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Autore: WhiteLight Girl    15/09/2013    2 recensioni
Terriermon correva a perdifiato sulla sabbia del deserto. Le grandi orecchie erano mosse dal vento che gli sferzava addosso, e spesso sfioravano il terreno quando lui si voltava di scatto a controllare ciò che aveva alle spalle.
Attorno a lui, immensi fasci di luce rosa si muovevano frenetici, e lui riusciva ad evitarli solo per pura fortuna.
Continuò a correre mettendo una zampa dietro l’altra anche se ormai gli facevano male entrambe. Il deserto sembrava essere infinito, ma sapeva che doveva uscirne, sapeva che era la sua unica possibilità di salvezza. Si voltò ancora a guardarsi le spalle e si rese conto di essere spacciato.
Genere: Avventura, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ryo Akiyama, Takato Matsuda, Un po' tutti | Coppie: Jianlinag Wong/Henry, Ruki Makino/Rika
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sembrava quasi che nessuno di loro avesse più peso. I Digimon al servizio della loro nemica si erano scomposti in dati come se non reggessero la pressione del cambiamento di materia. Si erano dissolti in migliaia di pixel all’istante. In breve tempo l’oscurità divenne foschia e tutti loro si ritrovarono isolati.
Takato si guardò attorno, alla disperata ricerca di Growlmon, ma non riusciva a vedere nulla attorno a sé e l’unico suono era il suo respiro.
«Growlmon?» chiamò timoroso, per paura di attirare attenzioni sbagliate. Non ebbe risposta e riprovò, questa volta più forte. «MegaGargomon, Ryo!»
Fece un paio di passi, cauto, temendo di mettere un piede in fallo ed inciampare in un ostacolo che non riusciva a vedere. Continuò a tenere gli occhi sgranati, per paura di perdere qualche dettaglio, qualche movimento nello spazio già ben poco visibile. «Growlmon!» gridò a pieni polmoni.
Il Digimon lo sentì, ma non riuscì a capire da dove provenisse la voce del suo Tamer. Si guardò attorno agitando la lunga coda, senza pensare neanche per un istante che avrebbe potuto colpire per sbaglio uno dei suoi amici. «Takato! Takato!»
Non vedeva nulla e, per quanto si sforzasse, non riusciva neanche a percepire l’odore di Takato. «Takato, dove sei?»
MegaGargomon ruotò su sé stesso. Non che servisse a molto. «Che posto è questo?» domandò a voce alta. Henry non si lasciò sommergere dai dubbi. Sollevò lo sguardo, poi lo chinò, ma non riuscì a distinguere il pavimento. Fece leva sulle sue energie per avanzare, ma per quanto ci provasse gli pareva sempre di stare fermo, sospeso nel nulla più assoluto.
Fin da quando la forza misteriosa aveva smesso di trascinarli Ryo non aveva avuto in mente nulla, a parte il trattenere la ragazza artificiale che aveva tra le braccia. Lei si dimenava e gridava come se le avessero infilato un pugnale nello stomaco. Ryo la stringeva forte, senza preoccuparsi di farle male o dei capelli di lei che gli frustavano il viso quando lei agitava la testa nel tentativo di liberarsi.
«Stai ferma» le ordinò, ma il tono non gli uscì minaccioso quanto aveva sperato.
Cercò con lo sguardo MonoDramon, ma non vide altro che tenebre e bastò quel momento di distrazione perché il suo ostaggio gli pestasse il piede, gli tirasse una gomitata nello stomaco e si liberasse. Le corse dietro senza esitare un solo istante, temendo di perderla di vista. Rimase in silenzio, per non coprire il rimbombo dei passi di lei, per non rischiare di non sentire il suo respiro pesante durante la sua fuga.
Le corse dietro, riuscendo a vederla a malapena nell’oscurità. Ma lei correva veloce, più di lui, e presto la perse di vista.
«Maledizione!!» imprecò a gran voce. Solo allora si rese conto di essere rimasto solo, si guardò attorno, sperò che MonoDramon e gli altri non fossero lontani, ma per quanto stringesse gli occhi non riusciva a distinguere nient’altro che nero di seppia.

Henry sospirò rassegnato. Aveva sbagliato qualcosa. Aveva giocato con il fuoco ed ora forse aveva peggiorato le cose. Erano finiti da qualche parte tra le terra e Digiworld, oppure erano andati oltre, e non sapeva come risolvere il problema.
Non c’era modo per comunicare con Hypnos, per chiedere di forzare una bioemersione per farli almeno tornare sulla terra. O almeno lui non aveva idea di come fare.
Valutando la situazione non era difficile capire che la cosa peggiore fosse quell’oscurità viscerale che impediva a lui e agli altri di vedersi. Doveva trovare tutti i Tamers e riunirli; sarebbero stati ben più al sicuro, una volta insieme, e avrebbero trovato una soluzione.
Chiuse gli occhi e si concentrò. Era sempre più facile comunicare con gli altri durante la biodigievoluzione, quando la loro essenza si trovava all’interno del Digimon. Se fosse riuscito a trovare quel canale avrebbe potuto trovare almeno la metà di loro.
Chiuse gli occhi e si concentrò. Terriermon rimase in silenzio, in attesa, per non disturbarlo.
Fu come se la mente si librasse nell’oscurità, come se riuscisse a scivolare nel nulla per raggiungere le altre coscienze. Scivolava senza ostacoli, poi trovò diversi punti gravitazionali e, d’improvviso, sentì i loro respiri agitati.
«Ragazzi?» domandò preoccupato. «Riuscite a sentirmi?»
Per un istante li sentì borbottare tutti insieme, poi sorrise tra sé e sospirò di sollievo. «Calmi, uno per volta. Suzie?»
«Sono qui» rispose la ragazzina, fiduciosa.
«Kazu? Kenta?» proseguì Henry, sollevato dal fatto che la sua sorellina stesse bene.
«Ci siamo» risposero loro in coro.
«Takato e Ryo?» chiese Kazu preoccupato.
Non ebbero risposta dai due amici.
«Possiamo comunicare solo noi che siamo biodigievoluti» spiegò Henry, cercando di evitare che venissero presi dal panico.
All’improvviso, come se si fosse risvegliata da chissà quali pensieri, Rika iniziò a strepitare: «Vuoi dire che sono isolati?»
«Hanno avuto qualche problema con il tuo clone» spiegò Henry stupito. Non aveva calcolato la possibilità di ritrovarla lì; la credeva al sicuro. «Credevo che tu fossi al sicuro. Perché sei biodigievoluta?»
Akemi rispose per lei, esprimendo un concetto fin troppo idealistico. «Perché abbiamo una missione da compiere. Siamo i Digimon Tamers»
«Akemi?» domandò Henry spiazzato. «Anche tu?»
«E ci sono pure io» concluse Mako sbrigativo, contrario all’idea di essere tagliato fuori. Da qualche anno lui e la sorella erano quasi una cosa sola.
Henry sospirò rassegnato. Secondo i suoi calcoli il programma avrebbe dovuto trascinare nel buco nero i Tamers nelle immediate vicinanze del computer da cui il codice era partito, ma a quanto pareva il suo campo d’azione era ben più ampio di quanto avesse immaginato. «E Jeri?» domandò alla fine.
«Ciao» gli rispose lei frettolosa. «Dobbiamo trovare Takato, Ryo, MonoDramon e Guilmon. Anche Calumon potrebbe avere bisogno di noi»
«E il clone di Rika e ancora là fuori» concluse Kazu. «Per la miseria. Quella strega ci sa fare. Non fatevi toccare, v’impedirà di rimanere in questa forma»
Jeri emise un rantolo. «Se solo questa oscurità non fosse così fitta… Così non possiamo neanche sapere se un nemico sta per attaccarci…»
«Sarà difficile evitarla se non riusciamo a vederla arrivare» osservò preoccupata Akemi, che assieme al fratello ringraziava il cielo di non essere sola come gli altri, in quella oscurità.
Prima che il discorso si facesse serrato, prima che ragazzi e Digimon intavolassero un discorso più che confuso esponendo contemporaneamente ed ad alta voce ogni dubbio ed ogni timore, Sakuyamon prese fiato e, con tono caldo, esclamò decisa: «Volpi Volanti!».
La luce si irradiò dal suo corpo, non lieve come il riflesso della luna, ma calda ed abbagliante come un sole che illumina l’oscurità.
Come comete le volpi si dispersero sfrecciando nel buio, in cerca dei ragazzi. Erano tutti consapevoli che la loro forza era sempre stata nell’unione del loro gruppo e da soli erano molto più vulnerabili.

Ryo odiava sentirsi inerme ed inutile. Era abituato ad agire, ad affrontare la situazione così come gli si presentava davanti. Ad essere utile e ad uscirne vittorioso.
Il fatto che la falsa Rika gli fosse sfuggita era una cosa che non riusciva a sopportare. Scagliò con furia il Digivice per terra, rendendosi conto solo dopo che sarebbe stato difficile ritrovarlo nel mezzo dell’oscurità. Si chinò iniziando a cercarlo a tentoni, ma temette che fosse rimbalzato troppo lontano.
Si domandò stupidamente se il colpo l’avesse danneggiato, chiedendosi poi perché non avesse mai pensato alla possibilità che un Digivice potesse rompersi come conseguenza di un danno normale.
Si passò una mano tra i capelli, frustrato.
Le mani sottili della copia di Rika lo colsero alla sprovvista, trascinandolo indietro e facendolo ruzzolare a terra. La ragazza si spostò e, una volta assicuratasi che, con il peso del proprio corpo, il Ryo non potesse alzarsi, iniziò a stringere le dita attorno alla gola di lui.
Appena si rese conto dell’accaduto Ryo afferrò i suoi polsi, tentando di districarsi, di togliersela di dosso. Ma lei era molto più forte di quanto sembrasse, tanto che il ragazzo si chiese se i suoi geni fossero superpotenziati o qualcosa di simile.
Per quanto provasse a dibattersi, ad agitarsi, lei stringeva la presa imperterrita. I polmoni di Ryo iniziarono a bruciare, la vista ad offuscarsi. Iniziò presto a sentirsi debole ed iniziò a temere che sarebbe morto così, ucciso da qualcuno che aveva l’aspetto di una persona a cui teneva.
Era un modo davvero terribile, secondo lui, per morire.
La luce colse la ragazza artificiale alle spalle, abbagliandolo. Per un attimo rese la sua figura quasi angelica, se non fosse stato per l’espressione sadica che aveva dipinta sul volto. Poi la luce la scagliò lontano e Ryo riuscì finalmente a respirare. Tossì ripetutamente, con la mano alla gola, cercando di riprendersi dall’aggressione.
La volpe di luce mise in fuga la falsa Rika, poi tornò ondeggiando verso di lui e gli si accucciò attorno, aspettando che l’attacco di tosse terminasse.
Il ragazzo la guardò sorridendo, pensando che alla fine era stato salvato da una ragazza. Dovette reprimere le risate, mentre osservava la volpe saltellargli attorno. La vide scorrazzare nell’oscurità, poi fermarsi. Scorse uno scintillio tra le sue zampe e, con gioia, riconobbe il suo Digivice.

Takato seguì la volpe di luce con passo incerto. Continuava a guardarsi attorno, conscio che da un momento all’altro avrebbe potuto sorgere Guilmon o uno qualunque dei suoi amici. Non sapeva se stava facendo la cosa giusta, seguendo quella forma familiare e rassicurante. Dopotutto avrebbe potuto benissimo essere una trappola. Comunque non sembrava avere scelta, quindi proseguiva. Aveva smesso di contare i passi da un po’ quando riuscì finalmente a sentire le voci concitate degli altri, che stavano raccolti attorno a Sakuyamon e discutevano senza prestare attenzione a lui.
La volpe si dissolse, avendo assolto al proprio compito, e Sakuyamon si voltò verso il ragazzo sorridendogli.
Takato le sorrise a sua volta, poi si concentrò sugli amici lì presenti. Guilmon gli corse incontro, parlandogli eccitato delle nuove Biodigievoluzioni, ma il Tamer non lo ascoltava davvero, troppo impegnato a rendersi conto della situazione. Fece mente locale rapidamente, collegando i Digimon ai ragazzi che celavano all’interno, poi vide MonoDramon e, immediatamente, si rese conto dell’assenza di Ryo.
Ripensò al ragazzo, al fatto che l’ultima volta che lo aveva visto era davvero troppo vicino al nemico. Il sorriso gli si spense, mentre si chiedeva cosa sarebbe potuto andare storto.
MonoDramon era lì, quindi il ragazzo era davvero da solo. Avrebbe dovuto essere poco distante da lui, pensò stupidamente.
Un’altra volpe di luce gli sfrecciò affianco, dissolvendosi in quell’istante. Ryo emerse dal buio proprio alle sue spalle, sorridendo.
«Mi dispiace, mi è scappata» gli disse mortificato.
Takato scrollò le spalle, felice che stesse bene. Poi guardò Sakuyamon e MegaGargomon. «Stiamo tutti bene?»
Sakuyamon sorrise loro, ma la voce di Rika li raggiunse ben poco gioviale. «Era ora, mancavate solo voi due idioti» affermò secca, per celare la preoccupazione nella propria voce.
Ryo sorrise, nel sentirla, ma non le rispose in alcun modo. La tacita domanda era nella mente di tutti, incapace di arrivare alle labbra.
E adesso?

Lei non temeva l’oscurità, di umano aveva solo ciò che avrebbe potuto renderla più forte. Coraggio, immaginazione, risolutezza. Il resto erano componenti aggiuntive che servivano a potenziarla. Forza, velocità, resistenza. Non si era accorda subito di questi suoi vantaggi, ma pian piano li aveva scoperti ed aveva imparato a sfruttarli al meglio.
Ora correva, pur sapendo di non avere un posto dove andare, di non conoscere la propria direzione. Comunque fosse andata non aveva nulla da perdere, al momento, non c’erano né vantaggi né svantaggi, nella sua posizione.
Poi iniziarono i sussurri.
Si fermò, pensando che la mente le stesse facendo dei brutti scherzi, trattenne il fiato per riuscire a sentire meglio e poté rendersi conto delle voci e della riverenza con cui cercavano di attirare la sua attenzione.
Le chiedevano di guidarli in battaglia, di renderli potenti, di aiutarli ad avere la loro vendetta.
Senza esitazione, con un sorriso maligno sul volto, lei accettò. E i volti a cui le voci appartenevano si mostrarono; in ombra, ghignanti, gioendo finalmente in attesa di riavere la propria libertà.

***********

Otto mesi. Mi è stato detto che non aggiorno questa fanfiction da otto mesi. Non mi stupirei se fossero di più, però.
E potrebbero passarne altri otto, prima del prossimo capitolo. Chi lo sa.
E auguro un buon ritorno a scuola a chiunque debba portare questo fardello, domani. Mi riferisco a te, Konankohai. E a tutti gli altri.

   
 
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