove devi andare. Con chi devi andare. Non cambieremo mai, Lila, perché io non riuscirò mai a dirti nulla di tutto questo.
Sospirò, mentre salivano le scale del suo palazzo, in silenzio. Se non altro, ho una nuova canzone.




***
Salve gentaglia! Grazie di cuore per aver letto fin qui! Mi rendo conto che il capitolo è lungo in maniera quasi indecente, ma non sapevo come accorciarlo, tutto mi sembrava importante. Giudicate voi, ditemi se va bene. Basta, non voglio annoiarvi oltre. Ah, per titolo ho scelto una sorta di medley (sì, pensarla così mi fa sentire importante u.u): Queen e Simon & Garfunkel. Lo so, non avrei potuto scegliere due artisti più incompatibili, ma qui la scrittrice sono io e decido io! Umpf. (No, non andatevene! ç_ç)
Ok, me ne vado. Ah, no, prima tanti auguri al nostro Jonnyboy! Chi canta con me? *cri cri*
Stavolta vado sul serio. Ciao ciao!
E.
  
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