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Autore: Lys3    15/09/2013    2 recensioni
Come si sarebbero conclusi i 74esimi Hunger Games se Rue avesse evitato il colpo di Marvel nell'ultimo istante? Chi sarebbero stai i finalisti e chi i vincitori?
Dal testo:
"Rue se ne stava rannicchiata alla base della Cornucopia, in attesa di Thresh. Quando divenne buio si chiese se lo avrebbe rivisto ancora una volta."
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Rue, Thresh, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7 – La fine dei 74esimi Hunger Games
 
C’era qualcosa di strano in quell’Arena. Era tutto fin troppo calmo. Non un soffio di vento, né un uccello che cinguettava, a stento si sentiva lo scrosciare dell’acqua del lago lì vicino.
A quel punto dovevano esserci trombe, musica trionfale e la voce solenne di Claudius Templesmith che annunciava i vincitori degli Hunger Games. Ma invece tutto taceva.
Rue e Thresh si guardarono negli occhi: avevano capito che c’era qualcosa che non andava.
Un guasto tecnico? Improbabile.
Forse c’era ancora qualcosa che voleva Capitol City da loro prima di portarli fuori di lì. Entrambi sapevano cosa si aspettavano, ma faticavano ad ammetterlo. I patti erano quelli: ci potevano essere due vincitori, purché dello stesso Distretto.
Ma Rue e Thresh sapevano bene quanto fossero meschini i capitolini.
D’un tratto la voce di Claudius invase l’intera Arena. Con il cuore in gola, entrambi ascoltarono cosa aveva da dire: “Attenzione, Tributi. Il precedente cambio di regole, che permetteva a due Tributi dello stesso Distretto di vincere, è stato revocato. Ci sarà un solo vincitore. Felici Hunger Games, e possa la fortuna sempre essere in vostro favore.”

Silenzio.
Fu tutto quello che seguì l’annuncio.

Rue e Thresh erano rimasti fermi, immobili ai loro posti. Tutto ormai era chiaro: avevano cambiato le regole solo per permettere  a due Tributi dello stesso Distretto di arrivare insieme alla fine, in modo da rendere i giochi ancora più emozionanti. Che Rue ricordasse era accaduto raramente che due Tributi provenienti dallo stesso Distretto fossero costretti a uccidersi a vicenda, e come si poteva immaginare, era qualcosa di straziante, soprattutto per le famiglie, che dovevano assistere alla lotta del proprio figlio con quello che magari era un vicino di casa.

Rue pensò a sua madre e suo padre.
Sicuramente erano incollati davanti allo schermo, incapaci di dire una sola parola. Immaginava già la scena: il grande schermo in piazza, ma loro due era a casa da soli, barricati dentro. Avevano poi certamente convinto i suoi fratelli e sorelle a chiudersi in camera per non assistere a questi ultimi istanti.
E poi pensò alla nonna e alla sorella di Thresh. Non le conosceva bene, erano tipi molto riservati. Già le vedeva chiuse in casa, in silenzio tra quelle mura che non sentivano una sola parola da quando Thresh era andato via.

Rue comprese che per lei era arrivata la sua ora. Thresh era molto più forte, l’avrebbe annientata in un secondo. Immaginò sua madre in lacrime, i suoi fratellini e le sue sorelline incapaci di comprendere la sua prematura scomparsa. Cosa aveva detto loro quando erano venuti a salutarla nel Palazzo di Giustizia? Che stava partendo per cercare un tesoro, così sarebbero diventati ricchi e non avrebbero dovuto più lavorare nei campi dall’alba al tramonto.
Poi pensò alla famiglia di Thresh. Come avrebbero fatto quelle due povere donne senza lui? La nonna a stento si reggeva in piedi, ma continuava a lavorare per mantenere la casa; sua sorella anche lavorava, ma si sa che non è mai abbastanza nel Distretto 11. Thresh era tutto per loro, era quello che lavorava il triplo, che svolgeva tutte le mansioni più dure. Senza di lui non potevano andare avanti.
E invece? Senza di lei la sua famiglia sarebbe andata avanti? Sì, certo. Forse con dolore, con sforzi disumani, ma i suoi genitori erano giovani, ancora in grado di lavorare e senza di lei ci sarebbe stata una bocca in meno da sfamare.

Rue deglutì a fatica e si avvicinò a Thresh. Aveva gli occhi pieni di lacrime, pronta a fare quel sacrificio per permettere alla famiglia di Thresh di andare avanti. I suoi, dopo un periodo di immenso dolore, si sarebbero ripresi, dimenticandola negli anni e considerandola solo l’ennesima vittima degli Hunger Games.
“Rue” disse Thresh dolcemente. “Promettimi che non piangerai, che quando tornerai a casa sarai felice e vivrai la vita al meglio. Tu puoi ancora farlo.”
Rue aprì la bocca per rispondere ma non le uscivano le parole. Cosa diavolo stava farneticando Thresh?
Si inginocchiò davanti a lei. In quel modo riusciva a guardarla dritto negli occhi. “Il mio tempo è finito, ma non devi preoccuparti per me. Non ho paura di andare via, perché quello che dovevo fare era proteggerti e ci sono riuscito.”
Thresh aveva gli occhi colmi di lacrime. Rue non riusciva a credere che non avesse un briciolo di paura, e vedere un ragazzo grande e forte come lui in quelle condizioni la fece sentire molto male. Piangeva senza controllo, cercando di trovare qualcosa di sensato da dire. “No, noi torneremo a casa insieme. Noi siamo una squadra!”
“Si, Rue. Siamo una squadra. Lo saremo sempre. Ma io lo sapevo dal primo momento che Capitol City non avrebbe permesso a due persone di vincere, ma non ho detto niente perché questo era il modo più sicuro per permetterti di tornare a casa.”
“A casa senza di te non ci torno!”
“Invece sì.” Ora aveva l’aria infuriata. Si alzò e la sollevò da terra, buttandola lontano. Rue atterrò brutalmente, il polso le faceva malissimo. “Perdonami!” urlò Thresh, poi si infilò la spada di Cato al centro dello stomaco.
“No!” Rue si alzò e corse verso il ragazzo che ora giaceva a terra. Gli sfilò la spada dall’addome e iniziò a comprimere la ferita, cercando di fermare l’emorragia. “Resta con me! Thresh, resta con me!” urlava tra le lacrime.
Riusciva a vedere il dolore atroce dipinto sul suo volto, ma nonostante tutto cercava di sorridere per non spaventarla. “Salutami mia nonna e Andhra.” La sua voce ormai era un sussurro.
“Lo prometto, mi prenderò cura di loro, lo prometto. Ma tu resta qui con me, ti prego! Non lasciarmi da sola!”
Thresh respirava a singhiozzi e dalla sua bocca iniziava a colare del sangue. Era in preda a quelle che sembravano delle convulsioni, ma dopo nemmeno un minuto il suo corpo si fermò e un colpo di cannone rimbombò nell’Arena desolata.
Rue si aggrappò con tutte le sue forze al corpo del ragazzo, stringendolo a sé con l’intenzione di non lasciarlo mai più. “Thresh! Ti voglio bene, non lasciarmi!” Non sapeva perché continuava a ripeterlo, sapeva benissimo che il suo alleato non c’era più.
Avvertiva un ronzio in lontananza che diventava sempre più forte, fino a coprire il suo pianto isterico. Un hovercraft si avvicinò, strappandole dalle mani il corpo di Thresh. Poi ne arrivò un altro che la portò via.
Mentre era aggrappata alla scaletta diede un ultimo sguardo all’Arena, il posto peggiore che aveva mai visto, il luogo dei suoi incubi peggiori. Poi, una volta a bordo, svenne.
 
Si svegliò nella sua stanza all’undicesimo piano dell’edificio che li aveva ospitati prima degli Hunger Games. Accanto a lei, seduto su una sedia, c’era Chaff, il suo mentore. “ehi, piccola. Come ti senti?”
Ricordò subito con quelle parole il suo atteggiamento paterno e tutto l’amore che aveva trasmesso a lei e Thresh.
“Thresh…?” chiese lei, sperando di sentirsi dire che è nella stanza ffianco che dorme.
Ma Chaff scosse la testa.
Rue aveva voglia di piangere, ma era troppo stanca anche per quello. I medici di Capitol City l’avevano curata al suo arrivo e ora era in perfetta forma. Avrebbe voluto rimanere a letto, ma quella sera l’aspettava l’intervista e quindi doveva subito mettersi a lavoro con lo stilista, anche se non voleva.

Quando quella sera salì sul palco, le sembrava di essere in un incubo.
Ceasar l’accolse a braccia aperte. “Allora, Rue. Ti aspettavi che ci saremmo rivisti?”
“Be’ all’inizio no. Poi verso metà dei Giochi ho iniziato a sperarci, ma credevo ci sarebbe stato qualcun altro qui con me.”
“Stai parlando di Thresh, non è vero?” disse Ceasar con gentilezza.
Rue poté già vedere la gente commuoversi, ma nella sua mente riusciva solo a pensare che fossero degli infami. “Sì, parlo di lui.”
Per evitare di aprire un capitolo troppo scomodo, Ceasar diede il via a un filmato che riepilogava i suoi Hunger Games. E così lei poté vedere morire tutti, ancora una volta. Katniss, Clove, vide il duello tra Cato e Thresh, Faccia di Volpe, e infine il suo compagno.
Credeva che avrebbe pianto,nel rivederli. Ma sentì solo un profondo dolore al centro del petto. Gli Hunger Games l’avevano cambiata, non era più la ragazzina impaurita di dodici anni, ma una vincitrice.
“Sei la prima dodicenne a vincere, e anche la prima a non aver ucciso nessuno, non trovi sia qualcosa di singolare?” domandò Ceasar.
“Trovo che la fortuna sia stata dalla mia parte” disse impassibile. “Prima Katniss e poi Thresh mi hanno aiutato a sopravvivere. Soprattutto quest’ultimo mi ha dato una possibilità per vivere, ancora.”
“Eppure anche tu sei stata vicina alla morte. Come ti sei sentita in quei momenti?”
“Come nessuno di Capitol City si sente mai” sbottò con rabbia. “Ma come si sentono ogni giorno gli abitanti dei Distretti più remoti nel vedere le persone attorno a loro morire di fame, nel vedere di non avere nemmeno del pane da dare ai propri figli, come si sentono ogni estate ventitre madri che devono guardare i propri ragazzi mentre vengono massacrati in un gioco.”
Forse le sue parole sono state un po’ esagerate. Il pubblicò era in silenzio, sbalordito.
“Eppure tu sai” continuò Ceasar, cercando di aggiustare la situazione. “Che questo è indispensabile per fare in modo che i Giorni Bui non tornino mai più.”
Rue lo guardò, e dal suo sguardo capì che una parola sbagliata avrebbe potuto davvero far infuriare Snow e gli  Strateghi. Avrebbe potuto anche  far aprire gli occhi agli abitanti dei Distretti. Avrebbe voluto dire “No, non è indispensabile” ma questa era una frase che avrebbe pronunciato Katniss. Lei aveva promesso a Thresh che avrebbe vissuto la vita di cui lui era stato privato e che si sarebbe presa cura di sua sorella Andhra e di sua nonna. Così mentì: “Sì, sono indispensabili. Servono a farci capire dove i nostri antenati hanno sbagliato.”

Un applauso partì dal pubblico, ma lei si sentiva sporca per aver detto la bugia più grande di sempre.



Buongiorno a tutti! Eccoci dunque al gran finale. Che ne dite? Vi è piaciuto il gesto che Thresh ha compiuto nei confronti di Rue? Lasciate una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate :) Che dire? Be' questa ff arriva ormai alla fine. Dopo di questo credo ci saranno al massimo due capitoli. E' stato un piacere scrivere ma soprattutto leggere le vostre recensioni e ringrazio particolarmente chi ha seguito fino a questo punto la storia. Aggiornerò il prima possibile! Grazie a tutti, un bacio :*

 
  
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