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Autore: radioactive    14/09/2013    3 recensioni
CAP. 6 Il cigolio del legno si mischiava al battito del cuore del ragazzo tanto da confondergli le idee, non capiva più se il suo cuore era malandato come quelle travi o se l’Arena era viva quanto il suo cuore, aveva il terrore che ciò che lo teneva sospeso in aria crollasse sotto i suoi piedi.
Ma Ariel si bloccò di colpo, Lyosha avrebbe voluto chiederle che diamine stesse facendo, che erano inseguiti!. Ma lei non si muoveva, immobile, fissava ciò che solo in un secondo istante il fratello identificò come Sean, quello che li aveva derubati.
«Ciao, otto»
[...] Stavano per morire, stavano per morire!
CAP. 10 Caesar Flickerman trattava tutti i tributi come validi concorrenti, Lyosha invece, agli occhi del presentatore, era già morto.
| 72esimi Hunger Games ● Lyosha e Ariel Isaacs ● DISTRETTO 8 |
EDIT - testo in via di revisione e betaggio (01 capitoli su 14) + cambio grafica [in data 11/11/2013]
→ I capitoli 15, 16 e 17 sono degli SPINOFF di Die on the front page, just like the stars.
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovi Tributi, Nuovo personaggio, Tributi edizioni passate
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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CAPITOLO 06

                  aveva gli occhi di una persona che ha perso tutto.

 

 

 

A volte Lyosha si arrabbiava con il mondo da volersi sciogliere in mille lacrime.

In quel momento, per esempio, era furibondo – e non poteva urlare, non poteva grugnire, fare versi, niente. Ariel lo guardava stupefatta mentre ansimava come un toro senza produrre altro suono se non dalle narici, le mani chiuse a pugno da far sbiancare le nocche anche sotto le croste delle ferite lungo i fianchi, le spalle tese.

Scattò in un moto d’ira, aprì e chiuse la bocca come se avesse lanciato un’imprecazione e si chinò a raccogliere la coperta per buttarla – senza nemmeno sbatterla dal fogliame – nello zaino, raccolse quel poco che era rimasto ai due infilando tutto nella sacca al di fuori dell’unico coltello rimasto.

Aveva rubato pure l’accendino.

Diete un calcio al tronco di un albero pentendosi subito dopo per il dolore lancinante che gli aveva colpito il piede per poi risalire su tutta la gamba, facendolo traballare un po’ per l’instabilità.

Ariel non faceva nulla: lo guardava e basta, come aveva sempre fatto. Niente poteva calmare Lyosha.

 

La Cornucopia era stata splendidamente ripulita, il luogo brillava sotto il sole mattutino e l’acqua ai loro piedi – che avevano infangato i pantaloni di tutti e quattro – era pulita, nella sua sporcizia: non un filo di sangue, neanche un pallido riflesso vermiglio.

Fraser emise un lungo fischio ammirando quel lavoro, nonostante lo avesse contemplato almeno in parte la notte precedente, quando il sole lanciava i suoi ultimi raggi rossastri.

Capitol City era soddisfatta dei tributi di quell’anno: solo nella prima giornata erano morti dieci concorrenti e la cosa rendeva il maschio dell’uno abbastanza fiero di sé, considerando che parte di quelle persone erano morte per causa sua. Non era come Liv, che aveva sognato la faccia agonizzante di Kabe per terra e quando si svegliò durante la notte dovette tapparsi la bocca con le mani per non urlare, a guardarla vi era Lexi, che faceva il turno di guardia. Pregò silenziosamente che non avesse intuito quanto il realtà fosse debole quando la sua voce tremolò un poco al «ci penso io».

Liv si odiava, si odiava da morire per essersi cacciata in questa situazione; non c’era nulla di più simile ad una bambina testarda di lei, perché si era offerta volontaria guardando con astio i genitori dal palco, che lei credeva la ritenessero fragile ed insulsa nonostante avesse discreti voti agli allenamenti e altrettanto discrete possibilità di vincere. Ma loro non volevano che lei partecipasse, Liv pensava fosse perché non la ritenevano in grado – ma piano piano capiva che si trattava solo di paura: c’erano altre ragazze, più forti, più alte, più muscolose che potevano vincere gli Hunger Games, loro non avevano bisogno di un Vincitore per essere felici, ma di una figlia.

Ma lei non capiva, non capiva nulla: era una stolta ragazzina del distretto due. Ma ora aveva un motivo in più per vincere, ed erano i suoi genitori.

Sorrise, nascondendo il volto contro le ginocchia strette al petto, in modo che la Capitale non potesse proiettare la sua magra consolazione di aver trovato un motivo per combattere.

«Andiamo?» domandò Ines, mentre Liv guardava ancora all’orizzonte. Pensava a quelli dell’otto, al fatto che sapevano dove erano andati, a che avrebbe potuto ucciderli perché non sapevano combattere, perché erano soli. Esattamente com’era sola lei.

«Che i sessantatreesimi Hunger Games abbiano inizio» sussurrò al vento, prima di infilare nello zaino una caraffa d’acqua, prendere in mano le proprie armi e affiancare gli altri favoriti verso la loro preda.

Già pregustava il momento in cui sarebbe diventata vincitrice, ma non si capacitava che, per farlo, doveva letteralmente passare per il cadavere di Fraser.

 

Camminava a passo sveltissimo, Lyosha, ed Ariel rimaneva inevitabilmente indietro, lo vedeva voltarsi con il viso segnato dall’ira e gli occhi blu come un mare in tempesta. Si sentiva spaventata e ferita, credendo che lui fosse capace di abbandonarla lì seduta stante. Ma non osava parlare, non lo avrebbe mai fatto in quelle condizioni.

Si limitava quindi ad affrettare il passo mentre lui era fermo a guardarla, stringendo tra le dita sporche il tubo in cui conservavano l’acqua – si stavano dirigendo verso il loro beveraggio per dissetarsi, quantomeno, e sperare che l’acqua bastasse per il loro stomaco che richiedeva il cibo.

Si ricordò le parole della loro mentore: «soffrirete la fame, il freddo, il dolore, la paura e la rabbia». E capì quanto fossero incredibilmente vere.

Lasciò cadere dalle sue spalle lo zaino e piantò il coltello per terra, la lama sporca di terra e una sfumatura rossa brillava sulla lama, un filo di sangue si era depositato su questo tanto Lyosha aveva stretto la lama in mano, Ariel lo guardava mentre si gettava considerevoli porzioni d’acqua sul viso e si era concentrata sulle piccole rughe ai lati dei suoi occhi con le palpebre serrate, i denti stretti e le labbra talmente contratte da mostrare le gengive.

Piangeva.

«Thahn…» mormorò consolatoria lei, avvicinandosi per poggiare una mano sulla sua spalla. Il ragazzo glielo lasciò fare, ma senza reagire, «davvero, va tutto bene… possiamo tornare alla Cornucopia e» provò a concludere la frase ma il fratello si girò bruscamente, facendole fare un passo all’indietro per non cadere, con le mani le diceva furiosamente che era impossibile e poi ritornò a buttarsi l’acqua in faccia, questa si fermava sulle sue ciglia come piccole perle.

«I Favoriti? Perché devono stare per forza nella Cornucopia?» domandò lei, evidentemente non aveva mai seguito gli Hunger Games come lo faceva Lyosha, si limitava a stare seduta vicino a lui a cantargli qualche canzone quando non accendeva la radio.

Lascia perdere, le mimò con le labbra, lentamente, e poi scosse la testa, si fece passare l’unico loro contenitore e lo riempì con l’acqua per bere, ripetendo poi l’operazione e chiudendo il cilindro.

«Possiamo provarci… siamo solo al secondo giorno e magari sono in giro ad uccidere qualcuno… magari… magari…»

Ma si fermò, perché Lyosha non l’ascoltava: era lì, come un cane di guardia, che fissava oltre la cascata l’erbe muoversi, e poi una testa bionda, seguita da una più scura – maschile – e ancora altre due criniere, bionda e ramata. Gli occhi gli si sgranarono e la mano afferrò il coltello, il braccio si pose davanti ad Ariel e con l’altra mano le faceva segno di abbassarsi, lei obbedì, prendendo tra le mani lo zaino con la coperta.

Da lì sopra non riuscivano a sentire ciò che dicevano i Favoriti, ma Lyosha li guardava attentamente mentre fissavano il territorio attorno a loro. Il maschio del gruppo – il tributo del due era morto? – si era chinato sull’acqua e la faceva sguazzare con la lama della spada, girandosi poi verso la ragazza del quattro per dirle qualcosa con un sorriso.

Il più grande degli Isaacs si spostò usando gomiti e ginocchia, avvicinandosi al bordo del promontorio, laddove vi erano le scale, le individuava grazie a dei pioli nero pece che spuntavano visibilmente dalla terra. Dall’alto, sapeva, lo avrebbero visto e lui pregò di essere abbastanza svelto da tagliare la corda e fuggire prima che loro individuassero un altro modo per salire la parete rocciosa.

Ebbe fortuna, quando la ragazza del due indicò la sua chioma corvina lui aveva quasi finito di tagliare il primo lato, Fraser si era avventato sulla scala salendola rapidamente, muovendola nella speranza di intralciare il lavoro a Lyosha e questo quasi perse il coltello dalle mani le due volte in cui gli scossoni furono tremendamente potenti, ma le scale si staccarono dal muro e Fraser cadde sui piedi – urlava qualcosa come «e bravo il nostro otto!» e Lexi sorrideva dietro di lui.

Ma furono questioni di secondi e Liv iniziò a correre verso sinistra, Ines subito dopo di lei – Lyosha guardò in quella direzione e vide un’altra cascata relativamente vicina, e decise che la cosa migliore fosse fuggire. Mise il coltello nella cinta e iniziò a correre pregando che Ariel potesse tenere il suo passo.

Corsero per un numero infinito di minuti, procedendo in diagonale alla parte opposta da cui arrivavano i Favoriti, si chiese se le loro tracce fossero così evidenti ma non aveva il tempo di guardare.

Corsero, per la madre, per il padre che non c’era più, per i figli che avrebbero voluto avere, Ariel corse per Lyosha e Lyosha corse per Ariel.

E frenarono di colpo: il niente si apriva davanti a loro come un salto nel vuoto, la nebbia copriva ciò che vi era di sotto e nella mente del più grande potevano esserci tanto un fiume quanto delle rocce acuminate. Ma ecco Ariel toccargli insistentemente il braccio, urlandogli qualcosa come «un ponte! Un ponte!», si girò verso dove la piccola indicava e il susseguirsi di travi unite da corde gli sembrò come una visione paradisiaca, prese a correre verso il cavalcavia, facendo andare prima Ariel e, dopo un certo numero di metri, lui.

Il cigolio del legno si mischiava al battito del cuore del ragazzo tanto da confondergli le idee, non capiva più se il suo cuore era malandato come quelle travi o se l’Arena era viva quanto il suo cuore, aveva il terrore che ciò che lo teneva sospeso in aria crollasse sotto i suoi piedi.

Ma Ariel si bloccò di colpo, Lyosha avrebbe voluto chiederle che diamine stesse facendo, che erano inseguiti!. Ma lei non si muoveva, immobile, fissava ciò che solo in un secondo istante il fratello identificò come Sean, quello che li aveva derubati.

«Ciao, otto».

Ariel iniziò ad arretrare, appoggiando la nuca contro il petto di Thahn, del suo fratellone che aveva promesso di proteggerla.

Lyosha si girò all’indietro, Liv era tra i paletti che reggevano le corde e in mano teneva due pugnali.

Davanti a loro, Sean aveva sfoderato la sua lancia.

Stavano per morire, stavano per morire!

Poi si udì un «fallo, Liv», le corde diventare molli per poi afflosciarsi attorno a loro, il legno mancare sotto i piedi come volatilizzato e le gocce d’acqua della nebbia entrare nei vestiti dei tre, congelando pelle, muscoli, ossa, cuore.

Lyosha trattenne il respiro mentre cadeva nel nulla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Tanti invece sono arrabbiati, spaventati: guardano al futuro e vedono che per loro avanzerà poco   

[BIANCA BALTI]

 

 

 

 

 

 

 

Note d’Autrice ◊ «viviamo e respiriamo parole»

 

Ok, ok. Un altro parto plurigemellare questo capitolo ma alla fine – nel bene o nel male – è uscito fuori anche abbastanza in tempo. Bene bene.

E siamo al secondo giorno e Lyosha ed Ariel ancora non hanno un minuto di pace, quasi mi dispiace di farli soffrire così tanto! Ma gli HG esistono per questo ed io sono qui apposta, no? Solo uno sarà Vincitore.

Sarò molto breve perché ho davvero fretta di pubblicare questo capitolo, ahah x°° non chiedetemi perché, vi prego! Anyway. Sono molto felice che il seguito sembri crescere di volta in volta, e stavolta ringrazio Flor0699 (spero di aver scritto giusto il nick!) per la recensione e quant’altro – e ovviamente tutti quelli che seguono in silenzio, in attesa della fine (suppongo).

Piccola cosa (: quando Fraser si mette a giocare con l’acqua e sorride a Ines, ovviamente sta facendo una battuta sul fatto che lei sia de Distretto quattro, non riuscendo a sentire da la sopra, non ho voluto inserirla. Inoltre, la ragazza che dice “fallo, Liv” è proprio Ines – quella pazza psicopatica!(?).

Spero che Liv non vi vada a male ç.ç lo so che è del due ma non sono tutti uguali, no? ;) Mi piace variare, mettiamola così.

Bene, giuro che ho finito! Mi dispiace moltissimo per gli errori in generale ma non sono riuscita a beccarli ç//ç la mia mente è un po’ vagante ultimamente XD

 

EDIT: Da oggi (16/09) ogni capitolo si concluderà con una citazione più o meno inerente al testo che la precede. Enjoy ~

 

Alla prossima e grazie di tutto!

radioactive,

   
 
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