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Autore: The_Perfect_Sky_Is_Torn    16/09/2013    3 recensioni
-Forse quelle serate sono state uno sbaglio, forse tutto questo non è altro che un fottuto errore!-
-Harry, esci di qui.-
-Esci da quella cazzo di porta, Styles! Vai a scoparti qualcuna solo per dimenticare quanto siamo un errore!-
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Rabbia, stanchezza, distruzione. Un litigio, frasi affrettate.
Harry non è mai stato bravo con le parole, ma questa volta sarà costretto a tirarle fuori tutte e ad urlarle.
Per la libertà. Per Louis.
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#Larry
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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JUST A BEAUTIFUL MISTAKE.







-Forse quelle serate sono state uno sbaglio, forse tutto questo non è altro che un fottuto errore!-
 
Louis spalanca le labbra, come per urlare, ma all’improvviso non ha più voce. Cerca gli occhi verdi del suo ragazzo e spera, spera di aver sentito male, di aver frainteso. E invece quegli smeraldi che lo guardano, rabbiosi, sembrano urlare quelle parole ancora più forte della voce roca del riccio. Il castano indietreggia qualche passo, passandosi una mano tra i capelli, senza più ribattere, e si chiede tristemente come sono riusciti ad arrivare a quel punto.
___
 
Durante X-Factor, lui ed Harry erano velocemente diventati migliori amici. Condividevano ogni cosa, che fossero le cuffiette per la musica, il cibo, o addirittura lo spazio. I ragazzi li prendevano continuamente in giro per il modo in cui si cercavano sempre l’un l’altro, anche in mezzo ad una folla di persone; avevano sempre una qualche parte del corpo a contatto.
 
Una volta usciti dal programma, e iniziata la vita come band vera e propria, le cose non erano poi granchè cambiate. I due erano andati a vivere insieme, e continuavano ad andare più che d’accordo. La loro amicizia aveva la forza di una roccia, e niente sembrava riuscire a scalfirla.
 
Louis ricorda ancora di aver chiacchierato per ore con il riccio, in quei tempi lontani, quando uno dei due era triste o giù di corda. Si risollevavano il morale a vicenda e poi restavano sul divano a coccolarsi, guardando qualche film scadente solo per passare un po’ il tempo.
 
Poi, un giorno, Louis si era accorto che Harry non si confidava più con lui come un tempo. Appariva lontano, quasi impaurito; si ritraeva quando lui lo abbracciava, gli parlava poco e niente, e ogni pomeriggio se ne andava da qualche parte, lontano da casa, lasciandolo solo. Dopo qualche indagine, il castano scoprì che stava ogni giorno a casa di Niall.
 
Non riusciva a capire il perché di quei comportamenti, e inoltre… Gli dava quasi fastidio ammetterlo, ma Louis era geloso. Molto geloso. Credeva che il biondo potesse allontanarli, che gli volesse portare via il suo migliore amico. Quando poi scoprì che Harry stava progettando di andare a vivere dall’irlandese per un paio di settimane, sentì la rabbia esplodergli dentro; in parte contro il riccio, che voleva lasciarlo solo, e in parte con Horan, che gli dava corda.
 
Così, una sera, prima che potesse fare le valigie e trasferirsi, lo bloccò.
 
-Cosa succede, Hazza?- Aveva chiesto, sospirando. Lui l’aveva guardato storto, mordendosi il labbro, per poi sospirare.
 
-Non succede proprio nulla, Boo, perché?- Aveva risposto, sulla difensiva, cercando di essere convincente. A quel punto, però, Louis era scoppiato davvero: la gelosia, la frustrazione, quel dolorosissimo senso di impotenza che avevano caratterizzato le giornate precedenti, gli misero in bocca le parole giuste, quelle che avrebbe voluto dire fin dal momento in cui si era accorto del cambiamento che stava avvenendo.
 
-Hai anche il coraggio di chiedermi il perché, Harry? Davvero pensi che sia così stupido? Sono settimane che non mi parli più, mi eviti, esci ogni dannato pomeriggio lasciandomi solo, ora vuoi addirittura cambiare casa! Cosa ho fatto di sbagliato, Haz? Dimmelo tu, perché da solo non ci arrivo! Non ti vado più bene come migliore amico? Ti ho stufato? Bene, posso accettarlo, ma almeno dimmelo in faccia, smetti di scappare!- Sbottò, alzando istintivamente la voce.
 
Poi, più dolcemente, continuò: -Mi manchi, Hazza; mi manca passare il tempo con te, ridere insieme. Mi manca anche cercare una maglietta nell’armadio e accorgermi che me l’hai presa tu; mi manca quando scendevo in cucina e mi accorgevo che avevi finito i miei cereali, e a me rimanevano solo schifezze per colazione; mi mancano i momenti in cui litigavamo per chi doveva fare la doccia per primo… Sei il mio migliore amico e, qualsiasi cosa sia successa, voglio parlarne e risolverla, perché non riesco neppure a pensare di perderti!-
 
Dopo questo lungo monologo, il castano aveva alzato gli occhi per arrivare all’altezza di quelli del riccio, una decina di centimetri più in alto, trovandoli umidi. Istintivamente lo aveva abbracciato, beandosi di quel contatto così raro negli ultimi tempi.
 
-Lou, tu non hai fatto niente…- Aveva balbettato allora Harry, senza la forza di scansarsi. Si lasciò stringere, affondando il capo nel collo dell’amico.
 
-E allora cosa?- Domandò il castano, sempre più confuso, senza però allentare la presa.
 
-Boo, sono io… Credo… Credo di…- Mormorò allora Harry, la voce improvvisamente spezzata. Louis aspettò, pazientemente, che l’altro riprendesse a parlare da solo, senza forzarlo. Non fece resistenza neppure quando il più piccolo sciolse l’abbraccio, cercando i suoi occhi, e fece un passo indietro.
 
-Io sono qui Hazza.- Gli ricordò soltanto, con voce ferma. Il riccio aveva sospirato, una, due, tre volte, passandosi le mani tra i capelli e sugli occhi verdi, prima di riuscire a mormorare: -Io credo di essermi preso una cotta per te…- Arrossì con violenza, , abbassando immediatamente la testa, senza il coraggio di guardare l’altro negli occhi. Louis rimase in silenzio, troppo sorpreso per dire qualsiasi cosa, e Harry  interpretò male la mancanza di una risposta.
 
-Vedi? È per questo che non volevo dirti nulla, lo sapevo, ti avrei fatto schifo, e… Non volevo perderti Lou, anche solo come amico, e… So di non essere ricambiato, insomma, non.. Non ci ho mai sperato, ma… N-non riuscivo più a fare finta di niente, non ce la facevo a stare ogni singolo giorno con te m-mentre… Mentre provavo queste cose, io… Volevo staccarmi da te pian piano, così magari avrebbe fatto meno male di un rifiuto netto, ma.. Non ce la faccio Lou… T-ti prego, dimmi qualcosa, dimmi che non mi odi… S-so che tutto questo è sbagliato, ma…- Iniziò a balbettare il riccio, le lacrime che pungevano ai lati degli occhi.
 
Louis era rimasto in silenzio, mentre quel fiume di parole gli si rovesciava addosso, quasi sommergendolo. Il suo cervello ci mise qualche secondo per collegare tutto quello che era successo, ma quando ce la fece il castano capì che c’era una sola cosa da fare, a quel punto. Fece un passo avanti, colmando la distanza che l’amico si era preso, come precauzione. Cercò i suoi occhi, quegli smeraldi verdi dalle sfumature di prato, poi si alzò sulle punte dei piedi e, semplicemente, posò le sue labbra sottili su quelle rosse del compagno, bloccando quelle parole confuse.
 
Harry, inizialmente, si immobilizzò, totalmente incredulo; dopo un po’, tuttavia, quando si rese conto che Louis non si sarebbe staccato, prese coraggio e posò le mani tremanti sulla schiena del castano, per avvicinarlo ancora un po’ a se. Chiuse gli occhi, assaporando il dolce sapore dell’altro, sentendo il cuore fare a pugni con lo stomaco dentro di lui. Louis, dal canto suo, non sapeva neppure bene cosa stesse facendo. Non aveva davvero scelto di baciarlo, era stato istintivo, del tutto naturale. Forse poi se ne sarebbe pentito, forse sarebbe stato un errore, ma… Dio, in quel momento il castano si sentiva così dannatamente BENE.
 
 
Da quel momento, il rapporto tra i due era cambiato di nuovo. Ormai erano arrivati ad un punto dal quale era difficile tornare indietro, anche se l’avessero voluto. Inizialmente furono piuttosto timidi, insicuri nel mostrare i propri sentimenti; pian piano, però, riuscirono ad accettare ogni cosa, e si resero conto che non c’era nulla di sbagliato in loro. Il primo dei ragazzi a cui lo dissero fu Niall, a cui Harry aveva confidato ogni cosa tempo prima, quando aveva iniziato ad andare a casa sua quasi ogni giorno. Fu necessario, principalmente, per spiegargli perché il riccio non aveva più nessunissima intenzione di allontanarsi da casa propria. Avevano un po’ paura a dirlo anche agli altri, perché non sapevano come avrebbero reagito… Harry era quello che più di tutti si faceva mille paranoie. “E se gli avessero fatto schifo?”, “E se non li avessero accettati?”… Louis, però, riusciva sempre a tranquillizzarlo, e così finirono per informare anche Liam e Zayn. Le paure di Harry si rivelarono totalmente infondate, soprattutto con Malik che, giurava, l’aveva capito da tempo che tra loro due c’era qualcosa.

Il discorso però divenne più complicato, però, quando si parlò di annunciarlo alle fan. Louis era convintissimo del loro coming out, Niall lo appoggiava; Harry era ancora piuttosto incerto, però era sicuro dei propri sentimenti e, se Louis avesse voluto farlo, l’avrebbe seguito. Liam, tuttavia, il più assennato del gruppo, pensò bene di ricordare loro un particolare. Non sapeva quanto si sarebbe scusato, in seguito, e non sapeva neppure quanto gli sarebbero dispiaciute quelle parole, a distanza di qualche mese, quando propose: -Ragazzi, per me sarebbe meglio dirlo prima ai Manager, per avvertire!-
 
Certo, sembrava una cosa del tutto giusta allora, così i due organizzarono una riunione con quelli della Modest! e spiegarono loro la situazione. Come avrebbero potuto immaginare  la confusione che ne seguì?
 
Fu vietato loro non solo il coming out, ma anche qualsiasi contatto troppo esplicito in pubblico. A Louis venne appioppata una fidanzata, Eleanor, e Harry fu costretto ad uscire periodicamente con ragazze diverse, rovinando totalmente la sua reputazione, dato che non riusciva neppure per finta a crearsi una storia seria con qualcuna. I loro profili twitter passarono sotto il completo controllo dei Manager, e anche le loro interviste finirono per essere dirette da quei burattinai invisibili.
 
Da lì le cose avevano iniziato ad andare un po’ peggio. La pressione era tanta, il bisogno di libertà forse anche maggiore; recitare a quella maniera era impossibile, mentre non appena si guardavano negli occhi provavano un desiderio immenso di far unire le loro labbra. Tuttavia ci provarono, pensando che prima o poi le cose sarebbero migliorate.
 
Perché Louis ed Harry, nonostante tutto, continuavano a piacersi. Anche se erano tristi, anche se gli sembrava di non farcela proprio più, anche se certi giorni la voglia di lasciar perdere ogni cosa arrivava alle stelle… Alla fine arrivava la sera, l’unico momento in cui potevano davvero essere loro stessi, a meno che non ci fossero concerti. Allora andavano a casa, ordinavano qualche schifezza per cena, si accoccolavano insieme in poltrona, equipaggiati di pop corn e coperte pesanti, e passavano il tempo così, facendo tutto e niente, l’atmosfera scaldata da un film che facevano solo finta di guardare mentre si baciavano, piano, quasi paurosi di spezzarsi l’un l’altro.
 
Fu proprio in uno di quei momenti che Louis prese una decisione. Harry rimase un po’ perplesso nei giorni successivi, non capendo cosa stesse organizzando il castano; cercava di indovinare, pensando volutamente solo a cose belle, per evitare di andare in panico, ma non riusciva a trovare la soluzione. Rimase a crogiolarsi nella curiosità fino a circa quattro giorni dopo, quando finalmente Louis si decise a rivelargli i suoi pensieri.
 
Tutto era nato con una gara di solletico, che li aveva portati a rotolare fin sul pavimento. Louis aveva la testa appoggiata sul petto del riccio, mentre quest’ultimo intrecciava con dolcezza le proprie gambe lunghe con quelle del castano.
 
-Haz.- Sussurrò ad un certo punto Louis, strofinando il naso contro la maglietta dell’interpellato, che aggrottò le sopracciglia, spronandolo a continuare.
 
-Dammi un bacio.- Ordinò con dolcezza il maggiore, tracciando con la punta delle dita il profilo delle labbra rosse del compagno. Il riccio non se lo fece ripetere: prese il viso dell’altro tra le mani, delicatamente, fino ad arrivare alle labbra sottili che aveva imparato a conoscere così bene. Fu un bacio lungo, dolce, fatto di sguardi e sospiri, mentre le loro lingue ballavano coordinate. Louis ad un certo punto si staccò, sfiorando la punta del naso dell’altro con le labbra, poi mormorò le otto parole che avrebbero irrimediabilmente segnato tutta la sua vita.
 
-Ti amo, Harry. Vuoi essere il mio ragazzo?- Fu un soffio delicato il suo, un refolo di vento estivo, una carezza di velluto nelle orecchie del riccio, che improvvisamente sentì le guance diventare rosse e gli occhi inumidirsi. Erano stati insieme tanto tempo senza mai dirsi un “ti amo”, forse troppo spaventati o insicuri, ma ora Louis aveva fatto la sua parte ed Harry era più che sicuro della sua.
 
-Ti amo anche io, Boo, e voglio essere il tuo ragazzo da ora fino alla fine dei miei giorni.- Sussurrò, con voce soffocata dall’emozione, prima di tornare a far unire le loro labbra in un bacio meno casto, cercando di trasmettere all’altro tutte le frasi che avrebbe voluto dirgli, ma che non riusciva a mettere insieme; perché lui, Harry Styles, non era mai stato bravo con le parole, e per questo amava, anziché parlare. Amava e basta, senza spiegazioni.
 
Louis lo sapeva, l’aveva sempre saputo, e per questo non si era mai aspettato grandi discorsi da parte del riccio. Capiva ogni cosa dal modo in cui lo guardava, da come sorrideva, da come si muoveva. E sempre per questo parlava per entrambi, senza però dimenticarsi di agire; lui, al contrario, era sempre stato un bravo oratore, ma questo non gli aveva impedito di imparare anche ad amare , anzi; lui univa le due cose, dava in ognuna il meglio, cercando il più possibile di esternare i suoi sentimenti con chi si fidava, perché lui, Louis Tomlinson, sempre nascosto dietro la maschera di quello allegro e spensierato, di pensieri ne aveva tanti, e quando non riusciva a tramutarli in frasi, cercava di incanalarli nei suoi gesti.
 
Fu così che, mentre ogni possibile discorso scompariva dalla sua mente, il maggiore trasse dalla tasca una collanina a forma di aeroplano di carta e la mise al collo del riccio, sperando che quello recepisse il messaggio.
 
Sarebbero andati lontano, loro due. Sarebbero volati via da quel casino. Come? Insieme.
 
 
Da quella sera, ogni cosa sembrò andare per il meglio. Per quanto limitati e costretti al silenzio su quello che, finalmente, erano riusciti a chiamare “amore”, erano più che decisi a lottare. Erano ognuno la forza dell’altro, e bastava uno sguardo o una stretta di mano in un momento no, per risollevarsi il morale a vicenda.
 
Iniziarono a lanciare segnali alle fan, sperando che loro avrebbero capito ogni cosa; lasciarono che dei tatuaggi parlassero per loro, che gli sguardi annunciassero tutto ciò che erano costretti a tacere… Molte fan se ne accorsero, e non furono in poche ad iniziare a sostenerli come coppia, a dispetto di Eleanor e di tutte quelle storie false. Harry e Louis ne erano felici, assaporavano già il momento in cui sarebbero usciti allo scoperto e si sarebbero potuti baciare anche in pubblico.
 
Erano pronti ormai, volevano il coming out con tutto loro stessi, e anche i ragazzi li incoraggiavano affinchè ci provassero. Ciò che non avevano considerato, ancora, era però la resistenza che avrebbero fatto i Manager. Al posto delle prime, leggere restrizioni, venne loro ordinato di non toccarsi o guardarsi in pubblico. Harry fu obbligato a comprare un’altra casa e a non farsi più vedere in quella del proprio ragazzo; come se tutto questo non bastasse, durante i periodi di pausa, quando la band non aveva concerti o tour, loro due dovevano stare distanti, possibilmente in città diverse. Gli fu proibito di passare del  tempo assieme, al di fuori degli impegni lavorativi, e arrivarono addirittura a costringere Harry a fingere una storia con Taylor Swift.
 
Louis e Harry, fino a quel momento, avevano dovuto lottare duramente per il loro amore; ma erano stati in due. Ora si trovavano separati, privati anche dell’appoggio reciproco, privati dei loro spazi, privati di ogni cosa. Per quanto cercassero di ribellarsi, ormai la loro era quasi una storia a distanza.
 
E iniziarono così le lunghe file di bugie, le nottate insonni trascorse in letti troppo vuoti e troppo freddi senza il calore l’uno dell’altro, i “sto bene”, mentre dentro si sentivano crollare a pezzi, le incomprensioni, i litigi, la stanchezza. Si, perché Harry e Louis erano stanchi, stanchi di ogni cosa, di dover fingere, di non poter stare insieme, del dover soffrire, di quella società ancora non pronta per accoglierli.
 
Avevano cercato di lottare ancora, ma ormai le speranze si stavano sciogliendo come neve al sole. Harry, soprattutto, credeva di non avere più le forze per opporsi a tutto quello. Si ritrovava spesso a pensare a che senso avesse quella loro guerra; si stavano facendo del male, per cosa? Per litigare, urlarsi contro, piangere? Perché era solo questo che facevano ultimamente. Eppure, cosa poteva fare? La loro storia l’aveva scritta sulla pelle, ma soprattutto nel cuore; come cancellarla? Perché si, il riccio aveva iniziato a pensare anche a questo: farla finita, stroncare la relazione prima che li soffocasse entrambi.
 
 
E così si erano ritrovati, quel pomeriggio di inizio giugno, in una camera d’albergo.
 
-Lou, io non ce la faccio più… Questa situazione ci sta distruggendo, non so quanto potremo andare avanti!-Aveva iniziato il riccio, evitando gli occhi azzurri di Louis, perché sapeva di non poterli reggere, non in quel momento. Il castano, forse intuiti i pensieri dell’altro, aveva ribattuto con prontezza, la voce già leggermente stridula: -Avevamo promesso che avremmo lottato insieme, ricordi? Non puoi tirarti indietro proprio adesso, Harry, non puoi!- E il riccio si era davvero sentito male ricordando quelle promesse, che stava per infrangere, tuttavia era andato avanti, cercando di non cedere.
 
-Lottare per cosa, Lou? Ormai di noi non è rimasto nulla… Ci stiamo solo allontanando così, come fai a non capirlo? Io non riesco a reggerla questa situazione, non riesco più a nascondere tutto questo!- Aveva urlato, alzando la voce e le mani verso il cielo.
 
-E allora usciamo allo scoperto, facciamo questo dannatissimo coming out! Diciamo ogni cosa al mondo, senza avvertire la Modest!, e mandiamo a quel paese tutte le regole assurde che ci hanno imposto! Non serve tanto, no? Prendiamo un computer, facciamo una Twitcam. Anche ora. Perché no?- Aveva strillato allora Louis, per metà arrabbiato e per metà speranzoso in un assenso. Anche lui non ce la faceva più, quella situazione era insostenibile… E allora perché non risolvere tutto così?
 
Harry rimase sconvolto dalla proposta, perché sinceramente non aveva pensato a quell’ipotesi. Si era immaginato che, a quel punto, neanche il castano volesse più uscire alla luce del sole. E invece? Cosa avrebbe dovuto dire a quel punto?
 
-Ma non ci pensi ai ragazzi, alla band? Non possiamo, ci sono di mezzo anche loro, non si tratta solo di noi due…- Tentò, incerto, guadagnandosi uno sguardo colmo di disprezzo dal compagno.
 
-Dopo tre fottuti anni mi dici di pensare ai ragazzi? Credi che non ci abbia pensato ogni dannata sera, ogni dannato secondo, a tutte le possibili conseguenze? Ammettilo, che non è questo il punto! Tu hai ancora paura Harry, ti vergogni di noi, ti vergogni di me! Dillo una buona volta!- Scoppiò allora Louis, la voce colma di disperazione. Prese la testa tra le mani e strinse i capelli tra le dita tremanti, colpito in prima persona dalle parole che aveva detto.
 
-Loueh…- Mormorò Harry, placato dalle affermazioni del castano. Non voleva che pensasse una cosa simile. Tuttavia, ormai nel suo ragazzo la tristezza era stata sostituita dalla rabbia. Il riccio lo sapeva, era cosciente che Louis, quando si arrabbiava, esagerava ogni cosa e diceva parole che non pensava… Tuttavia, ciò che sentì non potè non ferirlo.
 
-Non ti va ancora giù l’idea di essere gay, vero? No, infatti, preferisci passare da puttaniere che se ne scopa ogni sera una diversa, lo capisco! Ti vergogni di noi, sei solo un codardo!-Urlò a quel punto il castano, perso ormai ogni barlume di lucidità.
 
-Smettila di dire cazzate, Louis! Stai zitto!- Sbottò allora Harry, tappandosi le orecchie con le mani; perché nonostante tutto, nonostante sapesse che un pizzico di verità in tutto quello c’era, sentirselo dire dal proprio ragazzo faceva troppo male, in quel momento.
 
-Ti da fastidio anche questo, sapere di essere solo un codardo? Vuoi scappare? Ti ricordo che la porta è quella, Styles!- Aveva rincarato Louis, indicando l’uscita con l’indice.
 
-Sai cosa mi da fastidio, invece? Che tu debba sempre esagerare ogni cazzata, come una checca isterica!- Lo provocò allora Harry, pentendosi delle parole dette appena mezzo secondo dopo averle pronunciate. Louis, però, colse l’occasione per ricordargli: -Quindi la checca sarei io? Devo ricordarti l’altra notte, o quella prima ancora? Dobbiamo discuterne?- Harry era arrossito violentemente dopo quella sfilza di domande, sapendo perfettamente a cosa si riferisse il castano. La vergogna, mista alla rabbia che stava salendo sempre più negli ultimi minuti, gli mise in bocca quella frase che, altrimenti, non avrebbe mai neppure pensato di pronunciare.
 
-Forse quelle serate sono state uno sbaglio, forse tutto questo non è altro che un fottuto errore!-

 
___
 
E mentre Louis vede passare tutta la loro storia sotto le palpebre, il riccio si rende improvvisamente conto di ciò che ha detto. Un errore, loro? Ha davvero definito così la storia più bella della sua vita?
 
-Lou, scusa…- Mormora, con appena un filo di voce, vedendo l’espressione distrutta del castano. Cerca di avvicinarsi a lui, ma il suo ragazzo indietreggia, piantandogli gli occhi azzurri in faccia.
 
-Harry, esci di qui.- Sussurra, la voce spezzata. Harry si sente morire, perché se c’è una cosa che odia al mondo è vedere Louis sull’orlo delle lacrime, e ancor più sapere di esserne la causa. Cerca di calmarlo, ma il castano non gli permette di avvicinarsi.
 
-Esci da quella cazzo di porta, Styles! Vai a scoparti qualcuna solo per dimenticare quanto siamo un errore!- Urla, con la voce talmente acuta che Harry pensa, distrattamente, che devono averla sentita anche dalla strada; stranamente, però, non gli importa.
 
-Loueh, non intendevo…- Tenta ancora, incerto, sentendo la terra che inizia a tremargli sotto i piedi.
 
-Haz, basta. Vai via.- Mormora allora il castano, con la voce più ferma che riesce ad ottenere. Il suo tono ora è freddo, quasi distaccato, e Harry odia sentire quel soprannome, di solito pronunciato con amore, distorto a quella maniera. Non può sopportare niente, in questo momento, in effetti, perché all’improvviso la situazione gli è sfuggita di mano, e mentre il finale che credeva di volere fino a pochi minuti fa sembra avvicinarsi, si accorge improvvisamente che non potrebbe vivere senza Louis, e che non può lasciare che le cose vadano così. Ha paura ora, trema al pensiero che tutto finisca male, e non sapendo come reggere il terrore scappa, scappa come sempre, perché Lou ha ragione, in fondo lui è solo un codardo. Corre via e lascia la porta socchiusa al suo passaggio, senza davvero la forza di sbatterla, cosa che perlomeno gli renderebbe un po’ di dignità.
 
Louis, nel frattempo, tiene gli occhi incollati sulla sua schiena mentre scompare, come sempre, e, come sempre, si sente crollare. Non ha neanche la forza di raggiungere il letto, così si lascia lentamente scivolare sulle ginocchia, fino a sedere sul pavimenti freddo ed immacolato della stanza. Ogni volta non riesce a credere di aver litigato di nuovo con il riccio, ogni volta non sa capacitarsi di averlo lasciato andare via.
 
Perché nonostante tutto, nonostante gli urli e le brutte parole, Louis crede ancora di amare Harry, non meno del giorno in cui si sono messi insieme. Ama ogni piccolo particolare di lui: che siano i ricci scompigliati di prima mattina; le sue mani, tanto grandi eppure così delicate; le sue fossette, dolci, irresistibili; le sue carezze, che anche nei momenti peggiori riescono a lasciargli un brivido giù per la schiena; i suoi baci, e con essi quelle labbra rosse e soffici, che riescono a mandarlo altrove, lontano da quel mondo troppo sbagliato; gli abbracci, che come poche cose riescono a farlo sentire bene; la sua altezza spropositata, che lo costringe ogni volta ad alzarsi sulle punte per baciarlo, nonostante sia lui il maggiore; e i suoi occhi, quei due pozzi di smeraldo nei quali il castano si perde ancora, dopo tanto tempo, ogni singola volta che li incontra… Tutto questo vorrebbe dire Louis, tutto questo vorrebbe spiegare al suo ragazzo; ma le parole non gli vengono, le parole non gli vengono mai al momento giusto, e nessuno dei due ha più la forza di leggere i gesti dell’altro. Così vagano alla deriva, soli, una nave e una bussola ai poli opposti della Terra, che si cercano, perché la prima da sola è persa e la seconda da sola è inutile.
 
Ce ne hanno messo di tempo per capire che, senza l’altro, non sarebbero mai riusciti ad essere nulla; ora che lo sanno però non riescono ad applicarlo alle loro azioni, sono troppo sfiniti, distrutti da quella continua battaglia.
 
E Louis, ora, steso sul pavimento di una delle suite più grandi di un hotel a cinque stelle, il conto in banca straripante di soldi e la carta di credito nel taschino del giacchetto, improvvisamente si sente povero, perché capisce che tutto ciò che ha passato non ha fatto altro che togliergli, pian piano, la sola unica ricchezza che aveva: un amore vero, puro, sincero.
 
Senza neppure rendersene conto il castano inizia a piangere; cerca di frenare le lacrime con le mani, imbarazzato da quella debolezza, nonostante sia solo, ma non ce la fa: quelle, impertinenti, continuano a picchiettare al suolo, come pioggia. Guarda verso l’alto, sperando che smettano, e riesce solo ad inondarsi il viso, perché neanche la forza di gravità può niente contro quella tristezza.
 
Si lascia scivolare sulle ginocchia e finisce per raggomitolarsi, a terra, senza davvero la forza di muoversi di lì. Inizia a singhiozzare, sempre più forte, la guancia premuta contro il pavimento freddo; con le unghie si artiglia la pelle, cerca di non impazzire, ma dentro al petto sente un dolore troppo forte, troppo soffocante.
 
Com’è che lo chiamano? Cuore spezzato. Centinaia e centinaia di lacerazioni che non riescono proprio a guarire: il risultato dell’usura.
 
Louis ha sempre riso di questa espressione, ma ora si accorge di quanto sia reale, mentre si abbraccia le ginocchia per cercare di tenere insieme i pezzi di un corpo che, in quella situazione, non sente più particolarmente suo. Le lacrime pesanti gli annebbiano la vista, scendendogli fino alle labbra e lasciandogli in bocca il retrogusto amaro del dolore; la testa gli scoppia, più di quanto abbia mai fatto ad un qualsiasi concerto, con le urla delle fan e la musica a volume intollerabile a pochi metri dalle orecchie. Eppure, anche scosso dai singhiozzi, le tempie martellanti e lo stomaco invaso dalla nausea, nulla riesce ad eguagliare la sofferenza graffiante che gli ha artigliato il cuore.
 
Cerca di prendere fiato, ma affoga nelle consapevolezze, troppo veloci, troppo dure: l’ha perso. Gli ha detto di andarsene, e lui l’ha fatto, come sempre. Questa volta però c’era di più, uno scintillio diverso nei suoi occhi; e quella parola, “errore”… Non riesce a cavarsela dalla testa, e si rende conto che forse per il riccio loro sono sempre stati uno sbaglio, un segreto imbarazzante da non esporre, un vecchio scheletro nell’armadio da nascondere con tutte le forze.
 
Perde ogni traccia di lucidità, Louis, abbandonato su quel pavimento gelido, e d’improvviso pensa che Harry non deve averlo amato mai neanche la metà di quanto lo ami lui. Gli viene quasi da ridere, pensando a quanto sia stato stupido, a quanto sia stato ingannato. Il riccio si è stancato di lui, senza dubbio, e ritiene che la loro lotta sia insensata, da abbandonare. Dopotutto, si chiede Louis, chi mai lotterebbe per un errore come lui?
 
 
Poche camere più in là, Harry va in pezzi. Si è già sentito crollare più volte nella vita, ma questa volta è diverso, meriterebbe un’espressione a sè. Non riesce a credere a ciò che ha fatto, a ciò che ha detto, e l’unica cosa che riesce a ripetersi è “Stupidostupidostupido…”.
 
Prende a calci il letto, cercando di sfogare il dolore in qualche modo, ma riesce solo a distruggersi le scarpe e i piedi dentro di esse; e in qualche modo assurdo gli piace tutto questo, gioisce di qualsiasi dolore estraneo a quello artigliante che gli ha preso il cuore, perché dirsi stupido non basta, non basterà mai, neppure a ripeterselo all’infinito.
 
Harry si rende conto che potrebbe aver distrutto tutto quello che ha lentamente costruito in tre lunghi anni, perché sì, lui qualcosa di particolare per Louis l’ha provato fin dal primo momento, quando l’ha visto in quel bagno sudicio e si sono augurati buona fortuna a vicenda. Già allora il riccio si era perso nei suoi occhi di cielo, già allora aveva sorriso alle sue labbra sottili, già allora aveva sentito le famose farfalle invadergli lo stomaco; ma non ci aveva fatto caso, aveva cercato di far finta di niente, finchè, con il passare dei mesi, la cosa era cresciuta al punto da non poter più essere ignorata.
 
E, ora se ne rende conto, anche allora era scappato, anche allora aveva lasciato tutto e aveva cercato, semplicemente, di evitare la sofferenza, anziché superarla; solo che quel giorno Louis l’aveva salvato, l’aveva rincorso in giro per l’Inferno e l’aveva preso per mano, per riaccompagnarlo in Paradiso.
 
Non arriverà Louis questa volta, il riccio se lo sente dentro; non arriverà perché l’ha già inseguito per troppo tempo, perché questa volta l’ha ferito, perché sembra che ogni cosa si sia rotta e nessuno ha più la forza di mettersi a raccoglierne i cocci, per tagliarsi, ferirsi ancora.
 
Harry piange, piange forte come sa fare solo lui, le spalle sconquassate dai singhiozzi, il respiro rubato, il cuore che sembra fermo e invece batte fin troppo rapido contro la cassa toracica, prepotente, e gli fa male al punto che vorrebbe strapparselo e saltarci sopra, per ridurre in poltiglia quel dolore che lo annienta, che lo schiaccia contro il pavimento, che lo distrugge, lo uccide, lo polverizza.
 
E ancora, “Stupidostupidostupido…” Ripete, gemendo tra i singhiozzi. Ha distrutto la cosa più bella della sua vita, ha chiamato “errore” il suo più grande amore, e soprattutto ha fatto soffrire anche Louis, lui che c’è sempre stato e che non l’ha mai abbandonato, lui che ha sempre lottato per la loro storia, anche durante i periodi di malumore, anche se certi giorni sembrava non avesse proprio voglia di alzarsi dal letto. Lui ha lottato, ci ha creduto, fino all’ultimo secondo, e anche mentre si urlavano contro sembrava pronto a rivelare al mondo la loro relazione; e Harry, invece, ha rovinato tutto.
 
Proprio lui che sembrava pronto ad andare in capo al mondo, per Louis; proprio lui che ha giurato il suo amore per il castano ogni singola notte in cui sono stati insieme; proprio lui, lui ha definito “errore” tutto ciò che ama, tutto ciò per cui vive.
 
E Harry non resiste a questo pensiero, vorrebbe spararsi una pallottola dritta in tempia per non dover pensare a tutto ciò che ha perso, a tutto ciò che forse non riuscirà mai più a riprendersi.  E continua a sentirsi stupido, mentre si infila le dita tra i capelli ricci e tira, per punirsi, senza sapere che fare.
 
Dopo ogni litigio, è sempre stato Louis a venirlo a cercare, a porgergli la mano con un sorriso di scuse e baciarlo, baciarlo fino a consumargli le labbra, fino a far scomparire ogni male. Questa volta Harry sa che Louis non verrà, e non riesce a pensare a nulla, se non al fatto di averlo perso davvero. Vorrebbe alzarsi, fermare le lacrime e correre fino alla stanza del suo ragazzo, per poi buttare giù la porta e supplicarlo di perdonarlo, perché senza di lui è perso, è incapace, perché senza di lui non vive; ma non è mai stato bravo con le parole, Harry, e non saprebbe spiegare a Louis tutto quello che da tempo tiene dentro, non saprebbe sistemare nulla, se lo sente, perché in fondo non è mai riuscito a fare altro che distruggere, distruggere, mentre il castano cercava faticosamente di tenere insieme i pezzi rimasti. Ora che ha dato il colpo definitivo, ora che l’altro si è tirato indietro, come può lui solo riuscire a ricostruire i loro cuori?
 
E così semplicemente sta lì e piange, piange, urlandosi che farlo non serve a nulla e continuando tuttavia, nonostante tutto, perché in questo momento è l’unica cosa che gli viene naturale, più facile persino di respirare; riversa sulle proprie guance ettolitri di dolore e singhiozza, gemendo, inveendo contro il mondo che, pure, c’entra così poco in quella faccenda, in cui è lui l’unico colpevole. La colpa è tutta sua e piangersi addosso non lo farà star meglio, eppure lo fa per un altro po’, incapace di fermarsi.
 
E poi, “Louis..”, pensa, chiedendosi come stia, cosa stia facendo. Immagina le lacrime sul suo volto perfetto, i suoi occhi di cielo tinti di rosso, e sente lo stomaco stringersi, in protesta, perché il mondo senza il sorriso del suo ragazzo è cento volte meno luminoso. E Harry aveva giurato di proteggerlo, quel sorriso, fare in modo che non si spegnesse mai, mentre ora ha fatto proprio il contrario, l’ha distrutto; perché anche se non è lì con lui sa bene quanto Louis debba stare male, e si sente ancor peggio a sua volta sapendo di esserne la causa.
 
Già gli manca, il suo Boo; vorrebbe stringerlo a sé, baciarlo con foga, osservare ogni singolo tratto del suo viso d’angelo e baciarlo ancora, per poi sussurrargli che lo ama, lo ama, lo ama. Perché questo è quello che prova, questo è quello che ormai non riesce più a nascondere, questo è quello che vorrebbe urlare a tutti senza pensarci due volte; questo è quello che ha avuto paura di dire a Louis ultimamente, per paura di non ricevere un “Anche io” in risposta; perché senza quelle due paroline il riccio si sarebbe sentito annullato, distrutto, ferito, solo. E solo ora, si rende conto di quanto  il suo silenzio abbia sortito lo stesso effetto su Louis, spingendolo a dubitare, a non crederci più.
 
E all’improvviso Harry ferma le lacrime, si alza in piedi, scuote la testa con forza, come a disperdere i pensieri, tutti tranne uno, quello che l’ha colpito all’improvviso e gli ha dato la forza di credere che ancora ci sia qualche speranza. Capisce all’improvviso che il suo turno di salvare l’altro è arrivato, che stavolta deve essere lui a corrergli incontro, lasciando perdere l’orgoglio, lasciando perdere ogni cosa eccetto i suoi occhi azzurri; capisce anche che le scuse non basteranno più, che ha bisogno di fare qualcosa stavolta, ha bisogno di agire, di gridare finalmente, ha bisogno di uscire allo scoperto. Ha bisogno di parlare, perché lui, Harry Styles, non è mai stato bravo con le parole, ma questa volta ha deciso di tirarle fuori, tutte, una dopo l’altra. Per Louis.
 
Prende il telefono e chiama il primo numero che gli compare sulla rubrica, quello di Niall. Ha ancora la voce impastata dalle lacrime ma non ci fa caso; sputa poche frasi, in fretta, all’orecchio del biondo, che al di là della cornetta ascolta, in silenzio, annuendo piano, forse intuendo tutto ciò che c’è dietro. Prima di chiudere Harry ringrazia, perché Niall è un buon amico; quando ha già messo giù il cellulare, poi, chiede scusa, perché conosce le conseguenze di ciò che sta per fare, e lui, un buon amico, non lo è per niente.
 
Tira fuori il portatile dal cassetto del comodino e apre Twitter, in fretta e furia. Non gli importa delle migliaia di messaggi, dei “Please Follow Me”, neppure dei complimenti o degli insulti che, solitamente, lo incuriosiscono terribilmente, e finisce sempre per leggerne parecchi, credendoci fin troppo a detta degli altri. Non fa caso neppure ai capelli scompigliati, ai vestiti stropicciati, agli occhi rossi e gonfi che è certo di avere, per via delle lacrime; con pochi, rapidi gesti apre una Twitcam, aspettando lentamente che si raduni un po’ di gente. In pochi minuti, decine di migliaia di persone lo stanno fissando, dall’altra parte dello schermo, anche se lui non può vederli.
 
Resta serio, prende un respiro profondo, e improvvisamente sente la paura prendere il sopravvento, paralizzandolo, rendendolo incapace di dire alcunché. Poi “Louis.” borbotta la sua mente agitata, riportandolo al presente. E nel presente, quel presente che tanto odia e che vorrebbe oltrepassare in fretta, Harry parla.
 
-Credo che voi tutti vi starete chiedendo perché sono qui, in questa Twitcam mai annunciata. Beh, credo di saperlo anche meno di voi. Quello di cui però sono sicuro è che è arrivato il momento di dire alcune cose. E nessuno mi fermerà questa volta.- Inizia, gli occhi puntati alle proprie dita, mentre il numero di spettatori sale, rapido, come impazzito. Sorride, pensando a ciò che sta, finalmente, per rivelare.
 
-Tre anni fa, un ragazzino di nome Harry tentò le audizioni di X-Factor. Aveva sedici anni e, a dirla tutta, non aveva assolutamente idea di cosa stesse facendo; l’unica cosa che sapeva per certo era di amare il canto e la musica. Poi, però, è cambiato qualcosa.- Il suo sembra un buffo racconto, e Harry darebbe qualsiasi cosa per vedere il viso delle persone che lo stanno osservando, senza capire. Riordina i pensieri e continua, a bassa voce.
 
-Proprio a X-Factor, quel ragazzino incontrò alcune persone speciali. Quelle persone erano Niall, Liam, Zayn e Louis. Loro diventarono i suoi compagni di band, e i suoi migliori amici. Legò in fretta con loro, e ben presto sentì che iniziava a considerarli come fratelli. C’era tuttavia un particolare, in tutto questo.- Sentiva il momento della rivelazione vera e propria avvicinarsi, e con essa il proprio battito cardiaco aumentare. Non sapeva se fosse la cosa giusta, anzi, era assalito da mille dubbi, dalla paura, dall’ansia, dal terrore cieco di sbagliare, di non farcela; in tutto quello, però, il sorriso del suo ragazzo era per lui come un’ancora di salvezza, alla quale si aggrappava con forza, per non cadere, tirare fuori un sorriso e continuare a narrare.
 
-Quel particolare aveva qualche anno in più di Harry, occhi azzurri e un buffo taglio a scodella. Quel particolare si chiamava Louis Tomlinson.- Riprende faticosamente fiato dopo quelle parole, che hanno l’effetto di una bomba. Si rende conto che la gente deve ormai avere capito tutto, e sa bene che non manca tanto prima che la notizia giri e la Modest! si metta in mezzo, cercando di impedirgli di arrivare fino in fondo; chissà, magari arriverebbero al punto di togliere la luce all’intero hotel. Così cerca di affrettarsi, ma allo stesso tempo fa attenzione, perché sente il cuore battere forte in gola e le tempie pulsare, e sa che quell’ansia potrebbe fargli dire parole troppo avventate; ancora.
 
-Quando Harry incontrò Louis… Successe qualcosa di strano dentro di lui. Qualcosa di molto simile alle farfalle nello stomaco, ma più profonde. E quando vennero messi insieme come band, quando si ritrovarono a passare le giornate assieme, e riuscirono a conoscersi a fondo… Beh, Harry non potè fare a meno di considerarlo subito il proprio migliore amico, perché insomma, Louis era perfetto. Simpatico, divertente, sempre con la battuta pronta… E poi era bellissimo, davvero bellissimo. I suoi occhi facevano invidia al cielo e il suo sorriso sembrava in grado di illuminare anche la notte più buia.- Il riccio sorride, lanciando uno sguardo cauto allo schermo del pc, rivelando per la prima volta i propri occhi ancora umidi ai tanti che lo osservano. Sono in milioni ad ascoltarlo, sembra che tutti i suoi followers abbiano deciso di connettersi in quel momento; non ha mai avuto un pubblico così vasto, e per un attimo l’imbarazzo lo assale; poi però pensa nuovamente a Louis e improvvisamente ritrova la forza e il filo del discorso, e riprende con coraggio, la voce ancora bassa.
 
-La loro amicizia crebbe al punto che diventarono inseparabili, come due membra dello stesso corpo. Erano… Diciamolo, erano costantemente appiccicati l’uno all’altro. Questo finchè, ad un certo punto, in Harry qualcosa cambiò. Si rese conto che i suoi pensieri… Le farfalle che gli invadevano lo stomaco quando incrociava gli occhi di Louis… Non erano proprio da migliori amici. Iniziò a pensare che ci potesse essere qualcosa di più, ed ebbe paura di perdere tutto quello che aveva creato in quei mesi. Ebbe paura di perdere la loro amicizia, soprattutto. Così non disse niente, cercò di ignorare la faccenda, per quanto facesse male. Non si accorgeva che, comportandosi così, non faceva altro che complicare le cose, che rischiava di distruggere completamente il loro rapporto; e l’avrebbe fatto, se proprio Louis non l’avesse fermato.-  Prende un altro respiro, gli occhi puntati ansiosamente sul tempo che scorre. Sente il panico salire e si scompiglia i capelli, agitato. E se stesse sbagliando, se il suo piano si rivelasse un fallimento? Si morde il labbro Harry, ma finisce con  lo stringersi nelle spalle, perché sente di dover andare fino in fondo, sente di dover buttare fuori tutte quelle parole che ha sempre taciuto, di dover essere sincero. Sente di doversi riprendere il suo amore, ed è solo grazie a questo pensiero che non molla.
 
- I due ne parlarono, e Harry dovette ricredersi. Perché tutto quello che aveva sempre pensato riguardo a quei sentimenti, a lui ancora estranei, era che fossero sbagliati, qualcosa da nascondere, da cancellare dalla faccia della Terra. Eppure, Louis gli fece capire che non era così. Louis lo baciò, ed Harry si sentì giusto.- Il riccio sorride, timidamente. Lancia una rapida occhiata ai commenti, che volano rapidi come libellule: ci sono mischiati dubbi, insulti, lodi, esultanze, ma soprattutto preghiere perché continui, e lui sorride ancora un po’ di più, come a dire sì, sì, continuo, questa volta continuo davvero.
 
-E così i due si infilarono in una strana relazione, che sapeva di segreto, di affetto, di baci, di emozioni, di occhiate rubate, di momenti da non scordare. All’inizio fu strano, davvero strano, per Harry; già l’idea di avere una cotta per un ragazzo era qualcosa di impensabile per lui, e il fatto che quel ragazzo fosse il proprio migliore amico non faceva che aggiungere incredulità alla faccenda. Eppure… In fondo, era tutto così semplice.- Ha già in gola le parole che sta per pronunciare; esita solo un attimo, chiudendo gli occhi e mordendosi il labbro, poi guarda dritto nella telecamera, spalancando le palpebre, per buttare in faccia al mondo i suoi occhi, così verdi e così sinceri. Trema, sussurra, trema ancora.
 
-Harry, alla fine, era solo un ragazzino di sedici anni, impaurito ma felice. Harry Edward Styles era totalmente, irreversibilmente, pazzamente innamorato di Louis William Tomlinson, la persona più bella e meravigliosa dell’intero universo. E, per chissà quale miracolo divino, era ricambiato.- Non sa con che coraggio ha pronunciato queste parole davanti a milioni di persone, eppure loro sono lì, davanti a lui. Ha appena fatto coming out, dopo tre maledetti anni. Sente il cuore che gli scoppia, e non può fare a meno di lasciar scendere una lacrima, questa volta di gioia e incredulità. Scuote la testa, felice, ma poi si prepara al seguito, perché lo sa, che non è ancora tutto finito.
 
-Ma le cose non andarono tutte dal verso giusto.- Proclama infatti, mordendosi il labbro.
 
-Harry e Louis erano controllati, non potevano uscire allo scoperto, non potevano tenersi la mano in pubblico o abbracciarsi durante i concerti; il loro stare insieme era diventato quasi teorico, una specie di sogno, lontano e irrealizzabile. È stata dura per loro, sopportare tutto questo, al punto da farli litigare, da far perdere loro la pazienza; perché dopo tanto tempo, l’unica cosa che volevano era semplicemente la libertà, il potersi amare alla luce del sole, e invece erano solo uccellini spaventati rinchiusi in un’enorme gabbia dalle sbarre dorate.- Sente male  al cuore, dicendo queste cose, e accorgendosi di quanta verità ci sia dietro. Inspira profondamente, prima di continuare, un nodo alla gola.
 
-Dopo un po’… Dopo un po’, semplicemente non ce la facevano più. Si stavano allontanando senza riuscire a fare nulla, presi entrambi dal proprio dolore al punto di non accorgersi di quello dell’altro… Louis cercava di essere freddo, per non sentire dolore, e così faceva il duro, cercando di essere forte e tenere insieme i pezzi della sua relazione, nonostante poi, in privato, cadesse a pezzi; e Harry, beh, Harry era debole e codardo, senza la forza di lottare ancora, e troppo stupido per vedere oltre la foschia delle proprie lacrime. Harry non capiva che doveva tenere duro, e si stava lentamente lasciando andare, lasciando tutte le responsabilità in mano al proprio ragazzo.- Sospira, ora, il riccio, davanti alla telecamera che ancora lo riprende; e si stupisce che ancora non sia scoppiato in lacrime, che non sia stato fermato, che niente sia ancora successo e che tutto sembri così uguale, nonostante ciò che ha rivelato. Aspetta, però, prima di cedere allo sconforto, e prosegue, trova da qualche parte il coraggio per farlo, ancora.
 
-Sì, è questo che ho fatto. Sono stato così debole e cieco e idiota e… Louis, se mi stai guardando… Ti chiedo scusa, scusa mille volte. Scusa per non essermi accorto dei miei sbagli, scusa per non averti mai aiutato, scusa per essere stato un disastro e per tutte le parole stupide che ti ho detto… Ho fatto tutto questo per te, per te che lo volevi tanto, per dimostrarti che ci credo ancora Lou, che non ho mollato, che finalmente non ho più paura e che ti voglio, ti voglio ancora, ti voglio sempre.-  Piange Harry, davanti allo schermo freddo del computer, ma sorride nello stesso tempo, le fossette umide di lacrime che compaiono a tratti sulle sue guance pallide. Alza i propri occhi verdi e li sbatte con forza dentro la telecamera, senza più vergognarsi di guardarci dentro, perché no, non trema più, non teme più di poter sbagliare. E allora prende un ennesimo, profondo respiro e sussurra piano, lo sguardo sincero.
 
-Spero tu possa perdonarmi, Boo, anche se sono così tanto un disastro. Voglio solo che tu sappia che questo disastro, beh… Anche se a volte non riesce a dimostrarlo, anche se non trova le parole giuste, anche se ogni tanto sente il coraggio mancare… Questo disastro ti ama, Loueh. Ti ama così dannatamente tanto.- Soffia le ultime parole, soffocandole con un sorriso talmente ampio da tagliargli la faccia in due. Harry non riesce a trattenersi e piange ancora, ancora, ancora, fino a sentire il sapore di sale sulla lingua, perché finalmente si sente bene, si sente giusto, si sente felice; sa di amare Louis e sa, per una volta, di non avere sbagliato.
 
E gira appena la testa quando sente la porta della propria camera aprirsi, già sapendo chi è quel piccolo tornado che si è intrufolato dentro, senza neppure fermarsi a bussare. Improvvisamente si ritrova stretto in un abbraccio talmente soffocante da impedirgli anche solo di capire dove finisce lui e dove inizia Louis; perché è proprio lui, è proprio il suo ragazzo che sta stringendo forte, come se non si vedessero da mesi.
 
Si abbracciano e piangono l’uno sulla maglietta dell’altro, senza badare alla telecamera che ancora li riprende, spedendo immagini della loro riconciliazione in ogni angolo del mondo. È solo dopo qualche minuto che Harry se ne accorge e fa per spegnerla, ma Louis lo blocca, il sorriso talmente luminoso da far passare in secondo piano i capelli scompigliati e gli occhi gonfi. Si gira verso il computer e dice poche parole, lasciandosi sfuggire un singhiozzo.
 
-C’è solo una cosa che voglio aggiungere, prima di finire questa Twitcam. Una cosa che ho sempre voluto fare e che mi hanno sempre costretto a rimandare, perché fino a pochi attimi fa sembrava a tutti una proposta impossibile.-Inizia Louis, negli occhi azzurri un luccichio scomparso ormai da troppo tempo. Ed è a questo punto che si gira verso Harry e cerca le sue iridi verdi e acquose, improvvisamente serio.
 
-Ci sono tre cose che devi ricordare sempre, Haz. La prima, è che ti perdono, e ti perdonerò sempre, qualsiasi idiozia tu faccia; perché piccolo, non posso, non riesco a stare senza di te. La seconda è che ti amo, ti amo così tanto che in questo momento sento il cuore scoppiare, e non riesco ancora a credere di poterlo finalmente urlare al mondo, è tutto così… Così tremendamente assurdo. E la terza, beh… La terza è sei così… Così dannatamente meraviglioso, così perfetto Harry, che non posso fare a meno di volerti;  ho bisogno che tu sia mio e di nessun altro. Vuoi, Haz? Vuoi essere mio per sempre?- Louis trattiene il fiato a quelle parole forse azzardate, vedendo gli occhi del proprio fidanzato spalancarsi tanto da farlo sentire in un prato, in mezzo a tutto quel verde.
 
E poi: -Mi hai appena chiesto quello che penso?- Boccheggia il riccio, incredulo, il cuore a mille dentro al petto, le mani che improvvisamente tremano e la testa che gira, in un miscuglio dell’antica paura e della nuova, incredibile gioia. Non ci crede, non riesce a crederci, fino a quando Louis non lo bacia piano, lì in quella camera solitaria, eppure in fondo così piena di gente, mormorando contro le sue labbra: -Vuoi sposarmi, Haz?-
 
E Harry si sente improvvisamente soffocare, mentre il suo cuore sembra esplodere in un mare immenso di fuochi d’artificio; forse si sente un po’ morire, ma si rende conto che in fondo tutto questo è vivere. E lui, lui che non è mai stato bravo con le parole, improvvisamente sa cosa dire, lo sa con tutto se stesso.
 
E così: -Sì, Boo, sì!- Singhiozza, prima di riunire le loro labbra in un bacio umido di lacrime, sentendosi scoppiare dalla gioia e sapendo che Louis si sente nello stesso modo. E così si baciano e si baciano e si amano, si parlano piano e piano si riscoprono, improvvisamente forti, improvvisamente indistruttibili.
 
Improvvisamente liberi; insieme. 











Here I aaaam.
Allora. Non ho tempo per scrivere nulla qui. Sono di frettissima, come avrete capito.
C'è poco da dire su questa OS. E' piuttosto lunga, ma normale per i miei standard. Se avete letto la mia prima, avrete ormai capito che amo fare litigare Lou e Haz, però poi non resisto e li rimetto insieme. Un classico, no? Però a me scriverlo piace sempre.
So che fa un pooochino schifo, ma non so, l'ho finita, e visto che per me finire qualcosa è incredibile l'ho messa. 
Non è certo uno dei miei lavori migliori, eppure mi piacerebbe sentire un parere, ci tengo tantissimo. Sono nelle vostre mani; per favore recensite, e ditemi se vale la pena di scriverne altre!

Vi mando un  bacio, shiao. <3
  
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