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Autore: Mirella__    14/09/2013    2 recensioni
Storia ispirata al famoso Canto di Natale di Charles Dickens.
Tre spettri faranno visita al giovane e cinico Light Yagami incitandolo a cambiare condotta, un triste destino si abbatterà sul diciassettenne in caso non accetti; in base al suo comportamento il ragazzo riceverà una dannazione eterna, oppure un qualcosa di molto più terreno che starà a lui decidere se considerarlo più come una maledizione che altro…
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti | Coppie: L/Light
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A Very Christmas Carol

 


3.Di strani inviti, di rossi allegri e d’imprevisti





Ed è qui che giungiamo, bellissime dame e affascinanti galantuomini, a quello che fu il terzo giorno di supplizio del giovane Yagami.

Quel dì, il signorino prese coscienza degli eventi accaduti le precedenti notti, ma è meglio scendere ancor più nei dettagli, in fondo, non si dice proprio che i protagonisti dei fatti siano i più dotti?

Il diciassettenne era agitato quella mattina, come una furia si abbatteva su chiunque a tiro gli capitasse; ordini a destra e a manca impartiva e non appena qualcuno osava ribadire veniva mandato fuori a calci: ovviamente, il signorino non si preoccupava dei modi che bisognava addolcire .

Quando la sua ira,  infine, trovò pace, si sedette sul lussuoso divano della camera da letto e ne carezzò la pregiata stoffa con la punta delle dita.

Si era ritrovato a dover convivere con l'incubo di quattro notti tormentate: due eran passate, grazie a Dio, ma gliene restavan altre tante da subire e come le avrebbe superate per lui restava un mistero; quasi si sentiva sotto assedio!

Come se il tutto non bastasse, a mandarlo in panico era arrivato quel... nemmeno voleva definirlo dono, insomma, da che mondo e mondo si omaggiava con dei fiori un uomo?

Erano delle rose rosse quelle che aveva dovuto sistemare accanto al baldacchino, non che gli dispiacessero poi tanto, ma, in fin dei conti, se le avesse volute avrebbe da sé provveduto ad acquistarle.

Il problema maggiore, però, non si esplicava in quel regalo, bensì dalle parole che lo accompagnavano.

Un piccolo biglietto, così semplice, così sfacciato!

Tanto che era riuscito a spiazzarlo, a lasciarlo senza parole, quasi come se privo d'intelletto fosse stato!

"Mio carissimo collega," così iniziava il breve testo, "sarei lieto di disquisire dei problemi dei quali si è dovuto occupare," a quella lettura Yagami si morse il labbro stizzito, quanto era molesto! "A causa mia, non lo nego," e lo ammetteva pure il marrano! "Ragion per cui la invito nella mia tenuta domani sera," un invito a cena? Cosa mai era? "Se dovesse rifiutare la mia offerta, farò mostra della mia persona d’innanzi la sua porta quando più mi aggrada,” sconcertante!

Il povero Light sospirò e a leggere continuò, “spero che le rose siano state di vostro gradimento”.  Ed una firma in basso a destra concludeva il tutto.

 

Lawliet

 

Che intenzioni avesse, quel maledetto, proprio non lo immaginava, ma le opzioni di cui disponeva erano tante, perciò esser il più possibile obiettivi bisognava.

Se non si fosse fatto vedere, il tarlo che da mesi gli martellava la mente sarebbe venuto da lui; ebbene, Light avrebbe fatto così: meglio affrontare un avversario come Lawliet in casa propria, dove le difese sarebber potute restare alte, invece che diventare facile preda  in un territorio sconosciuto.

Tre colpi secchi dalla porta d'ingresso giunsero inaspettati all'orecchio, qualcuno aveva avuto il coraggio di chiedergli udienza in un momento tanto bislacco?

Quando andò ad aprire, non con poca rabbia per esser stato disturbato, un ragazzino dai grandi occhi grigi e il viso tirato mostrò un sorriso delicato.

"Buongiorno signor Yagami, sono venuto a chiedervi perdono da parte di mio padre, abbiamo bisogno di quel lavoro e..." ma l'espressione che i lineamenti del castano assunsero lo costrinsero presto al silenzio.

Light odiava coloro che rimpiangevano le proprie azioni, ne aveva le tasche piene e all'udire anche solo la premessa del discorso aveva assottigliato lo sguardo - lievemente s'intende - ma ciò bastò a conferirgli un'aria quasi felina.

"Se avesse tenuto tanto al suo lavoro, il signor...?" chiese con un cipiglio curioso.

"Tota," rispose il più piccolo in un soffio.

"Matsuda," sussurrò Light collegando immediatamente il cognome a quell'impiastro. "Avrebbe fatto più guadagni e certamente meno disastri! Ora, se non ti dispiace, ho altro di cui occuparmi e non posso fermarmi certo ad ascoltare i lamenti del figlio di uno scansafatiche". Non attese repliche il signorino e chiuse la porta in faccia al ragazzino.

Una volta dentro tornato, si precipitò ad afferrare il telefono: d'appioppare a Misa una scusa per quella sera e per quella dopo ancora aveva dimenticato!

Per non parlare del fatto che la ragazza attendeva una risposta: lei aveva già avanzato proposta di matrimonio, ma Light, piuttosto che accettare, avrebbe compiuto un patto persino con il demonio!

Era fuori discussione! Figuriamoci se avesse voluto unire il suo destino a qualcuno di così  frivolo, specie a quel tempo: era ancor troppo giovane!

Per questi e più motivi da giorni ignorava Misa Misa, insomma, ancora non era tanto masochista!

Qualcuno poteva definire il suo comportamento "da codardo",  ma era un po' grazie a lei che aveva ottenuto un certo prestigio: essere il promesso di una donna tanto ammirata, gli aveva senza alcun dubbio giovato per giunger al successo.

"Pronto?" L'acuta voce della ragazza distolse Light dalle sue elucubrazioni, dunque si riscosse e cercò di mantenere un tono pacato.

"Misa, purtroppo questa sera non potremo uscire, il nostro appuntamento slitta a data da destinarsi," e, conscio di ciò che stava per avvenire, il telefono allontanò dall'orecchio.

Le urla rumorose che provennero dalla cornetta si fecero attendere molto per trasformarsi in piagnucolii sommessi, solo allora il castano avvicinò l'apparecchio alla sua persona.

"E... e va bene Light"' gracchiò Misa Misa, "ma la prossima settimana voglio tre appuntamenti extra, sia chiaro".

L’interpellato sospirò e, nonostante la donna non fosse davanti a lui, mosse il capo in segno d'assenso con fare accondiscendente.

"Avrai tutto ciò che vuoi, però adesso devo lasciarti, ho da fare..." mentì con nonchalance.

"Ti amo tanto Light!" Urlò la ragazza aspettando poi la risposta del giovane.

"Ti amo anche io". L'accontentò il diciassettenne monocorde, senza tanti giri di parole.

La ragazza era tanto ingenua, bastava poco per ingannare il suo povero cuore.

 

Quando anche quel giorno maledetto vide il sole tramontare, Light si preparò mentalmente alla venuta del secondo fantasma.

Dopo essersi concesso un po' di riposo, sedette con eleganza sul divano; non era agitato, col tempo, era riuscito a tenere ben a bada quel tipo di miasma.

Già, veleno, perché l'ansia non poteva esser considerata altro.

Era un sentimento dannoso, capace di far perdere il ben dell'intelletto: un uomo d'affari impeccabile doveva esserne immune e Light lo era, poiché meticoloso.

Tre colpi secchi risuonaron portentosi, doveva esser il secondo dei tre spettri misteriosi.

Il ragazzo sbatté le palpebre, un po' sorpreso (non si aspettava certo che il suo ospite battesse alla porta)  e rassettò le maniche della camicia di lino.

"Avanti," disse come se fosse un gentile invito.

Le porte si aprirono con un gran baccano, ma nessuno entrò, si poteva, però, udire un certo mormorio; Light, allora, si alzò poco convinto e alla soglia si avvicinò piano.

Un ragazzo, rosso di capelli, v'indugiava, egli sussultò quando il padrone di casa notò.

"Salve, e beh... ecco, io se non sbaglio dovrei essere il secondo fantasma di Natale," berciò giù di lì, poi guardò Light, che lo osservava a sua volta stranito, e riprese la sua presentazione. "Mi chiamo Mail Jeevas...?" Pronunciò a mo' di domanda, "ad esser sincero, io qui non é che c'entri poi molto, uno spettro, uno dei tre, è uscito di senno, perciò mi han concesso il suo scettro".

Light, a quelle parole, annuì, sperando che Mail non desse spiegazioni aggiuntive riguardo il fantasma impazzito: non che la curiosità non lo rodesse nel profondo, ma era meglio non sapere cos'avesse fatto uno spettro di tanto grave da meritare il licenziamento.

"Il mio promemoria mi dice..." il fantasma cominciò a cavar fuori dalla sua tasca vari block notes, gettandoli per aria, "eccolo qui!" Urlò vittorioso alla fine della sua ricerca, "che dovrei mostrarti il tuo presente". Dopo tacque e i due iniziarono a guardare tutto, fuorché il loro interlocutore.

"Mi dispiace, ma il mio presente già lo conosco, anche sin troppo bene: so già cosa accadrà domani, contando sugli elementi che influenzano gli avvenimenti di oggi". Prese la parola Light.

"Beh, noi andiamo a farci un giro, poi mi dici!" Annunciò il defunto dandogli una pacca sulla spalla con affetto.

Il castano, improvvisamente, si sentì cadere; durò per ben pochi secondi questa orribile sensazione, poi, osservò il suo corpo giacere a terra.

Quella volta non rimase spaventato dall’evento, il suo pensiero era diretto più al prodigio in sé: di fatto, Light si chiedeva come fosse possibile prendere quella forma, con non poco accanimento.

Era tornato ad essere incorporeo.

Quando i due preser marcia, in città un piacevole venticello aleggiava e l'odore del pane caldo l'olfatto beava.

"Dove andiamo?" Chiese Light curioso, dando, di tanto in tanto, un'occhiata furtiva alle case lì vicino.

Conosceva quel luogo, il giovincello, era il quartiere dove la sua promessa - tsh, ma per carità! - sposa abitava.

Giunsero presto alla di lei abitazione, vi entrarono senza fare il minimo rumore.

Ogni angolo era stipato da mille e più statuine raffiguranti, per la maggior parte, dei santi.

Il comodino, accanto a letto, sembrava essere un piccolo santuario, tanti erano gli oggetti sacri che lo occupavano.

Misa Misa era distesa supina sul letto col volto coperto dall'esile mano, sembrava avesse pianto da poco: le guance erano imperlate da piccole gocce.

"È a causa tua, Light," annunciò il fantasma, sedendosi accanto alla donna e guardandola con un certo languore. "Sei tu a trattarla con sufficienza, sembra soffrire per la tua assenza".

Light storse le labbra e scrollò le spalle: "non vedo come potrebbe essere colpa mia. Nei suoi confronti non ho mai mutato atteggiamento, sapeva com'ero quando mi conobbe ed era conscia che non sarei cambiato".

"Forse ci sperava".

“Si sbagliava”. Le dita del castano sfiorarono appena la ragazza, non era certamente lei ciò che si accingeva a toccare, ma una lettera appoggiata al suo fianco, peccato che quando le sottili falangi avrebbero dovuto incontrare la ruvida carta vi passarono attraverso.

“Voglio leggerla,”obbiettò lui.

Mail sospirò e prese la lettera al posto del giovane, la aprì e lesse a gran voce.

 

“Mi duole il cuore, ma non posso più mentirvi, oh mio dolce primo amore; non adesso che, finalmente, ho conosciuto la dolce sensazione del sangue che fluisce alle gote con ardore, non ora che ho trovato chi sa farmi trasalire con un solo effimero sguardo.

Trovo ingiusto essermi reso conto da ben poco tempo che i miei sentimenti per voi non erano altro che affetto e grande ammirazione, ma trovo ancor più scorretto farvi credere in un amore che non esiste e che mai potrà esserci.

Vi lascio con poche parole, mia cara amica, se mai un giorno vi potrà dei miei auguri importare qualcosa, allora, vi auguro tutta la felicità di questo mondo, spero riusciate a trovare un uomo che vi apprezzi come meritate.

 

Non più vostro.

Light Yagami”.

 

 

Quel testo non era stato scritto da lui, aveva avuto ben altro per la mente.

Alla prima impressione, aveva sentito il bisogno di ridere: qualcuno che potesse fargli provare determinate emozioni non esisteva, nemmeno nel più lontano pianeta!

Poi un brivido gli risalì lungo la spina dorsale, la situazione poteva esser considerata anche inquietante ripensando… tuttavia non diede ascolto a quella strana sensazione che gli serpeggiava sin nel profondo dell’animo e a pensare razionalmente iniziò.

In molti invidiavano la sua relazione con Misa e, di certo, qualcuno voleva mettergli i bastoni tra le ruote; ecco che la cerchia dei sospettati si restringeva solo ai rivali più vicini al ragazzo.

Al contempo, però, se non si fosse fatto sentire per un paio di giorni - con la scusa onnipresente del lavoro -  e avesse lasciato che la ragazza credesse a quelle poche righe, sarebbe stato libero! E non poteva che gioirne al solo pensiero!

Si sarebbe ripreso Misa, una volta detto che quella lettera era solo una banale copia; il confronto tra le calligrafie avrebbe confermato le sue parole.

Si avvicinò al fantasma per dare conferma alle sue stesse deduzioni, ma quando il suo occhio cadde sugli eleganti caratteri ne rimase affascinato: scritte di suo pugno sembravano, ma di certo così non era, a meno che il suo subconscio non avesse preso vita durante le ore di sonno!

Rimase in silenzio, portò una mano al mento e socchiuse gli occhi per meglio concentrarsi.

Chi mai poteva essere quel buzzurro?

Per la prima volta, in vita sua, si sentì come osservato; quale pazzo avrebbe riprodotto, in modo tanto ossessivo, la sua grafia? Se ne sarebbe occupato domattina, non adesso, non era il momento.

“Non hai il minimo tatto,” annunciò il fantasma, scuotendo la testa in segno di dissenso, facendo sussultare Light.

Un sorriso sornione si dipinse sul volto di quest’ultimo, esso sembrava essere il riflesso del suo pensiero scaltro e meschino.

“A cosa ti riferisci?” Chiese innocentemente.

“Ai tuoi propositi”.

Nuovamente, lo sguardo del castano si affilò e si chiese se quel fantasma non fosse stato in grado di leggergli la mente.

“Dovresti dare alla gente che ti è attorno la giusta importanza”. Continuò il rosso. “Tu non sai quanto hai allontanato chi più ti sarebbe stato vicino”.

“Ti sbagli”. Disse secco Light, facendo zittire lo spettro che, con risolutezza, adagiò la lettera accanto alla ragazza, proprio lì, dov’era prima. “So benissimo chi ho allontanato, ma è meglio così, a rallegrar le loro grigie giornate non ero destinato”.

Con un gesto teatrale il signorino portò una mano alla fronte, poi, prese a camminare per la stanza con calma, piccoli passi che non avevano nessun’altro obiettivo che non fosse attirare l’attenzione a sé.

“Non voglio tra i piedi tanti spaventapasseri ai quali donare un cervello non rientra nemmeno nelle capacità del grande mago di Oz! Credevi sul serio che non sapessi in che condizioni Misa versasse? E fammi indovinare un po’, il giro doveva, forse, continuare tra i sobborghi? Volevi farmi dare un’occhiata alla famiglia Tota? Oppure, alla mia povera madre che è costretta a passare le feste senza il  suo figlioletto? Della mia futura sposa,” continuò con sarcasmo, “già me ne hai dato dimostrazione, anche voi esseri soprannaturali siete prevedibili e noiosi, qualità che sembra dagli umani abbiate fatto acquisizione!”

Matt si riscosse, come se fosse stato ridestato all’improvviso, infine, posò lo sguardo sul ragazzo.

"È la noia," disse Matt osservandolo intensamente, " È lei è la tua peggiore nemica".

Light annuì, lo guardò con sufficienza, poi sbuffò e l'attenzione su Misa spostò.

"Lei sarà la moglie perfetta, lei mi aspetterà sia a pranzo che a cena, non mancherà mai di organizzare una cerimonia, anche la più irrilevante; ma con l'andare degli anni avanti, ogni giorno mi sembrerà d'averlo già vissuto, sarà sempre tutto, così... monotono. Io... io non voglio".

 

I due uscirono dalla casa in silenzio.

Light non guardò indietro, sapeva cos'avrebbe visto e non lo interessava.

Forse non avrebbe nemmeno detto la verità su quella lettera, l'idea, poi tanto, non lo tormentava.

Quando tornarono nella bella villetta, il silenzio era l'indiscusso protagonista; pace, una pace che stava diventando sempre più frequente da quando, Light aveva previsto anche questo, nessuno dei suoi familiari veniva più a fargli visita.

"Non riuscirai a prevedere sempre ogni cosa". Prese in mano la conversazione il rosso.

"Le nuove situazioni non saranno che dettate da minime variazioni". Ribatté immediatamente l'altro.

Ma il fantasma non si fece zittire e, con il senno di chi lunga la sapeva, disse: "piccoli cambiamenti possono determinare eventi disastrosi  in certe occasioni. Non dare mai nulla per scontato: milioni e milioni di persone s'incontrano ogni giorno a causa di tanti piccoli imprevisti; chiamalo fato, o chiamalo semplicemente caso, non puoi escludere a priori di conoscere qualcuno che, tanto per citare il nostro scrittore misterioso, ti farà conoscere il dolce affluir rapido del sangue alle gote".

A quel punto il fantasma trattenne il riso e aprì la porta. "Spero che quando ci rivedremo non sarà all'inferno, non per qualcosa, ma tu sei il mio primo impiego, mi piacerebbe aver iniziato in modo decente, chiedo questo almeno!"

Ma Light, lesto, rispose e, a dirla tutta, anche con un po' di stizza: "non hai fatto un accidente, staresti bene a lavorare come nullafacente!"

Lo spettro rise di nuovo, stavolta con più gusto.

"Non saprei, credo proprio che deciderò in futuro, ma, al momento, il mio incarico eseguirò con grande impegno; un ultimo consiglio, oh giovane sciocco, attento ai gufi".

Poi rise ancor più forte, varcò la soglia e lì vi scomparve.

Light provò a seguirlo, voleva assolutamente delle delucidazioni, non gli andava, senza prima aver chiarito, di dare ascolto alle sue considerazioni!

Lui doveva stare attento ai gufi?

Se non voleva essere licenziato, quello spettro, doveva certamente rimediare ai suoi metodi buffi.

  
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