Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: _ehitommo_    15/09/2013    14 recensioni
Un incidente, un tragico incidente cambia la vita di una semplice ragazza di diciannove anni.
Jane Johnson rimane paralizzata alle gambe.
Louis Tomlinson il ragazzo che l'ha investita le promette di prendersi cura di lei.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
15 settembre 2013

Buio.
Buio pesto. 
Buio pesto come la pece.
Non vedevo assolutamente nulla, cercavo di muovermi ma il mio corpo non me lo permetteva. 
Provavo a capire dove mi trovavo ma non ne avevo la minina idea, solo dopo qualche minuto capii che ero ad occhi chiusi.
Aprili fu uno sforzo enorme, sembrava che le mie ciglia si fossero incollate tra loro. 
Una luce bianca mi acceccò subito e fui costretta a richiudere gli occhi, riprovai e questa volta piano piano i miei occhi si abituarono alla luce. Mi guardai intorno ma non capii dove ero. Sembrava un ospedale, avevo tanti fili attaccati alle braccia e strani macchinari circondavano il mio letto, sopra di me un ventilatore girava lentamente ed una grande e fastidiosa luce al neon illuminava la stanza.
Sentii dei sighiozzi provenire dalla mia sinistra, mi girai molto lentamente e notai subito un ragazzo su una poltrona blu in un angolo nella stanza, aveva le mani nei capelli di un castano chiaro e piangeva disperatamente, portava una maglietta a righe bianche e blu con dei pantaloni col risvolto alla fine, ero sicura di non averlo mai visto prima.
- Hai..hai i pantaloni sporchi- dissi quasi sussurrando, la mia voce risuonò debole e roca come se non la usassi da molto tempo.
Subito la testa del  ragazzo scattò in aria, i suoi occhi, di un azzurro chiarissimo, incontrarono i miei, il suo sguardo aveva qualcosa di strano: era stupito, triste, felice e colpevole.
- C..cosa?- mi chiese alzandosi dalla poltrona per avvicinarsi al mio letto.
- I pantaloni sono sporchi, li all'altezza delle ginocchia- risposi parlando sempre più piano, mi stupii di quanto mi risultava faticoso parlare, eppure ero una ragazza che non risparmiava mai parole, era difficile farmi stare zitta.
- Oh..si..ti sei svegliata finalmente- mi disse con voce strozzata, potevo scorgere le lacrime sui suoi occhi che si preparavano a scendere per un nuovo pianto.
- Cosa mi è successo?- chiesi infine, non riuscivo a capire quella situazione, perchè ero su un letto d'ospedale? perchè quello sconosciuto piangeva vegliandomi sulla quella poltrona blu? perchè non sentivo più le mie gambe?
-
 Le mie gambe! Perchè non sento più le mie gambe?!- questa volte la mia voce uscì più alta del solito ed un dolore acuto alla gola mi fece zittire di colpo. Il ragazzo davanti a me riprese a piangere silenziosamente abbassando il capo.
-S..scu..scusami, ti prego perdonami- disse tra i singhiozzi, non capivo la sua reazione, non capivo perchè non riuscivo a muovere le gambe e non capivo perchè mi trovavo li. 
Dimmi cosa mi è successo!- questa volte urlai, era in preda al panico e spaventata e non mi importava del mio dolore alla gola ogni volta che parlavo volevo sapere cosa era successo alle mie gambe!
Il ragazzo davanti a me prese un grosso respiro ed iniziò a parlare : - Hai avuto un incidente, stavi attraversando la strada correndo, presumo tu andassi di fretta e io stavo facendo una gara con i miei amici...il semaforo era verde quindi ero sicuro che nessuno sarebbe passato..ma..ma poi sei comparsa tu all'improvviso, ed io..io..non ho fatto in tempo a fermarmi e..- non terminò il suo racconto preso da un altra scarica di singhiozzi. 
- Non mi ricordo niente- ed era vero, l'ultimo ricordo che avevo era che uscivo di casa per andare a lavoro.
- I dottori hanno detto che è possibile perchè hai avuto un trauma cranico e quindi non ricordi, sei stata in coma anche per cinque giorni- mi spiegò lui
- E..hai perso momentaneamente l'uso delle gambe- aggiunse sussurrando.
Ma quel sussuro per me era arrivato chiaro e forte, come se lo avesse urlato nel bel mezzo del deserto. Rimasi li, ferma ed immobile, non riuscivo a crederci non volevo crederci, provai a muoverle comunque per accertarmi che fosse vero e che questo ragazzo mi stesse dicendo la verità, ma non sentivo niente al di sotto del mio bacino, era come se me le avessero amputate.
Cominciai a piangere, prima silenziosamente e poi sempre più forte, ero percossa dai singhiozzi e urlavo disperata, mi dicevo che dovevo stare calma, dovevo affrontare la situazione perchè io ero forte, io dovevo essere forte, ma non ci riuscivo. Finchè due braccia calde e forti mi abbracciavano, era lui, mi stringeva forte a se surrurandomi all'orecchio 'scusami', non capivo perchè si scusava, ero io che ero sbucata dal nulla con il rosso. Era colpa mia.
- Non devi scusarti, è stata colpa mia- dissi continuando a piangere
-  Mi prenderò io cura di te- disse di getto lui, aveva smesso di piangere ed il suo sguardo era tremendamente serio.
- Mi prenderò cura di te, ti aiuterò in questa tua nuova vita che io ti ho procurato, devo rimediare, non posso tornare a casa e fare come se non fosse successo niente. Non posso.- aggiunse in fine lui.
Non capivo il motivo di quel ragazzo, ma non volevo stare sola, non in un momento come quello, non in una situazione simile, mi sarei chiesta poi il motivo della sua decisione. In quel momento li, disperata, tra le sue braccia, mi sentivo sicura e forse una piccola speranza si era accesa in me.
- Grazie- mi limitai a sussurargli prima di riaddormentarmi profondamente.



15 settembre 2014

Era passato un anno da quando mi ero risvegliata in quel letto d'ospedale con quel ragazzo che piangeva sulla poltrona a fianco. Louis.
Così si chiamava. Avevo accettato la sua richiesta di aiuto senza nemmeno sapere il suo nome, ma non so perchè mi fidavo gia di lui.
In quest'anno mi ha aiutato come nessun'altro, mi è stato vicino quando avevo le mie crisi, mi ha aiutato con la sedia a rotelle, mi accompagnava lui ovunque volessi andare, si è trasferito a casa mia visto che vivevo da sola e così lui era sempre pronto ad aiutarmi in qualsiasi momento. Aveva anche comprato due walkie talkie per quando eravamo in camere o in piani diversi. Era fantastico, in tutto.
Era stata la causa di quello che mi era successo ma era anche la mia cura.
- Louis- lo chiamai al walkie talkie, non passarono nemmeno dieci secondi che eccoli li, in piedi davanti alla porta della mia stanza, sempre sorridente
- Dimmi Jan- mi rispose chiamandomi con quel nomignolo che si era inventato lui.
- Devo chiederti una cosa- avevo una domanda da fargli, una domanda importante che ormai mi torturava da un anno. Mi incitò con lo sguardo a continuare
- Ecco..oggi è passato un anno esatto da quando mi sono svegliata..e perchè hai fatto tutto questo per me?- gli chiesi finalmente.
Lui mi guardò stupito ma poi sorrise amaramente, come se si aspettava che prima o poi gli avrei fatto quella domanda, ma non disse nulla si limitò ad abbassare il capo. Un brivido mi scese giu per tutta la schiena.
- Perchè? Ti prego dimmelo, io ho questo dubbio che mi tormenta, ti facevo pena? Hai avuto compassione di me? Di una semplice sconosciuta che non poteva più camminare?- la mia voce si era incrinata, non riuscivo più a guardarlo in faccia, sentivo le lacrime che mi salivano agli occhi. Sospirò.
- Si- disse semplicemente lui, e una piccola lacrima rigò il mio volto.
- Si all'inizio mi sentivo in colpa, ero la causa del tuo dolore, lo so eri solo una sconosciuta non sapevo nemmeno come ti chiamavi, ma tu per colpa mia non camminavi più, tu per colpa mia eri quasi morta e io non potevo andare avanti come se nulla fosse, quindi si, per i primi tempi stavo con te solo perchè mi facevi pena e perchè mi sentivo in colpa. Ma ora non è così, ora ti ho conosciuto e so che sei una persona fantastica, so che prima o poi ricomincerai a camminare, so che devo farlo perchè mi sono affezzionato a te e vivere senza di te ora mi sembrerebbe una cosa assurda, so che devo aiutarti e starti vicino ogni giorno, ogni notte, ogni ora, ogni minuto ed ogni momento perchè io ti amo.- concluse urlando l'ultima parte. 
Il mio cuore perse un battito, non capii cosa successe in quel momento, sapevo solo che dovevo arrivare da lui, dalla mia ancora di salvezza, dalla mia cura. Lo baciai, lo baciai come non avevo mai baciato nessuno, in un primo momento era stupito ma poi si unì al mio bacio con dolcezza e foga, come se desiderasse da tanto, troppo tempo quel bacio, ma come se qualcuno lo avesse colpito in testa in quel momento si staccò da me boccheggiando.
- Tu..tu..o mio dio Jane..JANE TU CAMMINI- disse urlando e cominciando a piangere dalla gioia. 
Mi guardai le gambe, erano sempre le stesse, biache cadaveriche e sottili, ma questa volta erano dritte in piedi e sorreggevano il mio corpo. Non realizzai subito quello che era successo, non riuscivo a crederci, non capivo com'era possibile.
- Io cammino! Io cammino! Guardami sto camminando, sono in piedi sulle mie gambe e sto camminando- dissi urlando e cominciando a piangere anche io a mia volta. Louis mi prese per i fianchi e mi fece fare un giro a trecentosessanta gradi, per poi posarmi dolcemente a terra continuando a sorreggermi come se avesse la paura che da un momento all'altro le mie gambe non mi avrebbero retto più. 
- Com'è successo?- mi chiese ad un centimentro dalle mie labbra.
- Io lo so- dissi avvicinandomi sempre di più a lui.
- Tu sei e sarai per sempre la mia cura Louis Tomlinson- gli sussurrai ormai ad un centimetro dalle sue labbra.
- Ti amo- mi sussurrò a sua volta lui.
- Ti amo anch'io- gli dissi eliminando tra noi quegli ultimi centrimetri che separavano le nostre labbra.







 
  
Leggi le 14 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: _ehitommo_