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Autore: dontblinkcas    16/09/2013    5 recensioni
Durante COFA.
Alec reclinò la testa e lasciò sfuggire un sospiro mentre sentiva la pressione allentarsi e la lingua di Magnus tracciare la linea dei suoi muscoli, ma all'improvviso sentì un nuovo brivido che non era causato né dal piacere né dal freddo.
Era un tremore che partiva dal suo avambraccio destro.
«Jace» sussurrò confuso e aprendo gli occhi nello stesso istante.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Jace Lightwood, Magnus Bane
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Somebody Help Me

 
 
Il sole splendeva alto nel cielo azzurro nonostante l'aria fosse gelida, a terra si poteva scorgere ancora i segni della nevicata avvenuta solo pochi giorni prima. Il freddo tuttavia non aveva intimidito la grande folla di turisti che si aggirava ammirando gli imponenti edifici sul grande viale che si concludeva con la maestosa e imponente Porta di Brandeburgo.
Sebbene la vista di quel monumento storico affascinasse Alec, il ragazzo non poteva fare a meno di pensare che avrebbe di gran lunga preferito rimanere sotto le confortevoli lenzuola dell'enorme letto della gigantesca suite che Magnus aveva prenotato. Avrebbe sicuramente preferito sentire il corpo caldo di Magnus contro il suo, sentire le sue mani esperte sul suo corpo e avere la consapevolezza di tremare di piacere piuttosto che di freddo. L'immagine di quei pensieri gli assalì la mente facendolo arrossire violentemente; sperò che Magnus non se ne accorgesse o che facesse finta di nulla, ma il ragazzo accanto a lui sapeva perfettamente leggere il suo viso.

«Dolcezza c'è qualcosa che non va?» gli sussurrò all'orecchio.
Alec sentì il suo alito caldo solleticargli il collo facendolo rabbrividire di nuovo e con più forza: sebbene fosse uscito allo scoperto, avere Magnus così vicino in pubblico lo rendeva ancora un po' a disagio, ma allo stesso tempo lo rendeva anche estremamente felice come se finalmente i pezzi del puzzle della sua vita si fossero messi apposto.
«Stavo solo pensando che si muore di freddo e che avrei preferito rimanere a le...in camera con te» rispose Alec sperando che non notasse il balbettio, ma ovviamente rimase deluso.
«Se tutto quello che volevi era portarmi a letto bastava chiedere, Mr. Lightwood» replicò Magnus malizioso; Alec fissò quei occhi pieni di divertimento ed eccitazione.
«No, non è come...beh ecco...possiamo andare? Nemmeno le rune funzionano con questo freddo» rispose imbarazzato e con le guance sempre più in fiamme.
Magnus sorridendo si chinò e lo baciò, mettendogli le mani sulla vita per avvicinarlo di più. Alec rispose immediatamente al bacio con più forza di quanto avesse voluto, le sue mani si infilarono, senza che se ne rendesse conto, tra i capelli di Magnus tirandoli con forza. Aveva dimenticato di essere in pubblico, che attorno a loro la gente passeggiava e li guardava, probabilmente con disgusto.
Ma in quel momento esisteva solo Magnus.

«Dovrei farti soffrire il freddo più spesso, dolcezza. Ma sebbene ami essere al centro dell'attenzione, non voglio che tu faccia qualcosa di cui ti potresti pentire e che potrebbe farci finire anche in prigione» affermò Magnus quando sciolse il bacio, Alec lesse nei suoi occhi la scintilla del desiderio.
«Ma era solo un bacio» replicò Alec, sicuro che un bacio non potesse farli finire nei guai.
«Se non avessi avuto più autocontrollo in questo momento ti ritroveresti senza pantaloni» rispose lo stregone facendogli l'occhiolino.
«Possiamo andare?» chiese impaziente.
«Certo, ma prima...».
Magnus fece scorrere una mano sul petto di Alec, scese lungo l'addome fino a incontrare l'orlo dei suoi jeans. Il cacciatore trattenne il respiro, incapace di fermare il suo ragazzo; le dita di Magnus corsero lungo il tessuto pesante, si infilarono nella tasca destra dei pantaloni e lentamente estrassero quello che stavano cercando: il cellulare di Alec.
«Non ho ancora smesso di voler far ingelosire il biondino. E cosa c'é di meglio di una foto in cui i tuoi occhi ardono di desiderio?» disse Magnus con un sorriso diabolico.

Prima che Alec potesse fare o dire qualcosa lo stregone lo prese per mano e lo trascinò davanti al monumento.
Con uno sprizzo di scintille blu fece levitare il cellulare posizionandolo a cinque metri da loro.
«I mondani non saranno sorpresi di trovare un cellulare galleggiante in aria?» chiese Alec alzando un sopracciglio.
«Saresti sorpreso di scoprire quante cose i mondani vedono e non attribuiscono alla magia. Prendi ad esempio la Torre di Pisa. Credi davvero che stia in piedi per la bravura degli architetti che l'hanno restaurata? Ho fatto un lavoro magnifico con quel monumento, stanno ancora pagando per i miei servigi concessi a loro» rise Magnus mentre mise un braccio attorno ai fianchi di Alec.
«Dici sul serio?» chiese scettico Alec.
«Io sono sempre serio, Alexander» rispose sorridendogli.
«E adesso cosa vedono?» continuò indicando il cellulare sempre a mezz'aria.
«Adesso vedono un cavalletto che supporta il cellulare, un favoloso ragazzo asiatico con dei meravigliosi pantaloni alla tirolese e un ragazzo con un paio di occhi blu da togliere il fiato che arrossisce violentemente» replicò Magnus stringendosi ancora di più contro Alec.
«Io non sto arrossendo!» esclamò il cacciatore confuso.
«Non ancora» sussurrò Magnus con uno sguardo divertito; lo stregone appoggiò la sua fronte contro la testa di Alec così da avere il suo orecchio a contatto con le proprie labbra.
«Non vedi l'ora di togliermi questi pantaloni, non è vero?» gli sussurrò solleticandogli la pelle sensibile e facendolo rabbrividire, «non ti é bastato tutto quello che abbiamo fatto ieri?  Dovrei ringraziare il tuo prezioso Angelo per aver creato una runa così utile come quella della Resistenza».
Ora le guance di Alec erano di nuovo in fiamme, «Magnus...» tentò di avere un tono ammonitore ma perfino la sua voce lo tradì, rendendo il nome dello stregone una sorta di preghiera. La mano di Magnus che era appoggiata sul suo fianco si avventurò sotto la giacca e la maglietta fino a trovare la pelle nuda; le dita iniziarono a muoversi in circolo disegnando invisibili motivi sulla superficie candida.
Alec era così preso da quel tocco bollette e dal respiro caldo sul collo che non si accorse neppure dello scatto della fotocamera. Emise invece un sospiro di disappunto quando Magnus lasciò cadere la mano e si allontanò leggermente.
«Possiamo andare adesso?» chiese con disperazione.
Magnus sorrise ancora con malizia.
«Tutto quello che desideri, dolcezza».

Si incamminarono velocemente verso l'hotel, mano nella mano, fendendo la folla di turisti che fluiva nella direzione opposta. Il tragitto fu breve e silenzioso, Alec era talmente concentrato nel cercare di controllare il respiro e le scariche di adrenalina che percorrevano il suo corpo in quel momento, che non si sarebbe accorto di essere entrato nella hall del loro lussuoso hotel, se l'aria calda e confortevole non lo avessero fatto risvegliare dai pensieri che gli frullavano in testa.
Magnus lo condusse verso il primo ascensore disponibile e pigiò il pulsante per l'ultimo piano. Appena le porte si chiusero lo stregone spinse Alec contro la parete tappezzata con ricche rifiniture in oro e si gettò sulle sue labbra.
Lo stregone sapeva per certo che all'interno dell'ascensore fossero presenti almeno due telecamere, ma non se ne preoccupò, anzi sorrise e approfondì il bacio per rendere ancora più eccitante lo spettacolo che sicuramente i sorveglianti stavano apprezzando. Dalla reazione che stava ricevendo da Alec capì che il ragazzo non era consapevole di essere ripreso.
Entrambi fecero fatica a sentire le porte aprirsi, ma in qualche modo riuscirono, senza staccarsi, a raggiungere la porta della loro suite e a rimanere finalmente soli.

Magnus fece scorrere la zip della giacca di Alec e la fece scivolare insieme alla felpa aperta che il ragazzo indossava, facendo scorrere le sue lunghe dita fredde sulla pelle calda delle braccia di Alec. Il cacciatore gemette nella bocca dello stregone e sbottonò il corto cappotto verde smeraldo di Magnus facendolo cadere a terra.
«Letto» riuscì a biascicare Alec mentre Magnus gli assaltava il collo.
Riuscirono a raggiungere la camera da letto lasciando dietro di loro una scia di scarpe e calzini; infine la maglietta di Alec fu gettata ai piedi del letto prima che lo stesso proprietario venisse buttato sul morbido materasso e affondasse tra i cuscini.
Magnus poté ammirare solo per qualche istante il perfetto corpo del suo ragazzo, la sua pelle candida in contrasto con le rune e con il copriletto color crema, prima che le forti mani di Alec lo prendessero per le bretelle dei pantaloni tirolesi facendolo cadere tra le sue braccia.
Le loro labbra si ritrovarono, muovendosi esperte l'una sull'altra come se si fossero conosciute da anni invece che da un paio di mesi.
Le mani di Magnus si infilarono tra i capelli di Alec strattonandoli per poter sentire i suoi gemiti soffocati nella sua bocca, i suoi fianchi si mossero contro quelli del cacciatore facendo aderire meglio i loro corpi e stuzzicando l'erezione del suo ragazzo.
«Magnus» sussurrò Alec contro l'orecchio dello stregone quando questo scese di nuovo sul suo collo provocando una nuova ondata di tremori.
Le dita tremanti di Alec si affrettarono a slacciare i bottoni della camicia bianca di Magnus e cercarono di togliere anche le bretelle ma senza troppi risultati.
«Come...mmm...si slacciano questi...maledetti...mmm...pantaloni» boccheggiò con frustrazione.
Magnus rise e lo baciò di nuovo, le sue mani presero quelle di Alec e lo accompagnarono verso i bottoni sull'orlo dei pantaloni. Quando finalmente le bretelle vennero slacciate, Magnus si preoccupò dei pantaloni di Alec diventati ora dolorosamente stretti.
Alec reclinò la testa e lasciò sfuggire un sospiro mentre sentiva la pressione allentarsi e la lingua di Magnus tracciare la linea dei suoi muscoli, ma all'improvviso sentì un nuovo brivido che non era causato né dal piacere né dal freddo.
Era un tremore che partiva dal suo avambraccio destro, esattamente dove si trovava la runa Parabatai.
«Jace» sussurrò confuso e aprendo gli occhi nello stesso istante.
«Se non te ne fossi accorto io sono Magnus, il favoloso stregone di Brooklyn. Sai non avrei mai pensato che in certi momenti tu pensassi ad altri. Con questo ti sei giocato la possibilità di scaldarti» disse Magnus con evidente fastidio, scostandosi e lasciandosi cadere accanto al ragazzo.

Alec tuttavia non rispose, era troppo concentrato a capire la nuova sensazione che si trasmetteva per tutto il corpo: non aveva mai provato nulla del genere, non era la stessa sensazione che aveva avvertito nella piana di Brocelind quando aveva provato un dolore atroce all’avambraccio, come se qualcuno glielo avesse reciso; aveva scoperto solo più tardi che quel dolore era stato causato dal fatto che Jace fosse morto per alcuni minuti.
Quello che provava in quel momento non era dolore, ma era una sensazione strana come se ci fosse qualcosa di completamente sbagliato, come se la loro connessione fosse stata offuscata.
«Alec, cosa c'é che non va?» chiese Magnus questa volta preoccupato dalla mancata reazione del suo ragazzo.
«Jace» ripeté Alec, «é successo qualcosa. Riesco a sentire che...c'è qualcosa che non va» cercò di spiegare la difficile sensazione che percepiva. Si rimise a sedere sul letto ed estrasse il cellulare. Vide di sfuggita che mancava poco alle undici ma non si preoccupò del fuso orario.
Sentì i primi squilli andare a vuoto e Magnus sedersi affianco a lui, una mano che gli massaggiava la schiena nuda. Stava iniziando a perdere la speranza quando il settimo squillo non arrivò.

«Pronto».
«Jace!».
«Sì Alec, dato che hai chiamato il mio numero credo sia ovvio che sia io a rispondere. Comunque sai che ore sono?» disse con voce infastidita, ma Alec poté percepire qualcosa di più.
«Jace stai bene?» chiese preoccupato.
«Tu mi chiami alle cinque del mattino per chiedermi se sto bene? Cosa è successo in realtà? Hai litigato con Magnus e adesso hai bisogno di una spalla su cui piangere? Chiedi a Izzy, io non sono dell'umore giusto» replicò Jace sarcastico e con più cattiveria di quanto non volesse.
«Jace dico sul serio, cosa è successo? Riesco a sentire che c'é qualcosa che non va» ribatté Alec senza dar conto alle frecciatine di poco prima.
«Non...c'é niente che non va. E tu devi smetterla di preoccuparti sempre per me, sei in una vacanza romantica con il tuo stregone, se mi chiami potrebbe ingelosirsi» continuò con sarcasmo, mentre Magnus, che riusciva a sentire tutto ciò che diceva Jace, alzò gli occhi e mugugnò qualcosa di incomprensibile ma che Alec capì non essere parole di cortesia. Il ragazzo percepì anche l'impercettibile esitazione nella voce del biondo.
«Jace piantala di fare lo stupido. Anche senza il nostro legame riesco a sentire che c’è qualcosa che non va. Hai la voce stravolta, scommetto che non hai chiuso occhio e credo anche che vada avanti da un po' ormai. Non è la prima sensazione negativa che provo in questi tempi, ma è la più forte che abbia percepito. Dimmi cosa sta succedendo» disse Alec perdendo un po’ la calma.
La risposta ci mise un po' a giungere.
«Io...non posso. Non posso dirti cosa non va» disse Jace; ora nella sua voce era sparita ogni traccia arroganza.
«Jace, sono il tuo parabatai, sono tuo fratello, puoi dirmi cosa sta succedendo. Si tratta di Clary? Oppure di...Valentine?» chiese cercando di non far trasparire l’ansia.
 
***

Jace chiuse gli occhi e si passò la mano libera sul viso, i segni sotto gli occhi erano diventati viola e aveva ormai perso il conto di quanti giorni non dormiva, tuttavia non aveva la minima voglia di dormire. Non quando ogni suo sogno si concludeva con l'uccidere la ragazza che amava.
Non capiva cosa stesse succedendo, si sentiva strano, come se un'ombra oscura lo stesse avvolgendo nella sua morsa. Iniziava seriamente a temere di star diventando come suo padre, nonostante si ripetesse ogni volta di non essere Valentine. Avrebbe dovuto essere felice che fosse morto, ma non poteva far altro che pensare che colui che lo aveva cresciuto, colui che gli aveva insegnato tutto non ci fosse più.
Aveva ucciso Sebastian e non aveva provato rimpianti o tentennamenti, ma quello non poteva essere un segno; Jonathan era un pazzo assassino psicopatico, era colui che aveva ucciso Max, meritava di morire.
Lui non era Valentine.
Ma allora perché quei sogni lo tormentavano? Perché non poteva più avvicinarsi a Clary senza avere il terrore di poterle fare del male? Era forse il prezzo per essere tornato nel mondo dei vivi?

Senza accorgersene prese il coltello di suo padre, di suo padre biologico, e lo fece volteggiare con la mano libera, ripensando a quante volte aveva usato quella lama per trafiggere Clary.
«Jace?» sentì sussurrare al telefono.
Alec era ancora lì, era ancora in attesa di sentire una spiegazione e sapeva che non si sarebbe mai arreso. In tutti questi anni non aveva mai smesso di proteggerlo e non avrebbe smesso nemmeno adesso che si trovava a migliaia di chilometri lontano da casa. Si chiese come Alec potesse sopportarlo quando nemmeno lui si sopportava, come poteva accettare di essere sempre colui che veniva oscurato dal suo gigantesco ego.
Si schiarì la voce prima di parlare, non del tutto sicuro di poter controllare la sua intonazione, ma si disse che era Alec quello al telefono, la persona che, più di chiunque altro al mondo, conosceva perfettamente le sue insicurezze.
«Non lo so» disse infine, «non so cosa mi stia succedendo. Sono settimane che continuo a fare dei sogni...degli incubi, lo stesso incubo. Non posso più dormire, ho paura ad addormentarmi, ho paura che questi sogni potrebbero diventare reali. Ho paura di star diventando come Valentine».
Jace poté sentire Alec trattenere il respiro, riusciva a immaginarselo mentre si passava una mano tra i capelli con il volto preoccupato e serio.
«Tu non sei Valentine, non hai nulla in comune con lui Jace. Tu non sei un mostro. E non puoi permetterti che la paura di questi incubi ti blocchi. Sono solo sogni, non c'è nulla di cui temere. Ne hai parlato con qualcuno? Con Izzy o la mamma? Con Clary?».
Jace apprezzò il fatto che Alec non avesse chiesto cosa riguardassero quei sogni, non era sicuro che sarebbe riuscito a dirlo ad alta voce.
«Izzy e Maryse sono troppo impegnate per occuparsi di semplici sogni. E Clary...è impegnata con gli allenamenti, non voglio farla agitare per nulla. E in questo momento non riesco nemmeno a vederla spesso, è occupata a preparare il matrimonio di sua madre. E poi sono in missione, sto facendo da guardia del corpo al succhiasangue. Qualcuno lo vuole morto, più morto, e voglio capire chi sia».
«Qualcuno sta cercando di uccidere Simon? Ma lui non ha il Marchio di Caino?» chiese confuso Alec dimenticandosi temporaneamente dei sogni.
«Sì, ed è spaventoso vederlo in azione, ma dobbiamo scoprire chi è il colpevole» replicò Jace sfinito dalla conversazione e dall'assenza di sonno.
«Alec non devi preoccuparti per me, sto bene, credo solo sia una fase. Una parte di me sente ancora Valentine come la cosa che più si è avvicinata alla figura di un padre, è naturale provare qualcosa credo. In questo momento voglio solo cercare di dormire» disse e finse uno sbadiglio per convincere il moro.
«Jace, sei sicuro? Potrei...» iniziò Alec serio, ma venne interrotto dal biondo.
«Potresti tornare tra le braccia di Magnus e fare qualsiasi cosa voi stavate facendo» replicò sicuro di farlo arrossire.
«Io...noi...non stavamo facendo nulla!» esclamò, ma Jace riuscì a percepire anche a quella distanza che il suo parabatai era diventato rosso come un pomodoro. Rise veramente per la prima volta da settimane ma non poté evitare di essere geloso della relazione tra Alec e Magnus.
«Certo, salutami Magnus e avvertilo che voglio ritrovarti ancora tutto intero quando tornerai a casa» continuò mentre sentiva Alec bofonchiare qualcosa di incomprensibile.
«E Alec…grazie» disse sinceramente.
«Sei mio fratello, ti vorrò bene qualsiasi cosa accada, non importa quanto tu possa sentirti sbagliato» replicò Alec con la voce che riservava solo alla famiglia.
«Grazie» fu tutto quello che riuscì a dire Jace, ma Alec capì quante cose quella semplice parola contenesse.
Jace chiuse la telefonata, ma invece di ritornare sotto le lenzuola si alzò e si mise la tenuta da addestramento per andare nell'unica parte dell'Istituto che potesse alleviare tutte le preoccupazioni.
 
***

Alec lasciò cadere il cellulare accanto a sé e si voltò per fronteggiare Magnus.
«Scusa» disse.
Lo stregone indossava ancora la camicia sbottonata e i ridicoli pantaloni con le pesanti calze bianche che gli fasciavano le lunghe gambe.
«Non devi scusarti. È il tuo parabatai, è normale agitarsi se percepisci qualcosa che non va» replicò Magnus avvicinandosi ad abbracciarlo.
«È solo che riesco ancora a sentire quella sensazione e non credo questa telefonata abbia risolto qualcosa. Non posso permettere che gli accada qualcosa o che compia un gesto stupido o avventato» sussurrò affranto. Alec sapeva che Jace non gli aveva raccontato tutta la verità, ma mezza verità raccontata dal suo parabatai era tutto quello che sapeva di poter ottenere.
Magnus gli sollevò il capo in modo da poter guardare i suoi occhi blu.
«Vuoi tornare a casa?» chiese con gentilezza, cercando di non far trasparire la tristezza.
«No!» esclamò con decisione Alec stupendo sia se stesso che Magnus.
«Vedrai che tutto si sistemerà, ma in questo momento non serve a nulla continuare a crucciarsi. Jace se la caverà, ama solo stare al centro dell'attenzione» commentò lo stregone e Alec non poté dissentire, «e per quanto odi ammetterlo Jace ti ha dato un consiglio meraviglioso» continuò con un sorriso.
«E sarebbe?».
«Quello di continuare quello che stavamo facendo prima della telefonata» dispose facendogli l'occhiolino.
Alec arrossì ma non poté negare che quello gli avrebbe fatto dimenticare quella strana sensazione.
«Ma non avevi detto che mi ero giocato la possibilità di scaldarmi?» chiese innocentemente ma con lo sguardo che tradiva le parole.
«Non riesco a ricordarmi di aver mai detto una cosa del genere. Avrai sicuramente sbagliato persona» replicò Magnus prima di far stendere di nuovo Alec tra i cuscini e soffocando la risposta del moro con le sue labbra.


 
Buon pomeriggio cari lettori.
Questa volta ho dovuto scrivere una Malec perchè 
_itsforgabbe mi ha pregato di scriverle qualcosa, perciò ecco a voi.
Chiedo scusa per i probabili errori cronologici e per il fatto di non saper dare una precisa collocazione nel libro (beh di sicuro questa fantomatica scena deve avvenire un po' prima di quando Jace vuole mostrare a Simon la foto di Magnus e Alec a Berlino).
Comunque ho sempre trovato la relazione tra Alec e Jace mai ben approfondita perciò volevo scrivere qualcosa di più su di loro (anche se metà della storia è ancora solamente Malec). Tutta la conversazione può sembrare confusa, ma volevo dare l'impressione che Jace non sapesse cosa gli stesse succedendo.
Spero come al solito vi sia piaciuta e vi prego di lasciare un commento per sapere le vostre impressioni.
Baci,
Dany.

 
  
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