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Autore: Laylath    13/09/2013    3 recensioni
Nel 1916, ad un anno dalla caduta del regime militare del comandante supremo King Bradley, un nuovo sistema di governo si afferma ad Amestris. Una democrazia che non può accettare figure scomode.
Una decisione presa durante una notte autunnale, in una cella, è l'inizio di dieci giorni in cui la storia viene decisa da sei singole persone.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Team Mustang
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 13. Il valore di una bandiera

 
Giorno 10

 
Ore 16.00
 
Roy Mustang pensò che c’era una grande differenza tra il colpo di stato che aveva portato alla caduta di Bradley e quello che stava per compiere in quel momento. Il primo caso era stata una vera e propria lotta tra uomini e homunculus, dove non era in ballo tanto il governo o la politica del paese, quanto le loro stesse vite. Non c’era stato nessun spodestamento, in realtà, solo la fine di quelle creature e del loro fantomatico Padre: Bradley era uno di loro… non era mai stato il vero capo di Amestris.
Mentre procedeva con i suoi uomini per le vie della città, il colonnello sentiva che era questo il vero Colpo di Stato a cui era destinato. Non andava ad intrecciarsi con trasmutazioni umane, homunculus e quanto altro: qui c’era solo lui e la sua squadra; la sua ambizione e la sua voglia di cambiare radicalmente le cose. Non era più uno dei tanti… adesso era lui il protagonista: era questo che la sua squadra, e lui stesso, voleva e non li avrebbe delusi.
La vista del patibolo quella stessa mattina gli sembrava lontana secoli.
Si sentiva completamente rinato e carico di ambizione e orgoglio: non vedeva l’ora che Central City assistesse alla sua più schiacciante vittoria su quella parodia di governo.
Aveva la sua alchimia e già questo lo metteva in netta posizione di vantaggio rispetto a quei patetici soldatini che il governo si era messo a protezione: giovani reclute, fedeli ai nuovi capi, ma prive di grandi esperienze. Nessuno di loro aveva visto l’alchimia… gli alchimisti di stato erano pochi dopo l’epurazione di Scar di qualche anno prima. Quelli più potenti, come Basque Grand, erano stati eliminati dalla vendetta personale e distorta dell’uomo con la cicatrice: restavano lui e il maggiore Armstrong come migliori esponenti di quella categoria, peccato che l’alchimista nerboruto fosse in esilio a Briggs.
Ma c’era una cosa molto più importante: mentre camminava per le vie di Central, sapeva che accanto a lui c’erano cinque soldati che avrebbero sfidato la morte per la sua persona. La sua squadra, la sua vera carta vincente.
Lanciando uno sguardo dietro di sé vide che, tutto sommato, Riza riusciva a stare al passo con gli altri: ovviamente stavano tenendo un’andatura tranquilla per lei e Falman le camminava accanto pronto a sostenerla. La cosa migliore da fare sarebbe stato aspettare un paio di giorni per garantire alla donna un minimo di ripresa, ma aveva ragione Breda nel sostenere che il ferro andava battuto finché era caldo e dovevano approfittare delle ore di sbandamento che la fuga di quella mattina aveva provocato.
Fare affidamento sulla popolazione sarebbe stato impossibile: le strade erano quasi del tutto deserte. Era chiaro che l’avvenimento di poche ore prima aveva gettato la gente nel panico e dunque preferivano restare chiusi nelle loro abitazioni. Per lo meno non avrebbero creato nessun intralcio.
“Sembra quasi una città fantasma…” mormorò Fury a un certo punto, sorpreso di come potessero camminare il bella vista senza incontrare alcun ostacolo.
“Fidati, sergente, - lo rassicurò Mustang – nell’arco di un paio di giorni tornerà la Central City che conosci”
“Credete che la popolazione accetterà senza problemi il cambiamento che stiamo per fare?” chiese Havoc
“Sì, – annuì deciso Breda – vedrai che per loro sarà come un gradito ritorno: questa falsa democrazia non ha mai convinto nemmeno loro… il governo si è giocato tutto quando ha iniziato ad eliminare i militari”
“Pessima idea: – commentò Mustang – se Creta e Aerugo ci attaccano chi pensano di mandare in trincea? I pochi soldati che sono rimasti nei quartier generali? Quei pivellini che hanno assunto come nuovo esercito? Si devono rendere conto che non esiste solo Briggs: Amestris ha anche altri confini… si vede che in quel governo manca qualcuno esperto di questioni militari. Qui nelle prigioni di Central c’è una buona percentuale dei migliori soldati del paese…”
“E’ loro che deve convincere davvero, signore: – ricordò Falman – una volta fatto, sarà tutto in discesa”
Intanto erano arrivati alla via dove stava il cancello della prigione. Mustang squadrò da lontano quelle sbarre di ferro, ricordando quando era passato attraverso di essi una ventina di giorni prima: un uomo privo d’ambizione e rassegnato al suo destino, ma solo in apparenza.
Non verrò mai più meno a me stesso, lo giuro.
“Come vuole procedere, signore? - chiese Havoc – Ci sono due guardie davanti al cancello… contiamone almeno un’altra ventina che ci creeranno problemi all’interno dell’edificio”
“Dici? – sorrise furbescamente l’alchimista, mentre gli tornava in mente il secondino che li aveva assistiti durante la loro prigionia – Invece io credo che la situazione si ribalterà in fretta a nostro favore. Tu e Breda, venite con me… voi altri raggiungeteci appena vi faccio un segnale”
“Colonnello, non dovrebbe fare mosse azzardate” protestò il tenente facendosi avanti. Aveva di nuovo indossato la fondina con la pistola, ma Mustang non l’aveva ancora vista prenderla in mano.
“Fidati tenente, lascia fare a me”
Fury e Falman non poterono fare a meno di nascondere un sorriso quando videro la faccia di esasperata rassegnazione della donna, mentre Mustang e i due sottotenenti si avviavano con disinvoltura verso l’ingresso della prigione.
“E’ semplicemente tornato tutto alla normalità, signora” sorrise Fury
 
Il trio di soldati avanzò con passo sicuro verso le due guardie che stavano ai lati dei cancelli. Erano una visione abbastanza impressionante con Havoc che teneva tranquillamente un fucile in spalla, Breda a braccia conserte e Mustang con le mani in tasca e un sorriso malizioso sulle labbra.
“Salve, signori – esordì il colonnello con il tono del comando – ho necessità di passare”
Le due guardie ovviamente l’avevano riconosciuto, ma erano così sconvolte di vedere l’alchimista di fuoco davanti a loro che chiedeva di passare che non riuscirono a reagire immediatamente.
“Colonnello Mustang – disse una di loro con voce incerta - … lei è ufficialmente un condannato a morte fuggito e…”
“Ah sì, quella storia: Breda, Havoc… che ne dite di spiegare ai nostri amici la situazione?”
Con una mossa fulminea i due soldati furono ciascuno davanti ad una guardia a minacciare relativamente con il fucile e con una pistola.
“Niente di personale, ragazzi, – disse Breda – ma vi chiediamo cortesemente di posare le vostre armi e di seguirci all’interno: abbiamo un bel discorso da fare a tutti quanti”
Mentre Breda e Havoc facevano strada, spingendo le guardie davanti a loro, Mustang fece un rapido cenno al resto del gruppo che era rimasto indietro.
La presa della prigione di Central City era appena iniziata.
 
La prima cosa che fecero fu di recarsi nell’ala dove erano stati detenuti e dove erano presenti moltissimi militari provenienti da East City: avere il loro appoggio sarebbe stato semplice e utile.
Breda ed Havoc provvidero ad aprire la strada come sempre, tanto che non fu nemmeno necessario usare l’alchimia del fuoco per creare il panico tra le guardie: l’elemento sorpresa stava enormemente giocando a loro favore; tuttavia era chiaro anche un altro dettaglio, ossia che le guardie della prigione non si opponevano a loro con reale convinzione.
Non sono mai stati convinti che noi siamo davvero i loro nemici: – pensò Mustang, osservando come Breda disarmava con facilità una guardia che gli si era parata davanti – è solo una resistenza di facciata. In realtà anche loro sono dalla mia parte.
“Sergente, – ordinò mentre passavano davanti ad una stanza – qua dentro ci dovrebbero essere le radio ed i telefoni di collegamento: fai in modo che la nostra venuta non trapeli; ci dispiacerebbe rovinare la sorpresa, no?”
Annuendo Fury entrò nella stanza, uscendone fuori dopo appena un paio di minuti.
“Tutto sotto controllo signore: i collegamenti con l’esterno sono bloccati fino a suo nuovo ordine” sorrise rimettendosi in tasca un cacciavite e un paio di pinzette.
Arrivati nel settore desiderato, dopo aver messo a tacere meno di una decina di guardie, Mustang e i suoi si trovarono faccia a faccia col secondino.
Il colonnello sorrise furbescamente e gli mise una mano sulla spalla:
“Ciao amico, come vedi alla fine se ne sono salvati sei su sei. Che ne dici di portare a termine l’opera e liberare anche gli altri soldati?”
L’uomo rimase interdetto per qualche secondo, mentre fissava con meraviglia quell’uomo così diverso da quello che aveva conosciuto nei giorni in cui era stato in cella. Tuttavia alla fine sorrise compiaciuto
“Agli ordini, colonnello” disse, prendendo dalla cintura le chiavi delle celle e iniziando ad aprirle.
Decine e decine di soldati di East City uscirono fuori da quegli ambienti, increduli davanti a quanto stava succedendo: il nome del colonnello continuava ad essere pronunciato con una sorta di timore reverenziale.
“Ehi, Havoc! Breda! Che cosa avete combinato?” disse un soldato con un sogghigno, riconoscendo i compagni con cui si era divertito tante volte nelle sale ricreative del Quartier Generale dell’Est.
“Ciao Thomas! – salutò Havoc – Abbiamo pensato di cambiare un po’ le regole del gioco, vi va di unirvi a noi?”
Erano soldati di East City che conoscevano l’alchimista di fuoco e la sua squadra: tra molti di loro c’era un rapporto di amicizia o comunque rispetto e fiducia e dunque fu abbastanza naturale che, nell’arco di cinque minuti, il gruppo che prendeva possesso della prigione diventasse di almeno un centinaio di persone. Tanto che a Mustang e i suoi sottoposti non restò che sovrintendere la situazione.
“Liberate gli altri, - ordinò Mustang ad alcuni capitani – squadre da cinque persone: troverete le armi nel magazzino al piano di sotto. Assicuratevi che alle guardie della prigione non venga fatto alcun male, limitatevi a bloccarli se fanno resistenza… una volta terminato vi voglio tutti nella grande sala dove si tengono i processi: devo fare un discorso a tutti voi”
“Sissignore!” risposero gli uomini scattando sull’attenti, pronti a seguire quell’uomo che li aveva salvati da un processo e una morte quasi certe. La notizia della fuga rocambolesca di quella mattina si era ovviamente diffusa tra i prigionieri e, tra quelli provenienti da East City, era nata una flebile speranza che l’alchimista di fuoco non sarebbe scappato abbandonandoli al loro destino. E avevano avuto ragione.
Come gli ordini furono dati, Mustang si girò verso la sua squadra.
“Andiamo a preparare la sala, ragazzi: – disse – ho bisogno di essere visto e sentito da tutti”
 
“Spostate le panche sui lati, è meglio che stiano in piedi! – ordinò Mustang mentre avanzava a grandi passi nella sala che l’aveva visto protagonista di tanti processi  - Levate anche queste balaustre, tanto non mi paiono inchiodate al pavimento… La cosa migliore è che io salga sopra il tavolo, Falman, dammi una mano a spostarlo verso il fondo, servirà maggior spazio, considerando tutti i soldati che stanno per arrivare”
Le mani di Riza si unirono a quelle dei due uomini quando iniziarono a spingere il pesante tavolo di legno
“Oh no, tenente – la bloccò Mustang – tu non devi fare sforzi”
“Ma signore, - protestò lei – non ho fatto niente durante l’azione di presa della prigione.”
“Non è stato necessario, l’hai visto anche tu. Siediti e riposa… avrò bisogno che tu mi stia accanto quando parlerò e dovrai stare in piedi. Meglio che riprenda le forze”
“Signore…” sospirò lei
Ma il colonnello le rivolse un sorriso supplichevole, come se le chiedesse di rimandare la firma di centinaia di documenti, e la donna si sentì obbligata a cedere… almeno per quella volta.
“Colonnello, posso chiederle un favore?” domandò Falman, dopo che Riza si fu allontanata
“Dimmi pure, maresciallo”
Falman alzò lo sguardo sulla parete che stava davanti a loro, dove stava appesa la bandiera della nuova Amestris.
“Non mi è mai piaciuta quella bandiera, signore: – dichiarò l’uomo – non voglio che lei parli sotto questo simbolo che non ci rappresenta”
Mustang fissò a lungo quel porpora e quell’oro; i suoi occhi sottili si strinsero ulteriormente.
Quella bandiera era il simbolo di un governo fasullo e malato… era il simbolo di un suo errore personale. Non avrebbe mai dovuto sentirsi arrivato dopo la sconfitta di Bradley, non avrebbe mai dovuto accontentarsi di sentire la parola democrazia, senza accertarsi che fosse veramente tale. Quella bandiera rappresentava tutta la sua negligenza nei confronti del paese.
Ma la storia ci insegna che si deve porre rimedio ai propri errori.
“Trovate una scala, qualsiasi cosa, ma fatela sparire da lì. Non è la nostra bandiera… hai ragione, non parlerei mai sotto quello stemma”
 
Aiutato da Fury, il maresciallo riuscì a trovare una scala in una sorta di ripostiglio qualche stanza dopo.
“Vieni, sergente – disse – aiutami a spostare queste scatole altrimenti avremo difficoltà a passare con la scala”
“Va bene” annuì il giovane, facendosi avanti e prendendo la prima. Ma subito il suo sguardo si illuminò
“Che hai visto?” chiese Falman, vedendolo aprire meglio la scatola di cartone che teneva in mano
“Guardi, signore, guardi! – esclamò, come se avesse appena aperto un regalo di natale – E’ la nostra bandiera!”
Le sue mani tirarono fuori la stoffa verde brillante, accuratamente piegata. Nella parte superficiale si vedeva parte del drago argentato che sembrava splendere dopo essere stato tirato fuori da quel posto.
Falman tese le mani e aiutò il sergente a spiegare almeno in parte la grossa bandiera: non sembrava per niente rovinata da oltre un anno che era stata messa in quella scatola.
“Il drago argento su sfondo verde è il simbolo del nostro grande paese: – iniziò a recitare Fury – il drago è un animale forte e orgoglioso che difende i suoi confini contro qualsiasi nemico. Esso porta ricchezza e prosperità. Il campo verde indica la speranza e la rinascita, perché Amestris è in grado di risollevarsi da qualsiasi difficoltà”
“La storia della bandiera… – sorrise il maresciallo – pensavo che ormai a scuola non la insegnassero più”
“Oh no, signore! – scosse il capo il ragazzo, sorridendo al pensiero che, effettivamente, non era passato molto tempo da quando era stato a scuola – Il mio maestro ce l’ha insegnata e ci teneva che la sapessimo. Certo, è molto più semplice rispetto a quello che ci hanno insegnato in Accademia, ma ho sempre preferito  questa versione… e poi, mi è sempre piaciuta l’idea del verde che indica la speranza e la rinascita: mi ha sempre spronato ad essere un soldato migliore”
Falman posò una mano sulla spalla del sergente, intenerito dall’ingenua e totale fedeltà a quello stemma che il ragazzo aveva appena dimostrato.
“Ci credi davvero in questo simbolo, vero sergente?”
“Sì – arrossì lui – e devo dire che poterla finalmente rivedere e prendere in mano, mi da un grandissimo senso di sicurezza e speranza per il futuro. Quella bandiera porpora è così pesante e opulenta… non me ne sento proprio rappresentato: questa invece è così bella e leggera… a volte, quando ero ragazzino, mi immaginavo che al drago spuntassero le ali e che mi portasse nella sua groppa a vedere tutto il paese”
“Che ne dici, sergente, non sarebbe bello che il colonnello parlasse sotto questa bandiera?”
“Oh, per me sarebbe davvero fantastico! Andiamo a fargliela vedere”
 
Riza stava seduta su una sedia, ad osservare i suoi compagni che si davano da fare per sistemare la sala.
Il suo corpo era grato per quella pausa dopo l’intenso sforzo a cui era stato sottoposto e questo la faceva sentire inutile. Non le era mai capitato di sentirsi così debole e ora le sembrava impossibile di essersi lasciata andare così tanto: la sua condizione psicologica doveva essere stata veramente instabile per portarla a non rendersi conto di quella decadenza. Si era resa conto di avere i capelli sporchi, la pelle che le prudeva per i giorni senza fare una doccia, la divisa che puzzava in maniera assai poco decorosa: dove era finito il soldato marziale e perfetto che era sempre stata? Lanciando un’occhiata al colonnello si rese conto che tra di loro c’era una grande differenza: per quanto anche lui fosse sporco e maleodorante dopo quei giorni di prigione, riusciva ancora ad emanare quell’aura di potere e di carisma che gli era propria. Che importava che i capelli neri sembrassero unti per quanto erano sporchi? Che importava se la divisa puzzava quanto la sua? Il viso era deciso e orgoglioso mentre indicava ad Havoc dove spostare la balaustra, la sua voce carica di sicurezza e autorità, o mentre spiegava a Breda come comportarsi una volta che tutti fossero arrivati. Il Mustang della prigione si vedeva solo in dettagli assolutamente trascurabili.
E io invece? Come sono ridotta?
La sua mano andò alla pistola, che i suoi compagni non le avevano permesso di usare durante la presa della prigione, e la tirò fuori dalla fondina. La prese tra le mani e iniziò ad esplorarne tutte le parti, con gli occhi chiusi, riconoscendo tutti i dettagli che aveva toccato decine e decine di volte. Era come fare pace con un’amica fidata. Stranamente non si sentì in colpa nel provare quelle belle sensazioni nell’accarezzare l’arma: aveva temuto che i sensi di colpa, che l’avevano colpita così malamente nelle ultime settimane, avessero cambiato per sempre il suo feeling con la pistola, ma non era così. E la cosa le diede estremo sollievo: per stare accanto al colonnello e proteggerlo, lei aveva bisogno di essere in perfetta sintonia con l’arma.
Alzandosi in piedi tese il braccio, per vedere se riusciva ancora a tenerlo fermo e con sua grossa sorpresa ci riuscì: il resto del corpo poteva anche cedere, ma se si trattava di stare fermi per mirare, Riza Hawkeye era una delle migliori.
Sentì l’improvvisa esigenza di sparare a qualcosa, sentire di nuovo il brivido di cui Havoc aveva parlato. Capiva che per tornare davvero se stessa doveva premere quel grilletto.
Incurante del posto dove si trovava, cercò un bersaglio che si potesse adattare e con un sorriso cattivo lo trovò.
Il colpo di pistola fu così improvviso che tutti si girarono di scatto, temendo che fosse successo qualche imprevisto. Mustang dilatò gli occhi quando vide che a sparare era stato il tenente che ancora teneva la pistola tesa: il bersaglio era stata la “A” della nuova bandiera del paese.
“Oh, mi congratulo, tenente – esclamò Havoc – un ottimo centro!”
“Ti ringrazio, Havoc. – disse lei impassibile, sciogliersi i muscoli delle spalle con alcuni movimenti rotatori – Avevo proprio bisogno di un po’ d’esercizio: sono rimasta ferma troppo a lungo”
“Considerato quel centro, tenente, – sorrise Mustang, avvicinandosi a lei e fissando quel buco nero in mezzo all’oro della lettera – direi che posso tranquillamente continuare a fidarmi della tua protezione”
“Ci conti, colonnello. Non potrei mai lasciare quel posto a qualcun altro” disse lei fissando il medesimo punto
“Appena diventerò Comandante Supremo, – mormorò Mustang – uno dei primi provvedimenti che prenderò sarà di aiutare Ishval. Per ogni persona che è stata uccisa ne aiuterò altre a vivere: darò a quella terra vera giustizia, per quanto le mie mani siano sporche di sangue di quel popolo”
Riza sorrise
“Forse sarà paradossale che sia proprio uno dei peggiori autori dello sterminio a fare tutto questo, – continuò il colonnello – ma ti dirò che in fondo ci trovo un senso di giustizia molto più forte piuttosto che finire impiccato, senza la possibilità di rimediare davvero. Potrai perdonarmi nel caso quest’idea di redenzione non coincida con la tua, tenente?”
“Signore… - sospirò lei – davanti alla tomba di mio padre mi ha parlato di un sogno meraviglioso: costruire un paese migliore mattone per mattone. La prima volta è crollato tutto rovinosamente, ma questo non vuol dire che si deve smettere di provare… adesso lo so. E questa volta abbiamo gli strumenti giusti per farlo, a partire dalle quattro persone meravigliose che ci hanno salvato in tutti i modi possibili.”
Mustang sorrise a quelle parole
Questa volta non sarà un castello di carte, ma una solida costruzione di mattoni che non crollerà. Soprattutto perché non saremo solo noi due a farlo.
“Ehi! – esclamò la voce di Fury, distogliendolo dai suoi pensieri – Guardate che abbiamo trovato!”
 
Un quarto d’ora dopo la grande sala era stracolma di militari. Erano diverse centinaia, provenienti per la maggior parte dai distretti dell’Est e del Sud. Le loro facce, così come le loro divise erano sporche e disordinate, ma nei loro sguardi c’era nuova linfa vitale causata da quella liberazione inaspettata.
Quasi tutti sapevano che la condanna era quasi inevitabile, ma la situazione era cambiata a loro favore.
Non erano più prigionieri, ma soldati. Si riconoscevano uno nella divisa sporca dell’altro, come commilitoni che si ritrovano dopo una battaglia dall’esito incerto.
E la loro attenzione si spostò immediatamente dall’uomo che era salito con un agile balzo sopra il tavolo in fondo alla parete. Sopra di lui era appesa, maestosa, la bandiera di Amestris, quella su cui tutti avevano prestato giuramento, per la quale avevano combattuto.
Perché per un soldato la propria bandiera è un simbolo di vitale importanza.
In piedi accanto al tavolo stava una donna, la schiena perfettamente dritta, nonostante l’aspetto stanco. E sul lato destro altri quattro soldati schierati quasi in difesa dell’uomo che stava per prendere la parola.
La voce di Mustang squillò limpida per tutta la sala, fino alle ultime file.
“La maggior parte di voi mi conosce solo di fama, quindi mi presenterò ufficialmente. Io sono il Colonnello Roy Mustang, Alchimista di Fuoco, Eroe di Ishval. Questa donna accanto a me è la mia personale assistente e guardia del corpo, il tenente Riza Hawkeye, anche lei eroina di Ishval e loro – indicò i soldati a destra – sono la mia personalissima e fedele squadra. Chi proviene dal Quartier Generale dell’Est sa bene di chi parlo”
Ci furono alcuni mormorii durante la pausa che succedette questa presentazione: tutti sapevano chi era Roy Mustang e che era stato l’artefice della loro liberazione.
Dopo aver permesso ai soldati di prendere coscienza della situazione, Mustang riprese a parlare.
“Mi presento a voi per chiedere il vostro sostegno: ho intenzione di rovesciare questo governo e di diventare Comandante Supremo, come lo è stato King Bradley”
Il mormorio questa volta fu molto più intenso e con la coda dell’occhio il colonnello vide che anche i suoi uomini si lanciavano occhiate perplesse: non si aspettavano un intervento che andasse subito al sodo.
Niente fronzoli questa volta: se questi uomini mi devono seguire lo devono fare sinceramente e completamente.
“Come molti di voi sanno, il motivo per cui siamo stati imprigionati è perché dovevamo in qualche modo pagare l’eccidio che si è consumato più di otto anni fa ad Ishval: si voleva dare giustizia a quel popolo che l’esercito ha quasi del tutto annientato… io stesso sarei dovuto morire impiccato questa mattina.
Non so quanti di voi si portino dentro l’orrore di quella guerra, ma presumo tutti. In quelle sabbie il nostro essere soldati è stato messo a dura prova, perché non c’è stato alcun onore nel massacro di una popolazione civile inerme… perché abbiamo fatto questo!”
Gli uomini abbassarono colpevolmente lo sguardo, ricordando le loro colpe in quella guerra: nessuno di loro aveva mai smesso di rivedere Ishval nei propri sogni.
“Forse la morte per quelli come me sarebbe una cosa giusta… ma non per mano di questo governo! – il tono passò da calmo a deciso – Non vogliono davvero dare giustizia ai morti di quella terra: per quella gente che ci voleva condannare, Ishval è solo una scusa per liberarsi di figure scomode come noi. Siamo l’esercito del vecchio regime, ci temono… e arrivano a usare quello sterminio per i loro scopi!”
Il mormorio questa volta fu di rabbia: stava toccando un tasto davvero dolente
“Durante i processi della mia squadra mi sono reso conto della superficialità di queste persone: Ishval è l’ultimo dei loro pensieri. Finito di epurare noi, lasceranno quella terra al suo destino, invece di aiutarla a rinascere come una vera giustizia vorrebbe! Si sono messi a fare processi sommari, senza preoccuparsi di far finire in mezzo agli accusati persone che con la guerra non hanno avuto a che fare. Potevo anche accettare di pagare con la vita quella guerra, ma non in questo modo e per mano di queste persone!”
Alcune grida d’assenso: l’alchimista si stava dimostrando davvero bravo a comunicare con la folla.
“La nostra vera redenzione sarà lavorare per Amestris! Come abbiamo sempre fatto! E Ishval fa parte di Amestris! Aiuteremo quella gente a ricostruire il proprio paese, dimostreremo che l’esercito è lo strumento di giustizia in cui tutti possono davvero credere!”
La sua mano indicò la bandiera dietro di sé.
“Guardate! E’ questa la bandiera in cui crediamo! Quella per cui ci siamo arruolati nell’esercito… quella per cui abbiamo combattuto per il nostro paese! Io non mi sento rappresentato da un governo che come primo atto mi leva il simbolo per cui tanti soldati sono morti onorevolmente in trincea contro Creta, Aerugo e Drachma… quella bandiera porpora, con quella grossa “A” dorata al centro, rappresenta solo la volontà di quelle persone di cancellare il passato! Uno dei più madornali errori che un governo possa commettere! E’ dal passato che si impara: ci sono tutte le nostre imprese, i nostri errori… non si devono rinnegare! Non va cancellata la memoria di un paese! Non si può eliminare da Amestris la maggior parte dell’esercito! Perché Amestris siamo anche noi! E ne andiamo fieri!”
“Infervorare i militari… lo sta facendo davvero bene, signore” mormorò Breda, compiaciuto
“Questo governo non farà mai del bene al paese: – esclamò il colonnello, alzando la mano per placare il vociare – penserà solo a se stesso. Ma nessuna di quelle persone ha mai visto un campo di battaglia, nessuno di loro potrà mai capire il grande sacrificio e impegno che ciascuno di noi ha messo per questo paese! Ishval è stato un clamoroso e terribile sbaglio… ma non possiamo cancellare tutto il buono che l’esercito ha fatto. Perché io credo profondamente in questa divisa e in questa bandiera!”
I soldati erano assolutamente d’accordo con lui: quell’uomo li stava risollevando, stava dando loro dei motivi per continuare a combattere, per riuscire ad andare avanti nonostante la colpa presente nei loro passati.
“Io e la mia squadra – annunciò infine con calma, dato che ormai aveva l’attenzione di tutti – tra circa un’ora, ossia appena ci organizzeremo, abbiamo intenzione di andare al palazzo del governo e prenderne possesso. Intendo rovesciarlo con uno dei colpi di stato più rapidi che si siano mai visiti… Vi ripeto quello che ho detto all’inizio: ho intenzione di diventare Comandante Supremo e di ridare ad Amestris la dignità che merita. Se pensate che io possa rappresentare degnamente il paese, unitevi a me! Noi siamo l’esercito più potente! Drachma, Creta e Aerugo non riusciranno mai a prevalere su di noi… siamo nettamente superiori! Noi siamo l’eccellenza dell’esercito! Come può questo governo anche solo pensare di mandare avanti il paese senza noi a proteggerlo? Sappiamo benissimo quanto i paesi confinanti non attendano che un passo falso per attaccare! Sul serio ci vogliamo far governare da persone che espongono Amestris a tali minacce?”
Urla di acclamazione
“Quanto pensate che ci voglia a circondare quel palazzetto e a fare piazza pulita? Non abbiamo nemmeno bisogno di aspettare rinforzi! Mi basta solo la vostra approvazione! Chi viene con me?”
Questa volta ci fu un vero e proprio boato. Soldati che aspettavano l’occasione di riscatto avevano finalmente trovato il leader da seguire. E Mustang era finalmente nel ruolo che aspettava di ricoprire da un’intera vita.
“Se la cava bene il colonnello: – sogghignò Havoc, rivolto a Breda – riesce ad avere successo tanto con gli uomini quanto con le donne, non trovi?”
“E’ un leader nato: – sorrise il sottotenente rosso con una nota d’orgoglio – aspettavo con ansia il giorno in cui l’avrei visto scatenarsi in tutto il suo carisma. Ecco le nostre truppe, Havoc… entro qualche ora saremo la squadra del neo Comandante Supremo di Amestris”
“Havoc! – esclamò la voce del colonnello – Dammi la bandiera!”
“Eccola, signore!” sorrise il sottotenente prendendo da terra la bandiera porpora che lui e Falman avevano provveduto a deporre poco prima… con immensa gioia.
Come l’ebbe in mano, l’alchimista di fuoco la mostrò alla folla
“Questa non è la nostra bandiera! Questa non è Amestris! Faremo ritornare il drago d’argento su tutte le aste, su tutte le finestre! Verde e argento!”
“Verde e argento!” ruggì la folla.
La presa della prigione era terminata.
Erano le cinque e mezza del pomeriggio.
  
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