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Autore: DulceVoz    12/09/2013    5 recensioni
Ad un mese dalla scomparsa di Maria, l’incubo non sembra ancora terminato: messaggi minacciosi cominciano a tormentare la vita delle persone a cui la famosa cantante aveva voluto bene… e se a questo vi si aggiungono misteriose scomparse la vicenda si complica ulteriormente… e se quello della maggiore delle Saramego non fosse stato un incidente? Se Violetta e Angie rischiassero tanto in una situazione davvero troppo complicata? La loro protezione, affidata a due bodyguards davvero speciali, cambierà le loro esistenze e nulla sarà più come prima… chi sarà il folle misterioso degli inquietanti avvertimenti? Riusciranno le nostre protagoniste a salvarsi dalle ire di qualcuno che vuole solo vendicarsi per motivi sconosciuti? Una storia di intrighi, azione e amore per gli amanti del giallo e del mistero.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angie, Leon, Pablo, Un po' tutti, Violetta
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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“- Allora, ricapitoliamo, lei e sua figlia avete ricevuto questo inquietante avvertimento…” esclamò il commissario, rigirandosi tra le mani il foglio del testo della canzone di Maria, trovato da Violetta e fissando l’immagine sul tablet, ovvero la stessa identica fotocopia con le lettere cerchiate ricevuta via mail da Castillo. “- Dobbiamo andare via di qui! Non siamo al sicuro a Buenos Aires! Mandateci dall’altra parte del mondo, che ne so, in Antartide o dove vi pare ma, per favore, fatelo in fretta!” iniziò German, in preda all’ansia cominciando a parlare senza sosta su quel viaggio da intraprendere al più presto. Il commissario, però, non lo ascoltava: aveva preso a fissare Angie che sembrava assorta nei suoi pensieri più profondi e ignorava la discussione. “- Signorina, lei è la sorella della Saramego, giusto?” chiese, d’un tratto, Roberto,  facendola sobbalzare di colpo. “- Sì, cosa vuole da me, scusi?” disse la donna, osservandolo con aria tesa. “- Lei non ha ricevuto nulla? Sa che dovrebbe parlarcene, vero? Se avesse avuto un qualsiasi tipo di avvertimento, come sua nipote e suo cognato sarebbe bene che io lo sapessi.” esclamò, con aria seria, il commissario Lisandro, lasciandola per un momento sconvolta. Come faceva a sapere che anche lei avesse avuto quella stessa minaccia? “- Signorina Saramego, io sto attendendo una risposta…” incalzò Roberto, analizzando la sua espressione scioccata. “- Perché le interessa tanto?” ribatté, acidamente, Angie. “- La lasci perdere, ormai è un’altra persona. Insopportabile, aggiungerei!” si intromise Castillo che, però, fu azzittito da un gesto della mano stizzito di Lisandro. “- A te non ti riguarda come sono o non sono! Taci! La vita è mia e la vivo come mi pare e piace!” rispose subito lei, con fare ribelle, agitando la sua chioma dorata con nervosismo. “- Signorina. ignori lui e ascolti me… io sono certo che anche lei abbia ricevuto qualcosa del genere e sa perché? Perché secondo le mie teorie, questa persona vuole colpire tutte le persone care a sua sorella… ed io so che voi due eravate molto legate, quindi sono certo che lei non voglia parlarne ma che abbia avuto un messaggio inquietante come questi due.” Spiegò, astutamente, il poliziotto facendo abbassare lo sguardo alla donna. Angie prese un profondo respiro e, aprendo la sua borsa, ne estrasse una  cartelletta e, dall’interno di quest'ultima, prese un foglio piegato in due, lo stesso  ricevuto anche dai suoi parenti. “- Ne ero certo. E perché non ce lo voleva dire? Sentiamo!” urlò quasi il commissario, alzandosi e camminando nel salotto avanti e indietro, nervosamente. “- Perché è già il secondo che ricevo. Avevo paura… ma che dovevo fare? E poi finché si trattava di me non me ne fregava niente. Adesso che vogliono intimorire anche mia nipote mi comincio a preoccupare sul serio.” Sbuffò lei, decisa e con sguardo fiero come sempre. “- Dove ha ricevuto questo? E l’altro?” chiese subito il commissario, facendo cenno al suo collega di ricominciare ad appuntare ogni parola sul bloc notes. “- Questo allo Studio, come Violetta. L’altro l’ho trovato nella cassetta della posta. Pensavo fosse uno scherzo di qualche idiota ma a questo punto non lo penso più, purtroppo. La cosa si è ripetuta e l’hanno ricevuto persino loro due.” Rispose la donna, con sguardo cupo e abbassando gli occhi sul pavimento. “- Bene, sono certo che tu abbia ragione, German. In Argentina non siete più al sicuro. Provvederò oggi stesso a creare dei documenti sotto falso nome per spedirvi in qualche paese lontano da qui.” Sentenziò Roberto, fissando ancora quei messaggi particolari. “- Quanto ci vorrà?” si informò subito German, preoccupato soprattutto per l’incolumità di sua figlia.
“- Due o forse tre mesi se velocizziamo il tutto. Ma non preoccuparti, so già cosa fare per proteggervi. La polizia collabora spesso con un’agenzia di guardie del corpo, quella fondata da Cardozo Valdez, per intenderci…” esclamò l’uomo, annotando poi, in prima persona alcuni dettagli su un blocco per appunti che teneva nella tasca della giacca. “- Due o tre mesi? Non si puo’ fare più in fretta? Qui si parla della nostra sicurezza, di quella della mia bambina, anche mia cognata è in pericolo e… se questo folle riuscisse comunque a colpire?” chiese Castillo, teso come mai in vita sua, torturandosi nervosamente le mani. “- No. Valdez è la guardia del corpo più in gamba di tutta l’America Latina e la sua agenzia non è da meno. Non metterei mai in pericolo dei cittadini sotto la mia tutela. In serata vi farò conoscere due bodyguards degni di questo nome, mi fido del capo dell’agenzia e lui saprà cosa fare. Potrete stare tranquilli con loro ma, attenzione! Nessuno deve sapere che avete delle guardie del corpo o la cosa desterebbe troppi sospetti.” Spiegò ancora il commissario, con decisione, posando quei due fogli misteriosi in un cellofan protettivo, prendendoli con delle pinze per esaminarli e chiudendo il tablet in un’altra busta per portarlo al commissariato e far analizzare anche quello. “- Mi scusi ma quindi lei sospetta che questo pazzo ce l’abbia con noi con qualche motivazione ben precisa? E poi che c’entra mia sorella? Il suo è stato un incidente o lei sospetta altro?” sbottò, nervosamente, la Saramego, mentre German tentava di allontanare la figlia, portandola per mano verso la cucina, dove Olga la portò dentro, per non farle ascoltare nulla di quei discorsi così difficili da affrontare anche per un gruppo di adulti.
La ragazza però, con una scusa, riuscì a sentire tutto, nascosta dietro la porta della stanza, avendo convinto la cuoca ad andare in giardino a prendere delle erbette per una tisana.
“- Sì, esatto. Potrebbe esserci relazione tra i vostri messaggi minatori e l’incidente. Dobbiamo riaprire il caso Saramego. Mi dispiace, so che è doloroso ma è l’unica cosa giusta da fare. Analizzeremo nuovamente tutti i documenti, in particolare le perizie sull’automobile e sul luogo dello schianto dell'auto. D’altronde non è passato così tanto da quella data… sono mortificato, ma voglio tenervi al sicuro e voglio capirci di più.” Sentenziò Lisandro, andandosi a risedere, proprio accanto alla Saramego. “- Dopo tanto soffrire si deve ricominciare a farlo…” balbettò German, abbassando gli occhi mestamente e sostenendosi il capo con una mano.  “- Comunque io non ho bisogno di una guardia del corpo. Me la cavo benissimo da sola, grazie.” Esclamò Angie, alzandosi per avvicinarsi a passo deciso e rumoroso a causa dei tacchi vertiginosi, verso la porta d’ingresso per andarsene via. “- No. Lei l’avrà. Come sua nipote e suo cognato.” Ordinò il commissario con l’aria di chi non volesse sentire ulteriori spiegazioni.
“- No, io neppure ne ho bisogno. Ma voglio che mia figlia sia affidata a Cardozo Valdez in persona.” Sentenziò Castillo, serio, rialzando finalmente lo sguardo e puntandolo su Lisandro. “- In casa sua, sappia che ci sarà almeno un bodygard… se lei proprio non vuole uno dovrà accettarlo, pensi a sua figlia e al vostro bene. Per quanto riguarda la signorina Saramego, assegnerò anche a lei una guardia del corpo.” Esclamò, categorico, Roberto prendendo ad analizzare la bionda di fronte a sé che alzò un sopracciglio con aria perplessa. “- Vi aspetto alle 20 al Commissariato Centrale. Parlerò in prima persona con Cardozo Valdez. Provvederò io stesso a risolvere la questione in attesa di questi passaporti e documenti con falsi nominativi per mandarvi in un paese sicuro. Intanto avrete bisogno di essere sotto sorveglianza, 24 ore su 24. Niente se e niente ma… a dopo.” Senteziò Roberto, mettendosi in piedi e salutando, con un cenno del capo, German, con lo sguardo cupo e la donna, in piedi sulla porta che, dopo un’ennesima occhiata alla stanza e al cognato, ancora scosso, uscì senza dire nulla ma sbattendo la porta con foga. A sentire quel brusco rumore, Violetta uscì dalla cucina e si diresse verso suo padre, con aria seria e matura. “- Papà… so che non avrei dovto ma ho sentito tutto. Tranquillo, ce la faremo. Io non ho paura.” Disse, guardando l’uomo con freddezza e sedendosi accanto a lui. “- Io sì. lo ammetto.” Sentenziò, invece, German, cingendole le spalle con un abbraccio. “- Ma io la mia guardia del corpo l’ho già… ed è qui accanto a me!” sorrise la ragazza, appoggiando la testa sulla spalla possente del moro che si lasciò scappare una risata amara. “- Piccolina, si sistemerà tutto, vedrai…” tentò di rassicurarla lui, dandole un tenero bacio sulla fronte. “- Lo penso anch’io.” Sussurrò quasi la Castillo, ricevendo poi uno squillo sul cellulare che la spaventò alquanto: temeva che fosse qualcosa di preoccupante, come quel foglio o la mail ricevuta dal padre invece, per fortuna, era solo Thomas. “- Ehi, ciao! Allora ci vediamo stasera? Ci vieni vero alla festa?” chiese il ragazzo, facendola riflettere. Cavolo, la serata al karaoke! L’aveva dimenticato! Beh, era pure comprensibile dopo quel movimentato pomeriggio! “- Non posso, ho un altro impegno e non posso proprio disdire! Anzi, mi faresti il favore di avvisare tu Cami e Fran che non passassero a prendermi? Devo uscire con mio padre, è importante…” si giustificò la ragazza, senza raccontare troppi particolari. Heredia rimase perplesso, sembravano averla convinta, quella mattina, a prendere parte alla serata ed ora si inventava quella che credeva una scusa bella e buona. “- Va bene, ci penso io. Allora a domani. Buona serata… se hai bisogno di me chiamami pure, sai che lascio tutto e corro da te per qualunque motivo. Un bacio.” La salutò lui, un po’ scettico sulla questione del programma che la ragazza aveva con il padre. Nonostante tutti avessero capito l’amore che provava nei confronti della giovane, lei sembrava essere sempre fredda nei suoi confronti… insomma, sapeva di avere ben poche speranze ma non voleva demordere.
 
 
“- Ehi bambolina! Allora? mi spieghi cosa ti è successo stamattina o devo preoccuparmi sul serio? Non ti ho mai visto così tesa!” Matias La Fontaine era seduto, o meglio, spaparanzato sul divano di villa Saramego, mentre la donna si affrettava a prepararsi per uscire con lui. Non aveva intenzione di ascoltare il commissario né, tanto meno di recarsi nel luogo da lui indicato alle 20 per farsi assegnare quel bodyguard di cui aveva parlato Lisandro... aveva altri programmi e nessuno gliel’avrebbe rovinati.
“- Mati, te l’ho detto. Niente di serio. Mi passi quella pochette, per favore?” disse lei, indicando una borsa semi coperta da un cuscino del sofà, tentando di cambiare discorso. “- Ok, tieni. Capisco, non ne vuoi parlare… perfetto. Non voglio farti incupire ancora!” Esclamò lui, fissandola come imbambolato correre per la camera  in uno splendido abito rosso corto fino al ginocchio. “- Ecco bravo, allora non chiedermi nulla. Sei pronto? Andiamo?” chiese lei, scostandosi una ciocca bionda dietro l’orecchio e guardandolo con decisione. “- Sei splendida…” disse lui, fissandola e facendola sbuffare, come fosse annoiata dal complimento o meglio, dalla persona che glielo aveva fatto. “- Stasera devo distrarmi!” ridacchiò lei con aria astuta, camminando verso la Ferrari del La Fontaine. “- Più del solito?” ironizzò l’uomo, recandosi verso il posto di guida. “- Sì, molto di più.” Sentenziò lei, con sguardo fiero, sedendosi in auto e richiudendo la portiera con un botto. “- Molto bene, allora cambio di programma: niente ristorantino per due, tanto so che lo detesti e che non fa per te… la porto a ballare, signorina!” esclamò lui, accendendo il motore e facendolo rombare volutamente più del dovuto. “- Perché, secondo te sono la tipa da cenetta romantica? E comunque è presto per la discoteca, non sono ancora le otto!” rise lei, continuando a recitare un ruolo: ormai non era più sé stessa e se ne rendeva conto sempre di più. “- La cena a lume di candela sarebbe piaciuta a qualunque donna o ragazza!” tentò di dire Matias, con gli occhi fissi sulla strada. “- Io non sono una qualunque…” ghignò lei, osservando il suo sguardo quasi cattivo nello specchietto laterale che la fece quasi rabbrividire.
Un sms le fece vibrare la borsa che teneva poggiata sulle gambe e, temendo di sapere che potesse essere suo cognato o sua nipote che insistevano per farle cambiare idea e consigliandole andare in commissariato, non lesse neppure il messaggio. “- Vedi chi è almeno!” rise il biondo, vedendola titubante sul da farsi. Afferrò il cellulare e lesse un messaggio che la sconvolse. “LA FINE, COME PER MARIA, E’ VICINA”. Stesso testo, stessa frase minacciosa, improvvisamente si ricordò che stava andando velocissima su quell’auto e cominciò a chiedere al biondo di fermarsi. “- Matias fammi scendere. Subito.” Urlò una prima volta, mentre lui, cantando una canzone rock che stavano passando alla radio, neppure la sentì, anzi, aumentò il volume di quel frastuono assordante. “- Ti ho detto che mi devi far scendere, adesso!” strillò ancora lei, spegnendogli la musica e facendo sì che lui la fissasse sconvolto. “- Sei diventata troppo strana, lo sei da questa mattina! Si puo’ sapere che ti prende? Una volta eri più divertente, Saramego!” chiese lui, rallentando un po’ e guardandola di tanto in tanto sott'occhio. “- Portami a casa, per favore. Non mi sento bene e non voglio rovinare la serata anche a te.” Disse, toccandosi la fronte sudata per lo spavento, mentre La Fontaine fece una azzardata inversione per rispondere all’ordine della donna che si tenne al sediolino, fingendosi rilassata. “- Ok, avevi ragione sul fatto che fosse presto per la discoteca… ma ti vedo comunque diversa dal solito, come se qualcosa ti stia preoccupando… se vuoi resto io a farti compagnia a casa, stasera...” disse con tono fin troppo allusivo e malizioso, l’uomo. “- No, grazie. Devo stare da sola.” Ribatté lei, con la sua solita aria decisa e forte. “- Ok, come vuoi… beh, fammi sapere come ti senti dopo, ok?” disse lui, sporgendosi per baciarla. La donna ignorava quasi il fatto di essere arrivata già a destinazione e fissava, ancora assorta, lo schermo del cellulare. Tutto ciò che Matias riuscì ad ottenere fu un bacio sulla guancia che riuscì a darle rapidamente e che la fece risvegliare da quello stato di trance. “- Grazie e scusami. Ci sentiamo.” Esclamò, scendendo dalla macchina e salutandolo con la mano. Attese che l’auto andasse via fingendo di armeggiare con le chiavi ma, non appena vide il bolide rosso fiammante svoltare l’angolo si incamminò verso il commissariato, impaurita e controllando, in ogni secondo, se qualcuno la stesse seguendo. Il cuore le batteva all’impazzata e con quei tacchi era difficile correre ma, per fortuna, alle 20 e 15, riuscì ad approdare, sana e salva, al luogo in cui avrebbe dovuto vedere il poliziotto e la nipote con il cognato.
 
 
“- Allora come vi dicevo, ho pensato a tutto, dovremmo agire in fretta e prima vi assegneremo una guardia del corpo meglio sarà per tutti e tre… e a questo punto lei non verrà, vero?” disse, ad un tratto, Lisandro, cambiando discorso e riferendosi alla più piccola delle Saramego. “- Io penso che ci sarà.” Sentenziò Violetta speranzosa, convinta che la zia si sarebbe presentata di lì a poco in quell'ufficio. Ci fu un momento di imbarazzante silenzio e, da una porta a vetro entrò qualcuno. “- Scusatemi, so che sono in ritardo, a dire il vero non ci sarei neppure venuta ma… ne ho ricevuto un altro. Un sms, sta volta.” Angie era apparsa sull’uscio e si avvicinò alla scrivania solo quando il commissario le fece un cenno. Si sedette accanto alla nipote che le sorrise, stringendole la mano con forza come per infonderle coraggio. “- Ecco, appunto… mi lasci il cellulare così lo analizzeremo.” Ordinò l’uomo, mentre un agente le strappò la borsa dalle mani con grande disapprovazione da parte della donna. “- Ehi, tu! Ridammela!” urlò, stizzita, mentre un giovane poliziotto aveva già scaraventato tutto il contenuto della pochette sul tavolo.
“- Tenga, commissario!” disse, soddisfatto, il ragazzo, passando uno smartphone bianco fiammante al suo capo. “- Bene, grazie… dunque, signori, vi presento il mito della security di tutta l’America del Sud, Cardozo Valdez.” esclamò Lisandro, mentre un omaccione che incuteva timore al solo guardarlo, entrava, seguito da due uomini, un bel ragazzo sulla ventina e un moro sulla trentina che fu particolarmente fissato da Lisandro. Erano tutti e tre vestiti come dei perfetti bodyguard: abito scuro con cravatta nera, camicia bianca, auricolare e occhiali da sole anche in piena sera. “- Buonasera.” Salutò il loro capo andando ad affiancare il commissario dietro alla scrivania. “- Buonasera.” Salutarono i tre, quasi all’unisono. “- Il commissario mi ha già raccontato tutto, so che dovete vivere al sicuro fino a quando i passaporti e documenti falsi non saranno pronti con le vostre nuove identità… bene, ho già trovato due dei miei assistenti a cui assegnarvi.” iniziò Cardozo, togliendosi finalmente gli occhiali. “- Lei è perfetto per mia figlia! Voglio che se ne occupi lei in prima persona.” Disse subito German, notando quanto quell’uomo potesse apparire ancor più minaccioso dal tono di voce che aveva. “- No, signor Castillo, mi dispiace. Io ho un’ agenzia da far funzionare e sono già in difesa di alcuni personaggi famosi di Buenos Aires, ad esempio la figlia dell’ambasciatore Francese… non posso avere un’altra giovane da controllare.” Sentenziò Valdez, facendo cenno al ragazzo vestito di scuro di  avvicinarsi. “- Lui è Leon Vargas. Non si lasci intimorire dal fatto che sia giovane, è un ottimo agente. Inoltre, desterebbe meno sospetti al fianco di una ragazza dell’età di sua figlia.” Spiegò Cardozo. Violetta prese a fissare quel giovane un po’ stupita: era davvero piccolo d'età rispetto all’altro, avrà avuto un cinque o sei anni più di lei. Ma, fondamentalmente, la cosa che la colpì di più furono i suoi occhi quando Vargas si tolse gli occhiali da sole e prese a fissarla intensamente. Lei, imbarazzata, abbassò lo sguardo e quando lo rialzò, si trovò ancora gli occhi verdi e profondi del giovane che la scrutavano, con un mezzo sorrisetto, questa volta, disegnato sul volto. Aveva capito che l’aveva messa a disagio e la cosa sembrava divertirlo.
“- Non ci penso proprio!” urlò, d’un tratto, German facendo sì che tutti prendessero ad osservarlo con aria strana. “- E’ troppo giovane! Non sarà neanche in grado di proteggere sé stesso, figuriamoci se io gli possa mai affidare la mia bambina, il bene più prezioso che ho!” strillò, nervoso, Castillo. Cardozo stava per ribattere ma fu il giovane ad intromettersi nella conversazione che, ferito nell’orgoglio da quella frase non riuscì proprio a starsene zitto. “- Mi scusi. Offendendo me sta offendendo il signor Valdez. Se lavoro nella sua agenzia un motivo ci sarà, non crede? E per la cronaca ho 23 anni. Non sono un moccioso come pensa lei.” Si giustificò Leon, prendendo adesso a fissare il padre della giovane.
German restò in silenzio, quasi sorpreso dal fatto che il ragazzo gli avesse risposto in quel modo tanto indisponente ma, in effetti, aveva ragione: se lavorava per Valdez doveva essere all’altezza della sua agenzia. Ci fu un secondo di imbarazzante silenzio, fino a quando Cardozo non fece segno all’altro bodyguard di avvicinarsi alla scrivania dove era seduto il commissario Lisandro che ascoltava in silenzio e fissava un po’ stizzito il moro. “- L’agente Galindo, invece, si occuperà della protezione della signorina.” Esclamò il capo delle guardie del corpo, mentre Angie scoppiò in una fragorosa risata che sconvolse tutti. “- Ah ah ah! Lui? Per favore! Questo qui non sarebbe neppure in grado di uccidere una mosca! Ma sta’ scherzando? Non ha nemmeno il fisico per il lavoro di bodyguard!” esclamò, osservando dall’alto in basso il moro che alzò un sopracciglio, stizzito. “- Non si preoccupi. Ci serve un uomo che non dia nell’occhio, come per quanto riguarda la ragazza. Pablo sarà la sua ombra e mi creda… ne farebbe fuori volentieri di mosche pur di difendere un proprio protetto. Più di quanto non possa immaginare, signorina.” Disse, serio, Valdez, facendo sì che la bionda smettesse di sghignazzare e fissasse Galindo con aria meno divertita. Quella frase, a dire il vero l’aveva un po’ inquietata: sarà stato l’aspetto o il tono di voce di Cardozo, ma tentò di fidarsi, per quanto scettica fosse, che quel Pablo, come l’aveva chiamato il suo capo, forse, avrebbe potuto in qualche maniera proteggerla. “- Beh, hanno qualche arma segreta almeno? Che ne so… una pistola, spray urticanti o cose del genere?” chiese, curiosa, Angie. “- Mi creda, non ce ne sarà bisogno. Pratichiamo un corso di arti marziali prima di essere assunti nell’agenzia di sicurezza del signor Valdez… e bastano quelle mosse per mettere al tappeto qualunque persona fastidiosa.” Esclamò Galindo, facendo annuire anche Vargas che sorrise divertito al solo pensiero di stendere gente molesta. “- Bene, adesso vi spiego come vi dovrete comportare. Leon vivrà a villa Castillo, sarà l’amico straniero di Violetta e dovrà frequentare lo Studio 21, per tenerla sempre sotto controllo. Abbiamo già provveduto all’iscrizione all’accademia e il preside ci ha giurato che manterrà il segreto. Mi raccomando: nessuno deve sapere che è il tuo bodyguard. Sarà un amico, fidanzatino o qualcosa del genere. Vargas si occuperà anche della protezione di German visto che vivrà alla villa. Tanto lei lavora a casa, giusto?” esclamò Cardozo, osservando la faccia sconvolta di Castillo. “- Che cosa? Mi dovrei far proteggere da quel moccioso? Ma nemmeno per sogno!” urlò German, mentre Vargas alzò gli occhi al cielo, stanco di venir definito un ragazzino. “- Sì. E la smetta di lamentarsi o le incollo una guardia del corpo 24 ore su 24, solo per lei. Ringrazi che ho ascoltato la sua richiesta di non averne una personale!  Leon però si occuperà principalmente di sua figlia. Si fidi di me. “ esclamò, stizzito, Valdez, prendendo degli appunti. “- Per quanto riguarda la signorina Saramego e Galindo… dunque Pablo come te la cavi con la musica?” chiese, d’un tratto, l’uomo più anziano. “- Alla grande, capo.” Si vantò il moro, ghignando alla Saramego che si voltò dalla parte opposta con aria nervosa.
“- Benissimo. Ho parlato con Antonio Fernandez anche per quanto riguarda te, sarai un sorta di apprendista della signorina, un nuovo insegnante per intenderci, suonerai nelle sue lezioni e non la perderai di vista neppure per un attimo. Lei si trasferirà a casa tua e vivrete insieme. Chiaro?” chiese Cardozo, con decisione facendo annuire Galindo che poi, prese a fissare la bionda che aveva un’aria assorta ma che sembrò scattare di colpo improvvisamente: “- Che cosa? No! Non ci penso proprio!” urlò, d’improvviso, avendo forse realizzato la richiesta di Valdez, in particolare l’ultima. “- Signorina, casa sua è fin troppo a rischio! Dove ha trovato il primo messaggio?” chiese Roberto, sporgendosi verso di lei che abbassò lo sguardo, nervosa. “- Nella cassetta della posta ma questo cosa c’entra? Io non vado da nessuna parte!” strillò lei, alzandosi per afferrare la borsa ma venendo fatta risedere dalla nipote che la tirò per un braccio di nuovo sulla sedia. “- Lei vive da sola. E’ quella che ha ricevuto più messaggi di tutti, per giunta uno proprio dove abita. Pensa di poter continuare così?” la rimproverò Lisandro, fissandola con aria più premurosa che severa, nonostante il suo tono lo fosse stato, ed anche molto. “- Sì, ok. Ma io non mi muovo da casa mia! Tanto meno per andare a stare da uno sconosciuto! No!” strepitò lei, prendendo poi ad osservare il suo bodyguard. "- Come se per lei fosse un problema!" la schernì German, facendo sì che lei stesse per ribattere qualcosa in malomodo ma, che per fortuna, venisse interrotta dalla voce della guardia del corpo. “- E va bene. Commissario, se permette giungiamo ad un compromesso: se la signorina non vuole venire da me, mi trasferirò io da lei…” disse, con tranquillità, Pablo. “- Cosa? No! E poi casa mia è sempre piena di amici, ospiti… non resto mai da sola!!!” esclamò lei, incrociando le braccia al petto con aria furiosa. “- Mi immagino! Tutta bella gente come quel poco di buono del suo fidanzato!” borbottò ancora German, alludendo al biondo La Fontaine. “- Ex fidanzato! E comunque fatti gli affari tuoi, tu! Ancora parli della mia vita? Lo vuoi capire che non è affar tuo? Sei mio cognato, non mio padre!” urlò, alzandosi, la bionda ed avvicinandosi all’uomo con incedere di sfida.
“- SMETTETELA DI BLATERARE! E’ deciso: Vargas dai Castillo e Galindo a casa della Saramego. Non voglio sentir volare più una mosca. E comunque, come avrete capito, riapriremo il caso sull’incidente.” Esclamò il commissario Lisandro, alzandosi ed andando a prendere un raccoglitore in cartone alle sue spalle, su delle alte mensole. “- Ma quindi pensate che… insomma, i messaggi possano essere ricollegabili alla scomparsa di mia moglie? Ne è sicuro?” chiese German, sgranando gli occhi.
“- Qualcuno odiava Maria. Lo stesso qualcuno, vendicatosi di lei, non ancora soddisfatto, vuole colpire voi, le tre persone più amate dalla donna e che lei amasse più di qualunque altra cosa al mondo. Abbiamo a che fare con un folle, questo è chiaro. E voi avete bisogno di guardie del corpo che vi proteggano. German, non avrà un diretto bodyguard, come mi ha chiesto seppur non trovandomi d'accordo, ma Leon riuscirà a vigilare sia sulla giovane che su di lei. Signorina Saramego, si rassegni e mi raccomando: NESSUNO deve sapere che Leon e Pablo, in realtà, sono agenti in missione. Chiaro?” esclamò Lisandro, fissando, al di sotto dei suoi occhialetti, i tre. “- Chiaro.” Dissero, mestamente, loro in coro. “- Bene, andate! Voi due cambiatevi in bagno e toglietevi queste divise da guardie del corpo, non dovete dare nell’occhio. Tenterò di fare in fretta con i documenti per mandarvi in un posto sicuro, intanto, le indagini saranno riaperte e tenteremo di trovare questo pazzo. Buonanotte. Vi aggiorneremo noi per eventuali novità.” Sentenziò il commissario, conducendoli verso l’uscita dell’ufficio mentre, anche Leon e Pablo li seguirono per cambiarsi con degli abiti più semplici e facendo sì che si dividessero per non dare nell’occhio, il più giovane si diresse al piano di sotto con padre e figlia, mentre il più grande seguiva una stizzita Saramego. “- Senta, mi stia lontano, ok? Si vada a cambiare e si sbrighi che una volta a casa dovrei uscire!” si lamentò Angie nell’immenso corridoio del commissariato, intimando di sbrigarsi alla guardia del corpo. “- Bene, dove si va?” chiese lui con aria astuta, stringendo a sé dei capi di vestiario, che gli avrebbero dato l’aspetto di una persona qualunque. “- Che significa dove si va? Oh, no, mio caro! Lei da nessuna parte! Io ho appuntamento con il mio uomo. Lei faccia quello che le pare!” strillò la bionda, entrando nei bagni e appoggiandosi ai lavandini mentre lui, dentro ad uno di essi, si stava vestendo. “- Non credo proprio… forse lei non ha capito qual è il mio ruolo. Ha presente un’ombra? Ecco, io sarò la stessa cosa per lei. So essere molto professionale e mi creda, questo è uno dei casi migliori di protezione che mi siano mai capitati e non intendo perderla di vista. E, per la cronaca, credo che il suo ‘amico’, anzi ex, se prima non ho sentito male, sia già da qualche parte a divertirsi… o sbaglio?” esclamò, ormai pronto, uscendo dal bagno e fissandola con aria decisa e furba. “- Ma si figuri! Verrà di sicuro a prendermi, non riesce a stare lontano da me! Sono come una calamita per lui, e non stenterà a crederlo! Ma poi lei cosa ne sa di me, di lui, scusi? Spara sentenze, giudica! Si faccia gli affaracci suoi!” esclamò, stizzita e frugando nella borsa per cercare il cellulare, dimenticandolo di averlo dovuto lasciare al commissario per i controlli. “- Dannazione!” imprecò, appoggiandosi con le spalle al muro e portandosi una mano alla fronte. Pablo era rimasto un po’ lontano e le si avvicinò, porgendole il suo telefono. “- E cosa ci dovrei fare con questo?” disse, acida, la donna, alzando un sopracciglio con aria stranita dalla cosa. “- Deve avere la prova di ciò che le ho appena detto. Lo chiami e gli chieda di passare a prenderla!” esclamò, con aria astuta e con un ghignetto irritante, Galindo. “- Va bene, mi dia quell’affare!” disse, stizzita, componendo un numero. “- Mati! Ma cos’è questa musica? Ah sei già in disco… non è che passeresti a prendermi, mi sento molto meglio… ah, non puoi proprio. Bene, sarà per un’altra volta, suppongo. Ciao.” Disse, con aria triste lei, riagganciando. “- Allora?” chiese l’agente, ridendo. “- Stia zitto!” borbottò Angie, prendendo a camminare nel corridoio deserto, provocando un frastuono causato dai suoi tacchi a spillo. Pablo la osservò, era indubbiamente molto bella, ma era la solita insopportabile donna frequentatrice di locali e brutte compagnie. “- E si muova! Ah! Di questo passo dovrò proteggere io lei! Andiamo bene!” l’urlo di Angie in lontananza lo risvegliò da quelle riflessioni e la seguì, per portarla a casa sua e restarci. Sarebbe stata dura… ma doveva riuscire a convincerla a fare la scelta migliore.
 
 
“- Allora Leon, mettiamo le cose in chiaro: capisco che tu debba vegliare perennemente su mia figlia…” iniziò German, in auto, mentre caricava la borsa con gli effetti personali di Vargas nel portabagagli. “- E.. su di lei.” Sottolineò, quasi come per provocarlo, il ragazzo ridacchiando. “- Sì, ma sorvoliamo su questo punto. Dunque, tieniti comunque a debita distanza. Non voglio brutte sorprese e sei sveglio, capisci cosa intendo…” si raccomandò l’uomo, prendendolo da parte mentre la ragazza saliva in auto. “- PAPA’! Smettila e andiamo!” rise la giovane, richiudendosi la portiera con foga. “- Signor Castillo… pensa che mi possa interessare una ragazzina? Io ho 23 anni. E sono un agente. Sa com’è… frequento altri ambienti, altre persone. Sua figlia è in una botte di ferro. In tutti i sensi.” Disse, misteriosamente, Vargas, salendo e sedendosi accanto a Violetta. “- Che vuoi dire, ragazzino?” disse German, rimanendo in piedi, di spalle all’auto e alquanto perplesso. “- Voglio dire che puo’ stare tranquillo! Possiamo andare, adesso?” sorrise Leon, sporgendosi dal finestrino abbassato della grande automobile. “- Sì, certo. Ti terrò d’occhio, sarò il tuo riflesso e…” iniziò Castillo, sedendosi e mettendo in moto. “- Ehi, le ricordo che qui la guardia del corpo sono io! Io tengo d’occhio! Io sarò il vostro riflesso e, se continua ad andare così piano, io la sostituirò al posto di guida!” ironizzò Leon, facendo scoppiare a ridere la giovane. “- Fai poco lo spiritoso o…” ma fu interrotto: “- O cosa? Le ricordo che Cardozo vi ha già parlato di quelle mosse speciali di arti marizali… beh, non me le faccia usare subito!” lo minacciò, con tono scherzoso, Vargas, cominciando a ghignare con aria furba. “- Mi stai minacciando, moccioso? Pensa ad usarle contro chiunque si voglia avvicinare alla mia bambina!” lo corresse, fissandolo con aria di sfida dallo specchietto, l’uomo. “- Bambina? Papà ho 16 anni!” si lamentò Violetta, fino a quel momento rimasta in silenzio ad assistere al siparietto, che si era svolto come se lei nemmeno fosse stata presente in macchina. “- Beh, allora ha ragione tuo padre. Sei una bambina! Però, addirittura 16! E io che te ne davo al massimo 13!” ironizzò Leon, voltandosi dalla parte opposta per fissare fuori dal finestrino. “- Smettila! Non sei simpatico!” disse la ragazza, dandogli una gomitata e facendolo finire quasi con il naso spiaccicato nel vetro. “- Ehi, ragazzina! Piano!” rise lui, facendola incantare per un secondo a fissare quegli occhi verdi così decisi ma, allo stesso tempo, tanto dolci. No, era odioso! Quel montato credeva di essere il padrone del mondo. E già lo sopportava poco. “- Siamo arrivati. Si scende.” Disse German, fermando la macchina davanti al vialetto di villa Castillo. “- Però! Questa si che è una reggia!” commentò Vargas, scendendo dall’auto e rimanendo incantato da quella enorme casa… ed era solo l’esterno! Quando entrò in casa rimase a bocca aperta, sconvolto e sorpreso. “- La tua stanza è di sopra, la camera degli ospiti è proprio accanto a quella di mia figlia… e ricordati ciò che ti ho detto.” Si raccomandò German, poggiandogli il borsone al suolo: era stato un bene che Cardozo lo avesse avvisato di portarsi qualche effetto personale per un eventuale trasferimento a casa dei Castillo. “- Bene, e lei si ricordi che io comunque devo fare il mio lavoro.” Sentenziò Leon, fissando ancora la giovane e prendendo la valigia per andare nella stanza designata dal padrone di casa. Non sarebbe stato per nulla facile ma era il suo primo impiego importante: la figlia della Saramego, la celebre cantante deceduta, era stata affidata a lui e non aveva intenzione di fare brutte figure, non ne faceva mai e non voleva cominciare proprio con quel suo lavoro, così importante e di responsabilità.
 
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Ehilà! Eccoci al secondo capitolo! Prima di tutto grazie a chi recensisce e legge! *-* Vi piace la storia? Pablo e Leon versione bodyguards mi fanno impazzire! *-* XD bene, come proseguirà la vicenda? Arriveranno altri messaggi? Si scoprirà qualcosa in più su questo folle? E l’incidente di Maria… sarà stato davvero solo un incidente? Alla prossima, ciao! :)
  
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