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Autore: Fateless    17/09/2013    3 recensioni
Ho deciso di scrivere un seguito alla mia precedente fan fiction "Life in Flames", spero vi piaccia.
Genere: Erotico, Generale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Who.
Chiudo con violenza la porta d'ingresso che si scontra rumorosamente facendo tremare i vetri delle finestre. Sbatto la mano serrata a pugno sul muro portante procurandomi un male immenso e lancinante che mi distrae per qualche minuto dalla situazione e da me stesso. Ho bisogno di una sigaretta, forse due, magari tre. Afferro il pacchetto e ne accendo una, aspirando più tabacco possibile, finchè non ce la faccio più, trattengo il fumo dentro, lo sento per poi liberarlo dal naso facendomi rabbrividire leggermente. 
Dove cazzo sei Danny, cosa cazzo fai, penso. 
Sento una sensazione strana attanagliarmi il petto, stringendomi il cuore e i polmoni, a tal punto da bloccarmi il respiro. Schiaccio la sigaretta sul posacenere e allo stesso modo vorrei fare con la mia mente, i miei pensieri: schiacciarli e spegnerli con violenza. 
Poso gli occhi nell'angolo della stanza e senza pensarci due volte prendo la chitarra e vado nella mia stanza, chiudo la porta e mi lascio scivolare sulla schiena sulla superfice liscia, fino a sedermi sul parquet. Suono qualche corda a caso e tento di mandare via i pensieri cattivi, che tentano di prendere possesso della mia mente.
Primo tasto, terza corda. Sussurro.
Secondo tasto, prima corda. Sussurro ancora.
Quarta corda vuota. Dico a bassa voce. 
-Alexandria, sto male- dico, e nello stesso istante mi sento tremendamente stupido. 
-è da idioti, tu non sei qui, non sarai più qui accanto a me, e io sto praticamente parlando con il nulla. Non credo in Dio, ma ho tanto da dirti. E tu sei così lontana, irraggiungibile. Vorrei che magicamente ti risvegliassi dal profondo sonno in cui sei piombata e venissi qui da me, mi scompigliassi i capelli per poi dirmi: "Ben, io ti odio, sul serio" e vorrei sentire le tue labbra calde sulla mia guancia e le tue braccia accoccolarsi al mio petto. 
Te lo ricordi? Io si, come se fosse ieri, come se il tempo non fosse mai trascorso, come se potessi ancora chiamarti e chiederti di uscire, e forse sto ancora aspettando il suono del campanello e la tua faccia sorridente sbucare dalla porta della mia stanza per poi saltarmi addosso.- rido amaramente.- Alexandria ho tanta paura, troppa, e non so che cosa fare.- 
-Mi sono innamorato. Amo Danny con tutto me stesso, ma sento che qualcosa non va, ho paura di perderlo. Tanta.- sussurro. 
Afferro con la mano destra il manico della chitarra e la scaravento sull'armadio di fronte a me, sfasciandola. 
-sono solo parole al vento. Tu non sei qui.- dico a bassa voce per poi alzarmi e sdraiarmi sul letto.
Chiudo gli occhi a fatica, anche se oppongono resistenza, devo scappare da questa situazione, voglio fuggire, e lentamente davanti a me solo il buoio, le voci nella mia testa si zittiscono e cado in un sonno profondo. 



brr... brr... brr...



Apro gli occhi di scatto e mi rizzo in piedi, afferro il cellulare e rispondo.
-pronto?- dico con la voce impastata e sulla sveglia sul comodino leggo che sono le due di notte, ho dormito così tanto... 
-Ben...- sento biascicare dall'altro capo del telefono.
-Chi é? Danny?- sento un vociare in sottofondo e della musica ad altissimo volume.
-Ben, vieni qui....- riconosco la sua voce, mi alzo velocemente dal materasso, prendo le chiavi della macchina appoggiate sulla cassettiera e scendo le scale in fretta.
-dove sei?- chiedo freddo.
-non lo so... non capisco un cazzo...forse sono al "Poison"...- affanna.
-arrivo subito, tanto è vicino... Danny, che è successo?- Salgo in macchina e accendo il motore, corro liberamente per la strada deserta, aumentando la velocità man mano che il motore si scalda. 60, 70, 80 km/h.
-non lo so, sto male.- ride- gira tutto- ride di nuovo, mentre io sento la rabbia salirmi in corpo. 
Rimango in silenzio, non voglio parlare, combinerei solo guai, finiremo per litigare, e lui è in pessime condizioni, come al solito. Mi ero ostinato di credere che sarebbe tornato ad essere il vecchio Danny, ma è caduto un'altra volta, e mi sento tremendamente in colpa. Di nuovo, avrei dovuto cominciare a rincorrerlo per il marciapiede, prendergli le spalle e abbracciarlo, anche se lui avrebbe cominciato a dimenarsi, invece sono tornato a casa, ho fatto ciò che voleva. 
-Ben, Ben ti prego parla..- sussurra.
-zitto, sto arrivando, sono sul parcheggio- dico sottovoce, reprimendo ogni sentimento di rabbia che preme per uscire. 
Riattacco e scendo dall'auto. Mi stringo nel giubbotto in pelle e mi accendo una sigaretta. 
Cammino al buio, rischiarato leggermente dalla luce debole e tremendamente aranciata dei lampioni. 
Vedo il locale in lontananza, e una massa di persone che occupa l'entrata, mi avvicino alla porta e li scanso senza preoccuparmi più di tanto. La musica mi entra prepotente nelle orecchie infastidendomi, mi avvicino al bagno e apro la porta, vedo Danny accasciato al pavimento sporco e bagnato. La puzza di piscio stantio mi fa rabbrividire costringendomi a trattenere il respiro. 
Lo prendo di peso e lo trascino per le braccia fino all'uscita del bagno.
Sospiro per la fatica e lo obbligo ad alzarsi tirandolo per il colletto della maglietta nera. Si getta addosso a me e velocemente usciamo da quell'odioso posto. 
Finalmente respiro, l'aria fredda mi punge il viso e mi fa sentire vivo. 
La musica è rimasta intrappolata all'interno del locale, ovattata da spesse mura che mi lasciano assaporare il silenzio all'esterno.
-Ben- sussurra Danny prima di vomitarmi addosso. 
Trattengo ancora una volta il respiro e guardo dall'altra parte, Danny si abbassa e lo sento vomitare di nuovo, anche l'anima, conato dopo conato. Mi tolgo la maglia per il disgusto e la getto a terra accanto al suo schifo e mi rimetto la giacca in pelle sopra il petto nudo, facendomi rabbrividire e venire la pelle d'oca. 
-Hai finito?- dico con un tono gelido.
-s-si.- sussurra fissando il terreno.
-perfetto allora andiamo a casa- mi incammino e poco dopo lo sento seguirmi, sento la suola delle sue scarpe strusciare sull'asfalto. 
Il nostro viaggio prosegue in silenzio, il mio sguardo oltre il parabrezza a fissare la strada deserta e i suoi occhi che lentamente si chiudono per la stanchezza. 
Si rannicchia sul sedile e si addormenta, come un bambino.
Rallento e parcheggio davanti a casa nostra e spengo il motore. 
Lui rimane immobile, fermo al suo posto, non si accorge nemmeno delle luci che si sono accese con l'apertura della mia porta.
Lo lascio lì dov'è, anche se in realtà muoio dalla voglia di rimanere con lui o tentare di accompagnarlo in camera, una parte di me dice che perdonare questa volta è troppo.
Scendo in velocità e apro la porta di casa, la chiudo e mi dirigo verso il piano superiore, mi tolgo la giacca e scosto le lenzuola bianche. 
Piano piano comincio a rilassarmi e sento che il mio corpo si fa sempre più pesante, sembra stia sprofondando nel materasso. 
Adoro questa sensazione, mi sento in pace... anche se non dovrei.


Mi giro dall'altra parte del letto intatta, Danny deve essere rimasto in macchina.
Sono le dieci del mattino e fuori c'è un tempo di merda. 
Il cielo è grigio, fitto di nuvole che coprono il sole, i cui solo alcuni raggi riescono a penetrare debolmente il fitto strato di vapore condensato. 
Scendo dal letto per dirigermi in cucina, noto che il divano del salotto è in disordine, i cuscini sono sparsi sul tappeto e la coperta è stata bruscamente lanciata sopra il tavolino in vetro. 
Ha dormito qui, penso.
Qualcosa cattura la mia attenzione, mi avvicino alla finestra grande del salone e osservo fuori. Danny sta parlando con un ragazzo, avrà la sua stessa età,  non l'ho mai visto prima a dir la verità. 
Il vocalist si tira una mano sulla fronte impallidendo notevolmente, mentre l'altro si limita ad alzare le spalle, per poi incamminarsi al lato opposto della strada. 
Ritorno in cucina e faccio finta di prepararmi la colazione prima che Danny si accorga che lo stavo controllando. 
Sento la porta aprirsi per poi chiudersi, riesco a distinguere i suoi passi, è preoccupato, cammina lentamente come se fosse impaurito di affrontarmi per ciò che è successo ieri sera. O magari per qualcosa che gli ha detto quello sconosciuto.
-ciao- dice timido schiarendosi la voce.
-ciao- rispondo secco io.
-ti sei svegliato ora?- 
-si- 
-ah, capito.- si gira e fa per andarsene, ma lo trattengo ancora un po'.
-Danny...- esito.
-dimmi- si volta verso di me e il suo viso si illumina. 
-c'era un ragazzo prima. Fuori, in giardino- lo guardo negli occhi.
-e allora?- 
-chi era-
-nessuno- agita le mani e le mette in tasca.
-cosa voleva da te- continuo.
Sospira e si gratta la testa per poi rispondere.-nulla di importante, solo informazioni- sorride e se ne va, lasciandomi solo in mezzo alla stanza ancora una volta. 
 
  
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