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Autore: lady hawke    15/09/2013    8 recensioni
[http://it.wikipedia.org/wiki/Nord_e_Sud_%28miniserie_BBC_2004%29]
[Nord e Sud]
Margaret Hale si è definitivamente stabilita a Milton, trovando felicità e appagamento in una città che ci ha messo parecchio ad amare, ma che alla fine l'ha accolta e in cui si è fatta dei legami sinceri e assai diversi dalle frivole amicizie di Londra. Nonostante le opinioni della signora Thornton ha sposato suo figlio John e hanno messo su famiglia. La routine della famiglia dell'industriale prosegue tranquilla, interrotta solo dalle lettere di Frederick che giungono da Cadice...
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Salve ai surfisti della rete! Ho pensato a questa storia per un po', e alla fine mi sono decisa a scriverla perchè, quando un'idea ti tormenta, è perchè vuole uscire a giocare. So che il fandom è sconosciuto ai più, ma si tratta di una miniserie del 2004 della BBC, tratta dal romanzo di Elizabeth Gaskell Nord e Sud. Io avevo iniziato a vederla solo perchè c'era Richard Armitage, solo che poi mi è piaciuta così tanto che mi sono letta il romanzo e ho scritto questa cosa. Spero sia di vostro gradimento, e spero di essere IC. Dedicata a Rowena e Charme, che mi seguono sempre nelle mie follie.


From Càdiz with love

Diverse cose erano cambiate nella casa di Marlborough Street, dopo che John Thornton era rientrato da Londra con la signorina Margaret Hale. C’erano state le proteste di zia Shaw, debitamente dimenticate appena il treno l’aveva lasciata alle loro spalle, e c’era stato il sopracciglio della signora Thornton, che si era alzato sempre più durante tutti i preparativi di nozze. Nozze a cui erano stati invitati degli operai. La signora Thornton aveva zittito le voci ad occhiatacce, e lo stesso aveva fatto con i piagnistei della figlia Fanny, ma aveva parlato con John in privato, e a lungo. Alla fine, con la bocca ridotta ad una fessura, li aveva lasciati fare, e si erano sposati.
Da allora erano passati sei anni, e diversi cambiamenti si erano verificati. Margaret e la suocera avevano avuto i loro silenziosi screzi e le loro antipatie, ma avevano imparato a rispettarsi e, scavando con pazienza, avevano trovato aspetti piacevoli l’una dell’altra. Erano entrambe donne forti e intelligenti, e trovarono il modo di convivere, soprattutto per il bene dell’uomo che condividevano. Grazie al nuovo gettito di capitale il cotonificio fu salvo, gli operai tornarono al lavoro, e il ronzio di sottofondo dei macchinari tornò ad essere una musica famigliare. La famiglia, inoltre, si era allargata. I piccoli Thornton erano arrivati presto, e in rapida successione: due femmine, la maggiore e la minore, Elizabeth e Catherine, e il piccolo John tra le due, colui che avrebbe ereditato la fabbrica da suo padre. Non molto era cambiato nella casa dei Thornton, nonostante i bambini. I mobili erano sempre cupi ed austeri, la nonna continuava a indossare il nero ogni giorno, le suppellettili venivano tirate fuori solamente quando vi erano ospiti. Eppure, qua e là, un po’ di colore faceva capolino, qualche giocattolo dimenticato attirava l’attenzione, dando l’idea di una casa vissuta appieno.
Diventava più vivace a dicembre, con l’enorme albero natalizio che veniva installato nel salotto della casa, così sgargiante da sembrare fuori luogo, in un ambiente generalmente così serio; ma era una gioia tale, per i bambini, che rendeva impossibile negarglielo. Benché molto piccoli, erano sempre disposti a collaborare nella delicata operazione della disposizione degli addobbi in stoffa e vetro, e venivano sempre sorvegliati da una Dixon agitata e nervosa, che temeva il giudizio e il rimprovero della signora Thornton, una padrona assai diversa dalla amata signora Hale. Era il signor Thornton, però, colui che aveva il compito di posizionare il puntale, poiché era la persona più alta della casa, ed era sempre colui che doveva prendere in braccio i figli, per permettere loro di osservare l’opera compiuta da una prospettiva diversa dalla loro.
“Voglio aprire i regali.” Elizabeth era al suo quinto Natale, ormai, ma continuava a pensare che, esprimendo semplicemente la sua volontà, avrebbe ottenuto quello che voleva quando lo voleva.
“Conosci le regole. Non prima della mattina di Natale.” La signora Thornton poteva sembrare molto, troppo dura, con dei bambini così piccoli, ma era ormai così abituata ad essere così composta e controllata, che non le riusciva di fare altrimenti. I bambini però non la temevano, avevano imparato presto a conoscere i suoi modi lasciandosi guidare docilmente, e lasciando in questo modo un po’ di tregua a Margaret, che doveva occuparsi della piccola Catherine, che aveva appena un anno.
“Manca ancora il pacco di Frederick.” Sospirò la giovane signora Thornton, sospirando. In tutto quel tempo era riuscita a vedere il fratello, a Cadice, solo una volta, appena dopo sposata. Era stato un regalo del marito per lei, per allontanarsi da tutto quello che poteva ancora causarle dolore, per respirare un po’ di aria nuova e per essere serena. La Spagna le era piaciuta, così come aveva amato Dolores, la giovane moglie di Frederick. Poi erano nati i bambini, poi c’era stata la fabbrica da seguire, e il tempo era mancato. Le dispiaceva immensamente, ma i contatti epistolari erano vivaci e frequenti: sapeva di essere diventata zia, e sperava di poter intraprendere un nuovo viaggio presto, con la bella stagione.
“Il nostro sarà arrivato?” John aveva un’ammirazione infinita per lo sconosciuto zio che scriveva lettere dal sud dell’Europa, e una curiosità indescrivibile per la Spagna. Già sognava di conoscere il cugino, come se i figli di Fanny, assente da Milton perché impegnata con la famiglia del marito a passare le feste a Londra, non fossero abbastanza.
“Ormai dovrebbe, sì.” Avrebbe voluto dire di più, Margaret, ma il pianto di Catherine tra le sue braccia le impedì di dire altro, e John dovette accontentarsi di attendere e sperare.
I preparativi continuarono indisturbati, la routine della famiglia Thornton, divisa tra lavoro, corrispondenza e giochi, continuò serena, fino alla mattina di Natale.
Fu Marta, la giovane cameriera di casa a sorprendere Elizabeth e John all’alba, svegli e pimpanti, aggirarsi per il soggiorno di casa, cercando di non farsi sentire e di sbirciare dentro ai pacchetti accuratamente chiusi.
“Ma io non posso aspettare. Io voglio sapere adesso!” protestò Elizabeth, quando fu colta sul fatto.
“E il pacco di zio Frederick non c’è!” si lagnò John, prima di ammutolirsi, vedendo comparire davanti a sé la nonna che sì, lo adorava, ma che sapeva punirlo, se ne vedeva la necessità. Non disse nulla ai bambini, ma si limitò ad indicare la stanza di Elizabeth con un cenno, convincendo la primogenita a rimettersi a dormire. Prese poi il piccolo John in braccio, e con pazienza lo rimise a letto. Il bambino non protestò: sapeva che ogni altra rimostranza non avrebbe portato a niente di nuovo.
Una volta che il cielo si fece azzurro e terso, come capita spesso in inverno, e più libero dal tipico fumo grigio a causa delle fabbriche chiuse per un giorno, fu concesso ai bambini di aprire i loro regali, e di giocare sul tappeto.
“Dov’è il regalo dello zio Frederick?” chiesero in coro Elizabeth e John, insoddisfatti, giocando chi un libro, chi con una bambola o una palla.
Gli stessi genitori erano perplessi davanti a quell’assenza. I pacchi venivano spediti dal continente con larghissimo anticipo, proprio per evitare ritardi di questo tipo, ma con le poste, a volte, capitavano impicci.
“Arriverà con l’anno nuovo, dovrete aspettare.” Disse loro il padre, vago. “Nessuna supplica mi permetterà di farlo recapitare qui davanti prima del previsto.” Insistette il signor Thornton, osservando l’espressione orgogliosa della sua figlia maggiore, mentre la sua speranza scemava pian piano. Aveva però appena finito di parlare, che tutti i presenti udirono il campanello suonare dabbasso.
“Che idea è questa, di disturbare la mattina di Natale?” sbottò la signora Thornton, mentre la nuora e i nipoti si affacciavano dalle finestre per guardare in cortile. Al cancello c’era un fattorino con un pacco piuttosto voluminoso e una gran fretta di tornarsene a casa sua. Il pacco fu consegnato alla fedele Dixon, che lo portò al piano superiore, dai suoi padroni.
“Una consegna piuttosto sfacciata.” Commentò di nuovo la signora Thornton, sedendosi sulla poltrona.
“Lo è, signora. Ma quel poveretto ha insistito perché lo prendessi. E’ un pacco piuttosto pesante.” Dixon lo posò sul tavolino da caffè, e consegnò a Margaret una lettera. La donna lesse velocemente l’indirizzo: “E’ il regalo di Frederick.”
Non poté aggiungere altro: mentre lei apriva la busta per leggere il contenuto della lettera, Elizabeth e John avevano assaltato la scatola, e l’avevano aperta. John non arrivava a vedere bene, e continuava a tirare la gonna di Elizabeth, chiedendo cosa ci fosse, ma la bambina taceva, e si voltò verso sua madre, che aveva iniziato a leggere ad alta voce.

Cara Margaret,
Spero che la consegna sia giunta puntuale, e se non è così me ne scuso, ma si tratta di merce delicata, e non potevo fare altrimenti, e tu capirai. Volevamo regalare ai bambini qualcosa di diverso, e speriamo che la sorpresa sia gradita. Mi dici che Milton è una città grigia e dura, e io e Dolores volevamo ammorbidirla un po’ con un compagno di giochi per loro. Non vedo l’ora di avere tue notizie, di John, di Malborough Street e dei bambini.
Con Affetto
Frederick e Dolores Hale.


“C’è un coniglio, qui, mamma!” esclamò la bambina.
Margaret alzò lo sguardo dalla lettera alla scatola, dove una palla di pelo color cenere tremava, spaventata da tutti quegli sguardi su di sé. Guardò John, sorridendo appena, e guardò sua suocera.
“Un coniglio come animale da compagnia?” tuonò.
“Io non lo vedo!”
Con delicatezza, il signor Thornton prese la scatola e la posò a terra, in modo che anche suo figlio potesse osservare il nuovo arrivato. I due bimbi erano a dir poco presi dalla novità, e fissavano il piccolo coniglio spaventato con gli occhi sgranati, mentre Catherine, accoccolata sul tappeto, cercava invano la loro attenzione.
“Che è saltato in mente a quel mezzo spagnolo?” insistette la signora Thornton, sempre più a disagio. Conigli in casa. In città! Non erano certo contadini del sud, loro, e una casa in centro alla città non era posto adatto per creature di quel tipo. Ma nessuno sembrava badare troppo a lei. Suo figlio Thornton si era seduto sul divano, lasciando a Margaret il compito di prendere il piccolo animaletto tra le sue mani, mostrandolo ai bambini, con delicatezza, seduta per terra.
“Trema, mamma!”
“E’ spaventato, perché è nuovo e non conosce nessuno.”
“Posso toccarlo?” chiese Elizabeth, allungando la mano.
“Come si chiama?”
“Questo dovete deciderlo voi” rispose Margaret.
“Oh, non dirai sul serio!” sbottò la signora Thornton, alzando gli occhi al cielo. “E’ solo un coniglio. A che serve dargli nomi?”
“Preferiresti metterlo in padella?” John Thornton era a sua volta molto perplesso dalla trovata del cognato, ma la trovava piuttosto innocua. Ai bambini piaceva da impazzire, e non vedeva perché non avrebbe dovuto adattarsi.
“No, nonna no!”
Le esclamazioni del piccolo John, scatenate dalla frase pronunciata dal padre in maniera non casuale, costrinsero l’anziana donna a cedere il passo. Prese il lavoro di cucito e si mise a lavorare sul nuovo vestitino che aveva pensato per Catherine. “Non voglio saperne niente.”
“Possiamo chiamarlo Batuffolo? E’ morbido come il cotone di papà”
Il piccolo John protestò e propose altri nomi, ma Elizabeth l’ebbe vinta, e Batuffolo fu.

Il piccolo Batuffolo creò non pochi problemi, al suo arrivo a casa Thornton. Dixon desiderò cucinarlo, Marta si lamentò che avrebbe sporcato in giro, la signora Thornton lo evitava. I bambini invece lo adoravano: Margaret si accontentava di sorvegliare le loro coccole all’animaletto, diventando molto severa quando tendevano a strapazzarlo troppo, e controllando che Catherine non se lo mettesse in bocca. John Thornton, che passava molto tempo nel suo ufficio, non ci aveva a che fare troppo spesso, ma si preoccupava che avesse una dieta adeguata. In due mesi, Batuffolo triplicò le proprie dimensioni, diventando un piccolo gigante che era impossibile separare dai piccoli. Lo tenevano sempre in braccio, delicatamente, portandolo in giro: ad annusare la neve appena caduta in cortile, facendolo saltellare in giro, nel letto con loro all’ora della fiaba della buonanotte.
Una volta, nonna Thornton trovò Batuffolo sulla tavola da pranzo, che dormiva beatamente, coperto dal centro tavola in macramè. Alla richiesta di spiegazioni, il piccolo John aveva pomposamente risposto che il loro amico era stanco, e dovevano pur coprirlo con qualcosa, per evitare che avesse freddo. Margaret ci rise su, e John lasciò correre. La signora Thornton, più pratica, iniziò a cucire un corredo per l’animaletto dei nipoti con aria truce, pensando che non ci si poteva aspettare che guai, dai papisti e dai loro regali.
Via via che Batuffolo cresceva, però, fu evidente che i bambini non sarebbero stati in grado di sollevarlo ancora per molto; fu così che una vecchia culla per bambole con le ruote, appartenuta a Fanny, venne riadattata come piccola carrozza per il coniglio dei Thornton, che iniziarono, tramite una lunga cordicella, a portarselo in giro per casa e per tutta la proprietà. Erano uno spettacolo assai curioso, e molti degli operai si fermavano ad osservare la curiosa parata che passava vicino a loro alle ore più disparate.
Diversi dai figli di tutti gli altri industriali, figli di una madre che frequentava la classe operaia, e di un padre che aveva creato una mensa per loro, i piccoli Thornton salutavano gentilmente i lavoratori, mostravano il loro animale da compagnia, e lo presentavano. Presto, Batuffolo stesso dimostrò di essere un amante della manifattura del cotone, cominciando a scappare e a nascondersi, il più delle volte, nei mucchi di morbido cotone grezzo, per farci delle grandi dormite.
Era una cosa che creava un certo imbarazzo, nel signor Thornton, ma ogni volta che Batuffolo spariva, qualche operaio doveva interrompere il suo lavoro per esplorare capannoni e magazzini, e riportare la palla di pelo in salvo, nell’ufficio del padrone.
Più di una volta era stato Higgins, a scovarlo. Ormai era arrivato a considerare quella caccia al tesoro parte integrante del suo mestiere. Una volta l’aveva trovato vicino alla ventola che portava fuori dalla fabbrica la lanuggine e, prima che la bestiola potesse cacciarsi in guai seri, l’aveva presa per le orecchie e così l’aveva restituita al padrone, posandola sulla sua scrivania.
“Era dalle ventole, poteva finire male.”
Thornton ringraziò distrattamente il suo operaio, continuando a firmare le sue carte.
“Scappa quasi tutte le settimane, ormai dovreste darmi un aumento.”
A questa frase Thornton alzò lo sguardo e lo piantò su Higgins, assai poco divertito.
“Scherzavo, padrone. Solo che fa strano sapere che vi tenete un coniglio in casa.”
“Non è per me, è per i miei figli. Un regalo dello zio.”  Rispose Thornton, imbarazzato.
“Tenetelo lontano dai guai. La fabbrica non è posto per lui.”
Ed era vero, ma non lo era nemmeno la scrivania di John Thornton, che lo prese in braccio e lo posò a terra, controllando che la porta dell’ufficio rimanesse chiusa. Nonostante la precauzione, Batuffolo sparì di nuovo, e riemerse solo quando l’industriale decise di rincasare, prendendo in mano il cappello, sinistramente più pesante del dovuto. Trovò il coniglio addormentato al suo interno, e non poté far altro che riportarlo a casa così, incosciente e ignaro.
Sua moglie Margaret trovò la cosa assai divertente, ma fu ancora più divertente notare come Batuffolo iniziò a prediligere quel cappello, e si badi bene, non altri, come nascondiglio domestico.
Per i bambini fu facile immaginare che il coniglio fosse rocambolescamente fuggito da un mago che lo teneva prigioniero quand’era cucciolo, e che dormire in un cappello fosse, per lui, naturale. Nessuno riuscì a  convincerli del contrario, e la bestiola iniziò a usarlo tutte le notti, coperto dal corredo diligentemente preparato da una nonna contrariata e ancora vagamente ostile.
“Mamma, verrà in Spagna con noi, quando andremo a trovare lo zio?” chiese Catherine, ormai di tre anni e mezzo, una sera.
“Solo se gli troveremo un cappello da viaggio adatto.”
La frase era stata detta senza intenzione, ma quando l’estate successiva la famiglia partì per un intero mese alla volta di Cadice, Batuffolo fu imbarcato come tutti gli altri.
Solo la signora Thornton rimase a casa a controllare la fabbrica e a gestire i beni del figlio. Sopportò la nostalgia stoicamente, ma si accorse con orrore che quello che le mancava di più era vedere Batuffolo dentro la sua piccola carrozza, trascinato avanti e indietro per il cortile.

 
  
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