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Autore: SusanTheGentle    16/09/2013    13 recensioni
Un amore improvviso, due cuori che si incontrano ma che non riescono mai a toccarsi davvero come vorrebbero...almeno fino all'ultimo giorno. Nessuno sa. Forse nessuno saprà mai. Solo Narnia, unica testimone di quell'unico attimo di felicità.
Caspian e Susan sono i protagonisti di questa nuova versione de "Il Viaggio del Veliero". Avventura, amore e amicizia si fondono nel meraviglioso mondo di Narnia...con un finale a sorpresa.
"Se vogliamo conoscere la verità, dobbiamo seguire la rotta senza esitazione, o non sapremo mai cos'è successo ai sette Lord e dove sono finite le Sette Spade"
Il compito affidatogli questa volta era diverso da qualsiasi altra avventura intrapresa prima. C'era un oceano davanti a loro, vasto, inesplorato; c'erano terre sconosciute alla Fine del Mondo; una maledizione di cui nessuno sapeva niente. Non era facile ammetterlo, ma era probabile che nessuno di loro sarebbe mai tornato. Stava a lui riportarli indietro.
Caspian si voltò a guardare Susan, la quale gli rimandò uno sguardo dolce e fiero, e all'improvviso capì che qualsiasi cosa fosse accaduta, finché c'era lei al suo fianco, avrebbe sempre trovato la forza per andare avanti"

STORIA IN REVISIONE
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Caspian, Susan Pevensie
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Chronicles of Queen'
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46. Fuori dall’incubo
 
 
 
Lucy ed Emeth si erano inoltrati così tanto fra le mura da credere con un moto di disperazione di non poterne uscire mai più. Bivi e vicoli ciechi avevano costituito la maggior parte del loro cammino.
“Spero che gli altri abbiano avuto più fortuna di noi” commentò lei di fronte all’ennesima parete spoglia.
La paura le serrava il petto e la gola, la pelle le si accapponava nell’attesa. Si guardava attorno alla ricerca dei pericoli nascosti. C’erano luccichii luminosi simili a piccoli occhi dietro le foglie dei cespugli, tra i rami degli alberi.
Erano intrappolati sull’Isola delle Tenebre. Non potevano neppure far sapere agli altri dove si trovavano.
Lucy stinse i pugni, rabbiosa e spaventata, mentre la sua determinazione e il suo coraggio iniziavano a venire meno.
Tutto attorno a loro era tranquillo in modo inquietante, ma la Valorosa non ebbe neppure tempo di pensarlo che alle loro spalle si levò un mulinello di polvere. Il vento iniziò a soffiare più forte e la terra tremò. Vi fu un fragore assordante che rimbombò loro nel petto e nella testa: un cupo clamore profondo. Videro una lunga e zigzagante crepa formarsi nel terreno in fondo al sentiero dal quale erano arrivati, serpeggiare veloce fino a loro ed arrestarsi proprio ai loro piedi.
I due ragazzi indietreggiarono automaticamente fino a ritrovarsi letteralmente con la schiena al muro.
“Andiamocene” disse semplicemente Emeth.
Purtroppo, l’episodio si ripeté anche su altri sentieri, e fu solo fortuna se la terra non si aprì sotto di loro e non li inghiottì.
“Che cos’è?!” esclamò il giovane all’improvviso, quando un fascio di luce fortissimo si levò su nel cielo da un punto imprecisato del labirinto.
“Non lo so, ma non mi piace” rispose Lucy, tremante, stringendo la mano sull’elsa della Spada di Agoz.
Mille pensieri per nulla piacevoli si affollarono nella mente della Regina Valorosa, mentre poteva solo restare a guardare quell’esplosione di magia.
La terra tremò ancora, più forte, e la violenza del scossa gettò a terra i due ragazzi.
Fori neri si aprirono nel terreno, e i due tremarono all’idea di cosa potesse fuoriuscirne.
Che strano pensiero…perché mai avrebbe dovuto spuntare qualcosa dal sottosuolo?
Poi tutto cessò. Il fragore, l’urlo della terra, la luce. Finì, inghiottito da un ruggito che frantumò le barriere dei timori di Lucy: era il ruggito di Aslan.
“E’ qui!” esclamò la ragazza, con un enorme sorriso. “Lui è qui, Emeth, lo so”
Lui le sorrise. “Bè, se non ne sei sicura tu, chi lo può essere?”
“Non dobbiamo avere paura. Non dobbiamo farci prendere dall’inquietudine. Aslan ci guiderà fuori da questo posto, dobbiamo solo avere fede”
“Ne avrò, se mi assicuri che presto lasceremo quest’orribile luogo”
Lucy scosse il capo. “Non io, Aslan”
Emeth annuì piano. Non aveva ancora tutta quella fiducia. Non riusciva ancora ad affidarsi completamente a qualcosa che non vedeva e non toccava, benché avesse visto il Leone in carne ed ossa.
“Andiamo Emeth. Andiamo laggiù, forse lo vedremo”
Il soldato si guardò indietro. Come raggiungere quel punto lontano?
Non potevano, avrebbe pensato una volta, ma adesso no. Adesso gli bastava guardare negli occhi di Lucy per poter credere a qualsiasi cosa. Ce l’avrebbero fatta. Non sapeva come, se con l’aiuto di Aslan, di qualcun altro o solo contando sulle loro forze. Ma ce l’avrebbero fatta.
“Guarda!” esclamò Lucy d’un tratto, indicando qualcosa avanti a loro.
C’era una luce in fondo al lungo sentiero che stavano apprestandosi a percorrere: si era aperto un passaggio nelle mura del labirinto.
Di certo doveva essere stato opera del sisma, pensò Emeth. Forse parte della parete era crollata… ma in un angolo della sua mente, e soprattutto del suo cuore, qualcosa gli disse che il passaggio si era spalancato per volere di qualcuno. Qualcuno che li avrebbe davvero aiutati ad andarsene da lì.
Lucy allungò una mano verso di lui, e il giovane automaticamente la strinse.
Si guardarono negli occhi un momento, poi, lei lo vide spostare lo sguardo alle sue spalle.
Senza dire una parola, Emeth la tirò verso di sé, poi la spinse di lato, lasciando la sua mano per afferrare la scimitarra con tutte e due, difendendo entrambi dalla creatura appena spuntata da chissà dove.
Con un grido acuto, il mostro stramazzò al suolo svanendo in una nuvola di fumo verdastro, ma tornando compatto un secondo più tardi.
Poco dopo, i buchi neri formatisi nel terreno a causa delle scosse, brulicarono di esseri simili alla prima creatura. Si arrampicavano con lunghi artigli e strani versi stridenti che facevano accapponare la pelle. (come di unghie passate su una lavagna, pensò Lucy).
Le creature erano di un color grigio piombo, occhi gialli e cattivi, zanne e artigli spaventosamente lunghi, code sottili e pelo ispido su tutto il corpo, ma più folto attorno al collo, come una criniera…la criniera di un leone.
“Forse non sono reali” disse Lucy.
Lui la guadò interrogativo. Senza rendersene conto, avevano cominciato ad indietreggiare entrambi, a piccolissimi passi.
“Forse sono la materializzazione dei nostri incubi, opera della Strega Bianca”
Alle parole di Lucy, Emeth osservò a occhi sbarrati le creature, improvvisamente consapevole di essere stato lui a crearle.
Erano davvero simili a leoni. Simili ad Aslan, forse. Un blasfemo concetto che aveva la sua mente del Grande Felino, o per lo meno, che aveva avuto nel passato.
Aveva ammirato la figura di questa creatura onnipotente, ma ne aveva avuto anche paura, certe volte persino terrore, ascoltando i racconti della gente di Tashbaan: Aslan era un demone in realtà, così dicevano. Un demone come lo erano tutte le creature di Narnia.
“Lucy, stai indietro” la esortò il soldato, sollevando la scimitarra, pronto a respingere l’attacco dei mostruosi leoni.
“Non puoi farcela da solo!” esclamò lei, affiancandosi a lui, ignorando le sue parole.
“Sono opera mia, Lu!” esclamò il giovane, mentre i mostri si radunavano in cerchio attorno a loro, digrignando i denti, senza lasciare nemmeno uno spiraglio per la fuga.
“Cosa stai dicendo?!”
“Sono le mie paure! Questo è…quello che si nasconde dentro di me”
Lucy volse rapidamente lo sguardo sulle belve e capì, sentendo il cuore serrarsi in una morsa: era possibile che Emeth temesse ancora così tanto Aslan, al punto tale da creare con la propria mente esseri tanto abominevoli?
“Non è colpa tua. E’…questo posto”
Lui non rispose.
Le creature iniziarono ad attaccare, una dopo l’altra e non tutte insieme come Emeth aveva creduto. Sembrava che qualcosa le frenasse.
“Lascia che ti aiuti”
“No, Lucy!”
Lui si parò davanti a lei, atterrando un altro mostro.
“Emeth, attento!!!” urlò la ragazza, quando un artiglio affilato colpì la spalla del giovane.
Uno spruzzo di sangue gli macchiò la manica della camicia e il petto. La scimitarra gli cadde di mano e lui cadde a sua volta.
Lucy non pensò, calò la Spada di Agoz sul mostro e lo ferì di striscio. Quello si voltò e spalancò le fauci, inarcando la schiena minacciosamente.
 “Andatevene!!!” girò la Valorosa, sollevando la Spada con entrambe le mani, fredde, sudate, tremanti.
Subito vide i mostri immobilizzarsi. Ora erano fermi lì, davanti a lei, simili a statue. Gli occhi gialli lampeggiarono in risposta al luccichio della lama azzurra. Si acquattarono, mugolando, quasi spaventati, ma desiderosi di balzare verso di lei…o verso la Spada.
Ecco che cosa aspettavano! , pensò Emeth, mentre si rimetteva dritto e osservava la scena con sgomento: il talismano della Regina!
I mostri si radunavano sempre più numerosi. Nuovi ne spuntavano dalle fosse nel terreno.
La Spada di Agoz brillò più forte e vibrò tra le mani di Lucy, e allora le creature di Jadis attaccarono tutte insieme, balzando sulla ragazza in un ammasso di artigli, grida, denti e occhi terrificanti.
Le voci acute dei mostri e quelle dei due ragazzi si confusero. Emeth esclamò qualcosa cercando di attirare l’attenzione di Lucy, ma lei non si spostò, non si voltò.
La Valorosa calò la lama, mossa da un istinto improvviso. Fendé l’aria e la magia produsse un’onda d’urto spaventosa. Raggi blu intenso si sparsero tutto intorno e volarono in direzione dei leoni oscuri.
La scimitarra di Emeth, una semplice lama forgiata nel metallo, era stata in grado solo di rallentare quelle belve, ma la Spada di Agoz, una delle Spade degli Amici di Narnia, con la sua lama plasmata dalla Grande Magia, annientò le creature, che evaporarono nel nulla come neve al sole.
Quelle rimaste si ritrassero un momento appena, più furiose di prima ora che avevano visto che la Spada della ragazza poteva sconfiggerle.
Lucy riusciva a tenerle indietro, capendo che avevano paura di lei, della sua arma, che poteva distruggerle definitivamente.
Emeth si rialzò e le fu accanto, scimitarra alla mano. “Indietreggia. Piano” le sussurrò. “Continua a tenerle alla larga, non abbassare la Spada”
Le afferrò delicatamente un gomito, sospingendola indietro, guidandola sul sentiero, cerando di non fare movimenti bruschi che avrebbero potuto provocare le creature.
Passo dopo passo, stando attenti a non mettere un piede in fallo, a non far scricchiolare rami o foglie, si allontanarono dal gruppo di mostri. Quelli stavano fermi al loro posto, agitando nervosamente le lunghe code.
“Ricordi cosa ti ho insegnato?” sussurrò Emeth all’orecchio di lei.
“Sì” rispose Lucy, tremando. “Mai esitare”
“Bravissima. E ora…Corri!!!” gridò lui, cominciando insieme a lei una folle corsa disperata verso l’uscita in lontananza.
Con la coda dell’occhio vedevano le ombre avvicinarsi, inseguirli, instancabili, mentre la strada sembrava non finire mai e il fianco di Lucy cominciò a dolere.
Ancora uno sforzo, con la speranza che una volta usciti dalle mura del labirinto quegli esseri non avrebbero osato inseguirli.
Infine, superarono il passaggio che si era aperto nelle mura e si ritrovarono su un’alta scogliera. Strisciarono con i piedi sul terreno sassoso, arrestando la loro corsa sull’orlo del precipizio. Sotto di loro, il mare lambiva gli scogli, impetuoso.
Il ringhio acuto delle belve risuonò alle loro spalle. Lucy e Emeth si volsero rapidi. A differenza di quel che avevano pensato, i leoni più temerari erano usciti dalle mura. Gli altri erano rimasti indietro, delusi.
E ora?
Lei rialzò la Spada, cercando di farle sprigionare ancora la sua magia, ma i mostri stavolta non si fecero cogliere impreparati e attaccarono in formazione compatta, balzando rabbiosi su di lei.
Lucy non era pronta, non era abbastanza determinata e la magia che si liberò dalla Spada stavolta non fu sufficiente. La Valorosa indietreggiò e gridò avvertendo il vuoto sotto i piedi. Poi, si sentì afferrare per la vita dalle forti braccia di Emeth.
 “Salta!” gridò lui e dopo un secondo cadevano nel vuoto.
Lei strillò e insieme fendettero l’acqua impetuosa del mare sotto di loro.
Per parecchi secondi, Lucy non vide nulla. Tutto era scuro, freddo. Si separò da lui e allora allungò le braccia, lottando per tenere gli occhi aperti, cercandolo, i polmoni in fiamme per lo sforzo di trattenere il respiro. Si accorse di non avere più la Spada.
Disperata, liberò un fiotto di bolle dalla bocca e poi il nulla.
Quando riprese i sensi, era stesa sulla sabbia che le si era appiccicata agli abiti e ai capelli. Sentì le labbra di qualcuno premere sulle sue, aprirgliele e soffiare aria nei suoi polmoni, e allora cominciò a tossire, sputando un gran fiotto d’acqua. Aprì gli occhi e vide il viso di Emeth a pochi centimetri dal suo, i capelli bagnati, lo sguardo spaventato. Cercò di dire qualcosa, ma lui la sollevò e la strinse a sé.
Lucy continuò a tossire sommessamente contro la spalla di lui, prendendo più aria che poté. Si sentiva debole, la testa le pulsava.
“State bene, Maestà?” udì una voce dire. Una voce che non riconobbe.
Percepì le braccia di Emeth serrarsi attorno a lei, per proteggerla. Lei si volse, e il grido di spavento e di stupore le morì in gola.
Davanti a loro c’erano i sei pirati di Terebinthia, sorridenti, bagnati fino al midollo proprio come lei e Emeth.
Un’idea assurda le attraversò la mente: che fossero stati loro a salvarli?
“Non vi avvicinate” li ammonì il soldato.
Lucy vide Ader alzare le mani in segno di resa.
“Non abbiamo intenzione di farvi del male. Siamo qui per aiutarvi”
Altri due pirati, quello che assomigliava a un nano e quello con un occhio finto, a un cenno del loro capo si avvicinarono ai due ragazzi porgendo loro la scimitarra e la Spada di Agoz.
La Regina e il soldato rimasero sbalorditi, ma le accettarono. Emeth non disse nulla, i pirati nemmeno, invece Lucy ringraziò educatamente.
“Non dovete, Maestà. Per non è un dovere” disse ancora Ader.
I due ragazzi si alzarono e osservarono meravigliati i sei filibustieri inchinarsi davanti a Lucy.
“A che gioco giocate? Chi…cosa siete?” fece Emeth, ma a un cenno di lei smise di parlare, frenando le mille altre domande che avrebbe voluto porre.
Lucy rinfoderò la Spada di Agoz e si avvicinò di un passo ai pirati.
“Alzatevi” ordinò gentilmente, ed essi obbedirono.
Ader e Lucy si guardarono negli occhi per diversi secondi, e allora la ragazza capì perché Emeth aveva chiesto ‘cosa siete’.
Notò molte cose, una dopo l’altra.
L’aspetto dei sei pirati non era quello che ricordava, benché li avesse veduti un paio di volte soltanto. La loro pelle era di una strana sfumatura azzurrognola e presentava strane chiazze luminescenti sulle guance. No, non erano chiazze, erano…squame. Ne avevano anche sulle braccia. Piccole squame che brillavano dei colori dell’arcobaleno, seppur deboli nella poca luce presente sull’Isola. Appena sotto le orecchie: branchie. Inconfondibili. I piedi nudi presentavano sottili membrane tra le dita. Piedi palmati, così come le mani. E tutto questo sommato insieme la convinse che erano amici, non nemici. Tutte queste caratteristiche facevano di loro autentici uomini pesce, che a differenza degli uomini pipistrello di Jadis, erano creature di Narnia.
Lucy sorrise automaticamente, capendo tutto in un istante, anche se sarebbe stato difficile spiegarlo a parole.
“Possiamo fidarci di loro” dichiarò con sicurezza, mentre anche Ader le sorrideva, e il suo viso affilato le parve improvvisamente amichevole.
“Stai scherzando, vero?” chiese Emeth allibito.
Lei si voltò, scuotendo il capo. Andò verso di lui e gli fece abbassare il braccio con cui reggeva la scimitarra.
“Niente spade. Niente combattimenti”
“Siamo felici del fatto che abbiate creduto subito alle nostre parole, Maestà” disse il pirata alto e grosso, chinando un poco il capo.
“Certo che vi credo. Siete creature di Aslan”
“Ci ha mandati proprio lui” spiegò Ader, lanciando un’occhiata penetrante a Emeth.
“Da quando…insomma…” balbettò il ragazzo.
“Da sempre, giovane tarkaan” disse Ader con una risatina. “Ovviamente non potevamo dirlo a nessuno e siamo stati ben attenti a non immischiarci troppo con i calormeniani. Aslan ci fornì sembianze umane, ma non era detto che non ci scoprissero. Veniamo dai mari d’occidente, al di là delle terre di Telmar. Il nostro popolo di solito rimane neutrale in qualsiasi questione riguardi il regno, ma dopo che Re Caspian X ha rinsaldato i rapporti tra Narnia e Telmar, anche noi abbiamo pensato che era ora di fare qualcosa per dimostrare fedeltà al nostro Sovrano. Aslan ci chiamò poco prima che Sua Maestà partisse per questo viaggio. Aveva bisogno di qualcuno che si camuffasse con il nemico e che avesse potuto aiutare le Loro Maestà in caso di pericolo. Se mai foste entrati in contatto con Rabadash e suoi- e difatti è accaduto parecchie volte- ed essi avessero voluto farvi del male, noi avremmo dovuto proteggervi ma sempre restando nell’ombra”
“Ci avete sempre aiutati?” chiese Lucy molto colpita.
“Per quanto ci era possibile sì, graziosa Maestà. Nelle battaglie vi coprivamo le spalle senza che ve ne accorgeste, oppure, quando governavo personalmente l’Occhio di Falco, facevo in modo di lasciare sempre una certa distanza tra noi e voi”
“Rallentavate la nave appositamente?!” chiese Emeth, ancora stordito da tutte quelle rivelazioni.
Il pirata dalla lunga barba mosse la mano nell’aria, noncurante. “Sì, la rallentavamo, uscivamo leggermente dalla rotta…tutte piccolezze che di certo quell’inetto capitano che Rabadash si ritrovava, non poteva notare”.
“Tutti sanno” riprese Ader, “che i calormeniani non sono un popolo di navigatori. Aslan predisse che Tisroc avrebbe cercato tra i pirati di Terebinthia- che sono disertori della Vostra corona- qualcuno capace di navigare in mari sconosciuti. Ovviamente, l’Imperatore non arrivò mai a trattare con i veri pirati. Aslan ci fornì una nave e noi e alcuni nostri compagni fingemmo di essere umani, pirati appunto, e stringemmo un finto patto con Tisroc. Ma siamo e saremo sempre fedeli ad Aslan e ai suoi Re e Regine”
Lucy sorrise raggiante. “E chi meglio degli uomini pesce potrebbe essere in grado di guidare una nave nell’Oceano Orientale?”
“Un gioco da ragazzi” borbottò compiaciuto il pirata più alto.
“Adesso ti fidi, giovane tarkaan?” chiese Ader.
Emeth fece un smorfia, continuando a rimanere indietro. “Non lo so…insomma, io vi conosco come delinquenti della peggior risma, interessati solo al denaro e che pensano solo a sé stessi”
“Bene!” esclamò il pirata che sembrava un nano. “Vuol dire che la nostra copertura ha funzionato, no? Probabilmente nessuno ha ancora capito che siamo traditori, capo. Penseranno solo che abbiamo abbandonato la nave” sghignazzò.
“E anche se fosse” rispose Ader, “abbiamo la protezione di Aslan”
A quella frase, Lucy si volse ancora verso Emeth. “Possiamo fidarci, non preoccuparti”
Emeth guardò stupito i sei uomini pesce. Tutti avevano fiducia in Aslan, come Lucy, certi ch’ Egli avrebbe potuto risolvere qualsiasi cosa solo con la sua presenza, o sconfiggere il nemico con un ruggito, e che tutti loro sarebbero stati protetti solo invocando il suo nome.
Anche lui voleva avere quella fede.
Emeth prese un respiro, lo trattenne e lo liberò. Rinfoderò di malavoglia la scimitarra, avvicinandosi un poco. Lucy gli sorrise ancora, felice.
“Su, smetti di fare quella faccia, ragazzino” fece Ader, dandogli una pacca sulla spalla, purtroppo su quella ferita.
Emeth emise un gemito di dolore.
“Oh, scusami”
“Non è nulla”
“Fammi vedere” disse in fretta la Valorosa, posando delicatamente la mano sulla ferita e ritraendola subito dopo. “Non ho il mio cordiale, accidenti!”
 “Legaci questo intorno” disse Ader, strappandosi una manica della camicia. “Dovrebbe bastare per arrestare il sangue, almeno finché non tornerete alla vostra nave. Lasciate che vi scortiamo”
“Non possiamo tornare” disse Lucy, afferrando il pezzo di stoffa e lavorando svelta attorno alla spalla del ragazzo.
“Ma Maestà…”
In quel mentre, un ululato spaventoso si librò nel cielo temporalesco.
 “I demoni di Jadis” mormorò Emeth con un brivido lungo la schiena. “Lucy…non credevo che l’avrei mai detto, ma hanno ragione loro: dobbiamo andare via di qui”
“Quelle creature non usciranno dai confini del labirinto” rispose lei, lo sguardo fisso sulla fasciatura. “Non dobbiamo preoccuparci di loro, non ci seguiranno. Ma gli altri sono ancora là dentro e io non li abbandonerò”
“Lu…”
“No, Emeth, non posso!”  gli afferrò le braccia, forte. “Io devo andare”
Lui le cinse le spalle delicatamente e le scostò una ciocca di capelli bagnati dalla fronte.
“No, Lucy. Ricordati cos’ha detto Caspian: ci rivediamo al Veliero dell’Alba. Bene, noi torneremo là. Non sappiamo se gli altri siano ancora nel labirinto oppure no. Potrebbero essere già alla nave ad aspettarci”
Lucy abbassò il capo e rifletté qualche istante. “Forse hai ragione tu” disse, spostando lo sguardo verso il labirinto, augurandosi con tutto il cuore che, semmai gli altri fossero stati ancora là dentro, non avessero dovuto imbattersi in quelle belve spaventose.
 
 
Guidate dalla forza che dava loro la vita, le creature del labirinto lasciarono la scogliera e il passaggio apertosi misteriosamente su di essa, per tornare tra le sicure mura del labirinto. Mentre si ritiravano tra gli alberi, i cespugli, attendendo un momento di maggior fortuna, fiutavano le tracce degli esseri viventi. L’odore era sparito purtroppo, coperto da quello del mare, spazzato via dal vento. Alzarono i colli irti di peli neri ed emisero un verso spaventoso, stridulo, a metà tra un ruggito e un ululato, più simile a un lamento che a un vero e proprio richiamo. Ma era effettivamente quest’ultimo.
La forza che li dominava ordinò loro di risvegliare altre creature spaventose quanto loro. Gli esseri viventi non sarebbero fuggiti.
Ombre amorfe prendevano vita dalla nebbia verde, alimentati dal buio, dalla nebbia stessa, dalla voce sussurrante che spirava tra le mura.
Nuovi esseri viventi si stavano avvicinando, ora ne sentivano l’odore, i timori, i tormenti, le incertezze. L’odore della pura paura.
Il labirinto prese a pullulare delle più spaventose belve oscure mai viste a Narnia dai tempi dei tempi.
 
 
Caspian, Peter, Susan, Miriel, Eustace e Lord Rhoop, seguirono la strada che quest’ultimo indicò all’intero gruppo.
La Driade ritrovò i Fiori del Fuoco piantanti per tutto il tragitto percorso con Peter, il che assicurò a tutti quanti di stare imboccando davvero la via giusta.
“Sei stata previdente” si complimentò Peter “E geniale”
Lei vide che la guardava con un certo orgoglio e sorrise a sua volta. “Oh, una cosa da nulla”
D’un tratto, Rhoop si arrestò così bruscamente che quasi Caspian e Susan, appena dietro di lui, andarono a sbattergli addosso.
Anche Eustace, che chiudeva la fila, si fermò alzando il lungo collo squamoso verso il cielo.
Il drago fu il primo ad accorgersi del pericolo. I suoi sensi erano molto più acuti di quelli che avrebbe avuto se fosse stato ancora umano.
Liberò un rivolo di fumo dal naso, sbuffando nervosamente. Ne seguì la traiettoria, le spirali che disegnò nell’aria e che si mischiarono alla nebbia verde, sempre presente. Accadde la stessa cosa di quando, d’inverno, la condensa appannava i vetri di casa nascondendo la visuale all’esterno. Poi lui vi passava una mano sopra e finalmente riusciva a vedere la strada, il giardino, il vialetto.
In un certo senso, il fumo dalle sue narici fece la stessa cosa: cancellò la nebbia e rivelò quel che c’era al di là di essa, dentro l'oscurità.
“Arrivano! Stanno arrivando, sono qui!” gridò sgomento Lord Rhoop, rannicchiandosi contro la parete del sentiero che stavano percorrendo.
Lasciò la presa sulla sua Spada, e non appena lo fece, decine, anzi, centinaia di occhi gialli lampeggiarono nel buio.
Le belve apparvero una dopo l’altra, dalle ombre, dalle fronde degli alberi, persino dal cielo e dalla terra. Ovunque. E i ragazzi capirono che erano in agguato da chissà quanto, e che era stata la Spada a tenerle lontane, fino a quel momento.
Camminavano su due zampe ma stavano curve, con la schiena ingobbita, oscillando le braccia lunghe come grottesche scimmie. Altre avevano sembianze a metà tra un lupo e un leone, il corpo pieno di peli ispidi e artigli e zanne che, quando aprivano e chiudevano la bocca, stridevano come farebbero le lame di due coltelli una contro l’altra. Altre ancora avevano ali e becchi simili alla statua del rapace sull’Occhio di Falco. E di nuovo, creature indefinibili, piccole, grandi, enormi, nere come la pece, piene di scaglie e punte su tutto il corpo.
“Che cosa… sono?” balbettò Miriel.
“Sta vicino a Lord Rhoop, occupati di lui” disse Peter, preparandosi ad usare la Spada di Restimar, così come Caspian quella di Revilian.
Susan invece, guidata da un gesto istintivo, fece per caricare l’arco.
“No, Sue! La Spada!” le gridò Caspian, quando i mostri cominciarono il loro attacco.
“Caspian!” gridò lei per avvertirlo dell’arrivo di un nemico, e il giovane si volse appena in tempo per atterrarlo.
La Regina rimise l’arco dietro la schiena, rapidamente, e quasi contemporaneamente, con l’altra mano alzò il suo talismano, anche lei all’ultimo momento. Colpì con decisione e il mostro scomparve davanti ai suoi occhi.
“Susan?!”
“Sto bene…Scusa…” mormorò lei in direzione del Re, facendo poi vagare lo sguardo sulla sua lama. “Io non…”
“Non preoccuparti. Ma l’arco non ti servirà” le disse lui, in fretta, ma senza rimprovero.
“Ho bisogno di una mano, ragazzi!” li chiamò Peter.
Il Re Supremo si ritrovò completamente assediato. Gridò, quando una creatura gli si aggrappò la braccio sinistro e affondò i denti nella carne.
Eustace si unì al combattimento, sferzando la coda e sbattendo le belve contro le pareti del labirinto, azzannandole, colpendole con i suoi artigli, più forti dei loro. Tuttavia non poteva sconfiggere quei mostri, ma solo fermarli o stordirli per pochi secondi. Solo i suoi cugini e il Liberatore possedevano le armi in grado di fermare quegli abomini.
Li osservò ammirato per un attimo soltanto: Caspian far roteare la sua Spada pulsante di luce, abbassandosi per squarciare il ventre di uno dei mostri volanti; Susan, in un volteggiare della gonna verde smeraldo, fare un giro su se stessa e annientare due leoni, lasciando dietro di sé una scia luminosa; Peter, nonostante il braccio ferito, piantare con un gesto straordinariamente rapido la lama brillante di magia nella schiena di una delle grottesche scimmie.
Ma nonostante tutto, non potevano farcela, era evidente. Quei demoni erano ben più numerosi e sembravano non finire mai.
E allora, Eustace si decise. Decise di fare qualcosa che non aveva mai provato a fare per la paura di non riuscire.
“Eustace, cosa…?” fece Miriel, che cercava di proteggere Lord Rhoop e la sua Spada.
Il drago vide nelle mani della Driade anche quella di Octesian, che se fosse stato umano, ora sarebbe potuta essere in mano sua.
Ma nonostante il rimpianto per non poter essere al fianco degli altri Amici di Narnia, per la prima volta da quando si era trasformato fu felice di avere il suo attuale aspetto. Non si pentì di essersi comportato male per tutto il viaggio, perché se così non fosse stato, se non avesse assunto le sembianze di drago, per i suoi compagni e anche per lui, sarebbe stata la fine.
Si alzò sulle zampe posteriori, gonfiò il petto, aprì la bocca.
E Miriel capì le sue intenzioni.
“GIU’!!!” gridò più forte che poté, per sovrastare il rumore della battaglia e avvertire gli amici.
Il Magnifico, il Liberatore e la Dolce si volsero all’unisono. Intuendo quel che stava per accadere, si gettarono a terra un momento prima che la potente fiammata invadesse il sentiero.
I mostri si dibatterono tra le fiamme, contorcendosi, ma non poterono nulla contro le lingue di fuoco provocate da una delle creature più potenti al mondo.
Il fuoco esplose e lampeggiò come acciaio fuso, annerendo le mura del labirinto. Le fiamme attecchirono presto ai cespugli, agli alberi, bruciando e consumando tutto ciò che incontravano. La luce cupa e verdastra mutò in una luminescenza ardente che faceva male agli occhi.
Eustace era riuscito nel suo intento, aveva distrutto le belve, ma aveva appiccato un incendio di dimensioni spaventose.
“Via di qui, presto!” esclamo Caspian, traendo in piedi Susan e Peter.
“Lord Rhoop, venite!” disse Miriel, prendendo l’uomo per un braccio.
Egli sembrò finalmente riprendersi dalla paura che lo attanagliava quando vide un albero cadere distrutto dalle fiamme.
Tutti saltarono sulla groppa di Eustace, stringendosi l’uno all’altro.
“Ce la fai?” chiese Peter al drago, che annuì con decisione.
Ma non c’era via d’uscita. Le fiamme erano ormai troppo alte, e se Eustace avesse spiccato il volo, le mura si sarebbero risvegliate e li avrebbero aggrediti.
“Prima bisogna spegnere il fuoco” disse Rhoop, afferrando la sua arma.
Gli altri lo richiamarono indietro, osservando ammutoliti quel che fece poco dopo.
Evocò la magia della Spada, che fluì attorno a lui in un’onda di luce, fornendogli potere e protezione. Lentamente, la lama s’illuminò dall’elsa alla punta, vibrando di un potere che non poteva essere paragonato nemmeno lontanamente a quello che si era sprigionato dalle altre Spade fino a quel momento.
I lineamenti del corpo di Lord Rhoop divennero meno chiari, si confusero con la luce, e il tempo parve rallentare, i suoni si spensero.
La Spada assorbì tutta l’energia e tornò del consueto azzurro pallido. Poi divampò la magia, producendo un raggio enorme, potente. Aprì un varco nel fuoco, abbastanza grande da permettere al drago di passare.
Rhoop allora risaltò dietro a tutti sulla groppa di Eustace, il quale non perse un istante e si lanciò attraverso il passaggio creato dalla magia.
“Questo è il vero potere delle Spade?” mormorò Susan, stordita.
“Assolutamente no, mia Regina. Questo è quello che riesco ad evocare io: un semplice custode. Quando sarà nelle mani del suo vero proprietario…quando tutti voi riuscirete ad utilizzare la reale forza di questi talismani…allora vedrete! Vedrete!”
Rise, forte, e la sua risata trionfale echeggiò sopra le mura del labirinto.
 
 
Shanna, Edmund e Shira si incamminarono per i corridoi deserti del castello della Strega Bianca.
La ragazza non poté illustrare al Re i vari pericoli di quel luogo, non essendo mai uscita dalla sua stanza prima, e dalla torre poi. Il falchetto, invece, conosceva abbastanza di quelle stanze per sapere come muoversi.
Durante le sue visite alla Stella Azzurra, Shira si era premurata di esplorare il palazzo, per quanto le era stato possibile.
“Non prendete per oro colato quel che vi dirò, Sire” Shira avvertì Edmund. “Ma so per certo che la Strega sta sempre ai piani di sotto, e così i suoi servitori, per lo più Troll e Ciclopi. Se non scendiamo più giù del terzo piano non rischieremo di incontrarli”
“E da dove usciamo, scusa?” chiese il Giusto.
“Useremo un passaggio che ho visto spesso utilizzare dalle sentinelle di Shanna. E’ al quinto piano e porta direttamente al cortile principale”
“Ottimo. Facci strada, allora”
Camminavano piano, Shanna stretta a Edmund.
Le mani di lei stringevano il braccio di lui, e il giovane le cingeva una spalla, nell’altra mano la Spada di Bern.
La Stella Azzurra si guardava attorno impaurita. Ogni ombra, ogni più piccolo scricchiolare di scale, guizzare di fiamma di candela, la metteva in agitazione.
Trovarono un altro Ciclope montare la guardia al limitare di una lunga scalinata. Edmund si sbarazzò di lui in fretta e poi tornò dalle altre.
“Prima o poi si accorgeranno di noi” sussurrò la fanciulla, tenendo la voce bassissima. “E quando capiranno che non sono più nella torre…”
“Prima di allora saremo fuori, amica mia” la rassicurò Shira, volando avanti a loro per accertarsi che la via fosse libera.
I due ragazzi passarono accanto al Ciclope e Shanna si coprì gli occhi, emettendo un grido soffocato di orrore.
“Ehi…” fece Edmund, trasalendo quando lei si rifugiò tra le sue braccia, il viso premuto sul suo petto.
“Perdonami”
“V-va tutto bene. Tranquilla” cercò di rassicurarla, dandole leggeri colpetti sulla schiena.
Lei alzò il viso e si separò da lui. “Non sopporto la violenza, in ogni sua forma. Anche se so che è inevitabile”
“Purtroppo è vero” ammise lui.
La guardò per qualche istante, lei fece lo stesso. Edmund non riusciva a capire perché non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Era sfacciataggine oltre ogni dire fissarla in quel modo insistente, ma non poteva farne a meno.
“Muovetevi” sibilò Shira, spuntando dal corridoio.
I due ragazzi le corsero appresso e la seguirono di nuovo giù per molte rampe di scale, grandi e più piccole, attraverso corridoi e porte. Una volta, incontrarono grossi Troll con i quali Edmund ebbe non poca difficoltà. Uno di loro riuscì a fuggire via e il ragazzo provò a rincorrerlo, ma Shira lo fermò.
“Non abbiamo tempo. Se non sarà lui, l’allarme lo darà qualcun altro. Andiamo!”
Il giovane tronò da Shanna e la spinse al di là di una porticina indicata dal falchetto.
“Di qua, svelti, svelti!”
Scesero una lunga scala a chiocciola che faceva girare la testa, poi ecco un’altra porta di ferro, che stridette quando l’aprirono. Infine, si ritrovarono nel cortile principale. Si nascosero al riparo in una nicchia, in attesa. Le grida gutturali dei mostri echeggiavano attorno a loro. Ne scorsero alcuni agitarsi sull’alto delle mura.
“Hanno già fatto passare la voce. Abbiamo poco tempo” disse Edmund, il cuore che batteva all’impazzata.
“No, aspettate” fece Shira, con uno strano presentimento.
I due ragazzi la guardarono volare al di là delle merlature e un attimo dopo tornare da loro.
“Non sono agitati per noi, ma per il fuoco!”
“Cosa?!” esclamarono allarmati la Stella e il Re.
“Non ho idea di cosa sia accaduto, ma c’è del fuoco non troppo lontano da qui. Se ci sbrighiamo possiamo evitarlo prima che arrivi fino al castello”
Shira, Edmund e Shanna rimasero per alcuni sitanti immobili, i due ragazzi sempre stretti l’uno all’altra.
Lui guardò la fanciulla, completamente terrorizzata. Probabilmente Shanna aveva sempre vissuto una vita tranquilla, al sicuro da qualsiasi pericolo, protetta dall’amore della sua famiglia. Era una creatura delicata, non era abituata a tutto questo. Non poteva pretendere che reagisse in altra maniera.
“Shanna, dobbiamo correre” le disse, specchiandosi nei suoi grandi occhi, luminosi come specchi.
“Non ce la farò mai”
“Sì, ce la farai. Ci sono io con te”
La ragazza tremò, spostando lo sguardo da lui al falco.
“Pensa questo, piccola cara” disse Shira. “Quando saremo fuori, il sigillo che blocca i tuoi poteri in questo luogo non avrà più alcun effetto su di te, e potrai tornare forte com’eri prima”
“S-sì” esalò lei, e dalla sua bocca non uscì un altro suono.
Doveva farsi forza. Doveva farlo per suo padre.
Se fosse stata sola, sicuramente non avrebbe trovato il coraggio, ma si sentiva conforta e protetta dall’affetto che la sua amica le dimostrava, e soprattutto dalla presenza di Edmund, dalla sua voce gentile, la mano calda di lui che afferrò la sua.
Il Re azzardò un passo fuori dal nascondiglio quando vide il terreno creparsi sotto i suoi piedi.
Lui e Shanna si guardarono di nuovo.
“Corri. Corri più forte che puoi. Io non ti lascio sola”
E nel momento in cui abbandonarono la protezione della nicchia, un fragore assordante spezzò il silenzio.
Il caos dilagò in tra i servitori della Strega Bianca, che si riversarono fuori dal palazzo senza curarsi minimamente dei tre fuggiaschi, mentre i bastioni iniziavano a crollare su se stessi e l’intero labirinto veniva scosso da una violenza incontrollabile.
Iniziarono a correre tra laterizi cadenti, colonne che si schiantavano al suolo e ostruivano la strada verso il portone principale.
Non poteva essere stato solo il fuoco a produrre tutta quella devastazione, pensò Edmund.
Ma allora cosa? Un maremoto? Un’esplosione di magia? O la stessa Strega Bianca? Jadis poteva essere capace di distruggere la sua stessa dimora?
Oh, sì, poteva.
Arrivati al portone a due battenti, lo trovarono chiuso.
“Come sono usciti i mostri di Jadis?!”
“Probabilmente hanno trovato un’altra strada, Maestà” disse Shira al Giusto.
“Allora dobbiamo trovarla anche noi” disse Edmund, la voce confusa dal fragore del crollo del castello.
“Posso…posso provare io ad aprirlo” balbettò Shanna. “Ma mi devi aiutare”
Edmund la vide raddrizzare la schiena e stringergli la mano più forte.
“Va bene, ma come?” le chiese perplesso, agitato.
“La magia della Spada. Devi unirla alla mia. Sento che i poteri mi stanno tornando, ma non sono ancora abbastanza forte. Ho bisogno di te”
Edmund provò un tuffo al cuore a quelle parole, ma non vi fece tropo caso. O meglio, non volle farci troppo caso.
Shanna alzò la mano libera e chiuse gli occhi. Il suo corpo iniziò ad illuminarsi, esattamente come accadde alla Spada di Bern.
Edmund guardò la propria arma stupefatto e iniziò a sentire il suo cuore battere forte, risuonargli nelle orecchie, nella mente, come se fosse un suono al di fuori di lui. E tutti gli altri rumori si spensero. Il battito divenne più forte ancora, e lui capì che non era solo il suo cuore, ma anche quello di Shanna. Batteva in armonia con il suo, con le pulsazioni di luce della Spada e della magia di lei.
Una scia azzurra scaturì dal corpo di Shanna, avvolgendo lui, la Spada e Shira.
Shanna non sembrava più umana, rassomigliava a una creatura angelica, fatta di luce, i lunghi capelli biondi ondeggiavano attorno a lei, lentamente, e se non fosse stato per il calore e la morbidezza della sua mano, il ragazzo avrebbe potuto davvero credere di essere al fianco di una creatura fatta di puro spirito.
“Edmund…”
La voce di lei risuonò alterata, come un’eco.
Era la prima volta che lo chiamava per nome, e il giovane si sorprese dell’intensità dei sentimenti che provò nel sentirlo pronunciare da lei, dalla sua voce dolce e leggera.
“Dimmi dove vuoi andare, Edmund, e io ti ci porterò”
“Dalla mia famiglia. Dai miei amici” rispose automaticamente lui.
Fu costretto a strizzare gli occhi e poi chiuderli, quando lei si portò una mano al petto, sul cuore, e cantò richiamando a sé il potere.
Per un attimo, ogni cosa fu solo luce, pura, calda, quasi accecante. Tuttavia, Ed sentì che poteva anche aprire gli occhi, certo che non ne sarebbe stato accecato, che non gli avrebbe dato fastidio.
Lo fece, e pian piano tornò a vedere il mondo, i contorni riapparire.
Shanna abbassò la mano e fece un gran respiro.
Erano adesso davanti a un alto arco di pietra. Erano all’entrata del labirinto, ma ancora all’interno. L’arco era ostruito da spessi rampicanti che impedivano loro di compiere l’ultimo passo verso l’uscita.
Edmund guardò Shanna e notò che lei lo fissava già da qualche secondo. Sul viso, la paura faceva ancora capolino, ma il fatto di essere riuscita ad usare i suoi poteri le aveva infuso nuova forza.
“Puoi lasciarmi la mano, ora” disse la ragazza, incredibilmente tranquilla.
Lui lo fece e sentì il calore di lei svanire. Una sensazione di disagio lo inondò, ma ancora una volta non volle dar retta ai suoi sentimenti.
La magia della Spada di Bern si attivò quando il Giusto iniziò a recidere i rampicanti, che si dibatterono sotto i colpi come furiosi serpenti di spine. Ma come in risposta quella minaccia, la lama azzurra intensificò la sua forza e presto il passaggio fu libero.
Edmund allungò una mano verso Shanna e le sorrise, stanco. “Sei libera adesso”
Shanna l’afferrò di nuovo, il cuore che scoppiava di gioia.
Sì, finalmente era libera. Finalmente, dopo molti mesi, avrebbe presto rivisto la luce del sole, avrebbe rivisto l’Oceano, e suo padre.
Edmund prese la strada che li avrebbe condotti tutti e tre al Veliero dell’Alba. Non sapeva se laggiù stessero ancora combattendo o meno, ma doveva tornare alla nave, far sapere a chi vi avrebbe trovato cosa era successo, e informarsi sulla sorte dei fratelli e degli amici.
In quello stesso momento, un ruggito richiamò la sua attenzione. Shanna e Shira emisero un grido di stupore e terrore, ma Ed le tranquillizzò.
 “Eustace!” esclamò, al settimo cielo.
Aveva chiesto a Shanna di portarlo dalla sua famiglia e dai suoi amici, e infatti eccoli: sulla groppa del drago c’erano Peter, Susan, Caspian e Miriel, accompagnati da un uomo sconosciuto.
“Edmund! Edmund!” udì una voce alle sue spalle, e non appena si voltò scorse una massa di capelli rossicci invadere il suo campo visivo.
“Lucy!”
“Dobbiamo andare via di qui, alla svelta!” esclamò Emeth raggiungendola, con al seguito i sei individui che meno di tutti il Re Giusto si sarebbe aspettato di vedere.
“E loro cosa ci fanno qui?!” chiese Ed, indicando i pirati.
“Lei chi è?” chiese Lucy indicando Shanna.
Ma le spiegazioni potevano essere rimandate.
“Ed!!!” girò Caspian, mentre Eustace scendeva sulla spiaggia. “Sta crollando tutto, andiamocene!”
“Aspettate!” disse Shanna, alzando le braccia al cielo.
In men che non si dica un numero sufficiente di Uccelli di Fuoco atterrò accanto al drago, così che i pirati, Emeth e Lucy, Shanna e Edmund poterono salirvi e seguire Eustace, che con uno slancio delle zampe riprese quota. Shira li seguì per ultima, voltandosi solo per un attimo per vedere le torri del castello venir lambite dalle fiamme.
“Ben ti sta, Stregaccia della malora!”
 
 
La lunga e appuntita bacchetta magica si piegò nelle sue mani, e se non fosse stata fabbricata del più potente metallo di Charn, si sarebbe sicuramente spazzata.
Una cieca furia la invase.
Avevano osato tanto…avevano osato troppo, l’avevano sfidata oltre ogni possibilità e adesso lei si sarebbe vendicata nel peggiore dei modi.
Non avrebbe rinunciato solo perché erano riusciti a sconfiggere i suoi incubi, o perché infine non avesse nemmeno una Spada nelle sue mani. Le avrebbe avute prima o dopo.
Il segreto era la pazienza. Ma la sua si era esaurita.
Jadis di Charn era diversa da ogni altra creatura esistente a Narnia. Era una figlia del potere, la sua stirpe era una delle più antiche. Nata con la magia dentro di sé, il suo destino era quello di conquistare e comandare. Il destino le aveva assegnato un ruolo alla sua nascita: quello di Regina dei mondi.
Il suo grido lacerò l’aria. La nebbia, che era la sua attuale essenza, corse lungo la vetta più alta dell’Isola delle Tenebre, dalla quale a Strega Bianca aveva assistito agli ultimi eventi.
I suoi adepti distrutti, Shanna libera, il labirinto in fiamme.
Avrebbe potuto scendere di nuovo in mezzo ai Sovrani di Narnia, fermarli ed evitare tutto questo, ma era legata da catene invisibili.
Dopo la prova di Caspian, dopo che aveva incontrato Aslan, le forze l’avevano abbandonata per un attimo. E in quel lasso di tempo i Re e le Regine di Narnia avevano rovinato tutto…
Che tutti siano maledetti!
Ne mancava solo uno, il suo prediletto. Gli altri erano riusciti a cavarsela e a battere i suoi incubi, le trappole che aveva preparato per loro con tanta cura e…perché no, anche divertendosi.
Ma come sempre, Aslan era intervenuto.
Pazienza, si disse, tentando di ritrovare la calma, la quale però sentiva scivolare via ogni secondo che passava.
S’impose di pensare che anche uno solo di loro- quell’uno in particolare- poteva fare la differenza.
Se avesse anche solo incrinato l’equilibrio del gruppo degli Amici di Narnia, sarebbe stato sufficiente per dare il via a una nuova partita.
Edmund era l’esca migliore, l’asso nella manica. L’aveva tenuto per ultimo proprio perché poteva rendersi utile giocare la carta del Giusto come riscatto a tutte le sconfitte subite.
Aveva messo in conto che con Peter, Susan, Lucy, Caspian e Eustace, le cose avrebbero potuto andare a loro favore. Ma Edmund… come avrebbe reagito il caro Edmund trovandosi davanti a lei dopo così tanto tempo?
Jadis percepiva le sue insicurezze, così come quelle degli altri. Ma lui era diverso.
Forse era cresciuto fuori, ma dentro, il ragazzino che lei aveva conosciuto e irretito era ancora là, da qualche parte.
Edmund non poteva cancellare quello che era stato. Non avrebbe mai potuto dimenticare.
Portandolo nuovamente dalla sua parte, e con gli altri ormai allo stremo delle forze, avrebbe aperto quella nuova partita e ne sarebbe uscita vincitrice.
Mosse la bacchetta magica, piantandola nel terreno e provocando un boato assordante che squassò l’intera Isola delle Tenebre. Batté tre volte con la punta sul suolo e, in risposta, uno stridio acuto si levò dalle profondità del mare.
E l’Isola delle Tenebre iniziò a muoversi, a sfaldarsi. La creatura che aveva atteso così a lungo e pazientemente sotto di essa, incominciò a risvegliarsi. Quella creatura che aveva permesso all’isola di muoversi da una parte all’altra dell’Oceano Orientale, portandola sul suo dorso.
Jadis osservò il suo palazzo crollare, le mura cedere, la magia che le imperniava svanire; i mostri, i suoi servitori…tutto venne pian piano distrutto. Non le serviva più.
 “Tocca a te, mio adorato” mormorò, gli occhi iniettati di furore.
La creatura emise un altro sibilo acuto, iniziando a fendere l’acqua, emergendo dapprima con il dorso. Piccole escrescenze, simili a verdi collinette viscide salirono in superficie. Infine, s’innalzò al di sopra della vetta su cui la Strega Bianca si trovava.
Una massa verde, informe, fatta di nebbia come lei, che aspettava solo di concretizzarsi.
Jadis sapeva chi avrebbe dato davvero vita a quella creatura.
I narniani potevano anche aver vinto la battaglia, ma la guerra l’avrebbe vinta lei.

 
 
 
 
Cari lettori, vi chiedo immensamente scusa per questo ritardo, ma ho avuto problemi di connessione per alcuni giorni. Non funzionava nemmeno il telefono e internet andava a singhiozzo. Avrei voluto avvertirvi ma non è stato possibile. Però, eccomi qui con il nuovo capitolo!!!
Vi dirò, non sono per nulla soddisfatta. Non è venuto come volevo e non ho avuto nemmeno molto tempo per lavorarci su, causa impegni, ma se non postavo oggi rischiavo di rimandare ancora per troppo e saltare la settimana, e non volevo assolutamente!!!
Ditemi se a voi piace!!!
 
Ringraziamenti:
 
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Per le recensioni dello scorso capitolo:

Charlotte Atherton , EstherS, FioreDiMeruna, Fly_My world,  FrancyNIke93, ImAdreamer99, JLullaby, LittleWitch_ , Mia Morgenstern, piumetta, Serena VdW e TheWomanInRed
 
 

Angolino delle anticipazioni:
Siamo davvero alla fine della battaglia, signori e signore! Nel prossimo capitolo ci sarà il round finale, con la prova di Edmund.
Scopriremo quali sono le condizioni dell’equipaggio del Veliero dell’Alba e che fine hanno fatto i calormeniani…e come reagiranno i nostri eroi sapendo che i parti di Terebinthia sono dalla loro, e la vera identità della Stella Azzurra.

 
Vi devo già salutare, vado di corsa.
I risultati del sondaggino li metterò la settimana prossima.
Vi ringrazio sempre moltissimo, ma sarete stanchi di sentirvelo dire. Io invece non sono mai stanca delle vostre recensioni e dei complimenti che mi fate. ^^
Scusate ancora per il ritardo. Vi adoro tutti!!!
Un bacio e un abbraccio,
Susan<3
   
 
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