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Autore: twitchy_little_ferret    15/09/2013    1 recensioni
Dalla storia: "Il passato è passato, gli errori si pagano. Ma il futuro, beh… Quello è ancora da scrivere."
Songfic ispirata da una parte dalla canzone di Max Pezzali "L'universo tranne noi", in parte dal mio desiderio di mostrare il punto di vista di Draco nell'epilogo del libro.
Draco è alla stazione, vede la Famiglia-Che-è-Sopravvissuta e si abbandona ai ricordi, cercando di cambiare il futuro.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Draco Malfoy, Harry Potter, Scorpius Malfoy | Coppie: Draco/Harry
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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DISCLAIMER: I personaggi, le ambientazioni, perfino alcune frasi non appartengono a me, ma alla bella persona che è J.K.Rowling, che mi ha fatto il favore di inventarseli, perché credo nessuno avrebbe potuto fare qualcosa di solo minimamente simile, per bellezza e profondità. La amo. Questo, per dire che nessuna violazione di Copyright è intesa, ma tanto solo la parola disclaimer all'inizio della frase vi ha fatto smettere di leggere tutto questo, quindi procediamo con la storia!

 

L’universo tranne noi (remastered)

 
Ti ho incontrato ma tu non mi hai visto,
eri in stazione, è stato un attimo.
Ma il mio cuore si è come bloccato.
O era fermo prima e…
 ha ripreso a battere.
 
Draco Malfoy, fermo sulla piattaforma del binario Nove e Tre Quarti, osservava la famiglia Weasley attraversare la barriera, subito seguita da una Ginny Weasley decisamente più… donna… rispetto a come se la ricordava. Sorrideva, e parlava con una bambina dai capelli rosso scuro –ancora?! Ma non era un gene recessivo? –che sembrava potesse scoppiare a piangere da un momento all’altro. La bambina teneva per mano quello che doveva essere suo fratello maggiore; lui, da quando aveva attraversato la barriera, sembrava avesse ingoiato un intero pacchetto di Api Frizzole: continuava a strattonare la mano della sorella per cercare di liberarsi, e continuava a guardarsi attorno alla ricerca dei suoi amici, sembrava avesse le ali. Ah. Secondo anno.
Poi la sua attenzione fu attirata da un carrello per i bagagli che, apparentemente da solo, attraversava la barriera del binario; troppo tardi si accorse dell’errore commesso, troppo tardi si ricordò della guerra persa, troppo tardi la voce nella sua testa gli ricordò che non aveva nemmeno il diritto di guardare la punta delle sue scarpe. Troppo tardi e basta. Harry Potter era arrivato, e ormai non poteva più fare a meno di guardarlo. Da qualche parte, nel petto, sentì una stretta, come una specie di brevissimo –ma dolorosissimo –infarto, poi il suo cuore prese a battere come se si preparasse a fargli scalare l’Everest su una di quelle biciclette Babbane. Riuscì appena a pensare qualcosa di indefinito sul fatto che fosse effettivamente la prima volta che anche solo percepiva la presenza del suo cuore in tutti quegli anni –venti. Sono ormai vent’anni. Bentornato al mio muscolo preferito! –quando cominciarono i ricordi.
 
I ricordi, che sembrano lame,
fanno male, ma forse li cerco io.
Per rivivere, per ricordare
ogni istante accanto a te…
Una vita accanto a te.
 
“Fanno male, ma me la sono cercata. Immagini del nostro sesto anno ad Hogwarts, della nostra seconda esistenza insieme, di quella volta che mi hai detto ti amo nella Stanza delle Necessità e io non ce l’ho fatta e sono scappato via, solo per mandarti quella stessa sera una Strillettera –Merlino, che caduta di stile! –in piena Sala Grande. Grazie a Salazar nessuno ha mai scoperto il mittente. Draco Malfoy che urla “ti amo anch’io” a uno sconvolto (ma con una tale espressione in faccia da ripagare mille di quelle figure) Harry Potter avrebbe fatto esplodere i giornalisti del Profeta dalla gioia. Letteralmente.
E poi, immancabile, arriva come ogni volta l’ultimo, tremendo ricordo insieme. Quella volta in cui abbiamo fatto l’amore, quello vero, per la prima volta dopo esserci dichiarati. Quella volta in cui tu mi hai chiesto di passare la mia vita assieme a te, quella volta in cui, Diamine. Quella volta in cui ho scelto mio padre. Quella volta in cui ti ho tradito nel modo peggiore di tutti, consegnandoti al nemico. Dev’essere stato proprio quello il giorno in cui il mio cuore ha smesso di battere, ricordo di averlo sentito cadere, quando ho visto per un attimo un tuo piede solitario sulla Torre di Astronomia. Ma ormai il danno era fatto. La mia vita, come la tua, era finita. Dopo, beh, il dopo non era altro che esistenza.”
In macchina, prima di arrivare alla stazione, la radio Babbana che Astoria gradisce così tanto aveva trasmesso una canzone… adatta… a questo momento, ma Astoria non poteva saperlo adesso, mentre sovrappensiero canticchiava a bassa voce il ritornello: eravamo quel che tutti sognano, quell'amore che i cantanti cantano, tanto forte, potente, immenso che… Sembra esagerato e impossibile. Con il petto che sembra esplodere, che non serve altro in più per vivere, che potrebbe scomparire l'Universo tranne noi…
Tranne noi.
 
Tante volte io l'ho immaginato:
rivedere te che effetto mi farà?
Però adesso che è capitato,
non importa più se sia stata colpa tua o mia.
 
E il cervello sa che è complicato:
ciò che è rotto ormai non si riparerà!
Però il cuore, sai, me l'ha giurato:
sa che un giorno tornerai, !
Dice, presto tornerai.
 
Durante quei lunghi vent’anni Draco aveva smesso di pensare a Potter, a Harry, e a tutto quello che questi due nomi significavano per lui. Aveva smesso di pensare e basta, in realtà. Aveva fatto tutto quello che gli veniva ordinato, senza porsi domande ormai inutili, quali: aveva fatto la scelta giusta?
Domande inutili, già.
Ma quel primo settembre, in stazione, quelle domande nemmeno tanto sopite si riformarono, e si riaffacciarono in un tumulto nella sua mente tutte assieme, una più forte dell’altra, e si rese conto che, ormai, niente contava più. Niente, tranne quella dolce vocina nel suo cervello, quella voce che tanto assomigliava alla sua, che in tutti quegli anni lo aveva tenuto a galla, forse solo per quel momento. Quella vocina gli diceva che c’era ancora una speranza. Piccola, infinitesima, ma c’era. E tanto gli bastava.
Presto.
 
Al fianco di Harry, in quel momento, stava attraversando la barriera anche un’altra persona, e la cosa fece mancare di nuovo un battito al cuore martoriato di Draco. Di fianco a Harry raggiungeva il binario Nove e Tre Quarti… Beh, Harry. Quel bambino assomigliava al padre tanto quanto Scorpius assomigliava a lui, il che è tutto dire, visto che Astoria continuava a scherzare sul fatto che avrebbero potuto scambiare le foto di Scorpius da piccolo con le sue, e nessuno si sarebbe mai potuto accorgere della differenza.
Poi Harry, che fino a un momento prima chiacchierava sorridente con la sua famiglia, notò il suo sguardo. Tutti loro lo notarono. Un cenno della testa da parte sua, un cenno da parte loro, e la magia si infranse. Si voltò verso suo figlio.
“Scorpius, avvicinati per favore.”
“Dimmi, Padre.” Il bambino, sorridente e un po’ nervoso, agitato per quello che avrebbe trovato una volta salito su quel treno, lo raggiunse.
“Vedi quel bambino lì? Quello con i capelli neri sparati in tutte le direzioni, gli occhi verdi, l’aria –chissà perché, poi –terrorizzata?”
Scorpius guardò nella direzione che il padre indicava. “Sì.”
“Bene. Se dovesse capitarti di incontrarlo, sii sempre gentile con lui. È sicuramente… una persona meritevole dell’amicizia e del rispetto di un Malfoy. Non fare il mio stesso errore.”
Il bambino guardò il padre, confuso per un attimo dalla stranezza delle sue parole, poi annuì. “Certo, Padre!”
Un sorriso triste si fece strada sul volto del padre, subito riscaldato da quello, più aperto e sicuro, che si aprì di riflesso sul volto del figlio. Guardò di nuovo alla volta del gruppetto di teste rosse, e annuì, mentre la canzone Babbana si insinuava nella sua testa ancora una volta.
E saremo quel che tutti sognano, quell'amore che i cantanti cantano, tanto forte, potente, immenso che sembra esagerato ed impossibile.
Con il petto che sembra esplodere, che non serve altro in più per vivere, che non c'è parola per descrivere, che ti sceglie e che non si fa scegliere… E saremo quel che tutti cercano, quell'amore che i cantanti cantano!
Tanto forte, potente, immenso che sembra esagerato e irrealizzabile. E che il petto fa quasi esplodere, senza il quale non si può più vivere, che potrebbe scomparire l'Universo tranne noi.
Il passato è passato, gli errori si pagano. Ma il futuro, beh… Quello è ancora da scrivere.

---
“Potter, Albus Severus!” Come la donna pronunciò il suo cognome e lui fece un passo avanti nella grande sala dal soffitto strano, poté sentire tutti –tutti! –i presenti trattenere il respiro. Una irragionevole sensazione di dejà-vu si impadronì di lui ma, respingendo un singulto di paura, raggiunse lo sgabello e vi sedette.
Un altro Potter, sì? Bene, bene davvero! Dove lo mettiamo questo qui? Vedo lealtà, coraggio e desiderio di imparare, certo, ma anche un discreto livello di indolenza. Sei superbo, piccolo Potter, sei intelligente, potresti diventare grande, come tuo padre, dopotutto. Gli assomigli molto, e non intendo solo fisicamente.
“La prego, signor… ehm, Cappello, la prego, non mi mandi a Serpeverde!”
Non a Serpeverde eh? Beh, ma quella Casa ti aiuterebbe sulla via della grandezza! Ah, ma leggo la paura nei tuoi pensieri, ecco, vedo le ragioni della tua preoccupazione, ebbene una cosa voglio dirtela: Serpeverde è diversa ora, ed è stato proprio colui di cui porti il nome a cambiare per sempre la scia negativa della Casa. In effetti, mio caro, tu porti i nomi di coloro che hanno cambiato la storia dell’intero Mondo Magico!
Il piccolo Albus poteva sentire i suoi pensieri vorticare, le sue certezze vacillare e trasformarsi, mentre una nuova, coraggiosa decisione prendeva spazio nella sua mente. “Pensa che potrei essere adatto, signore? A far parte di quella Casa? Lei crede che anche io possa essere il… motore di un cambiamento?”
Ma certo che sì, figliolo, certo che sì! Sono vecchio io, ne ho viste tante, e ho Smistato talmente tanti studenti da poter ormai prevedere, in un certo senso, il futuro. Tu, figliolo, sei nato Serpeverde. Vai, e tieni la testa alta mentre camminerai verso il tavolo dei –“SERPEVERDE!”
Nessun boato, non un’anima, né un fantasma, sembrava in grado di muovere un muscolo, tale era lo shock che permeava l’intera Sala Grande.
Albus si tolse il Cappello Parlante dalla testa, lo appoggiò con cura sullo sgabello e, con un sorriso spavaldo, coraggioso e fiducioso –la precisa imitazione di quello con cui suo padre lo aveva salutato poche ore prima –si avviò a testa alta verso il tavolo della sua nuova Casa. Lì un solo ragazzo non lo stava fissando, o meglio lo fissava come tutti gli altri, ma c’era nel suo sguardo un luccichio in qualche modo caloroso. Aveva lasciato un posto per lui di fianco a sé. Osservandolo, improvvisamente Albus si ricordò di averlo visto solo pochi minuti prima, mentre il Cappello Parlante lo smistava –in un tempo sorprendentemente breve –a Serpeverde. Malfoy, Scorpius.
Prese posto accanto a lui. La sala era ancora ammutolita ma, non appena la strega ricominciò a gridare i nomi dei restanti bambini, tutti piano piano ritornarono alle loro occupazioni, cioè a urlare di gioia o di frustrazione a seconda di dove venivano smistati i nuovi studenti.
Tutti tranne il suo vicino. Lui continuava a guardarlo sorridente, come se lo stesse in qualche modo studiando, valutando se meritasse o meno la sua considerazione. Dopo qualche minuto, proprio quando Albus stava per decidere che aveva decisamente fatto la scelta sbagliata, il biondo finalmente parlò.
“Ciao, io sono Scorpius Malfoy. Tu… Hai davvero una strana accozzaglia di nomi, lo sai? Albus, come il nostro ultimo preside… Mio padre dice che lo odiava a morte, ma ogni volta che parla di lui gli si illuminano gli occhi, anche lui aveva un sacco di nomi strani. Non mio padre, ovviamente. Silente era quello con un sacco di nomi. Poi ti chiami Severus. Quel Severus era il padrino di mio padre. Un Serpeverde. Uno bravo nelle Pozioni… È morto in guerra 19 anni fa. E poi, Potter. Il tuo cognome è una leggenda, tra i Serpeverde. Ti devo avvertire: non tarderai a scoprire che alcune famiglie di maghi sono molto migliori di altre.”
Qui il ragazzo biondo, Scorpius, sorrise, come se potesse percepire anche lui lo strano senso di deja-vu che provava Albus.
“Non vorrai mica fare amicizia con le persone sbagliate…? In questo posso aiutarti io, se vorrai.”
Allungò la mano verso quella di Albus, ma il ragazzo restò immobile, fissando la mano, il senso di deja-vu che si acuiva e, quasi, diventava doloroso. Ma dove cavolo aveva già vissuto questa scena?
“Credo di essere capace di capire da solo le persone sbagliate, ma grazie.”
E, finalmente ricambiando il sorriso del biondo, gli strinse la mano.
  
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