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Avresti
potuto vivere come un principe e hai rinunciato a tutto. Hanno ragione
a darti
del matto, piccolo, insignificante uomo
vestito di sacco come un lebbroso, i piedi scalzi
imbrattati della
polvere di infinite strade. Matto.
“Ehi...
Lasciò
che gli passasse vicino, gli sfiorò la manica del saio e
quello si voltò. Gli
sorrise. Stavate per chiamarmi Matto, messere? Non temete, certo non
sarà la
verità a offendermi.
Era
brutto e macilento, eppure Lupo Buonfante rimase colpito da un sorriso
e uno
sguardo carichi di calore. Da quel povero diavolo, si
ritrovò a pensare quasi
suo malgrado, emanava
il carisma di un
condottiero o forse…forse addirittura di un santo.
Pensieri
e parole gli tenzonarono balbettanti dentro la testa. Come avete
fatto…ad
ammansire il lupo? E perché…perché
invece che tuoni e ululati, poco fa le mie
orecchie hanno udito parole profetiche pronunciate da una voce che
forse…forse
solo io ho sentito? O magari
anche…anche
voi…
“Vorrei
parlarvi. Ma non qui.”
“Anch’io
lo vorrei. Da diversi giorni aspettavo d’incontrarvi,
messere.”
Per
guardarlo tremare come una foglia trafitto da quei suoi occhi acuti e
miti,
lui, cavaliere cinto di spada al cospetto
d'uno straccione del quale in ogni contrada dell'Umbria si
rideva? Di
quello stesso straccione che aveva
ammansito il lupo e, era follia persino pensarlo, gli
aveva fatto
pronunciare parole con voce d'uomo e non di bestia?
“Ero...ero
presente poco fa, quando...quando
avete
operato il... miracolo...”
“Quelli
li fa il Signore onnipotente. Io non sono che uno strumento nelle Sue
mani.”
“Allora...è
inutile che resti, perché...”
“Perché un peso grande come il
mondo vi opprime il
cuore, messere? Un peso dal quale solo un miracolo potrebbe liberarvi e
che
forse ha a che vedere con la triste sorte toccata al giovane
Ubaldeschi?”
“Non
è stato il lupo.”
“Questo
lo so. “
Il
Matto gli sorrise, prendendogli le mani tra le sue.
“Non
so perché ci sono andato, alla Piertalunga,
proprio quel maledetto giorno. Erano passati sette anni
esatti dacché
Brando Ubaldeschi aveva ucciso mio padre in duello. Non
siete di qui, voi, ma certamente non ignorate
che non è ma corso buon sangue, tra noi e loro. Ero pieno di
tristezza, di
rabbia, di livore...non mi trovavo proprio nello stato d'animo adatto a
incontrarmi faccia a faccia con Duccio Ubaldeschi, che aveva solo
dodici anni
ma era già una vipera piena di veleno, come tutti quelli
della sua genia.
Dodici anni...L'età che avevo io quando mio padre mi
morì fra le braccia,
trafitto dalla spada del suo...Avevo bevuto, per ammazzare la tristezza
e il
ricordo di quel giorno, di quel sangue...Lui mi è venuto
sotto minacciandomi
con il suo stocco e vomitando improperi. Era forte per la sua
età, alto quasi
come me. Sarebbe venuto su prepotente come suo padre, mi ritrovai a
pensare. Ma
giuro che non l’avrei toccato, quel piccolo tafano molesto,
se non fossi stato
ubriaco. E se non avesse proferito parole innominabili
all’indirizzo di mia
madre. Gli abbrancai il braccio e glielo torsi, facendogli cadere di
mano la
ridicola arma che impugnava. Lui strabuzzò gli occhi per il
dolore e non
ricordo…non ricordo se lo colpii con un pugno o se,
rinculando, inciampò in un
sasso o in una radice e cadde battendo la testa…”
E
allora siete fuggito, messere, per non guardare i suoi occhi spalancati
e fissi
e tutto il sangue che fluiva dalla ferita, imbrattandogli i capelli e
imbevendo
la terra su cui giaceva. Siete fuggito senza domandarvi se fosse ancora
vivo,
sopraffatto dalla paura che la giustizia degli uomini incute e
dall’orrore per
ciò che avevate fatto. Forse avete visto il lupo avvicinarsi
quatto, e la
roncola del legnaiolo colpire la sua zampa facendolo scappare via
spaventato.
Magari avete pensato che quella creatura selvaggia si sarebbe potuta
addossare
le vostre colpe e che nessuno avrebbe mai saputo la verità.
Nessuno se non voi,
messere. L’odio genera odio. La vendetta è
l’anticamera dell’inferno. E
l’ebbrezza del vino non può spegnere il
fuoco del rimorso.
“Il
Signore ha grandi braccia e parole di misericordia per colui che,
sinceramente,
si pente del male fatto. Non sono stato consacrato con il crisma da un
vescovo,
per cui non posso, nel nome di Dio, cancellare i vostri peccati.
Cercate un
prete, messere, confessate le vostre colpe
e riconciliatevi con Lui. Andate adesso. Pace e bene a
voi…fratello
Lupo.”