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Autore: LovleySev394    12/09/2013    1 recensioni
FURT
Cosa fareste se sapeste di stare vivendo gli ultimi momenti della vostra vita? Cosa direste, quale sarebbero i vostri ultimi pensieri? E soprattuto... riuscireste in pochi minuti a rimediare gli errori di una vita intera?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Burt Hummel, Carole Hudson, Finn Hudson, Kurt Hummel | Coppie: Finn/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Skyfall



 
 
Dedicata al pilota dell’aero che ho preso per andare a Londra, che mi ha fatto vivere cotante belle emozioni….
 
 






La famiglia Hummel-Hudosn era famosa per le loro vacanze.
O per meglio dire, per le loro partenze: difatti sembravano un gruppo di completi sconosciuti che si incontrano per caso all’aeroporto e scoprono di condividere la destinazione della vacanza.
Di fatti, a capo del gruppetto uscito dal taxi, stava Kurt, già davanti ai pannelli con le partenze degli aerei, due enormi bauli bianchi con decorazioni rosse, abbigliato di tutto punto, con tanto di occhiali da sole scuri e aria da modello di un’importante casa di moda di Parigi.
Dietro di lui Carole aveva quasi tirato fuori tutto dalla valigia perché non si ricordava se avesse perso lo spazzolino e stava ammontando di lato una serie infinita di vestiti, guide, scarpe, facendo fare lo slalom ai poveri visitatori dell’aeroporto.
Burt con aria spaesata stava tirando ancora fuori la sua valigia dal taxi e intanto cercava di leggere sui biglietti l’orario di partenza dell’aereo, senza accorgersi che stava guardando quelli del ritorno.
E infine Finn che entrato nell’aeroporto non era riuscito a stare dietro a Kurt che si era diretto come un siluro verso i pannelli con gli orari, perché ostacolato dall’enorme zainone che aveva sulle spalle abbinato alle scarpe da trekking e il berretto gli mancava solo il piccone e poi era un perfetto montanaro.
“Finn”, gli aveva detto Kurt alzando il sopraciglio quando lo aveva visto uscire di casa, “Stiamo andando in Grecia non in Polonia”, ma lui aveva replicato che Carole lo aveva assillato tutto il tempo con sta’ storia dell’arietta condizionata che c’è in aereo e del rischio di infreddarsi, che non voleva correre rischi.
Così quando finalmente tutti furono riusciti a raggiungere Kurt, e Carole avesse scoperto che lo spazzolino ce lo aveva in tasca perché così ‘si sarebbe ricordata di averlo preso’, i nostri ‘completi sconosciuti’ erano di nuovo assieme.
Dopo una veloce discussione in cui Kurt tentava di spiegare dove dovessero andare, continuamente interrotto da Finn che si lamentava che lo zaino era pesante e che aveva caldo, riuscirono a imboccare la giusta via verso l’imbarco.
Dopo tutto, nonostante non lo sembrassero, erano una famiglia che funzionava: Burt e Carole erano anime gemelle… e Finn e Kurt… be dopo quasi due anni che erano fratelli avevano inizialmente imparato a ‘sopportarsi’ e piano piano avevano anche cominciato a coltivare un rapporto più affettivo, fino a che non erano arrivati a com’erano ora. Se chiedevi a Finn ‘Ehi come va con Kurt?’, la sua prima risposta era, ‘Bene: intanto ho smesso di farmi la doccia con le mutande!’. Potrebbe sembrare una risposta assurda, ma significava che Finn aveva imparato ad accettare Kurt, e a volergli bene proprio così come era. Non ostante ogni tanto la voglia di strozzare quel sappientino era molto forte. Però… c’era qualcosa, c’era ancora qualcosa che gli teneva separati, forse il fatto che non erano davvero fratelli, che erano stati catapultati uno contro l’altro improvvisamente l’avessero voluto o no, forse il fatto che ogni tanto Finn ancora si sentiva imbarazzato e gli ritornava in mente che forse farsi la doccia con le mutande sarebbe stato meglio o forse…
Kurt ammonì suo padre che si era seduto sulla valigia mentre erano infila che aspettavano aprisse l’imbarco:
“Papà se ti siedi sulla vaglia la sfondi!”.
Burt lo guardò interdetto:
“Devo prenderla come un’offesa?”.
Kurt roteò gli occhi:
“Ma no! Non vale mica solo per te: anche se io mi sedessi si sfonderebbe…”.
“Questo poi è sicuro..”, sogghignò Finn.
“Disse colui che ha stracciato i pantaloni nuovi la prima volta che gli ha messi da quanto era informa”, commentò Kurt.
“E’ stato un incidente quei pantaloni erano troppo piccoli! E poi scusa, vogliamo parlare di quella volta in cui tu hai…”.
“Ragazzi!”, esclamò Carole, “Non gridate ci stanno guardando tutti!”.
I due si lanciarono un’occhiata torva, subito spezzata da un altro gridolino di Kurt dato che Burt, quatto quatto, aveva di nuovo provato a sedersi sulla valigia.
Era un periodo in cui Kurt era un po’ acido e scorbutico con tutti, si anche più del solito. Dopo che aveva saputo che non era stato preso alla NYADA era come se tutta la sua vita gli fosse franata davanti, ora si sentiva solo un’inutile gay isterico, come tanti altri, con tanto talento, ma senza un futuro e senza vere ambizioni. Uno schifo insomma.
In realtà anche Finn era molto tormentato: aveva messo Rachel su un treno e l’aveva vista andare via, dritta verso il suo sogno che per lei ero così chiaro, così limpido, mentre lui... lui non sapeva più da che parte voltarsi… e vedere che anche Kurt, che sembrava sempre così sicuro di se, così deciso, era nella sua stessa situazione lo faceva sentire ancora peggio, perché se non ce l’aveva fatta lui che hai sui occhi era ‘il migliore’… allora come ce l’avrebbe potuta fare lui con quell’aria da fesso stampata sulla faccia?
Questa vacanza con i rispettivi genitori era un po’ un occasione per entrambi per staccare, per fermarsi a riflettere su cosa veramente volevano fare della loro vita.
Finalmente la fila cominciò a scorrere con grande gioia di Burt, perché erano abbastanza avanti così avrebbero preso i posti migliori, subito però seguita dal disappunto di tutti, che non potevano andare perché Finn era andato in bagno a cambiarsi perché stava squagliando dal caldo.
“Secondo me ora torna in costume”, commentò Kurt mentre si spostavano di lato e con aria mesta lasciavano passare tutti che gli ricambiavano con grandi sorrisi, stupendosi di quanto erano magnanimi.
Quando erano rimaste pochissime persone affiorò Finn che con molta calma e un sorriso stampato sulla faccia si riunì al gruppo, stupito che tutti avessero quelle facce torve.
Così alla fine furono gli ultimi a salire.
Salita la scaletta e entrati nell’aereo si misero alla disperata ricerca di posti che erano quasi tutti occupati ed era ormai impossibile trovarne di vicini.
Burt ne trovò uno abbastanza avanti e ci si mise lui, e nel posto dietro si sistemò Carole.
Kurt e Finn sconsolati, proseguirono sperando di trovare due posti vicini perché nessuno dei due aveva voglia di farsi il viaggio da solo.
Kurt arpionò il braccio di Finn:
“Appena trovi due posti Finn prendili, lo sai che io ho una paura fottuta dell’aereo! Non mi voglio fare il viaggio da solo anche a costo di uccidere, pur di stare vicino a te”.
Finn stava per ribattere, ma adocchiò due posti vicini  e ci si ‘gettò’ sopra nel vero senso della parola, sistemandosi vicino al finestrino e lasciando a Kurt il posto affianco.
“Oh per fortuna”, sospirò Kurt mentre si sistemavano.
Dopo qualche minuto, Kurt aprì la sua borsa estraendo i’I-pod con le cuffie, ma fu fermato da Finn:
“Ti dispiace se invece parliamo un po’? Avrei delle cose da chiederti…”.
Kurt alzò il sopracciglio:
“D’accordo… mi inquieta però il fatto che mi vuoi fare l’interrogatorio…”.
Finn sospirò:
“Non ti voglio fare l’interrogatorio, è solo una chiacchierata così… tra fratelli…”.
“Eh va bene”, acconsentì Kurt di mala voglia mettendo via l’I-pod, “Forza, spara”.
“Allora…”, cominciò Finn, “E’ da un po’ che te lo volevo chiedere, però mi devi promettere che non ti arrabbierai e che mi darai una risposta sincera, eh? Ok… Blaine ti sta facendo soffrire?”.
“Che cosa?!”, Kurt strabuzzò gli occhi, “No! Oh Finn per amor del cielo, ancora con questa storia? Come fai a dirlo?”.
“Ecco… ora però non ti devi arrabbiare… io ho la camera vicino alla tua, i muri non sono molto spessi e se sono in silenzio perché sto leggendo o sto studiando, dato che tu parli molto forte si sente un po’ quello che dici. L’altro giorno eri al telefono con Blaine, avete finito di parlare, non fare quella faccia! Non so di cosa parlate, quello non si sente, ma sono sicuro che finita la telefonata ti ho sentito piangere… ripeto la domanda: Blaine ti sta facendo soffrire?”.
Kurt sgranò gli occhi:
“Finn Hudosn quando mai imparerai a farti gli affari tuoi? Tu non c’entri nulla in questa storia, quindi non immischiarti. Non ho bisogno di te, me la so cavare benissimo da solo!”,così dicendo si voltò dall’altra parte mentre l’aereo cominciava a raggiungere la pista per il decollo.
Finn rigirò Kurt verso di se:
“Kurt… puoi smetterla di essere acido per cinque secondi? Non lo sto facendo per farmi gli affari tuoi, lo sto facendo perché sono tuo fratello, ti voglio bene e mi sento responsabile nei tuoi confronti…”.
“Non ti ho mai sentito dire una cosa così da quando ti conosco, quanto ti ha pagato mio padre per farmi questa ramanzina?”.
Finn scosse la testa:
“Allora non riesci davvero a non essere acido… ti prego Kurt, devi aprirti con me! Sono tuo fratello!”.
“Tu. Non. Sei. Mio. Fratello”, scandì Kurt prima di girarsi dall’altra parte definitivamente.
L’aereo stava prendendo velocità e la rabbia di Kurt fu sostituita dalla sua terribile paura dell’aereo, in automatismo afferrò la mano di Finn conficcando la unghie nel suo palmo, mentre l’aereo andava sempre più veloce:
“Ahi Kurt, mi fa male!”, si lamentava Finn.
“Stai zitto!”, disse velocemente Kurt mentre sentiva già la pressione che gli tappava le orecchie, non ostante non si fossero ancora sollevati da terra.
E poi avvenne.
Come in un guizzo le ruote dell’aereo si staccarono dal suolo e Kurt strinse con la mano libera il braccio di Finn chiudendo gli occhi per non guardare il suolo che velocemente si allontanava:
“Ehi guarda che figo, le casine piccole piccole, sembrano quelle del lego!”, esclamava Finn divertito che guardava fuori dal finestrino entusiasta.
Kurt rispose mugugnando qualcosa fra i denti e mollando il braccio di Finn, per poi riaggrapparcisi pochi secondi dopo dato che l’aereo aveva lievemente avuto un sobbalzo.
“Hai paura?”, gli chiese Finn stupito osservandolo.
“Sono così calmo che se mi rivolgi di nuovo la parola potrei picchiarti a sangue”, mugugnò Kurt.
Finn sobbalzò e capì che era meglio lasciarlo stare, così si rivoltò verso il finestrino e riprese a guardare di sotto, parlò senza quasi accorgersene:
“Chissà come sta Rachel…”, era un pensiero che lo tormentava spesso, si era ripromesso di lasciarla libera per un po’ e di aspettare per farsi vivo, in modo che lei avrebbe avuto modo di ambientarsi meglio a New York, senza sentirsi legata a Lima e a lui. Ma era inutile dire che non passava giorno in cui non pensasse a lei.
“Immagino da Dio, ora che il suo sogno si sta realizzando”, rispose Kurt in tono sconsolato, poi si voltò verso Finn che gli dava le spalle e chiese insicuro, “Ti sei mai pentito di averlo fatto?”.
“Cosa?”, chiese Finn voltandosi.
“Di non essere andato con lei. Di averla fatta partire da sola… sai com’è fatta Rachel… non sarebbe una novità se ti scaricasse con il primo newyorkese della NYADA che gli capita sotto tiro…”.
Finn si rabbuiò.
“Scusa”, si affrettò a dire Kurt, “Non volevo essere indelicato…”.
“Ma no hai perfettamente ragione. Però… è anche per questo che l’ho fatto: insomma è come una prova per lei…. Per noi. Per vedere se siamo veramente destinati uno all’altro e allora qualsiasi cosa succeda alla fine non potremo che ritrovarci assieme, non credi?”.
Kurt era stupito:
“Non ti facevo così intelligente Finn!”.
“E invece io l’ho sempre saputo che sei uno stronzo”, commentò Finn tirandogli una gomitata.
Kurt scoppiò a ridere proprio nel momento in cui le luci che indicavano che la cintura andava chiusa si spensero: il decollo era finito.
“Oh non ci posso credere, mi hai quasi fatto dimenticare che eravamo in aereo!”, disse Kurt stupito, slacciandosi la cintura e tirando fuori dalla borsa le cuffie per la musica.
“Be ora il decollo è andato, devo solo distarti dopo per l’atterraggio ed è fatta”.
Kurt sorrise infilandosi le cuffie e lasciandosi scivolare nella musica, mentre Finn chiudeva gli occhi per schiacciare un pisolino.
Pareva un normale anzi normalissimo viaggio, l’aereo andava tranquillamente e il cielo era limpido. Kurt canticchiava e Finn lo guardava con gli occhi socchiusi per non farsi notare, ridacchiando vedendo tutte le smorfie che faceva a seconda della canzone che capitava.
Davanti Burt stava sonnecchiando mentre Carole era intenta a leggere una guida della Grecia ad alta voce sicura che Burt la stesse ascoltando, mentre in realtà pareva più interessata la vicina di posto che altro. Tutto era tranquillo e l’atmosfera era rilassata. Nessuno dei passeggeri, si sarebbe mai potuto immaginare, di stare vivendo gli ultimi minuti di pace prima della disperazione più completa.. la calma che precede la bufera.
E infatti il tempo era cambiato: il cielo si era ingrigito sempre più e pareva proprio che si stessero abbassano, entrando in una nuvola grigiastra.
Kurt si tolse le cuffie allarmato:
“Perché stiamo perdendo quota, non è possibile che siamo già arrivati…”.
Finn guardò anche lui e ipotizzò:
“Magari per qualche corrente d’aria dobbiamo abbassarci un po’”,
“Si, ma non capisco stiamo proprio entrando in quelle nuvole grigie!”, il tono di voce di Kurt si stava facendo più allarmato.
“Ehi Kurt! Stai tranquillo il guidatore sa il fatto suo!”.
“Ma io non capisco, stiamo ancora scendendo”, Kurt iniziò a muoversi sulla sedia per guardare meglio. “Come è possibile che…”, ma la voce gli si strozzò in gola dato che nell’aereo rimbombò il DIN, del segnale delle cinture che si era acceso.
Kurt e Finn si allacciarono le cinture, entrambi alquanto allarmati a questo punto, mentre l’aereo cominciava a scendere sempre più giù finché….
Il bianco.
Intorno a loro era tutto bianco: erano entrati nella nuvola.
Era una cosa stranissima, pareva di essere proprio nel mezzo del nulla,,, e la cosa più inquietante, era che il bianco… a poco a poco… stava diventando grigio…
Kurt e Finn erano immobilizzati, così come il resto dell’aereo.
Tutti tacevano i respiri sospesi, in attesa che il pilota dicesse qualcosa, che gli rassicurasse… ma nulla.
Alcuni provarono a chiamare le hostess, ma non vennero.
“Ho paura”, Kurt riuscì a parlare con la voce impastata e tremante, era pallido gli occhi lucidi le mani che tormentavano il filo delle cuffie dell’I-Pod.
Finn non poté far altro che stringergli la mano mormorando:
“Va tutto bene”, anche se sapeva che non era così, perché in lontananza si udivano i boati dei tuoni e questo voleva dire… fulmini.
Un bambino davanti aveva iniziato a piangere spaventato dai boati che gli circondavano. Qualcuno aveva iniziato a chiamare a gran voce l’equipaggio e il comandante, finché non si udì una voce rimbombare nell’aereo:
“Signori, stiamo avendo dei problemi con il motore, vi preghiamo di rimanere seduti e non perder la calma a breve saremmo di nuovo in grado di riprendere quota…”, la voce si spense e tutti si misero a parlare contemporaneamente girandosi verso gli altri viaggiatori e vedendo il panico nei loro occhi.
“Finn”, Kurt parlava con la voce spezzata dalla paura, “Scusa per prima non avrei dovuto… è che sono così abbattuto per questa cosa della NYADA che spesso tratto male Blaine e lui me lo fa notare ed è scocciato e dice che non me la devo prendere con lui… e… sento che lo sto perdendo… lo sento così distante, ogni volta che parliamo è come se mi oltrepassasse con lo sguardo”, in quel momento guardò Finn con gli occhi pieni di lacrime, “Lui non mi ama più”, mormorò con un sussurro.
Finn non sapeva cosa dire, aprì la bocca per parlare, ma fu quello il momento in cui successe. Un boato. Un boato che riecheggiò per tutto l’aereo, che sconquassò l’aria, che fece tremare tutto. Era come se il mondo si fosse spezzato in due, c’erano lampi di luce, il frastuono assordante, puzza di bruciato, un rumore metallico, grida, persone, pianti e poi… buio…
L’aereo era nel buio.
Fuori il cielo era grigio e una nuvola di fumo circondava l’ala destra.
Alcuni passeggeri era svenuti, gli altri stavano immobili a guardarsi, aspettando di precipitare da un momento all’altro.
Ma ecco la voce del pilota di nuovo più roca dall’interfono:
“Un fulmine ha colpito fortunatamente solo di striscio l’ala destra dell’aereo. Non sappiamo per quanto riusciremo a proseguire in questo condizioni: dovremo riuscire a superare il temporale per tentare un atterraggio di emergenza, ma il motore non vi posso assicurare ce la faccia. Non voglio darvi false illusioni o dirvi ‘va tutto bene, è tutto sotto controllo’ perché non così. Ora dobbiamo solo pregare tutti per la nostra vita e la nostra salvezza…”, la voce si spese definitivamente.
Ci fu un attimo di silenzio: nessuno voleva ammettere che fosse vero, tutti erano troppo scioccati, spaventati senza fiato, senza parole… e poi… il panico. Tutti cominciarono ad urlare, a piangere, a cercare di rompere i finestrini con i pugni per buttarsi di sotto.
Kurt era scattato in piedi e aveva iniziato ad urlare:
“Papà! Papà dove sei? Papà ho bisogno di te!”, e stava cercando di liberarsi dalla stretta di Finn che lo aveva preso da dietro e cercava di farlo stare seduto:
“Kurt devi stare qui! E’ pericoloso!”.
“TI PREGO RISPONDIMI!”, continuava a urlare Kurt, “Papà ti voglio bene! Papà!”.
“KURT CALMATI!”, Finn lo girò verso di se stringendolo contro il suo petto mentre piangeva a dirotto tirandogli dei pugni per liberarsi:
“Voglio andare da mio padre! FAMMI ANDARE DA MIO PADRE! Voglio morire con lui! Voglio andare dalla mamma con lui!”.
“Shhhhh”, Finn lo zittiva tenendolo stretto a se, “Ora tuo padre è con mia madre e si staranno facendo forza a vicenda. Io sono con te ora Kurt, sta tranquillo ci sono io ora”, disse accarezzandogli i capelli, “Ci sono io… andremo insieme Kurt, andremo insieme… io da mio padre e tu da tua madre… ci rivedremo la…”, anche le guancie di Finn stavano iniziando a riempirsi di lacrime.
L’aereo sobbalzava e pareva sempre più stanco ogni minuto che passava, il rumore metallico era sempre più assordante e il fumo intorno all’ala sempre più nero, ma almeno la luce era tornata. Dopo i minuti di panico tutti i passeggeri si era zittiti: il silenzio della rassegnazione. L’uno stretto all’altro che si confortavano a vicenda, i bambini che piangevano sommessamente e le mamme che li cullavano.
Kurt si strinse contro Finn piangendo forte contro il suo petto:
“C’è qualcosa…”, disse tra i singhiozzi, “C’è qualcosa che mi vorresti dire… dato che stiamo per…”.
“Si c’è”, disse l’altro facendogli sollevare il viso, “Non piangere. Non piangere, Kurt. Se questi devono essere gli ultimi minuti della nostra vita non piangere. Perché abbiamo avuto entrambi una vita bellissima. E dovremo essere contenti di averla vissuta fino ad ora”.
Kurt si asciugò le lacrime guardando Finn negli occhi:
“C’è anche…”, proseguì Finn, “Un'altra cosa che ti vorrei dire… Non te l’ho mai detto ma mi dispiace”.
“Per cosa?”, chiese Kurt.
“Mi dispiace di non essere gay. Perché se lo fossi ti giuro che tu saresti la mia prima scelta: perché sei bellissimo, sei acido, ma lo so che sei così solo perché hai visto il tuo sogno infrangersi, e senti che gli altri non ti comprendono perché sei superiore a loro e lasciatelo dire… è vero! Tu sei il migliore Kurt, e io lo so ,l’ho sempre saputo. E mi vorrei prendere cura di te, vorrei fare in modo che il tuo sogno si realizzi, vorrei mettere anche te su un diretto per New York dritto a conquistare quella luce che ti meriti!”
Uno scossone ancora più forte fece spegnere tutte le luci di nuovo e il motore si fece sempre più fioco mentre perdevano quota a sobbalzi.
“Sei proprio sicuro di non essere gay almeno un po’?”, chiese Kurt con gli occhi lucidi.
“No, non ne sono affatto sicuro…”, mormorò Finn, “Anche perché adesso avrei una terribile voglia di baciarti e… non è la prima volta…”.
“Dovevi aspettare che morissimo per dirmelo?”, chiese Kurt che sorrideva, ma aveva ricominciato a piangere silenziosamente.
“Posso?”, chiese Finn avvicinandosi al viso di Kurt, tirandogli su il mento con due dite e lasciando pochi centri menti di distanza tra le loro labbra.
“Mi chiedo cosa tu stai aspettando”, mormorò Kurt prima che le labbra di Finn toccassero le sue proprio mentre fuori riecheggiava un altro tuono e alcuni passeggieri avevano cominciato a urlare.
Finn cinse la vita di Kurt con un braccio e continuò a baciarlo con dolcezza, mentre Kurt piangeva bagnando le guance di entrambe di calde lacrime.
“Non lasciarmi andare Finn”, mormorò Kurt, “Mentre l’aero cade, voglio andarmene assieme a te”.
“Kurt, Kurt guardami”, disse Finn fissandolo negli occhi, “Io non ti lascerò andare, perché noi ci salveremo, ci salveremo Kurt! Te lo  prometto”, disse senza riuscire a trattenere le lacrime.
“Ti voglio bene”, disse Kurt semplicemente.
“E io ti amo”, rispose Finn baciandoli la fronte.
“Due parole che aspettavo da una vita e me le dici ora…”, mormorò Kurt sorridendo, “… proprio da Finn Hudson… ho passato tutti questi anni a cercare la perfezione insieme a Blaine, quando la cosa più sbagliata del mondo, come noi due assieme, è l’unica cosa che riesce a farmi dire che sono davvero innamorato”.
Burt e Carole si stavano tenendo per mano in quel momento, semplicemente si tenevano le mani e sorridevano pensando a tutta la loro vita, che gli scorreva davanti come in un film e ora attendevano solo.. i titoli di coda.
Finn teneva abbracciato Kurt, le loro mani intricate, entrambi con le lacrime che rigavano le guance, ma sorridenti e felici di trovarsi in quel momento insieme, felici di trovarsi vicini alla fine così pieni di amore e di vita.
  
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