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Autore: Molly182    13/09/2013    1 recensioni
«Ti ho mai detto che ti amo?», le chiese Edward sfiorando le sue labbra che erano diventate bollenti. Sorrise di nuovo. Riusciva a vedere il suo imbarazzo provocato da quelle parole. Adorava il modo in cui le sue guance si colorassero come i suoi capelli, la rendeva ancora più bella.
Genere: Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N/A: Ehilà gente! È la prima OS che scrivo su Ed e spero che vi piaccia. Per il titolo e la storia mi sono ispirata alla canzone “I Miss You” degli Incubus. Se non la conoscete, beh, vi consiglio di ascoltarla, soprattutto la versione acustica perché è decisamente più romantica (?) e commovente.
Spero che vi piaccia (anche se fa schifo) e mi farebbe piacere sapere una vostra opinione.
A presto:)
 
Ed spalancò gli occhi e cercò di farli abituare al sole che entrava prepotente dalla finestra. Dovette sbattere le palpebre più volte per farli abituare alla luce, ma avrebbe fatto di tutto soltanto per vedere la splendida creatura che dormiva di fianco a lui e non poteva fare a meno di sorridere a quella visione. Non sapeva neanche se poteva ritenerla reale.
Si mise a sedere e posò delicatamente una mano sulla spalla nuda della ragazza, macchiata soltanto da un tatuaggio di una delle sue band preferite. Sentì la pelle candida e morbida sotto il suo palmo, essere percorsa da mille brividi che lo fece sorridere ancora di più. Gli piaceva l’effetto che otteneva soltanto sfiorandola con un dito.
Ignaro del fatto che la ragazza si era svegliata, il Rosso riportò lo sguardo sul viso di lei e notò con sorpresa che si era svegliata a causa di tutte quelle attenzioni che le rivolgeva. Ora i suoi occhi verdi lo stavano fissando e il suo sorriso splendeva come non mai. Era proprio grazie a questo piccolo gesto che capiva quanto lei tenesse a lui.
«Buongiorno…», sussurrò come se non volesse disturbare quella tranquillità che sembrava aver preso possesso dell’intera stanza. Era davvero strano svegliarsi in una mattinata di sole in pieno silenzio nel centro di Londra.
«Ti ho mai detto che ti amo?», le chiese Edward sfiorando le sue labbra che erano diventate bollenti. Sorrise di nuovo. Riusciva a vedere il suo imbarazzo provocato da quelle parole. Adorava il modo in cui le sue guance si colorassero come i suoi capelli, la rendeva ancora più bella.
E poi sentì la sua risata. Un suono che amava. Un suono capace di scacciare i postumi di una sbornia e tutti i dolori che gli perseguitavano la testa. Era il suo rimedio preferito, meglio di una tazza di caffè o di thè bollente.
Con il sorriso ancora stampato sul viso, si avvicinò alle sue labbra e le baciò dolcemente.
Ed si chiedeva come quella ragazza fosse in grado di fargli battere il cuore così forte e fargli sentire le gambe molli con un semplice gesto, con un bacio, con un sorriso. Si chiedeva come avesse fatto a farlo innamorare di lei.
Sentì le sue labbra premere contro le sue, riportandolo di nuovo alla realtà, e pensò che in fondo le domande avrebbero potuto aspettare ancora qualche minuto per ricevere una risposta ma quella sensazione di paradiso durò poco e lei si alzò dal letto, avvolgendosi attorno al corpo il lenzuolo bianco quasi quanto la sua pelle diafana.
 
«Svegliati Ed!», disse una terza voce, esterna, non appartenente a quel momento. Aveva un suono metallico e sembrava lontana. «So che stai dormendo, ma lo farai sull’aereo! È la quarta chiamata che ti faccio. Alza il culo e vestiti! Tra un’ora sono da te. Non voglio perdere il volo!» stava urlando Stuart.
Il ragazzo era ormai sveglio, disturbato da quella voce così arrabbiata, ma non aveva il coraggio di aprire gli occhi. Sapeva che se l’avrebbe fatto tutto sarebbe scomparso, così come il bel sogno che aveva fatto.
Aveva rivissuto quel ricordo ancora una volta. Era già la quarta volta quella settimana. Non se ne sarebbe liberato tanto facilmente, forse perché neanche lui voleva abbandonare quel ricordo di lei, così perfetta all’interno di quella stanza che aveva tante storie da raccontare sulla loro relazione che, beh... ormai era stata distrutta in mille pezzi per un semplice percorso di vita che il ragazzo avrebbe intrapreso nel giro di un’ora.
Di sicuro, non si sarebbe dovuto addormentare guardando le loro foto, ma era inevitabile visto che erano sparse sul letto da quasi due settimane.
Era sempre quella fotografia a fargli più male. La gettò di fianco a lui e si sdraiò di nuovo, girandosi dove ora c’era soltanto uno spazio vuoto. Riusciva ancora a sentire il suo profumo sulle lenzuola nonostante se ne fosse andata già da dieci giorni. Se chiudeva gli occhi, riusciva a immaginarla lì vicino a lui. Riusciva a vedere i suoi capelli neri che erano messi in risalto dal bianco della fodera del cuscino. Riusciva a ripercorrere quelle guance e quelle labbra rosee.
Si portò immediatamente le mani sugli occhi premendo le dita sulle palpebre, come per scacciare la sua immagine e le lacrime che sarebbero scese per l’ennesima volta. Faceva così tremendamente male e si sentiva perso. Era rimasto incredulo del fatto che se ne fosse andata, che l’aveva persa.
L’avrebbe rivista, presto o tardi che sia, ma aveva bisogno che lei sapesse che teneva a lei. Gli sembrava che non glielo avesse mai detto abbastanza.
E gli mancava.
Gli mancava.
   
 
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