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Autore: Euachkatzl    17/09/2013    4 recensioni
2013: la rivista Rolling Stone decide di pubblicare una biografia di uno dei gruppi rock più grandi di sempre, i Guns n' Roses. Ogni ex componente del gruppo viene intervistato singolarmente, vengono poste loro identiche domande. Ad una, però, rispondono tutti allo stesso modo.
"Un periodo della tua vita al quale vorresti tornare?"
"Febbraio 1986"
Ma che è successo, nel febbraio 1986?
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La camera dei biondoni è rivolta ad est, ovviamente le tapparelle sono aperte e di tende non c’è nemmeno l’ombra. Un raggio di sole mi investe in pieno viso, costringendomi ad aprire gli occhi. Mugugno qualcosa che neppure io so cosa sia e mi volto dall’altra parte, tentando di riprendere sonno. Ma niente. Scocciata, mi alzo e vedo Duff che dorme beato, nonostante il sole gli punti sugli occhi in un modo indecente. Faccio spallucce e vado in cucina. Ho una maledetta voglia di caffè. E di cioccolato, ucciderei per un pezzo di cioccolato.
In cucina trovo Jeff e Axl. Il primo, seduto tranquillo su una sedia, che se la ride godendosi lo spettacolo del secondo che gli prepara la colazione. Cioè che mette un po’ di latte e cereali in una tazza, ma è già qualcosa.
“Non è che ne stai approfittando, Jeff?” rido, ma lui mi degna soltanto di un’occhiataccia e una risposta acida.
“Non sei tu quella che ha un polso a pezzi per la seconda volta, puoi solo tacere”
“Ehi, ma che hai? Neanche fosse stata colpa mia, calmati bello”
“Mi sembra di ricordare che la prima volta è stata colpa tua. O sbaglio?”
Sbuffo e torno in camera, dove Duff si è finalmente accorto che è mattina inoltrata e che il sole sta tentando di svegliarlo da non so quanto tempo.
“Ma buongiorno” mi saluta, con gli occhi socchiusi e la bocca ancora impasticciata dal sonno.
Mi siedo sul bordo del letto, accanto a lui, che riaffonda la testa nel cuscino. Fisso per un po’ i suoi capelli biondi, sparati da tutte le parti. Li pettino con le mani, sciolgo delicatamente tutti i nodi che si sono formati durante la notte.
“Mi spulci ancora per molto?”
“Era un momento romantico, l’hai rovinato”
Lui si volta, facendo finalmente riemergere il suo viso assonnato dal cuscino, mi guarda. Sorride.
“Ma che ridi adesso?”
“Lascia perdere” scuote la testa e si alza, si guarda in giro finchè non adocchia un paio di pantaloni di felpa, che indossa, e poi, con molta nonchalance, va in cucina, a torso nudo a neanche metà febbraio. Il giorno in cui gli verrà una polmonite riderò. Mentre gli darò lo sciroppo, ovvio, non posso mica lasciarlo morire.
 
Però sono scemo anch’io, che devo fare il figo andando in giro a torso nudo. È metà febbraio, fa un freddo cane.
“Buongiorno” saluto Axl e Izzy in cucina.
“Ciao”
“Buongiorno…”
Prendo la bottiglia di latte dal frigo e me ne verso un po’ nella tazza. Ne esce tipo uno sputo. Fisso la mia tazza verde, poi il mio sguardo passa ai due seduti accanto al bancone.
“È finito” commenta Axl.
“Fortuna che ci sei tu, sennò stasera ero ancora qui a tentare di far uscire il latte dalla bottiglia”
“Di niente, scherzi?” mi risponde, per poi andarsene con Jeff in camera.
“Ciao Slash”
“Ciao ragazzi” sento le voci arrivare dal salotto e infatti, due secondi dopo, Saul si presenta in cucina.
“Ho fame” dichiara, prendendo il pacco dei biscotti. Dopo un po’ anche Jeanette fa capolino nella stanza.
“È andato via Jeff?” ci chiede prima di entrare. Annuiamo e lei si siede tranquilla sul bancone, prendendo il biscotto dalla mano di Saul, che non ne rimane molto contento.
“Era il mio” puntualizza lui.
“Era” fa eco lei, addentando soddisfatta il frollino.
“Comunque oggi dobbiamo andare a fare la spesa” informo gentilmente io, sperando che uno dei due mi risponda con un ‘Va bene, vado io’.
“Divertiti” è invece la risposta del riccio.
“Vengo io con te” mi sorride Jeanette, prendendo per la seconda volta un biscotto dalle mani di Slash. Poi, saggiamente, decide di darsela a gambe.

 
“Devo cambiarmi la fasciatura”
Alzo la testa dal foglio che tenevo in mano e guardo Jeff di sbieco.
“Seriamente?”
Lui annuisce.
“Ogni mattina”
“Buona fortuna. E non sporcarmi il letto” mi raccomando, alzandomi e facendo per andarmene.
“No, aspetta, mi serve una mano”
Ero quasi arrivato alla porta. Ce l’avevo quasi fatta a scamparla. Mi dispiace Jeff, ma mi fa schifetto l’idea di cambiarti le fasciature. Non so, vedere i punti, il sangue rappreso, la pelle tirata… vabbè, fa schifo a tutti.
“Che devo fare?” chiedo rassegnato, riavvicinandomi a lui, che ha già cominciato a sfasciare le bende.
“Sopra la scrivania ci sono quelle pulite. Devi solo girarmele un po’ intorno al polso, non è una cosa così traumatica”
Srotolo uno dei gomitoli di fasciatura che sono sopra la scrivania e comincio ad avvolgerlo intono al polso di Jeff, tentando di guardarlo il meno possibile. Sì, era come me l’ero immaginato.
“Ti fa male?” chiedo, tanto per distrarmi. Ma avrei potuto trovare un argomento migliore.
“Non molto, ogni tanto tira. Ma niente di che”
“Hai già provato a…”
Lui mi guarda storto.
“No. E non tocco la chitarra finchè non sono guarito”
“Maddai Jeff, uno sforzo”
“Uno sforzo? Cazzo, ospito in casa una che non sopporto, ho un polso a pezzi, sto tutto il tempo con te a scrivere canzoni, cucino ogni pasto, sono l’unico che tiene un minimo d’ordine e tu mi dici di fare uno sforzo?”
“Senti, non fare la vittima adesso. Ci viviamo in cinque in questa casa. In sei. E tutti diamo una mano. Non lamentarti”
Jeff conclude la conversazione con un sonoro sbuffo. Odio quando fa così. Dio, urlami contro tutto quello che vuoi e sfogati. E invece no, si tiene tutto dentro. E non permette neanche a me di sfogarmi. Lo prenderei a schiaffi, Dio.

 
“Andiamo?” mi chiede Jeanette, dopo essersi infilata le converse ai piedi.
“Andiamo” rispondo io.
Usciamo in strada e veniamo investiti da un odore di umidità fortissimo.
“Piove anche oggi, insomma”
Annuisco. Che tempo di merda.
Arriviamo al supermercato che ha già iniziato a piovere. Ovviamente. Nella lista della spesa aggiungeremo anche un ombrello. O due.
“La lista?”
Porgo a Jeanette il pezzo di carta che ho compilato personalmente prima di uscire. Lei gli da un’occhiata, per poi guardarmi con una faccia come a dire ‘Mi prendi per il culo?’
“Mi prendi per il culo?”
“Perché? C’è tutto”
Lei scuote la testa e si avvia verso la prima corsia. Guardo un’ultima volta la mia lista, sulla quale campeggia una sola parola, scritta pure in grassetto. ‘Tutto’.

 
“Comunque avevo idea di fare un po’ di pulizie oggi, ce li avete i detersivi a casa o tra il ‘tutto’ ci sono anche quelli?”
Nessuna risposta. Mi volto, scoprendo che sono da sola. Stavo parlando con il carrello.
La zazzera bionda di Duff spunta dal fondo della corsia.
“Dammi una mano a orientarmi in questo posto, che io mi perdo” gli faccio cenno di tornare da me.
“Ma cosa vuoi perderti? È più piccolo di casa nostra”
Duff prende il carrello e si avventura nella grande impresa della spesa, fermandosi ogni due passi a mettere qualcosa nel carrello. Finchè arriviamo alla corsia dei dolciumi.
“Oddio oddio oddio c’è la cioccolata con i pop corn”
Il biondo la guarda storto per un po’.
“Che schifo” conclude poi.
“Ma cosa che schifo? È la cosa più buona del mondo”
“Vabbè, butta dentro”
Soddisfatta, appoggio nel carrello la stecca di cioccolata, insieme ad una di cioccolato fondente e ad una di cioccolato bianco.
“Avevi voglia di cioccolato?”
“Secondo te le troviamo le fragole?” chiedo, ignorando completamente la battutina di Duff.
“Siamo a febbraio!”
“Siamo a Los Angeles! La città dei sogni!”
“E tu sogni fragole?”
“No. Ho solo tanta voglia” ammetto.
Lui scuote la testa.
“Te le prederei solo se fossi incinta”
E qua mi parte l’idea balzana nella mente.
“E se lo fossi? Che ne sai tu?”
“Dai, non cominciare con sto discorso”
“Se mio figlio nascerà con qualcosa fuori posto darò la colpa a te”
“D’accordo, mi sentirò in colpa per tutta la vita”
 
Corsia detersivi.
“Comunque prima volevo dirti che avevo idea di fare un po’ di pulizie oggi, un po’ di lavatrici… voi avete la roba o dobbiamo prenderla?”
“Sulla lista c’era scritto ‘tutto’, direi che dobbiamo prenderla” mi risponde Duff, masticando svogliato una gomma che ha appena fregato da un pacchetto.
Mentre tento di capire a cosa diavolo serva un flacone contenente qualcosa di molto simile a jack daniel’s, una coppia passa dietro di me, mormorando concitata. Mi volto a fissarli, perché una coppietta di cinquantenni dovrebbe mormorare nella corsia detersivi di un supermercato? Neanche fossimo controllati. La donna è bassina, con dei capelli castani tagliati di fresco in un sobrio caschetto. L’uomo, molto più alto di lei, è stempiato, ma i pochi capelli rimasti sono inconfondibili: dove lo trovi un altro uomo con i capelli di un biondo così chiaro? Istintivamente, mi nascondo dietro a Duff, facendo finta di niente. Tentando di fare finta di niente.
“Che c’è?” mi chiede lui.
“Sono i miei” sussurro, seguendo con lo sguardo l’uomo e la donna che si aggirano spaesati per il supermercato, continuando a parlottare. Ogni tanto si voltano a guardare indietro, come se volessero fissarsi nella mente un’immagine, come se avessero paura di non ricordarla abbastanza vividamente. E quell’immagine sono io. I miei jeans strappati sulle cosce, la felpa nera, i capelli scuri lasciati liberi sulle spalle.
“Sei sicura? Cioè, guardali”
“Ma ti pare che non riconosco i miei?”
“Sai, sono sedici anni che non li vedi”
“Andiamo a pagare e torniamo a casa” chiudo la discussione, sperando vivamente di avere torto. La prima volta nella mia vita che voglio aver torto.
 
“Saaaaaalve” Jeanette e Duff tornano a casa con tre borse della spesa ciascuno.
“Comunque abbiamo un sacco di cose da fare, quindi preparatevi che sarà un lungo pomeriggio” ci informa gentilmente la signorina, che comincia a tirare fuori dalle borse flaconi su flaconi.
Ne prendo uno e leggo l’etichetta.
“WC brillante?”
“Ecco, visto che l’hai preso tu a te tocca quello. Prendine uno pure tu, Saul”
No, col cazzo che io pulisco il cesso.
“D’accordo” abbasso la testa e mi dirigo verso il bagno, preparandomi psicologicamente alla grande sfida che devo affrontare.
“Prenditi una spugna. E un paio di guanti!” mi urla Jeanette.
Torno indietro e prendo quello che mi ha consigliato lei, mentre Slash si lamenta, visto che a lui è toccato il detersivo dei piatti. E di piatti ce ne sono, altrochè se ce ne sono.

 
“Tu puoi fare qualcosa o…” chiedo incerta a Jeff. Meglio essere il più delicati possibile con il signorino, non mi va un’altra rispostaccia.
Lui fa spallucce.
“Dipende cosa”
Rifletto un attimo su cosa potrebbe fare un ventiquattrenne con un polso steccato.
“…bo, non puoi fare niente. Siediti sul divano e non stare in mezzo alle palle”
Lui accetta di buon grado la mia proposta, lasciandosi cadere a peso morto sul sofà e accendendo la tv.
“Io vado dalla lavanderia a fare un po’ di lavatrici, va bene?” mi chiede Duff.
“Va bene, va bene” rispondo distrattamente io, incasinata a tentare di mantenere un minimo d’ordine nella grande impresa delle pulizie di casa Guns.
 
Trovo una borsa piuttosto grande in un mobile della cucina, ci ficco dentro tutti i vestiti che mi capitano sottomano ed esco in strada. Cammino veloce fino alla lavanderia a gettoni alla fine della via. Tento di fare le lavatrici separando i colori più o meno ordinatamente, bianchi con bianchi, neri con neri, grigetti con grigetti. Ad un certo punto spunta una maglietta verde. E questa dove cazzo la metto?
 
“Ti diverti?” mi chiede sarcastica la moretta, vedendomi chinato sul cesso. Le rivolgo lo sguardo più acido che mi è permesso e continuo imperterrito nella mia mansione. Lei si dedica alla doccia. Mi passa una pessima, o geniale, idea nella mente.
 
Un getto d’acqua gelida mi investe in pieno.
“Ma che cazzo…” urlo, spaventata.
“Paura?” mi chiede Axl, chiudendo la porta della doccia dietro di sé e spingendomi contro le piastrelle bianche.
“Ma sei scemo?”
Chiudo l’acqua fredda, di cui ormai sono impregnati tutti i vestiti. Il rosso appoggia le sue mani sulla parete affianco a me, bloccandomi.
“Eddai, sotto la doccia”
“Avete una doccia gelida, voi. E poi dobbiamo finire con le pulizie”
Lui sbuffa.
“Ci metto un attimo, a farti felice”
Gli rido in faccia. Farmi felice.
“Sono dieci giorni che ci provi e ancora non ci sei riuscito”
Forse un po’ deluso, forse un po’ basito dalla mia constatazione, Axl mi lascia andare. Piuttosto rapida, la cosa.
“Comunque non è finita”
“No che non è finita. Ti ho lasciato il detersivo là in doccia, dalle una pulita”
 
“Ma chi è quest’idiota che ha occupato una lavatrice per una sola maglietta?” si lamenta una vecchina che sta cercando una lavatrice libera per farsi il bucato. Lavatrici tutte occupate da me, che sono l’idiota di cui parlava prima. La tizia se ne va brontolando, lasciando il posto ad una ragazza decisamente più piacevole. Da un’occhiata a tutte le lavatrici, per poi sbuffare e ripetere esattamente le stesse parole della signora.
“Ma chi è quest’idiota che ha occupato una lavatrice per una sola maglietta?”
“Sono io” rispondo, scoprendo poi che la mia interlocutrice, alla quale stavo fissando il culo da quando è entrata, è Nicole. Gran bel culo, non c’è che dire. Steven sa scegliere.
“Duff!” mi saluta lei, avvicinandosi a me con un sorrisone e stampandomi un bacio sulla guancia.
“Steven è da te?” le chiedo subito. Lei fa cenno di sì con la testa.
“E non ha idea di tornare”
Sbuffo. Che testa di cazzo.
“Vabbè, tanto tornerà presto comunque”
“Vuoi che gli parlo io?”
“Se ti va, ma sta tranquilla, non è la prima volta che minaccia di abbandonarci”
Lei annuisce di nuovo.
“Bè, io allora vado… visto che le lavatrici sono tutte occupate”
Mi fa l’occhiolino e se ne va, proprio quando lo sportello della prima lavatrice scatta, seguito ordinatamente da tutti gli altri. Finalmente ho finito sto benedetto bucato.

 
“Finito!” irrompe Axl in cucina con un viso soddisfatto fuori dai modi.
“Ma bravo” gli sorrido io, che sto preparando un’insalata. Saul assaggia la pasta e, dopo aver decretato che è pronta, la scola dentro al lavello.
“È pronto!” urla, e la sua voce viene seguita dallo sbattere del portone e da quella di Duff che ci annuncia che lui, a fare le lavatrici, non ci tornerà mai più.
 
“Dormi in camera mia anche stanotte?” mi chiede il biondone, gustandosi la sua pasta al pomodoro. Io annuisco.
“E la cosa dei tuoi…” inizia innocente, facendo però calare il gelo nella stanza.
Sento gli occhi di Jeff puntati addosso. Mangio l’ultima forchettata di pasta e lo guardo.
“C’erano mamma e papà al supermercato oggi”
“Che ti hanno detto?”
“Niente, non sono neanche sicura che mi abbiano vista. Tu ne sai qualcosa?”
“Tranquilla, non ho detto a nessuno che ti tengo nascosta qui”
Si alza e se ne va in camera, lasciandomi con un palmo di muso. Axl si alza e fa per seguirlo, ma prima di richiudere la porta mi dice che i miei avevano in programma di venire a trovare Jeff. E a me la cosa non piace affatto.
“Tu va a dormire, finiamo io e Saul qui” mi sussurra Duff.
“Sì, tranquilla Jeanette, finisce Duff qui” è la gentile risposta del chitarrista, che si accomoda in camera sua insieme agli altri due.
“Sicuro che non vuoi una mano?” chiedo al biondo.
“Sicuro”
“Grazie. Notte Duff”
“Notte Jeanette”
  
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