Lo aveva
aspettato tutta la sera, non gli importava se la cena si sarebbe
freddata, né
tanto meno delle svariate pozioni da provare, prima di sperimentarle su
cavie
umane: gli mancava tanto così a trovare la cura per il
cancro, dovuto
all’aspirazione di fumo di drago. Quelle bestiacce! Ancora
non capiva, perché i
maghi si ostinassero a catturarli e addestrarli.
Sospirò
per
la trentesima volta in mezz’ora; era in ritardo di quattro
ore. Cominciava a
essere preoccupato. Era consapevole che i turni da Auror di Harry
durassero
fino a notte fonda, ma solitamente lo avvertiva, soprattutto se in
giorni
importanti come il loro anniversario di matrimonio.
Si
portò una
ciocca bionda dietro l’orecchio, fissando il fuoco del camino
scoppiettare. Era
inutile rimanere lì con le mani in mano, agitarsi non
avrebbe portato Harry a
casa prima della fine dei suoi compiti.
Non gli
andava di lavorare, però, era la loro festa e aveva fatto
preparare la cena da
un elfo, regolarmente stipendiato, cui aveva persino concesso il giorno
seguente libero. Non era da lui, Draco Lucius Malfoy non si comportava
così,
non era stato educato così. Era cambiato, in quattro anni di
matrimonio e due
precedenti di convivenza era cambiato. Aveva provato a sopportare i
Weasley, la
Granger, persino il bambinetto che Harry guardava ogni settimana, come
si chiamava?
Ah, sì! Teddy Lupin. Uno scricciolo tutto pepe e marachelle,
che distruggeva
una parte diversa della loro dimora, ogni volta. A Draco non dispiaceva
averlo
intorno, in quei momenti la parte paterna di Harry veniva fuori.
Sarebbe stato
un buon genitore. Ipoteticamente… niente di più
che una vana speranza. Anche se
Harry era il Salvatore di tutto e di tutti, nessuno gli avrebbe
concesso di
adottare; la paura dei Mangiamorte c’era ancora, inculcata
nelle menti di tutti
i maghi. Quale associazione sarebbe stata tanto pazza da concedere un
bambino a
Draco.
Si stese sul
divano, guardando le fiamme, mentre una lacrima scendeva sul suo viso,
non la
scacciò via. Nessuno poteva vederlo; non gli sarebbe
importato, in ogni caso.
La scena,
accaduta due sere prima, gli tornò alla mente.
Harry era
seduto vicino a lui, su quel divano e gli aveva chiesto:
“Qual è il tuo
desiderio più grande?”
Draco aveva
storto il naso a quella domanda, rivolgendogli un’occhiata
storta. Era ancora
restio ad aprirsi così, persino con lui. In
realtà, ne aveva molti di desideri,
alcuni sciocchi, altri irrealizzabili. Il più importante non
riusciva ad
ammetterlo nemmeno con se stesso.
Il silenzio
si protraeva da troppo, doveva rispondere. Diede quella che Harry si
aspettava.
“Vorrei
poter liberare mio padre.” Disse sincero, non era di certo
quello più profondo,
ma era vero.
Sentì
Harry
stringergli una mano e il suo sguardo verde divenne triste, quasi
lucido.
“Ti
capisco…
mi spiace…” disse, scuotendo la testa.
Draco
poggiò
la testa sulla sua spalla. “Tu? Cosa desideri di
più al mondo?” chiese per
smorzare la tensione più che per reale interesse; odiava
mentire a Harry, lo
faceva sentire sporco.
L’Auror
sembrò pensarci su, poi cominciò a elencare:
“Ricco? Direi che lo sono a
sufficienza… felice? Sicuro, non lo sono mai stato
tanto… che altro? Amici? Ne
ho di sinceri, anche se sono pochi e mi bastano… una casa?
Ci vivo dentro,
quindi c’è ed è anche raffinata e
decorata elegantemente… non per merito mio,
s’intende!” Disse, guardandolo di sottecchi e
ridendo sommessamente. Draco
rispose con un sorriso, facendogli segno di continuare con un gesto
della mano.
“Hm…
un
lavoro? Stancante, ma è quello che ho sempre
sognato… la fama? Non era
richiesta, ma ben venga… e infine, ma non per questo meno
importante… ho un
marito stupendo… che potrei desiderare di più? La
mia vita è perfetta!” Draco
aveva sorriso, sinceramente colpito da quelle parole; ma aveva sentito
come una
stilettata nel centro del petto, anche Harry mentiva.
Quella sera
aveva fatto l’amore lì, sul divano con il fuoco
accesso, guardandosi negli
occhi.
Harry si era
addormentato quasi subito. Draco no. Draco pensava e piangeva. Aveva
pianto
tutta la notte. Senza singhiozzare. Senza svegliare Harry.
Il Mattino
dopo, aveva fatto finta che non fosse accaduto nulla, che quella breve
conversazione non avesse distrutto il suo equilibrio.
E adesso,
mentre aspettava Harry, ripensava al suo desiderio più
grande, che non avrebbe
mai pronunciato ad alta voce.
-Avere un
figlio…- pensò Draco. –Poter dare a
Harry il figlio che si merita… non
adottarlo, ma partorirlo…- Poter vedere quanto sarebbe
assomigliato a loro,
crescendo. Se chiudeva gli occhi, riusciva a vederlo, a vederli, si era
immaginato sia il maschietto sia la femminuccia. Era come se fossero
davanti a
lui, un bambino con i capelli neri di Harry, ma lisci come i suoi e gli
occhi
grigi, che gli sorrideva felice, stringendo la manina della sorella:
una bimba
dai capelli biondi ricci e gli occhi verdi.
Si
tirò su a
sedere, scuotendo la testa per scacciare quei pensieri, quelle immagini.
Avrebbe
voluto chiedere a Harry come li immaginava. Non ne aveva il coraggio.
L’idea
che il bruno non ci avesse mai neanche pensato, lo rendeva triste.
Chissà
un
giorno, qualcuno avrebbe inventato una pozione in grado di rendere
possibile
persino quello. Non l’avrebbe di certo concesso a lui, al
reietto che si era
salvato e che tutti volevano morto, anche se non lo dicevano
apertamente.
Si
ributtò a
peso morto sul divano, addormentandosi con le lacrime che solcavano
ancora le
sue guance. Solo due minuti dopo, Harry avrebbe aperto la porta,
pensando:
-Sono a casa! Finalmente!-
Questo Draco
non lo sapeva, mentre chiudeva gli occhi con l’immagine di
una famiglia felice,
la loro famiglia felice, che non ci sarebbe stata? Chi lo sa, forse in
un
futuro. I desideri sono come la speranza, fanno parte di essa. E
muoiono con
lei, per ultimi.