Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: Stay away_00    12/09/2013    0 recensioni
Un angelo è stato punito da Dio.
E quella punizione è l'umanità e l'amore.
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Incest
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 CAPITOLO UNO.

 Scottdale, Arizona. 2010.

 Il suo cuore batteva veloce, forse troppo veloce. Aveva il terrore, che gli sarebbe volato via dal petto, come usava spesso dire, ma, specialmente, aveva il terrore che in quel momento stesse sognando.
Un sogno bizzarro, di quelli da cui non desideri svegliarti, ma allo stesso tempo sai che è giusto, assolutamente giusto svegliarti.
Ma i suoi occhi erano aperti e vigili, scorrevano da Edgar alla porta, più e più volte, soffermandosi, ovviamente sul ragazzo che in quel momento si stava guardando allo specchio con aria stanca. Forse sarebbe persino riuscita a capirlo se non fosse stata tanto presa dal fatto che voleva assolutamente andare a quella festa con lui.
Non capiva se voleva mettere in mostra il suo “non ragazzo” o… suo fratello. Doveva prepararsi alle occhiate di quelle quattro ochette che si trovavano in classe con lei, doveva preparasi a sentirsi stringere il cuore ancora e ancora.
Perché si, lui era suo fratello, e lei lo amava, lo amava con tutte le sue forze, incurante di quello che sarebbe successo di li a poco, ignara del destino che la aspettava.
Le sue labbra erano schiuse in un sorrisetto ebete da ormai pochi minuti, mentre studiava quella persona che aveva visto e rivisto ormai da anni.
Conosceva alla perfezione i lineamenti dolci del suo viso, gli occhi verdi - che entrambi avevano ereditato da sua madre – quegli occhi che la guardavano come se esistesse solo lei, come se entrambi fossero fuori dal mondo e forse era proprio così, si trovavano nel loro universo personale, si trovavano in quello strato di paradiso riservato solo a loro.
Avrebbe potuto continuare ripensando alla morbidezza delle sue labbra rosee e piene, oppure alla lucentezza dei capelli lisci e neri, che lui aveva ereditato da suo padre, avrebbe potuto ripensare alle spalle larghe a cui si era aggrappata quando era ancora bambina, oppure alla sicurezza che lui gli trasmetteva, ma i suoi pensieri furono interrotti da una mano che si poggiava delicatamente sulla sua spalla e dal sorriso di suo fratello.
La ragazza, Maya, quello era il suo nome, a quel punto si riscosse e si mise in piedi, sopportando lo sguardo di disappunto che gli aveva lanciato Edgar. La gonna troppo corta, o la camicia con troppi bottoni sbottonati, ma lei finse di non farci caso e saltello dalle camera del ragazzo sino alla porta di ingresso, dove salutò i suoi genitori con un lieve cenno della mano  e poi saltò sulla moto di suo fratello.

 Arrivarono un un’oretta di ritardo, ma la cosa non gli interessava, e non sembrava interessare nemmeno a suo fratello, dato che si era precipitato vicino al buffet e aveva cominciato a mangiare, mentre lei si guardava intorno, vagamente intimidita dalla musica a palla e dal fatto che non conoscesse quasi nessuno.
A quel punto cominciò a gironzolare in giro, sino a quando non incontrò uno dei suoi compagni di classe, un certo Michael Freeman, o qualcosa del genere, non ricordava bene il suo nome, infondo non era una di quelle persone che aveva sempre fatto caso a lei, ne uno di quelli che la prendeva in giro, era solito ignorarla e quella cos aquasi le faceva piacere.
Ma quella volta non la ignorò, anzi, le posò una mano sulla spalla e le rivolse un sorrisetto benevolo, mentre la salutava.
Maya in un primo momento si ritrovò completamente impreparata, non sapeva cosa fare, o come comportarsi. Voleva dirgli qualcosa ma le parole erano bloccate in gola, quindi gli rivolse semplicemente un sorrisetto timido.
Il ragazzo la portò vicino al tavolo e gli chiese se desiderava qualcosa da bere. La ragazza scosse il capo e rimase in silenzio.
Si sentiva stupida, non riusciva a spiccicare parola, o forse non voleva farlo. Era andata a quella festa per stare con suo fratello, ma lui sembrava scomparso nel nulla, sembrava quasi che si fosse dimenticato di lei, come facevano mamma e papà.
Quel pensiero le fece salire le lacrime agli occhi e tirò su col naso, portandosi una mano davanti alla bocca e singhiozzando appena.
Non era mai stata una ragazza forte, piangeva per un non nulla e si sentiva sempre cadere a pezzi quando ripensava ai suoi genitori.
Forse per quello non si era accorta che il ragazzo aveva cominciato a spingerla verso il bagno e che le aveva detto che l’avrebbe aiutata.

Lei non voleva il suo aiuto. Voleva l’aiuto di Edgar, ma lui non c’era. Lui non c’era.
Scosse appena il capo e si asciugò le lacrime lungo le guance, guardandosi intorno con aria spaesata.
Si trovava in un piccolo bagno, probabilmente quello di servizio. Le pareti erano rosa perlato e ti dava una sensazione di sconforto, come quelli delle principesse nei cartoni Disney.
-Oh… -
Era la prima cosa che le usciva dalle labbra da quando era entrata in quel posto, non si era neanche accorta di come ci era arrivata, ma alla seconda occhiata scorse la figura di Michael di fronte a lei, che le porgeva un po’ di carta igienica.
-G-grazie… -
Seconda parola, non aveva intenzione di dire altro. Afferrò la carta e si asciugò un’altra lacrima, poi, istintivamente mise il groviglio nella tasca dei jeans e rivolse un altro sorriso al ragazzo.
Era arrivata da meno di dieci minuti e già aveva intenzione di andare via. Era stato un grosso errore andare a quella festa, era stato un grosso errore convincere suo fratello, usando la scusa che si sarebbe divertita, non era vero. Lui non c’era, l’aveva lasciata sola e non vedeva l’ora di rinfacciarglielo, per farlo sentire in colpa. Così dopo l’avrebbe abbracciata e l’avrebbe fatta sentire protetta.
Posò la mano sulla maniglia della porta, ma la trovò bloccata. A quel punto si irrigidì e sentì il sangue gelarsi nelle vene.
-E’ chiusa… -
Disse con un filo di voce al ragazzo alle sue spalle. Poco dopo sentii una manciata di risatine, che non potevano appartenere ad una sola persona. Quando si voltò vide Michael in compagnia di altri due ragazzi, probabilmente più grandi, di cui non conosceva il nome.
Maya si appiattì contro la porta mentre i tre cominciavano ad avvicinarsi.
-Ho sempre pensato che fossi un bel bocconcino, ma purtroppo il gatto ti ha mangiato la lingua… -
Sussurrò accarezzandomi la guancia, sentivo l’odore del suo alito e in quel momento pensai che era rivoltante.
Dov’era Edgar?
L’altro invece fece per abbassarle una spallina della maglietta e quasi istintivamente la mano della donna scattò alla sua guancia, procurandole un graffio con l’anello d’acciaio che si era comprata qualche settimana prima.
-Aiuto! –
L’urlo della ragazza ruppe il silenzio che si era andato a creare in quella stanza. Cominciò ad urlare e urlare ancora, sino a sentirsi mancare il fiato. Urlare come urlava soltanto con suo fratello e dopo un tempo che sembrava interminabile, dopo che quei ragazzi l’avevano toccata nel modo in cui non aveva mai fatto nessuno, sentì la voce di suo fratello dall’altra parte della porta.
-Cazzo. –
Sibilò Michael riabbottonandosi i pantaloni e scappando dalla finestrella che dava il terrazzo.
I due ragazzi osservarono ancora per qualche secondo la ragazzina che piangeva in un angolino vicino alla porta e cercava di tenersi su la maglietta semi strappata, poi seguirono il compagno.
In quel caso Maya non sapeva cosa fare, restò ancora qualche minuto a sentire la voce di suo fratello che gli intimava di aprire la porta.
Si lasciò sfuggire un singhiozzo, mentre faceva ciò che lui le aveva detto.
Edgar rimase qualche secondo ad osservarla, poi entrò in bagno e si chiuse la porta alle spalle, stringendo con forza a se sua sorella, e sussurrandole che andava tutto bene. Poi si sfilò il maglioncino che aveva indossato sopra la camicia bianca e glielo porse, poi la ragazza si asciugò le lacrime e lo indossò.
-Mi dispiace tanto… -
Mormorò lei, stringendosi al braccio del ragazzo, come se fosse la sua ancora di salvataggio, e forse era proprio così.

 Erano le 11; 23 di sera, si trovavano in macchina, diretti verso casa e  suo fratello le stava facendo la predica, dicendole che era stato stupido da perte sua andare insieme a quel ragazzo, e che non capiva cosa le fosse preso. Dicendole che aveva rischiato uno stupro e che non poteva credere di amare una donna tanto idiota e distratta, che aveva rischiato grosso e che quella volta se l’era cavata solo perché c’era lui.
La ragazza voltò lo sguardo sul fratello che la stava osservando con aria severa, senza fare a meno di contemplare i suoi occhi verdi, non sapendo che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui li avrebbe visti.

 -Edgar, attento! –

 Maya si accorse solo all’ultimo secondo dei fari dell’altra auto, non si accorse nemmeno dello schianto e della sensazione di vuoto che le aveva attanagliato lo stomaco.
Non si accorse di nulla, se non del nero che mano a mano la circondava. Ma prima di svenire riuscì a lanciare un’ultimo sguardo a suo fratello.
Un urlo soffocato seguì il rumore che era scoppiato poco prima.
Lui non respirava.

   
 
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