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Autore: Aagainst    15/09/2013    1 recensioni
Sono passati dei mesi da quando Federica è entrata nella vita dei Paramore. Tutto procede per il meglio, la ragazza si è inserita alla grande e ha stretto amicizia con Erica Williams, la sorella di Hayley. In più, ha un ragazzo fantastico, Paul. Eppure si sa, se non si chiudono i conti col proprio passato, questi potrebbe tornare a farvi visita.
Dal 14° Capitolo
"- [...] Vedi, ora io posso decidere se farti vivere o no. Sono io la padrona del tuo destino. Io decido per te. Io, solo io. Tu sei in grado di fare questo?-. Abbassò l’arma. Erica si sentiva svenire. -La situazione cambia se, invece, ci sono due persone, una di fronte all’altra. Entrambe sono armate. L’unica cosa che si può fare è sperare di essere più veloci del tuo avversario. L’unica cosa che ti può salvare è il tuo istinto. Questa è una guerra. E nella guerra tutti tornano bestie. L’uomo non esiste più. Ci riduciamo a schifosi animali, che agiscano tramite un unico istinto: sopravvivere. E, a volte, sopravvivere significa uccidere. Sei pronta per tutto questo? Sei pronta per decidere se è più importante vivere o sopravvivere?-"
ATTENZIONE
Consiglio la lettura di almeno l'ultimo capitolo di "Whoa"
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Quasi Tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Whoa!'
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CAPITOLO 26
<< Quindi Roskim l’ha chiamata? >> chiese Oll a Hayley. << Sì. Ha detto che si prenderà Federica da solo se non gliela do io. Quello vuole uccidere. E’ già un miracolo se siamo ancor tutti vivi dopo il Messico. >> si disperò la rossa. << Non si può fare proprio nulla per rintracciarlo? >> domandò Chad. << Purtroppo è letteralmente scomparso. Non riusciamo a capire nemmeno noi. L’unica cosa che suggerisco di fare è tenervi tutti quanti sotto scorta. Soprattutto Hayley e Federica. Se necessario, mi vedrò anche costretto a non farvi uscire di casa. >> sentenziò Oll. << Ma le ragazze hanno la scuola! E io ho il tour! >> protestò la cantante. << Beh, la scelta è vostra! Io terrei di più alla vita, ma io non sono voi. >> rispose l’agente federale. Hayley annuì, sconsolata. << Va bene. Ha ragione lei. Mi scusi. >> mormorò. << Si figuri. E non si preoccupi, i miei agenti sono gente scelta. Penso che chiederò anche all’agente Reynolds. Lei è una militare ben addestrata. Vedrà che lo prenderemo presto. >> la rassicurò Oll.

Era sera. Brandon era seduto sul letto, in una sudicia camera d’albergo. Guardò fuori e ripensò a suo fratello Mattew. << Ti vendicherò! Te lo prometto! La ucciderò questa volta. Non avrò dubbi. >>. Prese una vecchia foto. Erano lì, sorridenti, tutti e tre i fratelli Roskim. La loro forza risiedeva nell’essere uniti. Insieme avevano affrontato la perdita dei loro genitori. Insieme avevano creato un impero d’affari. E ora, cos’era rimasto? Solo lui, Brandon Roskim, il più giovane. L’impero si stava sgretolando. Ed era compito suo rimetterlo in piedi, salvarlo. E, per farlo, doveva uccidere l’unica persona che fosse responsabile di questo crollo: lei, Federica, la ragazzina che scappò da Verona e dalla sua condizione di schiava. Ormai non era più vendetta. No, ormai si trattava di una necessità, di sopravvivenza. O l’impero o lei. Non sarebbero potute esistere tutte e due le cose. O l’autorità o la libertà. O la forza o l’anima. O un mondo o l’altro. O lui come Dio o il vero Dio. Questa volta non ci sarebbero state menzogne. Questa volta, non ci sarebbero stati sconti. Era l’ultima partita. L’ultimo atto di una sfida iniziata troppo tempo prima. E al vincitore sarebbe spettata la più grande ricompensa: la vita. Il perdente non sarebbe mai stato ricordato, neanche come martire. In realtà, questa volta non sarebbe stato ricordato nessuno, né il vincitore, né il vinto. Brandon si alzò e iniziò a gironzolare per la camera. “ Dai pensieri più profondi spesso si origina l'odio più mortale.1” pensò tra sé e sé. Adorava la filosofia e le lettere classiche. Se avesse  potuto, si sarebbe laureato in quelle. Ma non aveva mai avuto la possibilità di andare all’università. << “La guerra è madre di tutte le cose e di tutte regina; e gli uni rende dèi, gli altri uomini, gli uni fa schiavi, gli altri liberi.2” >> disse a voce alta. Quanto era vera quella frase. Si appoggiò al vetro della finestra. Era al quinto piano di una palazzina. Si sentiva stranamente oppresso. Decise di uscire. Si coprì, in modo da non farsi riconoscere e scese per strada. Iniziò a camminare. Saranno state le sei. I negozi erano aperti, la città era viva. Ma lui, lui era morto dentro. O no?

Si sedette su una panchina. Il sole stava tramontando. Si guardò intorno. Era in un parco e ovunque c’erano bambini che giocavano. Improvvisamente, un pallone lo colpì. << Ahi! >> urlò. Un bimbo si avvicinò. Avrà avuto dieci anni. << Mi scusi, signore. Non l’ho fatto apposta. Mi dispiace. >> si scusò. Brandon lo guardò. Nessuno si era mai scusato con lui. Gli occhi del piccolo gli trapanarono il cervello. Sentì qualcosa bagnargli le guance. Erano… Lacrime. Ma cosa gli stava succedendo? Lui era Brandon Roskim, non poteva piangere. << Non pensavo di averla colpita così forte. Mi dispiace. >> disse il bambino. << Aspetti qui! >>. Il criminale non capiva. Restò sulla panchina, a piangere, guardando il piccolo che si allontanava. Gli aveva lasciato la palla. La prese in mano. Nemmeno lo conosceva, come poteva lasciargli un oggetto che di sicuro era molto prezioso per lui? Lo vide ritornare, con un grosso cono gelato in mano. << Ecco! Vaniglia e cioccolato! Quando sono triste funziona sempre! >>. Brandon non poteva crederci. Gli aveva fatto un regalo. << Perché? >> gli chiese, istintivamente. << Mamma mi ha insegnato che bisogna volere bene a tutte le persone. Questo vuol dire che quando stanno male, bisogna tirarle su. E lei non sta bene, vero signore? >> chiese il piccolo. << Ora sto meglio. Deve essere una donna in gamba tua madre. Come si chiama? >> domandò. << Si chiama Helen. E’ morta l’anno scorso. >> rispose il piccolo. Brandon lo guardò. Era un bambino incredibilmente sereno. << E tu, come ti chiami? >> chiese Roskim. << Mattew! >> rispose il bimbo con voce squillante. Brandon ebbe un sussulto. Mattew se ne accorse. << Ho detto qualcosa che non va? >> chiese. << No, non hai detto nulla. E’ che mi manca mio fratello. Anche lui si chiamava Mattew. E’ morto. >> rispose Brandon. << Perché parli al passato? Tuo fratello è ancora con te. Come mia mamma è con me. Anzi, sono sicuro che ora sono insieme che ci stanno guardando. >>. Brandon lo fissò, spiazzato. “Allora la salvezza ha questa forma? Quella di un bambino?” pensò. << Io ora devo andare. E’ stato un piacere conoscerla signor… >> << Brandon. Brandon Roskim. Il piacere è tutto mio. Sei un bravo bambino. >> affermò l’uomo. << E lei è una brava persona. Arrivederci! >> lo salutò Mattew, sorridendogli. Brandon guardò Mattew allontanarsi. Poi si alzò e corse via, all’albergo. Entrò in camera sua e si inginocchiò sul pavimento, in lacrime. Aveva appena incontrato la salvezza. Non era mai stato così felice in vita sua, così sereno. E allora, perché aveva appena scelto di rifuggirla?

1Socrate
2Eraclito

Angolo dell'Autrice

Capitolo quasi del tutto interamente dedicato a Brandon. Il perché? Beh, perché sotto sotto siamo tutti un po' come lui. Sappiamo qual è il bene e facciamo, invece, il male. Ovviamente non sempre, ma molto spesso. Almeno, per me è così.
Che ne pensate? Vi piace, vi fa schifo... Dite la vostra senza paura
Grazie a Chocobomb per le recensioni :)
Alla prossima :)
   
 
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