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Autore: KurKur    17/09/2013    2 recensioni
Perché quando stai lì e fissi il nero, il vuoto che non ti da nulla, non ti dice alcunché, è come se ti strappassero un pezzo d'anima, come se il tuo respiro venisse mozzato, mentre il tuo cuore si appesantisce. Non sai cosa fare.
Impazzisci.
Piangi.
Gridi.
Ma nessuno può sentirti.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pioggia confortante.
 

Perché quando stai lì e fissi il nero, il vuoto che non ti da nulla, non ti dice alcunché, è come se ti strappassero un pezzo d'anima, come se il tuo respiro venisse mozzato, mentre il tuo cuore si appesantisce. Non sai cosa fare.
Impazzisci.
Piangi.
Gridi.
Ma nessuno può sentirti.
E' tutto completamente nero, senza senso, come un fiume senza pesci. Un cielo senza stelle. Ed io così mi sentivo: senza una parte del cuore, senza un pezzo importante della mia vita. Strappato via così, come se niente fosse più importante, come se mi avessero tirato per i capelli e me li avessero tolti tutti insieme, con violenza inaudita, senza darmi nemmeno la possibilità di abituarmi all’idea. E rimango qui da solo, senza più niente a consolarmi, senza la possibilità di rialzarmi, steso a terra senza forze.Non ce l’ho più una ragione per vivere. Cosa si fa in questi momenti?
Cosa si fa quando il motivo per il quale ti sei svegliato la mattina e per il quale vai a dormire più tardi possibile scompare?
Cosa si fa quando ti ritrovi con in mano solo un mucchio di polvere inutile e negli occhi il vuoto più totale?
Volto lo sguardo verso la finestra, grigia come la mia anima. Piove, là fuori. Che freddo, anche! Non capisco come mai tutta questa pioggia! Ma in fondo, che parlo a fare se nessuno mi ascolta? Che cosa significa la vita, se nessuno mi ascolta? Il mio cuore batte all’impazzata. Devo alzarmi dalla sedia, oppure impazzisco. Anche solo muovermi è difficile, però mi faccio forza e decido di camminare.

“Anthony, così presto fuori dalla tua stanza?” chiede mia madre.
“Beh, sì.” rispondo io, con voce piatta, quasi cercando di trascinare le parole su per la gola.
“Ma che hai? Perché piangi?”
“Affari miei, mamma. Ora scusami, esco.”

Se mia madre ha assunto una faccia di giubilo o perplessa, non lo so, perché le volto le spalle ed esco fuori, ignorandola, proprio come fa il mondo col mio dolore in questo momento.
La pioggia mi sfiora il volto.
Caspita, se c’è freddo! Il freddo nella mia anima si fonde perfettamente col mondo fuori. Sarà, ma io ci vedo un che di mistico in tutto questo. La pioggia cade a catinelle su di me. Il mio cuore piange. non riesco a vedere da un palmo del mio naso, e un ciclista ne approfitta per inzaccherarmi con la prima pozzanghera. Adesso se possibile c’è ancora più freddo. Non so più cosa fare. Il mondo ce l’ha con me. L’universo ce l’ha con me. Questo cane randagio che mi abbaia feroce ce l’ha con me.

Alzo il cappuccio della felpa sulla testa, ma il vento continua a spedirmi le lacrime del cielo sul volto. Come se le mie non bastassero. Anche il cielo ce l'ha con me. Cosa ho fatto di male, io? Nulla, o almeno, nulla che potesse causare tutto ciò.

Ma tu guarda che cosa strana, le mie gambe mi portano lì dove volevo arrivare, ovvero le altalene. Forse, il movimento ipnotico delle stesse mi cheterà l’animo. Mi do una spinta coi piedi e sono già su. Il cigolio delle vecchie altalene è coperto da un tuono fortissimo. Era bello forte, questo.

“Mamma, guarda! Quel ragazzo parla solo!” mi indica una bambinetta innocente, ammantata nel suo impermeabile.
“Non si indicano le persone con il dito! Per giunta pazze!” sibila lei, portandola via protetta da un ombrello. Gli ombrelli, già. Riparano dalle disgrazie della vita, ma solo da quelle atmosferiche, dai cuori affranti nessuno può essere riparato. Perché, oh mondo? Che cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?
Ma perché devo sentirmi così male? E perché devo parlare solo? Dunque è vero, c'è qualcuno al di sopra di noi, sopra questi nuvoloni grigi, a decidere cosa deve accadere? Se veramente esiste questo essere superiore, perché tutto questo è dovuto succedere proprio a me? Perché? Perché? Questa parola continua a fare eco nella mia testa. E' il mio punto fermo. Come se, non rispondendo a questo quesito, non potessi andare avanti. Ma ecco, una lampadina si è accesa: se non posso andare avanti, è proprio il caso di mettere un punto a questa storia. Devo porre fine a ciò che mi tormenta. E se ciò che mi tormenta è la mia stessa ragione di vita, la soluzione è solo una. Mi alzo e mi incammino velocemente, come posseduto da una forza superiore. Le strade vuote non fanno altro che aggiungere altra malinconia alla mia anima in pena. Le gocce d'acqua, cadendo, causano dei cerchi nell'acqua sporca del fiume. Il fiume, profondo, è sovrastato dal mio principale obiettivo: il ponte. Cammino su di esso, mentre le mie scarpe provocano il cigolio del legno mezzo marcio.

“Anthony?” Mary Anne, la mia amica d’infanzia, avvolta nel suo impermeabile giallo col cappuccio, mi vorrebbe offrire il suo ombrello coordinato, ma in quel momento mi guarda perplessa.
“Che cavolo ci fai qua?” mi chiede, avvicinandosi al parapetto del ponte. Mi guarda spaventata, in fondo non è mai stata una stupida: so che ha capito.
“Per di più senza ombrello alcuno?”
“Non ho bisogno di ombrelli, niente mi può consolare ora che… ma non posso dirlo!” rispondo, non riuscendo nemmeno a sostenere il suo sguardo.
“Ma che hai?”
“Niente, lascia perdere.”. Torno a piangere. Non ce la faccio, è troppo grave il peso che ho sul petto, tanto che vorrei strapparmi le budella, che non sono sul petto, per giunta.
“Allora? Sai che puoi dirmi tutto.” torna all’attacco.
“No, non ho niente, figurati.”
“Non puoi piangere senza motivo. Sei un uomo o una lumaca depressa?” Allorché mi alzo e voltandole le spalle le dico “Non posso… il mio cuore è a pezzi.”

“Ti passo della colla?”
“Adoro questo tuo sarcasmo da quattro soldi, ma non capisci che sto male?! Non capisci che il mondo mi è caduto a pezzi in un secondo?!”

Gliel’ho urlato in faccia, facendole vedere il mio incisivo sporgente e facendole assaggiare il mio alito che sa di pino silvestre. O almeno spero. Lei non fa una piega, ma socchiude leggermente gli occhi come se fosse stata solo una folata di vento un po’ più forte.

“Anthony. Non fare il cretino, ti verrà una polmonite.”
“Non ha più importanza.” affermo categorico.

Mi inginocchio. Non ce la faccio. Mary Anne mi ha offerto una spalla su cui piangere, dopo tutto. Magari lei avrà la soluzione ai miei problemi. Magari lei è il mio sole e non ne sapevo niente? Ma sì, proviamo. Guardo Mary Anne, che a sua volta mi fissa negli occhi, tanto da mettermi in imbarazzo.

“Mi hanno staccato internet” dico, quasi senza accorgermene. “Non ho più internet a casa, ergo non posso più giocare a World Of Worcraft”

Lei mi guarda stralunata.

“Tu… COSA?”
“Mi hanno tolto internet e la mia vita se n’è andata con la linea.” Ha finito di piovere. Mi sento meglio, ora che ne ho parlato con qualcuno.

Un suono squillante proviene dalla mia tasca. Quasi senza accorgermene, scendo giù con la mano e prendo il telefono, mentre Mary Anne continua a fissarmi, sconcertata.
E' un messaggio, da mio fratello.
"Idiota, torna a casa, il modem funziona di nuovo."


 
Angolo autrice.
Saaaalve.
Prima di tutto voglio ringraziare REAwhereverIgo e Aven90, per aver scritto gran parte di ciò che avete appena letto. Sono stati grandi!

Scusate per il finale, non era nostra intenzione sconvolgervi... o forse sì?
Ad ogni modo, non insultateci nelle recensioni solo per questo piccolo scherzetto!
Vi saluto,
Christina. xx
   
 
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