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Autore: L i t h i u m    21/03/2008    5 recensioni
-Spoiler su tutta la serie-
Non ha più lingua nè labbra - eppure parla ancora.
Non ha più pelle nè carne - eppure mi è di nuovo vicino.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mello, Near
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Note:

Bene bene.. in questo capitolo Near è talmente OOC che quasi mi vergogno di me stessa.
Quasi.

Ho deciso di alzare il rating e..
Già che ci sono metto anche l'avvertimento "shonen-ai".
Non si sa mai XD

Prima di lasciarvi leggere in pace il capitolo, vi ricordo un paio di dettagli..
Near alla fine dello scorso capitolo era entrato nella modalità " oooohh.. castelli di carte <3 "
E.. vi ricordate tutte le allusioni a Matt?
..non avrete mica pensato che usassi quel caro ragazzo solo per qualche pezzettino di dialogo, eh?
Beh, preparatevi per un bel po' di MATTOSITA'.

E.. insomma.. non sentivate la mancanza di un piccolo riferimento a L?
Un omaggio, diciamo?

Per le risposte alle recensioni, andate alla fine del capitolo

. . . . . . . . .

Ha la voce roca e le mani pesanti, da muratore.

Ha una scatola di cartone tra le braccia e un’espressione perplessa sul viso.

La notte se n’è andata senza salutare, lasciando Near così come l’aveva trovato.
Le ossa gridano bestemmie che rimbombano fino al midollo, la gamba destra non la sente quasi più.. tutto è un po’ troppo ovattato per essere capito veramente.

Watari fa finta di nulla, discreto come un cancro prima d’essere scoperto. La scatola la posa per terra, ci mette un po’ prima di raddrizzare la schiena larga, strizzata in un cappotto di un nero smorto.
L’uomo a cui deve ancora lavare calzini e mutande, il ragazzo a cui deve fare da balia, non si vede quasi più.
E’ solo una chiazza bianca semisepolta da una città – no, una metropoli – di carte, la sua figura rannicchiata la indovina attraverso gli spazi vuoti della costruzione.
Una costruzione senza entrata e senza uscita.
Decide di non fare psicologia da due soldi, sceglie d’ignorare questo e molte altre cose.
Se ne rimane a distanza, una presenza estranea, un’intruso.. troppo vero, troppo umano per appartenere a questo piccolo mondo autosufficiente, a quest’atmosfera alienante.

“ Sono tornato. Ti ho portato.. ehm.. ti ho portato.. “

Torce il collo, piega le ginocchia, s’abbassa. Lo sguardo trova la faccia di Near, la sbircia attraverso una delle torri più alte.
Il viso esangue, fa quasi impressione.. ma c’è una nota di colore in più, un paio di occhiaie che si diffondono attraverso la pelle come inchiostro assorbito dalla carta.
E’ triste il pensiero che Watari non possa collegare questa novità ad una persona morta da anni.
Adesso non lo guarda più – d’altronde il ragazzetto non si è neanche degnato di gettargli un’occhiata – inizia a frugare nella scatola. Rumore di plastica dura che cozza contro altra plastica, suoni scrocchianti da confezioni di cellophane.

“.. ti volevo chiedere..forse ho letto male la lista, eh.. sì, mi sa che è così.”

Near continua a fissare il vuoto, gli occhi sono troppo scuri per riflettere qualcosa di buono. Adesso si muove appena, non sembra più un animale raro, albino, che è stato imbalsamato ed esposto in una teca. Un movimento prevedibile come l’alba di domani: inizia a giocare con i capelli, strozza il dito arrotolandoci intorno una ciocchetta.

Qualche altro rumore, fruga fruga e cerca cerca. Una pausa.. e un braccio che si tende verso l’ammasso di carte, verso un paio di occhi che non guardano nella sua direzione.

“Che ci dovresti fare con queste?”

Scatoletta di cartone sottile, scritte nere e figure rosse. Non è difficile capire cosa sia – ma il cervello ci mette comunque un po’ a collegare quello che Watari ha in mano con..

“Cioè.. tu non fumi. Giusto?”

.. sigarette. Sì, sigarette. La marca ha un che d’ironico – Lucky Strike, colpo fortunato. Associato ad una persona che sembra essere scampata alla morte per puro cul- no, forse è sbagliato pensarlo.
L’aiuto di qualche martire sacrificatosi per la giusta causa forse non può essere classificato come fortuna.

Adesso c’è un silenzio spesso come il vetro di un acquario, non ci sono scambi di sguardi – non c’è quasi nulla. E’ la voce di Near quella che s’intrufola nell’imbarazzo generale.

“ Grazie. Lasciale pure lì.”

Watari si scorda di buttare fuori l’aria che ha nei polmoni, gli occhi sembrano grandi come scodelle.
Non gli è stata concessa una sola risposta.. e adesso inciampa nelle sue stesse parole.

“M-ma.. Mihael, tu non – insomma, non hai mai.. e invece- “

Le guance pennellate di rosso, il tono di voce un po’ troppo alto. Dopo anni di servizio, è inevitabile immedesimarsi ecessivamente nel ruolo di baby-sitter..
Ma la voce che gli risponde è gelida e tranquilla come sempre, l’aspetto quasi malaticcio del viso non sembra averla influenzata.

“C’è qualche problema? Spiegati.”

E la ciocca di capelli non l’ha ancora mollata.
C’è una pausa che sembra durare un’ora, la voce di Watari si dipana a fatica nell’aria.

“Ehm.. n-no. Solo che.. “

“.. sai, Mihael, ti vedevo più come un tipo da Camel.”

Un’uscita piuttosto disastrosa, che gli fa guadagnare soltanto uno sbuffo stizzito.
Si spinge gli occhiali su per il naso, continua a fissare stupidamente Near attraverso i fragili muri di carte.
Ma non ci sono risposte e non ci sono occhi che guardano nei suoi.
Deglutendo una volta di troppo, Watari batte in ritirata.


. . . . . . . . .

Mello l’avrebbe fatto.

E’ questa la frase che gli si stampa contro le pareti del cranio mentre – Dio, nessuno l’ha mai visto muoversi così tanto.

Tira calci e gomitate e si divincola goffamente – la mastodontica costruzione di carte non ha altra scelte che quella di crollare, solo un fruscio come protesta.

Ma c’è anche il respiro di Near in mezzo a tutto questo scontrarsi di carta plastificata e pavimento, è un respiro umido, affannato..
Un modo come un altro per ammettere di essere vivi.

La sua figura sottile la si vede a stento, annaspa in una pioggia di rettangolini di carta..


Una ginocchiata a una torre e quella si affloscia.. proprio come cadeva Light dopo uno dei calci di L – quell’elle che si chiamava Ryuzaki, quell’elle che..
Ma Near non lo sa, non li ha mai visti coi polsi strizzati dalle manette.

Allora tira le gambe di qua e di là, allarga inutilmente le braccia..
C’è del rosso sulle sue guance e del nero sotto i suoi occhi, c’è una faccia fatta anche d’espressioni e non solo di naso, zigomi e mento e—

Non è rimasto più nulla.

Lui non se n’è ancora accorto, si muove scoordinato come un bambino isterico, capriccioso.. però non urla e non piagnucola, si limita a strizzare le palpebre finchè non vede tutto nero.

Ora però inizia a sbirciare e la muraglia di carte non lo tiene più dentro di sé..
Sono sparse su tutto il pavimento, alcune in cumuli pericolanti, mentre altre sono schizzate dove più gli pareva.

L’asso di picche sotto il suo piede, un sei di fiori poco più in là.

La testa gli è crollata verso il basso, come se il collo non riuscisse più a sostenerla.. le labbra secche inghiottono manciate d’aria, spalanca le mascelle come se volesse mordere qualcosa.
Ma intorno a lui non c’è proprio niente, gli occhi non li ha ancora aperti del tutto.. sono solo due fessure liquide che sbucano da sotto qualche ciocchetta bianca – a dire la verità è azzurrognola, colpa della luce degli schermi.

Il petto si alza e s’abbassa come quello di un uccellino, le gambe magre non sembrano avere troppa voglia di rimanere dritte a sostenere il corpo, tremano appena, e –

“Tu ci credevi all’inferno?”

E la voce non è cambiata, come se il cervello funzionasse senza alcun contatto con il corpo.
Una domanda fatta in tono chiaro, preciso.. distaccato..

Ma la risposta non arriva, nelle sue orecchie c’è soltanto il cuore che batte forte.

“Mello..?”

Non una risata, non una bestemmia – non una lamentela.

E mentre rialza la testa e si scopre le labbra ancora stupidamente spalancate, Near non può fare a meno di pensare che—

Questa è la volta che rimango solo per davvero.


. . . . . . . . .


Forse per una volta si è sbagliato, perché adesso solo non lo è più.
E’ stato costretto ad incastrare il corpo in una sedia, a fissare la superficie monotona di un tavolo.. bianco, tutto così bianco – riesce davvero a distinguermi dal tavolo? Ah ah. Questa era buona, veramente. Mello, non ridi? Mel—

“Mangia.”

Tlack. Un piatto sul tavolo.. minestrina torbida, odore di mensa scolastica. Il vapore gli raggiunge gli occhi, gli dà fastidio.. ma la faccia non la sposta, non lascia a Watari il privilegio di entrare nel suo campo visivo.

Tlack. Cucchiaio, lì, accanto al piatto. Lo guarda appena, fissa indifferente il suo riflesso, piccolo e distorto dalla superficie convessa.

“Mihael..”

E’ un po’ come se gli avesse tirato su il mento con la mano, il nome che si è scelto viene pronunciato con un tono che Near non sa riconoscere.. ma obbedisce all’implicita richiesta, alza un po’ il viso.
La faccia di Watari.
Nella luce cruda del neon potrebbe contargli i bulbi dei peli che ha in faccia – non si rasa da un paio di giorni, probabilmente.. ma la peluria è biondiccia, chiara chiara, quasi non si vede.
Lo fissa serio, come se gli stesse facendo una radiografia al mento.. ma Watari non sembra scomporsi, gli squadra la faccia pallida con placida determinazione.

“Mangia.”

E adesso Near non lo guarda più. Affonda la mano nella tasca dei pantaloni bianchi, come quelli di un gelataio, come quelli di un pigiama.. ma quello che tira fuori non è il resto per un cono gelato o un paio di tappi per le orecchie.
E’ il famigerato pacchetto di sigarette.
Ad un primo sguardo sembra che non l’abbia neanche aperto.. gli spigoli di cartoncino sono ancora perfettamente affilati, non è stropicciato o schiacciato o..
Però l’ha già aperto, almeno una volta, Watari se ne accorge perché le dita ossute del ragazzino lo scoperchiano senza ostacoli, con una manualità già acquisita.
E una parte di lui ne farebbe a meno di violare la privacy, ma l’altra..
Solo un’occhiata veloce—

Dentro ci sono ancora tutte, non ne ha presa neanche una. Piccolo bastardo. Almeno adesso so che è possibile preoccuparsi veramente per lui.. Cristo, guardalo, fa pena.

Adesso però una sigaretta manca.. Near la tiene goffamente tra le dita lunghe, la stringe ben bene per il filtro.. come se temesse una sua fuga.
Watari cerca di indovinare quello che sente dallo sguardo – ma non c’è verso, lui continua a non guardare dalla sua parte.

“Lui lo faceva.”

La sua voce ha qualcosa di surreale – qualcosa di finto, ha lo stesso sguardo perso del drogato,del suicida—

“..eh?”

Watari sembra più inutile di un assorbente usato.
Non ha capito e forse neanche ha sentito bene – così non può fare altro che fissarlo stupidamente, rimirare sgomento la sigaretta che si curva appena sotto la stretta del ragazzo e—
I polpastrelli se la lasciano sfuggire.
Sembra strano, sì, perché quelle dita sono abbastanza ferme da costruire una cattedrale di stuzzicadenti, abbastanza decise da puntare verso un uomo fatto di anima e di carne e dire che sì, è lui, è colpevole, uccidetegli il corpo e magari anche la mente e—
La sigaretta ruota su se stessa come una tuffatrice olimpionica, atterra nel piatto di minestra con un piccolo suono flaccido.
Più che galleggiare, è rimasta conficcata tra la poltiglia di verdure.

“.. non ho fame.”

L’uomo goffo, vestito di nero – aiutante e sottoposto, pedina – si ritrova con la bocca aperta.
C’è il pericolo di slogarsi la mascella, di non riuscire a trovare più nulla da dire, mai mai più..

Ma Near di questo non si cura, si alza con l’indifferenza di un santone, di un guru annoiato.

Vista da dietro, la sua schiena pare troppo piccola per un uomo, troppo rigida per essere quella di un bambino.. i passi sono silenziosi. Se non fosse per la meccanicità dei suoi movimenti, sembrerebbe un gatto.

La porta si chiude alle sue spalle, piano, quasi con deferenza..

E la sigaretta è rimasta ferma al suo posto, sostenuta da una base di spinaci maciullati.


. . . . . . . . .


E’ sgradevole.

La lingua, le pareti della bocca.. è un dannatissimo complotto – perché dev’essere tutto così spugnoso?
Hanno assorbito ogni minima variazione di quel sapore allucinante.. e neanche un ettolitro di colluttorio sembra avere il potere di risolvere la cosa – ma forse sì, non ha ancora provato.

E’ un po’ come leccare il fondo di un portacenere.. è disgustoso – è necessario, perché..

Forse questo lo farà tornare.

La sua espressione, ammesso e non concesso che ne abbia una, non varia minimamente, non importa quante volte s’infili la sigaretta in bocca. La tiene in modo un po’ goffo, incerto.. come se non sapesse bene cosa farne di quel cilindretto di tabacco, le dita sono assurdamente contratte intorno al filtro.
C’è fumo un po’ ovunque, gli si attorciglia intorno ai capelli, gli scivola via dalla bocca, dalle narici..
Si stringe ancora di più alla gamba piegata contro lo stomaco, appoggia il mento contro il ginocchio.. c’è un mucchietto di cenere sul suo calzino, ha inquinato il candore assoluto della figura accartocciata sul letto.
Ma lui non se n’è accorto – e un po’ suona strano, perché lui sia accorge sempre di tutto..

“ ’azzo fai..? “

Eccolo.
Le labbra di Near si serrano involontariamente, strizzano il filtro.. le dita lunghe, da ragno albino, strappano la sigaretta dalla bocca, la allontanano di poco.

“ Dovresti andare a letto invece di fare queste stronzate.. l’ha detto anche il Watari tarocco.. “

Sono a letto, Mello.”

“ Ma non nel mio.. “

Mello ride.. ride come un bambino, come qualcosa di innocente e di stronzo allo stesso tempo.
Near si scorda la bocca aperta, il fumo sale sale lentamente, lui lo segue con gli occhi..

“ Dici cose sempre più insensate. “

Semplice osservazione fatta ad occhi chiusi.. gli viene da tossire, le labbra si spaccano per dar voce a un suono roco, violento.

“ E tu fai cose sempre più insensate. Non sei Matt.. volendo essere sinceri, senza di me sei quasi nulla. L’hai detto anche tu, no? Insieme abbiamo sconfitto Kira. Insieme siamo come L – migliori di L. Parole tue, non mie. Io già ero morto.. “

Le ultime parole suonano peggio di uno sputo in pieno viso.
La voce accusa, non parla..
E sì, forse è una colpa, è una colpa vivere e fumare e non riuscire a dormire e..

“ Posso stare anche da solo. L’ho sempre fatto. “

“ Però volevi che io tornassi. E’ questo il motivo di tutta questa.. di tutta questa sceneggiata, no? Sigarette.. che idea del cazzo.”

Near sorride.. le labbra strizzate, sembrano un taglio arcuato che non si può permettere di sanguinare parole.
Ma una la dice.. la voce un po’ diversa da com’era prima, un po’ più..
Umana?

“ Touchè.”

Scolla la gamba dallo stomaco.. scenetta assurda, è troppo strano vederlo così.. con le gambe stese con noncuranza lungo il materasso, con la schiena reclinata tranquillamente all’indietro.. con la sigaretta quasi finita che gli pende dalle dita.
Gli occhi ora sono socchiusi.. c’è dentro tutta la stanchezza del mondo, nel suo sorriso c’è un languore che la nicotina non può placare.

“ Volevo sentirti ancora, sì.”

“ Ma tu non mi hai mai sentito veramente, Nate. Non mi hai mai neanche sfiorato. “

“ Sai..”

Si gratta una guancia, si sfiora i capelli.. appoggia la mano pallida sulla coscia, le dita scivolano involontariamente verso l’inguine.

“ .. questo un po’ lo rimpiango.”

La voce ride.
E non è piacevole.

“ ‘Fanculo, Nate. Lo vieni a cercare ora, il contatto fisico? Caschi male. E cosa sono io..? L’ultima chance? La puttana di turno? “

La sigaretta è stata buttata sul pavimento.. ma va bene così, si spegnerà da sola.
Near aspetta prima di rispondere, gli occhi chiusi per frugare nel buio che ha dentro la testa.
Sposta la mano, la lascia riposare sullo stomaco.. è rassicurante sentire il calore del suo stesso corpo che dalle dita riesce ad attraversare la stoffa , a riscaldargli la pelle del ventre.

“ Mello.. ”

“ Sì, ho capito. La puttana di turno. Che originale, Nate.. “

“ Mello, perché dici questo? ”

“ Hai aspettato venticinque anni per farti venire ‘ste voglie.. perché non aspetti direttamente finchè non schiatti e mi lasci in pace, eh? “

“ Mello. “

“ .. che vuoi.”

Io non ho mai parlato di sesso. “

. . . . . . . . .

Il silenzio che segue questa affermazione dura fino al mattino dopo..

.. ed è stato il silenzio più scomodo che io abbia mai dovuto sopportare — pensa Near, la sigaretta del buongiorno in bilico tra le labbra.




. . . . . . . . .

[Elly_Mello] - Evvai, riesco anche a sconfiggere il cattivo umore da scuola *O*
Ssssì, certo.. ehmm.. coincidenza, sì sì >.> XD
I ragionamenti contorti ci stanno benissimo.. visto che Near è contorto U.u
E questo capitolo te ne ispirerà degli altri..
Se Mello pensa al sesso mentre Near fa quello tutto casto e puro.. e se Mello in realtà è soltanto una parte di Near..
... allora chi è che sta pensando di fare rotola-rotola con Mel? O.O

[Hyatt] - In effetti.. O.o
Povero Near.. temo che si veda che ce l'ho con lui XD
Il caso lo tratterò un capitolo sì e un capitolo no.. diciamo che fa da "contorno" alla fic, la cosa veramente importante è vedere il nostro candido pupazzetto che sclera u.u
Sono contentissima del successo che sta avendo Watari *O*
Grazie grazie grazie grazie *___*
Eh.. l'AU sarebbe un successone, mi sa XD
Se un giorno mi venisse voglia di scriverla.. ò.o

[sadistic_mello] - Mi sento apprezzata XD
Sì, Near è più asettico di una sala operatoria.. =__=
Sembra un po' assurdo il fatto che riesca ad immaginarsi l'odore e il corpo di una persona.. ma sono giustificata, visto che in questa fic sto cercando di umanizzare quello stupido robottino bianchiccio u.u
..un giorno scriverò un'ode alle mani di Matt *__*

[MellosBarOfChocolate] - Grazie ^^
Eh sì.. era un peccato lasciar fuori Matt da tutto questo.. è una creaturina così graziosa e manca proprio a tutti ç.ç

[AllegraRagazzaMorta] - Una fan di Near *O*
Dimmi.. non lo sto trattando troppo male, vero..? ò.o
Mi fa piacere che la pensi così.. anche perchè io sono convintissima di essere pesante XD
Quando scrivo continuo a chiedermi "e adesso questo mattone qui chi se lo vorrà leggere? O.O"
..spero che ti piaccia anche questo capitolo ^^


  
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