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Autore: lalla    15/09/2013    0 recensioni
Mi sono ispirata a una delle più belle leggende cristiane. In un bosco nei pressi di Gubbio una Bestia che la gente chiama mostro e un Uomo che la gente chiama matto si incontrano e...
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Avresti potuto vivere come un principe e hai rinunciato a tutto. Hanno ragione a darti del matto, piccolo, insignificante uomo  vestito di sacco come un lebbroso, i piedi scalzi imbrattati della polvere di infinite strade. Matto.

 

“Ehi...

 

Lasciò che gli passasse vicino, gli sfiorò la manica del saio e quello si voltò. Gli sorrise. Stavate per chiamarmi Matto, messere? Non temete, certo non sarà la verità a offendermi.

Era brutto e macilento, eppure Lupo Buonfante rimase colpito da un sorriso e uno sguardo carichi di calore. Da quel povero diavolo, si ritrovò a pensare quasi suo malgrado,  emanava il carisma di un condottiero o forse…forse addirittura di un santo.

 

Pensieri e parole gli tenzonarono balbettanti dentro la testa. Come avete fatto…ad ammansire il lupo? E perché…perché invece che tuoni e ululati, poco fa le mie orecchie hanno udito parole profetiche pronunciate da una voce che forse…forse solo io ho sentito? O magari  anche…anche  voi…

 

“Vorrei parlarvi. Ma non qui.”

 

“Anch’io lo vorrei. Da diversi giorni aspettavo d’incontrarvi, messere.”

 

Per guardarlo tremare come una foglia trafitto da quei suoi occhi acuti e miti, lui, cavaliere cinto di spada al cospetto  d'uno straccione del quale in ogni contrada dell'Umbria si rideva? Di quello stesso straccione che aveva   ammansito il lupo e, era follia persino pensarlo, gli aveva fatto pronunciare parole con voce d'uomo e non di bestia?

 

“Ero...ero presente poco fa, quando...quando  avete operato il... miracolo...”

 

“Quelli li fa il Signore onnipotente. Io non sono che uno strumento nelle Sue mani.”

 

“Allora...è inutile che resti, perché...”

 

“Perché  un peso grande come il mondo vi opprime il cuore, messere? Un peso dal quale solo un miracolo potrebbe liberarvi e che forse ha a che vedere con la triste sorte toccata al giovane Ubaldeschi?”

 

“Non è stato il lupo.”

 

“Questo lo so. “

 

Il Matto gli sorrise, prendendogli le mani tra le sue.

 

“Non so perché ci sono andato, alla Piertalunga,  proprio quel maledetto giorno. Erano passati sette anni esatti dacché Brando Ubaldeschi aveva ucciso mio padre in duello. Non  siete di qui, voi, ma certamente non ignorate che non è ma corso buon sangue, tra noi e loro. Ero pieno di tristezza, di rabbia, di livore...non mi trovavo proprio nello stato d'animo adatto a incontrarmi faccia a faccia con Duccio Ubaldeschi, che aveva solo dodici anni ma era già una vipera piena di veleno, come tutti quelli della sua genia. Dodici anni...L'età che avevo io quando mio padre mi morì fra le braccia, trafitto dalla spada del suo...Avevo bevuto, per ammazzare la tristezza e il ricordo di quel giorno, di quel sangue...Lui mi è venuto sotto minacciandomi con il suo stocco e vomitando improperi. Era forte per la sua età, alto quasi come me. Sarebbe venuto su prepotente come suo padre, mi ritrovai a pensare. Ma giuro che non l’avrei toccato, quel piccolo tafano molesto, se non fossi stato ubriaco. E se non avesse proferito parole innominabili all’indirizzo di mia madre. Gli abbrancai il braccio e glielo torsi, facendogli cadere di mano la ridicola arma che impugnava. Lui strabuzzò gli occhi per il dolore e non ricordo…non ricordo se lo colpii con un pugno o se, rinculando, inciampò in un sasso o in una radice e cadde battendo la testa…”

 

E allora siete fuggito, messere, per non guardare i suoi occhi spalancati e fissi e tutto il sangue che fluiva dalla ferita, imbrattandogli i capelli e imbevendo la terra su cui giaceva. Siete fuggito senza domandarvi se fosse ancora vivo, sopraffatto dalla paura che la giustizia degli uomini incute e dall’orrore per ciò che avevate fatto. Forse avete visto il lupo avvicinarsi quatto, e la roncola del legnaiolo colpire la sua zampa facendolo scappare via spaventato. Magari avete pensato che quella creatura selvaggia si sarebbe potuta addossare le vostre colpe e che nessuno avrebbe mai saputo la verità. Nessuno se non voi, messere. L’odio genera odio. La vendetta è l’anticamera dell’inferno. E l’ebbrezza del vino non può spegnere  il fuoco del rimorso.

 

“Il Signore ha grandi braccia e parole di misericordia per colui che, sinceramente, si pente del male fatto. Non sono stato consacrato con il crisma da un vescovo, per cui non posso, nel nome di Dio, cancellare i vostri peccati. Cercate un prete, messere, confessate le vostre colpe  e riconciliatevi con Lui. Andate adesso. Pace e bene a voi…fratello Lupo.”

   
 
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