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Autore: Made Again    14/09/2013    3 recensioni
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Tratto dalla recensione lasciata al capitolo 21 "Untitled Track" da Lady Igraine.
"Non riesco a capire esattamente che considerazione abbia di lei ecco. La schernisce, la pretende, la ama, l'abbandona, la odia... è una commistione di sentimenti indistricabili che si rafforzano l'uno con l'altro e distruggono. Li distruggono entrambi. E questo apre molti interrogativi, perchè con una simile tempesta dentro non potranno mai davvero comunicare, potranno sempre e solo prendersi, scacciarsi, odiarsi e amarsi in una lotta senza tregua... "
***
Storia dalla trama complessa, particolare, azzardata.
Storia-tributo alla band inglese "Marillion".
Storia di malsana dipendenza ed ostentata indipendenza.
Storia di una vita irreale eppure specchio di una vita reale.
Storia di due gemelli.
Storia di un fratello ed una sorella.
Una ragazza.
Brave.
Genere: Sentimentale, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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Canzone del capitolo: The Space...



Rachel si svegliò che erano da poco passate le undici. La luce entrava prepotente dalle grandi vetrate della sua camera da letto, mentre le note di “The Space...” giungevano ben distinte dalla camera del fratello. Quel povero giradischi sarebbe collassato da tanto lo usava, ne era certa. Per non parlare del walkman.
Guardò la sveglia e, appellandosi a tutta la sua buona volontà, s’alzò dal letto e si diresse verso la finestra. Spalancando le imposte, lasciò che la gelida arietta mattutina le facesse correre un piacevole brivido lungo la schiena. Aveva dormito parecchie ore, eppure si sentiva tremendamente stanca. Non voleva programmare nulla per i giorni seguenti: tutto ciò che riusciva a vedere erano i muri scrostati ed imbrattati della sua logora scuola pubblica di periferia. La fine delle vacanze natalizie incombeva.
Il pallido sole gennarino le illuminò il volto e sentì il suo tiepido tepore scaldarle la pelle chiara. Sedette sul davanzale, lasciando le gambe penzoloni verso l’esterno e la mente libera di vagare. Poteva sentire il venticello freddo che le scompigliava i capelli, sibilare tra gli alberi spogli del giardinetto. Il suono giungeva lontano, ovattato alle orecchie della ragazza, come un lamento indefinito trasportato dalla brezza mattutina. Sembrava provenire da miglia e miglia di distanza quando in realtà era la sua mente ad essere ben lungi da quel luogo. Melodie ben note venivano catturate dalle sue orecchie.
 
 
“He did it without knowing, didn't feel a thing,
He just wrecked it and kept going.
The space around the stars,
Is something that you know,
A billion miles of darkness,
Left your feeling low,
The space around the stars,
Is something that you know.
Everything about you,
So perfectly restrained,
But everything inside you,
Bites you.”

 
“Lo fece senza saperlo, non sentì niente,
Solo la distrusse e proseguì.
Lo spazio attorno alle stelle,
È qualcosa che conosci,
Un miliardo di miglia di oscurità,
Ti lasciarono una sensazione di tristezza,
Lo spazio attorno alle stelle,
È qualcosa che conosci.
Attorno a te tutto,
È perfettamente misurato,
Ma tutto dentro di te,
Ti tormenta.”

 
Ripensava al sogno dai contorni indefiniti che ristagnava nel suo corpo ancora intorpidito dalla nottata trascorsa. Heyden era con lei. E l’aveva baciata. E lei l’aveva allontanato. Ben due volte. Che sogno assurdo, sbagliato, illogico, innaturale. Già, innaturale. Si girò e, percorrendo la stanza a piccoli passi, si lasciò nuovamente andare sul letto, la testa affondata nel cuscino profumato di lavanda. Insieme alla fine fragranza provenzale, avvertì un altro odore. Forte, acre. Disinfettante. Si levò di scatto a sedere e si premette con forza la mano destra sulla guancia. Si sentì mancare. Senza badare troppo alla delicatezza (sapeva che non c’era nessuno in casa, in quanto gli zii lavoravano), spalancò la porta e corse verso il bagno. Non era possibile.
Una volta varcata la soglia, vacillò sotto il peso di quello che vide. Per quanto la luce in bagno fosse assai fioca, lo specchio le restituiva l’immagine di una ragazza sui diciott’anni anni, tutto sommato bella, dai lunghi, ricci, ribelli capelli biondi, stravolta e piuttosto sconvolta. Con una lunga cicatrice che le solcava la guancia destra. Si avvicinò al lavabo per potersi osservare meglio. Ma il taglio era ancora là.
-Sai bene anche tu di non averlo immaginato.-
Lo specchio ora le restituiva il riflesso di un ragazzo alto, moro, con gli occhi azzurro ghiaccio, anch’egli spettinato, appoggiato allo stipite della porta del bagno. Era davvero bello.
-Speravo di averlo semplicemente sognato.- Rachel si rivolgeva allo specchio, gli occhi fissi nel riflesso di quelli del fratello.
-Hai dimenticato un “non”.-
-Cosa vuoi dire?-
-Speravo di non averlo semplicemente sognato.- Le labbra piegate in un fottuto sorrisetto ironico.
-Cazzate.-
-Per favore, evita di mentire almeno a te stessa.-
-Che ne sai tu di ciò che voglio?-
-Già, Rachel. Spiegamelo. Che cosa vuoi?-
Heyden era solo un infido.
-Levati di mezzo.- Rachel si diresse decisa verso la porta, ma le mani del fratello le afferrarono saldamente le spalle.
-Cosa vuoi Rachel?-
Silenzio. La ragazza non emise un suono. Continuò a fissare il ragazzo dagli occhi di ghiaccio.
-Dimmelo, Rachel. Cosa vuoi davvero?-
Si sentiva prigioniera di quelle parole. Heyden avvicinò il volto al suo.
-Coraggio Rachel. Cosa sogni veramente?- Poteva avvertire il respiro del fratello sul suo collo.
Tutto avvenne rapidamente. Rachel chiuse gli occhi, afferrò i polsi del gemello e con forza lo spinse contro il muro del corridoio dietro di loro, facendo vibrare le boccette di vetro precariamente appoggiate vicino allo specchio. Heyden sembrava divertito. Una strana espressione gli aleggiava sul volto. Se possibile, era ancora più bello. Rachel inspirò, poi aprì gli occhi e si alzò in punta di piedi, in modo da arrivare all’altezza del fratello. I loro nasi erano così vicini da potersi sfiorare. Rachel si sentiva ardere dentro dalla frustrazione. Gli occhi negli occhi, la voce carica d’odio.
-Sogno quello che sognano tutti: quello che nella realtà non si può avere.-
-E cosa ne sai di quel che si può e non si può avere?-
-Tu invece sai cos’è naturale e cosa no?-
Rachel lasciò i polsi del fratello, voltò le spalle e si diresse a passo deciso verso le scale.
Aveva bisogno di fare qualcosa per smaltire la tensione e cominciare ad apparecchiare il pranzo per gli zii le sembrava una buona scelta, data l’ora.
Cosa cazzo aveva quel fottuto ragazzo che non andava? Era strano, ma questo lo sapevano tutti. Ma in quegli ultimi mesi il rapporto che avevano instaurato era diventato quasi inquietante. A Rachel la cosa non dava così tanto fastidio, anzi. Ne era quasi felice. Felice che nel loro vivere così anomalo ci fosse qualcosa di esclusivo, di speciale, che lo differenziava da tutti gli altri. Aveva una priorità sul resto. Heyden aveva una priorità nella vita di Rachel. E ormai ne era sicura, anche lei la aveva in quella di Heyden. Ciò che ancora la turbava era, che genere di priorità? E soprattutto, perché? Era così normale tra fratelli che la vita dell’uno stesse così a cuore all’altro, tanto da volerne far parte in maniera così prepotente, disperata?
 
Seduta al tavolo della cucina, cercava di calmare il nervosismo che la intrappolava, leggendo. Era arrivata a buon punto con il primo libro de “Il Signore degli Anelli”, collana appartenuta in passato alla madre. La Compagnia si apprestava a lasciare le buie e tremende miniere di Moria. Poche sale ed un ponte sull’abisso delle profondità della terra li separavano dai cancelli orientali. Meno di un giorno di marcia. La minaccia di orchetti ed altri esseri più forti e terribili incombeva ancora su di loro, ma il peggio era ormai alle loro spalle. Nella camera di Mazarbul, Gandalf stava terminando la lettura di quel che restava della lunga e tragica epopea del popolo dei nani di Moria. Gli occhi della ragazza divoravano rapidi pagine e pagine di parole così magistralmente scelte ed accostate.
 
“Gandalf aveva appena finito di pronunciare queste parole, quando si udì un grande rumore: un DUM rombante che pareva giungesse dalle profondità sotto di essi, tremando nella roccia ai loro piedi. Balzarono tutti allarmati verso la porta. DUM, DUM, continuava a tuonare, come se immense mani avessero trasformato le caverne stesse di Moria in un gigantesco tamburo. D’un tratto echeggiò uno squillo: un grande corno suonava nel salone, mentre in lontananza si udivano rispondere altri corni e strilli acuti. Infine il rumore frettoloso di molti piedi.
-Stanno venendo!- gridò Legolas.
-Non possiamo uscire.- disse Ghimli.”
 
Fece per voltare pagina, al culmine della suspance, quando si accorse che la pagina che veniva dopo portava scritto in caratteri eleganti “ Capitolo VI. Lothlòrien.”. Guardò il numero in cima. 414. Mancavano moltissime pagine! L’edizione era vecchia, certo, ma non si aspettava di trovare così tante pagine mancanti. Non avrebbe potuto proseguire la lettura, mancavano troppi avvenimenti. Chiuse il libro e vi poggiò la testa, avvilita e delusa.
 
Un rumore di chiavi la distrasse. Poco dopo la voce di zia Lisa la raggiunse dall’ingresso fin in cucina.
-Buongiorno tesoro. Come stai? Ancora in pigiama?-
Rachel si voltò e rispose forzando un sorriso.
-Ciao zia. Benissimo, grazie. Si, mi sono appena svegliata. Non ho proprio sentito la sveglia.-
-Che hai fatto alla guancia?- chiese Lisa in tono allarmato.
Rachel se ne era completamente dimenticata. Si sentì sciocca. Disperatamente alla ricerca di una scusa, disse la prima cosa che le passò per la testa.
-Mi sono tagliata. Vedi, mi si è rotto un bicchiere e per sbaglio mi sono tagliata mentre raccoglievo i pezzi.-
-Ti sei disinfettata?- Lisa non sembrava troppo convinta.
-Certo. Non ti preoccupare. Lo zio?- chiese la ragazza, tentando di cambiare discorso.
-Sarà qui a momenti, puoi tranquillamente buttare la pasta.-
Sollevata di avere una scusa per allontanarsi dalla cucina, Rachel si voltò e si diresse verso la dispensa.
 
 
 
 
Tratto da: Il Signore degli Anelli, La Compagnia dell’Anello, Il ponte di Khazad-dum. Pag. 403. J.R.R.Tolkien.




Un saluto a tutti voi lettori che mi seguite ed un grazie a tutti coloro che hanno gentilmente lasciato una recensione fin'ora. Un ringraziamento speciale in tal senso va a ChocoBomb che mi ha sostenuta ed aiutata con le sue recensioni puntuali e una sempre gentile parola d'incoraggiamento.
Chiedo perdono per questa divagazione sul tema a causa dell'inserimento di un brano tratto da "Il Signore degli Anelli". Chiedo a tutti voi di pazientare, ogni cosa avrà un suo fine ed un suo perchè.
Grazie ancora dalla vostra MadCat.
  
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