A
Very Christmas Carol
3.Di
strani inviti, di rossi allegri e d’imprevisti
Ed
è qui che giungiamo, bellissime dame e affascinanti
galantuomini, a quello che fu il terzo giorno di supplizio del giovane
Yagami.
Quel dì,
il signorino
prese coscienza degli eventi accaduti le precedenti notti, ma
è meglio scendere
ancor più nei dettagli, in fondo, non si dice proprio che i
protagonisti dei
fatti siano i più dotti?
Il diciassettenne era
agitato quella mattina, come una furia si abbatteva su chiunque a tiro
gli
capitasse; ordini a destra e a manca impartiva e non appena qualcuno
osava
ribadire veniva mandato fuori a calci: ovviamente, il signorino non si
preoccupava dei modi che bisognava addolcire .
Quando la sua
ira, infine, trovò pace, si sedette sul
lussuoso divano della camera
da letto e ne carezzò la pregiata stoffa con la punta delle
dita.
Si era ritrovato a
dover
convivere con l'incubo di quattro notti tormentate: due eran passate,
grazie a
Dio, ma gliene restavan altre tante da subire e come le avrebbe
superate per
lui restava un mistero; quasi si sentiva sotto assedio!
Come se il tutto non
bastasse, a mandarlo in panico era arrivato quel... nemmeno voleva
definirlo
dono, insomma, da che mondo e mondo si omaggiava con dei fiori un uomo?
Erano delle rose
rosse
quelle che aveva dovuto sistemare accanto al baldacchino, non che gli
dispiacessero poi tanto, ma, in fin dei conti, se le avesse volute
avrebbe da
sé provveduto ad acquistarle.
Il problema maggiore,
però, non si esplicava in quel regalo, bensì
dalle parole che lo
accompagnavano.
Un piccolo biglietto,
così semplice, così sfacciato!
Tanto che era
riuscito a
spiazzarlo, a lasciarlo senza parole, quasi come se privo d'intelletto
fosse
stato!
"Mio carissimo
collega," così iniziava il breve testo, "sarei lieto di
disquisire
dei problemi dei quali si è dovuto occupare," a quella
lettura Yagami si
morse il labbro stizzito, quanto era molesto! "A causa mia, non lo
nego," e lo ammetteva pure il marrano! "Ragion per cui la invito nella
mia tenuta domani sera," un invito a cena? Cosa mai era? "Se dovesse
rifiutare la mia offerta, farò mostra della mia persona
d’innanzi la sua porta
quando più mi aggrada,” sconcertante!
Il povero Light
sospirò
e a leggere continuò, “spero che le rose siano
state di vostro
gradimento”. Ed una firma in basso a
destra concludeva il tutto.
“Lawliet”
Che intenzioni
avesse,
quel maledetto, proprio non lo immaginava, ma le opzioni di cui
disponeva erano
tante, perciò esser il più possibile obiettivi
bisognava.
Se non si fosse fatto
vedere, il tarlo che da mesi gli martellava la mente sarebbe venuto da
lui;
ebbene, Light avrebbe fatto così: meglio affrontare un
avversario come Lawliet
in casa propria, dove le difese sarebber potute restare alte, invece
che
diventare facile preda in un territorio sconosciuto.
Tre colpi secchi
dalla
porta d'ingresso giunsero inaspettati all'orecchio, qualcuno aveva
avuto il
coraggio di chiedergli udienza in un momento tanto bislacco?
Quando
andò ad aprire,
non con poca rabbia per esser stato disturbato, un ragazzino dai grandi
occhi
grigi e il viso tirato mostrò un sorriso delicato.
"Buongiorno signor
Yagami, sono venuto a chiedervi perdono da parte di mio padre, abbiamo
bisogno
di quel lavoro e..." ma l'espressione che i lineamenti del castano
assunsero lo costrinsero presto al silenzio.
Light odiava coloro
che
rimpiangevano le proprie azioni, ne aveva le tasche piene e all'udire
anche
solo la premessa del discorso aveva assottigliato lo sguardo -
lievemente
s'intende - ma ciò bastò a conferirgli un'aria
quasi felina.
"Se avesse tenuto
tanto al suo lavoro, il signor...?" chiese con un cipiglio curioso.
"Tota,"
rispose il più piccolo in un soffio.
"Matsuda,"
sussurrò Light collegando immediatamente il cognome a
quell'impiastro.
"Avrebbe fatto più guadagni e certamente meno disastri! Ora,
se non ti
dispiace, ho altro di cui occuparmi e non posso fermarmi certo ad
ascoltare i
lamenti del figlio di uno scansafatiche". Non attese repliche il
signorino
e chiuse la porta in faccia al ragazzino.
Una volta dentro
tornato, si precipitò ad afferrare il telefono: d'appioppare
a Misa una scusa
per quella sera e per quella dopo ancora aveva dimenticato!
Per non parlare del
fatto che la ragazza attendeva una risposta: lei aveva già
avanzato proposta di
matrimonio, ma Light, piuttosto che accettare, avrebbe compiuto un
patto
persino con il demonio!
Era fuori
discussione!
Figuriamoci se avesse voluto unire il suo destino a qualcuno di
così frivolo, specie a quel tempo: era
ancor troppo giovane!
Per questi e
più motivi
da giorni ignorava Misa Misa, insomma, ancora non era tanto masochista!
Qualcuno poteva
definire
il suo comportamento "da codardo", ma era un po'
grazie a
lei che aveva ottenuto un certo prestigio: essere il promesso di una
donna
tanto ammirata, gli aveva senza alcun dubbio giovato per giunger al
successo.
"Pronto?"
L'acuta voce della ragazza distolse Light dalle sue elucubrazioni,
dunque si
riscosse e cercò di mantenere un tono pacato.
"Misa, purtroppo
questa sera non potremo uscire, il nostro appuntamento slitta a data da
destinarsi," e, conscio di ciò che stava per avvenire, il
telefono
allontanò dall'orecchio.
Le urla rumorose che
provennero
dalla cornetta si fecero attendere molto per trasformarsi in
piagnucolii
sommessi, solo allora il castano avvicinò l'apparecchio alla
sua persona.
"E... e va bene
Light"' gracchiò Misa Misa, "ma la prossima settimana voglio
tre
appuntamenti extra, sia chiaro".
L’interpellato
sospirò
e, nonostante la donna non fosse davanti a lui, mosse il capo in segno
d'assenso con fare accondiscendente.
"Avrai tutto
ciò
che vuoi, però adesso devo lasciarti, ho da fare..."
mentì con
nonchalance.
"Ti amo tanto
Light!" Urlò la ragazza aspettando poi la risposta del
giovane.
"Ti amo anche
io". L'accontentò il diciassettenne monocorde, senza tanti
giri di parole.
La ragazza era tanto
ingenua, bastava poco per ingannare il suo povero cuore.
Quando anche quel
giorno
maledetto vide il sole tramontare, Light si preparò
mentalmente alla venuta del
secondo fantasma.
Dopo essersi concesso
un
po' di riposo, sedette con eleganza sul divano; non era agitato, col
tempo, era
riuscito a tenere ben a bada quel tipo di miasma.
Già,
veleno, perché
l'ansia non poteva esser considerata altro.
Era un sentimento
dannoso,
capace di far perdere il ben dell'intelletto: un uomo d'affari
impeccabile
doveva esserne immune e Light lo era, poiché meticoloso.
Tre colpi secchi
risuonaron portentosi, doveva esser il secondo dei tre spettri
misteriosi.
Il ragazzo
sbatté le palpebre,
un po' sorpreso (non si aspettava certo che il suo ospite battesse alla
porta) e rassettò le maniche della
camicia di lino.
"Avanti," disse
come se fosse un gentile invito.
Le porte si aprirono
con
un gran baccano, ma nessuno entrò, si poteva,
però, udire un certo mormorio;
Light, allora, si alzò poco convinto e alla soglia si
avvicinò piano.
Un ragazzo, rosso di
capelli, v'indugiava, egli sussultò quando il padrone di
casa notò.
"Salve, e beh...
ecco, io se non sbaglio dovrei essere il secondo fantasma di Natale,"
berciò giù di lì, poi
guardò Light, che lo osservava a sua volta stranito, e
riprese la sua presentazione. "Mi chiamo Mail Jeevas...?"
Pronunciò a
mo' di domanda, "ad esser sincero, io qui non é che c'entri
poi molto, uno
spettro, uno dei tre, è uscito di senno, perciò
mi han concesso il suo
scettro".
Light, a quelle
parole,
annuì, sperando che Mail non desse spiegazioni aggiuntive
riguardo il fantasma
impazzito: non che la curiosità non lo rodesse nel profondo,
ma era meglio non
sapere cos'avesse fatto uno spettro di tanto grave da meritare il
licenziamento.
"Il mio promemoria
mi dice..." il fantasma cominciò a cavar fuori dalla sua
tasca vari block
notes, gettandoli per aria, "eccolo qui!" Urlò vittorioso
alla fine
della sua ricerca, "che dovrei mostrarti il tuo presente". Dopo
tacque e i due iniziarono a guardare tutto, fuorché il loro
interlocutore.
"Mi dispiace, ma il
mio presente già lo conosco, anche sin troppo bene: so
già cosa accadrà domani,
contando sugli elementi che influenzano gli avvenimenti di oggi". Prese
la
parola Light.
"Beh, noi andiamo a
farci un giro, poi mi dici!" Annunciò il defunto dandogli
una pacca sulla
spalla con affetto.
Il castano,
improvvisamente, si sentì cadere; durò per ben
pochi secondi questa orribile
sensazione, poi, osservò il suo corpo giacere a terra.
Quella volta non
rimase
spaventato dall’evento, il suo pensiero era diretto
più al prodigio in sé: di
fatto, Light si chiedeva come fosse possibile prendere quella forma,
con non
poco accanimento.
Era tornato ad essere
incorporeo.
Quando i due preser
marcia, in città un piacevole venticello aleggiava e l'odore
del pane caldo
l'olfatto beava.
"Dove
andiamo?" Chiese Light curioso, dando, di tanto in tanto, un'occhiata
furtiva alle case lì vicino.
Conosceva quel luogo,
il
giovincello, era il quartiere dove la sua promessa - tsh, ma per
carità! -
sposa abitava.
Giunsero presto alla
di
lei abitazione, vi entrarono senza fare il minimo rumore.
Ogni angolo era
stipato
da mille e più statuine raffiguranti, per la maggior parte,
dei santi.
Il comodino, accanto
a
letto, sembrava essere un piccolo santuario, tanti erano gli oggetti
sacri che
lo occupavano.
Misa Misa era distesa
supina sul letto col volto coperto dall'esile mano, sembrava avesse
pianto da
poco: le guance erano imperlate da piccole gocce.
"È a causa
tua,
Light," annunciò il fantasma, sedendosi accanto alla donna e
guardandola
con un certo languore. "Sei tu a trattarla con sufficienza, sembra
soffrire per la tua assenza".
Light storse le
labbra e
scrollò le spalle: "non vedo come potrebbe essere colpa mia.
Nei suoi
confronti non ho mai mutato atteggiamento, sapeva com'ero quando mi
conobbe ed
era conscia che non sarei cambiato".
"Forse ci
sperava".
“Si
sbagliava”. Le dita
del castano sfiorarono appena la ragazza, non era certamente lei
ciò che si
accingeva a toccare, ma una lettera appoggiata al suo fianco, peccato
che
quando le sottili falangi avrebbero dovuto incontrare la ruvida carta
vi
passarono attraverso.
“Voglio
leggerla,”obbiettò lui.
Mail
sospirò e prese la
lettera al posto del giovane, la aprì e lesse a gran voce.
“Mi duole
il cuore, ma non posso più
mentirvi, oh mio dolce primo amore; non adesso che, finalmente, ho
conosciuto
la dolce sensazione del sangue che fluisce alle gote con ardore, non
ora che ho
trovato chi sa farmi trasalire con un solo effimero sguardo.
Trovo ingiusto
essermi reso conto da ben
poco tempo che i miei sentimenti per voi non erano altro che affetto e
grande
ammirazione, ma trovo ancor più scorretto farvi credere in
un amore che non
esiste e che mai potrà esserci.
Vi lascio con poche
parole, mia cara
amica, se mai un giorno vi potrà dei miei auguri importare
qualcosa, allora, vi
auguro tutta la felicità di questo mondo, spero riusciate a
trovare un uomo che
vi apprezzi come meritate.
Non
più vostro.
Light
Yagami”.
Quel testo non era
stato scritto da lui,
aveva avuto ben altro per la mente.
Alla prima
impressione,
aveva sentito il bisogno di ridere: qualcuno che potesse fargli provare
determinate emozioni non esisteva, nemmeno nel più lontano
pianeta!
Poi un brivido gli
risalì lungo la spina dorsale, la situazione poteva esser
considerata anche
inquietante ripensando… tuttavia non diede ascolto a quella
strana sensazione
che gli serpeggiava sin nel profondo dell’animo e a pensare
razionalmente
iniziò.
In molti invidiavano
la
sua relazione con Misa e, di certo, qualcuno voleva mettergli i bastoni
tra le
ruote; ecco che la cerchia dei sospettati si restringeva solo ai rivali
più
vicini al ragazzo.
Al contempo,
però, se
non si fosse fatto sentire per un paio di giorni - con la scusa
onnipresente
del lavoro - e avesse lasciato che la ragazza
credesse a quelle
poche righe, sarebbe stato libero! E non poteva che gioirne al solo
pensiero!
Si sarebbe ripreso
Misa,
una volta detto che quella lettera era solo una banale copia; il
confronto tra
le calligrafie avrebbe confermato le sue parole.
Si
avvicinò al fantasma
per dare conferma alle sue stesse deduzioni, ma quando il suo occhio
cadde
sugli eleganti caratteri ne rimase affascinato: scritte di suo pugno
sembravano, ma di certo così non era, a meno che il suo
subconscio non avesse
preso vita durante le ore di sonno!
Rimase in silenzio,
portò una mano al mento e socchiuse gli occhi per meglio
concentrarsi.
Chi mai poteva essere
quel buzzurro?
Per la prima volta,
in
vita sua, si sentì come osservato; quale pazzo avrebbe
riprodotto, in modo
tanto ossessivo, la sua grafia? Se ne sarebbe occupato domattina, non
adesso,
non era il momento.
“Non hai il
minimo
tatto,” annunciò il fantasma, scuotendo la testa
in segno di dissenso, facendo sussultare
Light.
Un sorriso sornione
si
dipinse sul volto di quest’ultimo, esso sembrava essere il
riflesso del suo
pensiero scaltro e meschino.
“A cosa ti
riferisci?”
Chiese innocentemente.
“Ai tuoi
propositi”.
Nuovamente, lo
sguardo
del castano si affilò e si chiese se quel fantasma non fosse
stato in grado di
leggergli la mente.
“Dovresti
dare alla
gente che ti è attorno la giusta importanza”.
Continuò il rosso. “Tu non sai
quanto hai allontanato chi più ti sarebbe stato
vicino”.
“Ti
sbagli”. Disse secco
Light, facendo zittire lo spettro che, con risolutezza,
adagiò la lettera
accanto alla ragazza, proprio lì, dov’era prima.
“So benissimo chi ho
allontanato, ma è meglio così, a rallegrar le
loro grigie giornate non ero
destinato”.
Con un gesto teatrale
il
signorino portò una mano alla fronte, poi, prese a camminare
per la stanza con
calma, piccoli passi che non avevano nessun’altro obiettivo
che non fosse
attirare l’attenzione a sé.
“Non voglio
tra i piedi
tanti spaventapasseri ai quali donare un cervello non rientra nemmeno
nelle
capacità del grande mago di Oz! Credevi sul serio che non
sapessi in che
condizioni Misa versasse? E fammi indovinare un po’, il giro
doveva, forse,
continuare tra i sobborghi? Volevi farmi dare un’occhiata
alla famiglia Tota?
Oppure, alla mia povera madre che è costretta a passare le
feste senza
il suo figlioletto? Della mia futura
sposa,” continuò con sarcasmo,
“già me ne hai dato dimostrazione, anche voi
esseri soprannaturali siete
prevedibili e noiosi, qualità che sembra dagli umani abbiate
fatto
acquisizione!”
Matt si riscosse,
come
se fosse stato ridestato all’improvviso, infine,
posò lo sguardo sul ragazzo.
"È la
noia,"
disse Matt osservandolo intensamente, " È lei
è la tua peggiore
nemica".
Light
annuì, lo guardò
con sufficienza, poi sbuffò e l'attenzione su Misa
spostò.
"Lei sarà
la moglie
perfetta, lei mi aspetterà sia a pranzo che a cena, non
mancherà mai di
organizzare una cerimonia, anche la più irrilevante; ma con
l'andare degli anni
avanti, ogni giorno mi sembrerà d'averlo già
vissuto, sarà sempre tutto,
così... monotono. Io... io non voglio".
I due uscirono dalla
casa in silenzio.
Light non
guardò
indietro, sapeva cos'avrebbe visto e non lo interessava.
Forse non avrebbe
nemmeno detto la verità su quella lettera, l'idea, poi
tanto, non lo
tormentava.
Quando tornarono
nella
bella villetta, il silenzio era l'indiscusso protagonista; pace, una
pace che
stava diventando sempre più frequente da quando, Light aveva
previsto anche
questo, nessuno dei suoi familiari veniva più a fargli
visita.
"Non riuscirai a
prevedere sempre ogni cosa". Prese in mano la conversazione il rosso.
"Le nuove
situazioni non saranno che dettate da minime variazioni".
Ribatté
immediatamente l'altro.
Ma il fantasma non si
fece zittire e, con il senno di chi lunga la sapeva, disse: "piccoli
cambiamenti possono determinare eventi disastrosi in
certe
occasioni. Non dare mai nulla per scontato: milioni e milioni di
persone
s'incontrano ogni giorno a causa di tanti piccoli imprevisti; chiamalo
fato, o
chiamalo semplicemente caso, non puoi escludere a priori di conoscere
qualcuno
che, tanto per citare il nostro scrittore misterioso, ti
farà conoscere il
dolce affluir rapido del sangue alle gote".
A quel punto il
fantasma
trattenne il riso e aprì la porta. "Spero che quando ci
rivedremo non sarà
all'inferno, non per qualcosa, ma tu sei il mio primo impiego, mi
piacerebbe
aver iniziato in modo decente, chiedo questo almeno!"
Ma Light, lesto,
rispose
e, a dirla tutta, anche con un po' di stizza: "non hai fatto un
accidente,
staresti bene a lavorare come nullafacente!"
Lo spettro rise di
nuovo, stavolta con più gusto.
"Non saprei, credo
proprio che deciderò in futuro, ma, al momento, il mio
incarico eseguirò con grande
impegno; un ultimo consiglio, oh giovane sciocco, attento ai gufi".
Poi rise ancor
più
forte, varcò la soglia e lì vi scomparve.
Light
provò a seguirlo,
voleva assolutamente delle delucidazioni, non gli andava, senza prima
aver
chiarito, di dare ascolto alle sue considerazioni!
Lui doveva stare
attento
ai gufi?
Se
non voleva essere
licenziato, quello spettro, doveva certamente rimediare ai suoi metodi
buffi.