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Autore: BecauseOfMusic_    17/09/2013    1 recensioni
Siamo nell'anno 1215.
L'assalto delle truppe francesi a Dunchester ha avuto successo e il barone Geoffrey Martewall ha ripreso possesso del suo feudo. Ian, alias Jean Marc de Ponthieu è finalmente riuscito a tornare a Chatel-Argént e ha potuto riabbracciare Isabeau, ormai prossima al momento del parto.
Dopo alcuni giorni viene convocato da Guillame de Ponthieu, che gli affida una delicata missione per conto del re.
Per portarla a termine avrà nuovamente bisogno dell'aiuto del barone inglese: ma cosa accadrà se la dama che deve proteggere e di cui Martewall è segretamente innamorato, si trova nelle mani di Giovanni Senza Terra?
p.s. questa storia è solamente frutto della mia fantasia e riferimenti a fatti realmente scritti o accaduti sono PURAMENTE casuali.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Geoffrey Martewall, Ian Maayrkas aka Jean Marc de Ponthieu, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E CANTATE TUTTI INSIEME L'ALLELUJAH, SONO TORNATA!
Lo so, lo so avevo detto solo due settimane: meriterei la gogna, ma prima di tirarmi addosso frutta, verdura marcia e solo il signore sa cos'altro leggete il capitolo (che, tra parentesi, ho impiegato tanto tempo a scrivere perchè doveva essere perfetto) e fatemi sapere, scrivendo una magica recensione :DD
Invito anche quelli che finora hanno solo letto a scrivermi cosa vi piace e ovviamente cosa NON vi piace: le critiche costruttive sono sempre bene accette qui!
Vi lascio correre a leggere quello che c'è scritto sotto, anzi spero che abbiate talmente tanta fretta di sapere come va avanti la storia da saltare totalmente questa parte.
Ora la smetto, promesso.

Buona lettura. BecauseOfMusic_





Il capo delle truppe mercenarie di Giovanni SenzaTerra stava placidamente disteso nel suo catino pieno d’acqua calda, pregustando già il momento in cui avrebbe potuto disporre a suo piacimento della ragazza dai capelli castani: l’avrebbe uccisa in modo lento, doloroso, avrebbe protratto l’agonia il più possibile; fuori della tenda i suoi sottoposti preparavano le provvigioni per il viaggio che li aspettava.
Poco prima di partire dalla vecchia torre per portare i prigionieri al re questi gli aveva mandato un messaggero, avvisandolo che avrebbe dovuto ‘riscuotere’ le tasse in un villaggio non molto distante dal luogo in cui si trovavano. Non potendo portarsi dietro i prigionieri con il rischio che scappassero aveva deciso di lasciarli li, sorvegliati dai suoi tre uomini migliori; finalmente pulito uscì dal catino, si rivestì e cominciò a raccogliere tutte le sue carte ed i suoi documenti.
Il suo luogotenente fece capolino dall’apertura della tenda
“Signore, siamo pronti. Se avete delle ultime raccomandazioni da fare ai soldati…”
“Grazie LeBray, arriverò tra qualche minuto” rispose Wenning congedandolo con un gesto della mano.
Aveva molte raccomandazioni da fare agli uomini che lasciava a sorvegliare i prigionieri, perché oltre alla lunghezza del viaggio, che sarebbe durato all’incirca tre giorni tra andata e ritorno mantenendo i cavalli al massimo dell’andatura, conosceva perfettamente la furbizia della piccola vipera: anche se avevano un patto non si fidava di lei.
Ultimamente si era fermato spesso accanto alla piccola finestrella che dava luce alla segreta, cercando di ascoltare i discorsi dei prigionieri, ma li aveva sempre trovati stranamente silenziosi, e la cosa inizialmente lo aveva preoccupato, poi le ultime volte si era sporto leggermente, cercando di evitare di essere visto e aveva notato che il più alto dei due uomini stava meglio, mentre l’altro era sempre disteso a terra e non dava segni di miglioramento. Wenning aveva visto questo come un fatto positivo, poiché sapeva che la ragazza non avrebbe mai abbandonato nessuno indietro se si fosse presentata la possibilità di fuggire: con uno dei due compagni ridotto in quello stato la possibilità non esisteva affatto.
Sul viso dell’uomo si dipinse un ghigno soddisfatto mentre riponeva le ultime cose ed usciva dalla tenda.
Una volta fuori si diresse di nuovo alla finestrella e sbirciò: dormivano.
Ad un suo cenno LeBray si avvicinò: “Ordina ai tre che resteranno di mettere del sonnifero nell’acqua che daranno ai prigionieri. Voglio trovarli addormentati quando tornerò.” Sembrava che non avessero possibilità di fuga, ma non voleva correre neppure il rischio più remoto e ritrovarsi a doverli inseguire di nuovo per tutta la Bretagna.
Circa mezz’ora dopo tutto era pronto per la partenza: i tre soldati che erano rimasti, due veterani ed un ragazzo più giovane, vennero fatti schierare davanti al suo cavallo.
“Miei valorosi, sarò di ritorno tra due giorni esatti e conto sulle vostre capacità: non solo la mia ma anche la fiducia di re Giovanni è riposta in voi. Vegliate sui prigionieri e non perdeteli di vista, neppure durante la notte, e non rivolgete loro la parola per alcun motivo.” I tre fecero il saluto militare e il capitano si mise in marcia insieme ai suoi uomini.
Mentre si allontanava si voltò indietro diverse volte: non ricordava di avere tra i suoi uomini anche un ragazzo così giovane. La sua mente fu attraversata dal dubbio che si trattasse di un complice della ragazza, ma allontanò subito l’idea: da quando aveva catturato la ragazza era piuttosto paranoico, ossessionato dall’idea che trovasse il modo di sfuggirgli tra le mani.
Scrollò le spalle, cercando di liberarsi della strana sensazione che lo assaliva e si concentrò sulla strada davanti a sé: prima andava, prima tornava, e per Lilyth non ci sarebbe stato più scampo.

 Ian osservò il barone inglese, che fingeva di dormire sdraiato a terra mentre la loro compagna di viaggio fissava la piccola fetta di cielo visibile attraverso le sbarre senza vederla.
 Non poté fare a meno di pensare a Isabeau, che lo aspettava a Chàtel-Argènt; Marc era già nato? Quanto mancava ancora? Sapeva che sarebbe rimasto in vita, perché sua moglie avrebbe messo al mondo un altro figlio suo, ma cosa ne sarebbe stato di Martewall e della protetta di Filippo Augusto? Scosse la testa per allontanare l’ipotesi peggiore.
Un rumore di passi attirò l’attenzione di tutti e tre: il Leone si mise a sedere, ma la ragazza gli impose di tornare a fingersi addormentato, mentre con un gesto invitava Ian al silenzio più assoluto.
Sulla porta della cella comparve una figura abbastanza esile, che chiamò con voce incerta: “Marie, dove siete? Non vi vedo”
Lilyth avanzò con passo rapido e leggero fino a lui: “Quante volte, Will, quante volte dovrò dirti che quello non è il mio nome?”
Il ragazzo sulla porta sorrise: “Molte ancora temo.” La sua espressione tornò seria “Siete sicura di ciò che fate? Se ci scoprono ci ammazzano entrambi!”
Anche lei divenne seria “Non permetterò a nessuno di farti del male, mai.”
“Non dovrei parlare con i prigionieri, né aiutarli, ma voi siete un amica…molto importante per me, lo sapete Marie.”
Lilyth fece passare una mano attraverso le sbarre per posarla sull’avambraccio del soldato, senza aggiungere altro.
Qualche istante dopo il ragazzo se ne andò, e lei ritornò verso la finestra.
< cosa diavolo sta combinando questa ragazza? > si chiese il Falco.
Gli si avvicinò, e mentre osservava lo stato di guarigione della ferita alla spalla parlò in sussurri:
“Wenning si è allontanato, sarà di ritorno tra due giorni. Noi fuggiremo stanotte: Will porterà uno dei suoi due compagni con se nei boschi e lo stordirà. Appena avrò finito di controllare la ferita dovrete rompere la catena che vi tiene ancorato al terreno e tenervi pronto a neutralizzare la guardia che entrerà nella cella.”
“E come dovrei fare a liberarmi della catena? Chiamo la guardia e le chiedo se mi da la chiave?” chiese lui sarcastico.
“Questo basterà.” Rispose lei, mettendogli in mano un pugnale piccolo ma piuttosto affilato.
“Dove lo avete preso questo?” chiese sbalordito.
“Avere uno dei tuoi carcerieri che ha perso la testa per te ha i suoi vantaggi, non trovate?” rispose Lilyth in un soffio, tornando poi verso il barone inglese.
< non vorrei mai trovarmela davanti come avversaria: è dotata di un’astuzia che ho visto solo in poche persone. > rifletté l’americano avvicinando la lama del pugnale all’anello della catena.
 
Il giovane Will, all’ora stabilita, chiamò uno dei due compagni d’armi:
“Ho notato nel bosco delle tracce, uomini a piedi. Sembra che si siano accostati vicino ai cespugli che danno sulla torre. Potrebbero essere dei complici dei prigionieri.”
“Si” gli rispose svogliato il suo interlocutore “Ma se anche fosse adesso si sta facendo troppo buio per seguirli.”
“E correre il rischio di svegliarci domani mattina con la cella vuota e senza i cavalli per inseguirli? Per me non fa differenza, andiamo pure domani o dopo, ma se fuggono? Il comandante non sarà contento in ogni caso, di chiunque sia la colpa.”
L’uomo si alzò dalla sedia  e rinfoderò la spada: “Prepara i cavalli, ci mettiamo in marcia tra cinque minuti. Non seguiremo le tracce, dovunque portino: verificheremo soltanto la loro presenza. Dobbiamo impiegare al massimo mezz’ora, il comandante ha detto di non lasciare un solo uomo a sorvegliarli per troppo tempo.”
Mentre il ragazzo si allontanava con aria soddisfatta il compagno si diresse all’interno della torre e poi giù per le scale, fino al luogo dove era seduta la guardia.
“Com’è la situazione?” chiese.
“Tutto tranquillo, uno è sempre disteso, dorme praticamente tutto il giorno. Gli altri due non parlano molto. Tra qualche minuto dovrò portare il pane e l’acqua.”
“A proposito di questo: il ragazzino dice di aver notato qualche impronta dietro i cespugli qui intorno, così andiamo in perlustrazione. Non ci metteremo più di mezzora, ma tu per sicurezza aggiungi una buona dose di sonnifero all’acqua che servirai ai prigionieri.”
La guardia annuì e nel mentre Will scese ad avvisare che i cavalli erano pronti; frattanto che lui e l’altro salivano i primi gradini delle scale dalla cella si sentì provenire un sospetto clangore metallico: i suoi due commilitoni si voltarono per andare a vedere cosa era successo ed il ragazzo, mostrando di voler fare lo stesso, finse di scivolare, cadendo addosso al più vicino dei due.
“Incapace!” fu apostrofato.
“Chiedo scusa, sono inciampato.”
La guardia tornò e si sedette di nuovo tranquilla al suo posto. “E’ tutto sotto controllo, uno dei due uomini ha tentato ancora di alzarsi, facendo sbatacchiare la catena.”
“Sicuro? Bene, allora noi andiamo.” Will riprese a salire le scale, seguito dal suo compagno di perlustrazione, che non si accorse della sua cintura con il fodero e la spada a terra.
 
Lilyth strinse con violenza il nodo sulla ferita alla spalla di Ian, strappandogli un gemito di dolore.
“Non credo di aver mai conosciuto un uomo più ostinato e stupido in tutta la mia vita!” inveì poi contro di lui “avete rischiato di farci scoprire!”
“Sarei stato più prudente se voi mi aveste detto qual’era il piano, invece avete tenuto all’oscuro entrambi!” sibilò lui in risposta.
Martewall ancora disteso a pancia in giù, secondo gli ordini della fanciulla, dischiuse la bocca in un sorriso, divertito dal loro nuovo battibecco, ma dovette riconoscere dentro di sé che il Falco un po’ di ragione l’aveva: Lilyth si era limitata a dire loro che sarebbero fuggiti alla prima buona occasione e li aveva pregati di attenersi a quello che avrebbe detto.
Così il barone inglese si fingeva da giorni un malato sulla soglia della morte, ed Ian un uomo ferito che si era rassegnato alla prigionia, mentre la giovane donna interpretava il ruolo di un’amica preoccupata per la loro sorte, disposta a tutto pur di salvare le loro vite.
Era rimasta molto più frequentemente vicino a lui per far funzionare bene la commedia e gli aveva tagliato la catena a poco a poco nei giorni precedenti.
“Vi comunicherò solo al momento opportuno cosa dovrete fare, per ora meno sapete, meglio reciterete.” Erano state le sue esatte parole.
La ragazza riprese ad aggredire il cadetto dei Ponthieu con voce ancora più tagliente: “Vi ho chiesto di tagliare la catena che vi legava al terreno e vi ho dato un’arma che, tecnicamente, voi che siete un prigioniero non dovreste avere. Persino il cane zoppo che avevo da bambina avrebbe capito che doveva fare meno rumore possibile!”
“Gentile da parte vostra paragonarmi a un cane zoppo.” Disse lui offeso.
“Oh, monsieur, voi lo rendete così facile! Comunque non dovete prendervela così: per tutto quello che vorrei dirvi adesso se non dovessimo fuggire da un momento all’altro potete ancora considerare le mie parole un  complimento.”
In quel momento arrivò la guardia, fece passare tra le sbarre il cibo e le ciotole d’acqua e poi, senza una parola tornò a sedersi nella stanza attigua.
Lilyth corse ad afferrare le ciotole d’acqua, annusò il contenuto, intinse il dito e se lo portò alle labbra, poi rovesciò due ciotole in un angolo, spiegando “Immaginavo che Wenning avrebbe ordinato di farci drogare in sua assenza, ed i miei sospetti vengono confermati: tutte e tre le ciotole contenevano un’alta dose di sonnifero.”
“E il cibo no?” chiese Martewall sotto voce.
“Non è sicuro mangiare neppure quello, ma deve pensare che lo abbiamo divorato.” Nascose anche il pane sotto un mucchietto di terra, si stropicciò gli occhi per arrossarli e far sembrare che avesse pianto ed infine diede una ciotola in mano a Ian: “Ora fate finta di dormire:quando vi darà le spalle dovrete colpirlo sulla nuca con tutta la forza che riuscite a trovare, capito? Non avremo una seconda occasione, quindi vi prego, non..”
“….devo fare di testa mia. Lo so.” Concluse lui.
Tutti e tre si scambiarono un’occhiata di intesa, poi Lilyth cominciò a piangere ed urlare, disperata.
 
Will guidò il suo compagno nel bosco per circa una quarantina di metri, poi si fermarono e gli indicò i cespugli di cui gli aveva parlato.
Il soldato accese una delle torce che avevano portato ed osservò il terreno.
“Ma qui non c’è nessuna impronta, stupido!”
Una risata fredda gli raggelò il sangue: “Certo che voi inglesi siete proprio stupidi: credevo che mi ci sarebbe voluto molto di più per convincerti a lasciare da sola la guardia, invece è bastato poco o niente.”
Si voltò e vide che il ragazzo aveva tolto la casacca degli uomini di Wenning, rivelando quella anonima che aveva sotto.
“Chi diavolo sei tu?” esclamò furioso, mentre l’altro impercettibilmente si avvicinava, passo dopo passo.
“Il mio nome non è affar tuo, ma se vuoi una buona ragione per odiarmi, ti dirò che la mia fedeltà va ad un padrone diverso dal tuo.”
“Molto bene, uomo la cui fedeltà va a qualcuno che non è il mio capo, adesso tu monti in sella al cavallo e mi segui fino alla torre, dove ti rinchiuderò in cella insieme agli altri prigionieri!”
“Ancora non hai capito?” gli chiese il ragazzo, fissandolo intensamente con i suoi occhi color del ghiaccio, dietro i quali traspariva solo determinazione “tu non tornerai mai più alla torre.”
L’uomo intuì la sua mossa e si portò la mano al fianco per prendere la spada, ma si accorse di non avere la cintura: troppo tardi, Will anticipò la sua fuga e lo trapassò con la spada.
Nascose il cadavere tra i cespugli, poi salì in groppa al suo cavallo e prese le briglie dell’altro, dirigendosi nuovamente verso la torre.
 
Ian appoggiò nuovamente le spalle al muro, chiuse gli occhi e strinse convulsamente nelle mani la ciotola datagli da Lilyth.
La guardia arrivò pochi istanti dopo, imprecando assonnata.
“Cosa diavolo succede? Smettetela!” urlò contro la ragazza.
“Aiuto, vi prego, aiutatemi!” implorò lei, poi indicando il barone inglese steso a terra “E’ morto, è morto!”
L’uomo prese le chiavi e fece scattare la serratura, entrò e minacciando Lilyth con la spada perché si allontanasse, scrutò il cavaliere a terra.
L’americano si alzò velocemente e lo colpì con la ciotola alla nuca, facendolo svenire.
Martewall si alzò, complimentandosi con la fanciulla: “Complimenti, siete davvero un’ottima commediante”
Lei si strinse in un’alzata di spalle: “Faccio del mio meglio.” Poi si chinò per raccogliere la spada del soldato, ed Ian la prese dalle sue mani.
“Grazie, madame, mi serviva proprio una spada. Anzi, serve a entrambi: cerchiamo di trovarne un’altra per il barone.”
Lilyth sorrise freddamente, irritata dall’idea di non potergli strappare l’arma di mano e puntargliela alla gola.
“Prima di andare voglio assicurarmi che la guardia dorma il più possibile.”
Ruotò il corpo dell’uomo a pancia in su, prese la ciotola piena d’acqua mista a sonnifero che aveva lasciato in un angolo e gliela fece bere.
Nella stanza accanto la spada del soldato morto nel bosco era stata posata sul tavolo dalla guardia, per restituirgliela appena fosse tornato; Martewall la afferrò saldamente con la mano destra, ma il braccio gli faceva piuttosto male, il muscolo era indolenzito.
Il Leone vide il lampo di bramosia che attraversò gli occhi della loro compagna di viaggio: la sua mente tornò in automatico alla battaglia della radura. Quando aveva accettato di andare in Inghilterra a cercare la figlia di un nobile si aspettava una damigella fragile, paurosa e indifesa, invece aveva incontrato una tra le donne dal temperamento più forte che avesse mai conosciuto nella sua vita: al di là dell’uso della spada, Lilyth aveva inventiva, astuzia e grande coraggio.
Nella cella alcuni giorni prima lei gli aveva afferrato la mano per strappargli una promessa, e non riusciva ancora a comprendere lo strano motivo per cui la sua lingua si era trasformata in un pezzo di cuoio, attaccandosi al palato. La ragazza lo sorprese a fissarla, e lui si costrinse a dirigere lo sguardo sulla parete.
Ian controllava le scartoffie depositate sul banco al quale sedeva il loro carceriere, ma non trovò nulla di importante: né per la loro fuga, né informazioni che potessero servire al re Filippo Augusto; al piano sopra di loro si sentirono dei passi pesanti, e la voce di un uomo che li chiamava.
Lilyth corse su per le scale, seguita dai due cavalieri, ed abbracciò Will con slancio.
Martewall vide amore nello sguardo di lui: incontrollato, e il suo stomaco si chiuse improvvisamente, come se qualcuno gli avesse dato un pugno. Attribuì la sensazione alla fame, dato che non avevano mangiato nulla dalla mattina, e poi andò a stringere la mano al biondo.
“Messieurs, lui è il mio amico e protettore William, anche se il suo vero nome è François.” Disse la ragazza facendo le presentazioni. “Ha è riuscito ad infiltrarsi tra gli uomini di Wenning e mi ha passato tutte le informazioni che ci servivano per scappare. Non ho potuto dirvi niente monsieur De Ponthieu perché temevo che qualcuno ci stesse ascoltando: avrei compromesso l’intera fuga. Siamo cresciuti in fattorie vicine e all’età di dodici anni mio padre ha cominciato a istruirlo per proteggermi. “ L’amico le diede una mano a salire in sella ad uno dei due cavalli presenti. “Il re non sa della sua presenza, ma sono assolutamente sicura che quando saremo al suo cospetto lo ricoprirà di onori.” Concluse con tono fiero.
I suoi due compagni di viaggio fecero per avvicinarsi alle cavalcature, immaginando di dover salire in due su un cavallo, ma il ragazzo estrasse repentinamente la spada puntandogliela contro.
“Will, che cosa stai facendo?” chiese Lilyth con voce preoccupata.
“Temo che non riusciremo ad arrivare dal re di Francia, Marie.”
Due uomini con la stessa sua divisa comparvero dall’ombra e costrinsero a terra Ian e Martewall, togliendo loro le spade.
“Perché mai non dovremmo arrivare dal re?” insisté lei, scendendo da  cavallo: era spaventata dalla piega che aveva preso la situazione, ma sperava di poterla ancora gestire.
“Torna in sella!” Le ordinò. “tu credi di sapere che intenzioni ha Filippo Augusto, vero? Beh, non ne hai la minima idea!”
 “Ma cosa stai dicendo Will? Questi due uomini li ha mandati lui per salvarmi!”
“No! Mentono! Filippo Augusto ti farà sparire, esattamente come ha fatto quando…”
“Basta!” lo interruppe lei con voce incrinata “Basta, non aggiungere altro.”
William buttò a terra la spada e le scosse le spalle “Io posso portarti da qualcuno che ti protegga seriamente, qualcuno che ha bisogno di te per vincere questa guerra che sta inaridendo l’Inghilterra, costringendola alla fame per poter pagare i soldati, qualcuno che sarebbe felice di averti al suo fianco a combattere. ”
Lilyth lo conosceva da una vita, aveva già capito di chi stesse parlando, ma pregò con tutta sé stessa di essersi sbagliata.
“Qualcuno come chi, Will?”
Lui avvicinò il viso al suo “Qualcuno come Giovanni SenzaTerra.”


*Oh naturalmente il più sentito grazie a tutti quei lettori fantastici che già seguono e recensiscono la mia fanfic. Vi adoro ;)

 
  
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