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Autore: auroramyth    18/09/2013    5 recensioni
INTRO ORIGINALE DELL'AUTRICE: In un regno fantastico, dove non esistono le macchine e le armi da fuoco, e dove regna la magia, a due principi vengono regalate due schiave sessuali per fare di loro ciò che vogliono, ma una di loro è una guerriera e l’altra una strega! L’amore busserà alle porte di tutti e quattro e farà loro vivere un’incredibile avventura ai confini della realtà… Spero di aver incuriosito un po’! Buona lettura!
...Scritta da Precious Star...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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... A Precious Star... ti voglio un bene dell'anima, piccola mia!!!
 
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CAPITOLO 2
 
 
- BILL -
 
Finalmente Gordon tace e la folla si disperde, così io e la mia famiglia possiamo rientrare nel palazzo. Un servo ci invita ad accomodarci nel salone perché sta per essere servita la cena, ma io non ho appetito, voglio solo andare a vedere come sta quella povera ragazza, e comunque al momento sono troppo incazzato con mia madre per aver ordinato di farla frustare per sopportare la sua presenza, così tiro dritto e faccio per varcare la soglia del corridoio che mi immetterà nelle nostre ali private del palazzo, ma mamma mi ferma: “Bill, non mangi?”, io non rispondo alla sua domanda ma mi rivolgo a lei duramente, collerico: “Come hai potuto, mamma, far frustare quella ragazza? Come? Pensi di aver comandato un atto giusto? No! È stata violenza bella e buona e per di più su una ragazza alla quale avevate appena tolto un bel po’ di energie, annullandole i poteri! Prega che sia ancora viva e che sopravviva, perché altrimenti questa non te la perdono! Dio, sei senza cuore!”, me ne vado sbattendo la porta, lasciando tutti attoniti per il mio improvviso scoppio d’ira.
Mi fiondo in camera mia e sdraiata sul mio letto giace quella sventurata, mi avvicino a passo di carica e ordino alla guaritrice di andarsene con un “Vai!” secco e rabbioso, lei scappa in preda alla paura e a me va bene così. Mi siedo sul letto accanto alla ragazza, Marissa, e mi metto a scrutarla per valutare la situazione: sdraiata sulla pancia, sta immobile ma non è incosciente e singhiozza sommessamente, la schiena è stata coperta con delle pezze intrise di qualcosa dall’odore pungente e sgradevole di erbe miscelate e il vestito a brandelli copre a malapena i fianchi e le natiche sul limitare delle ferite. I capelli sono raccolti distrattamente lungo il collo e scompaiono oltre la sua spalla, quasi ci si fosse sdraiata sopra.
Qualche ciocca si è impigliata nel tessuto bianco delle garze e faccio per tirargliene via una, ma lei si scosta bruscamente, con una smorfia di dolore, e mi urla con voce disperata e straziata: “Non mi toccare!”, cerco di rassicurarla: “Non voglio farti del male!”, “A me non sembra, a me piuttosto pare che ti sia goduto lo spettacolo della mia punizione, visto che li hai fatti smettere quando io ero già quasi morta, mio signore!”, mi accusa furiosa, lanciando lampi di rabbia da quegli incredibili occhi blu, arrossati dal pianto, nella mia direzione, mi irrito un po’, ma con chi crede di avere a che fare? “Non era così semplice! Il mio titolo mi impone il rispetto per gli ordini anche se non li reputo gusti quindi non potevo andare contro mia madre! Anzi ho palesemente disobbedito quando ho ordinato al boia di fermarsi e, se non fossi già abbastanza infuriato per quello che ti hanno fatto, mia madre mi avrebbe certamente rimproverato quel mio gesto, compiuto per di più davanti a tanta folla di spettatori!”, “Allora perché almeno non mi hai lasciata morire invece di portarmi qui a farmi curare?”, colgo il senso delle sue parole che mi sconvolgono: “Vorresti morire?!”, “Sì, preferirei di gran lunga morire che dover passare tutte le mie notti a letto con un mostro!”, “È questo che pensi di me?”, le domando amareggiato, “Siete tutti mostri per come trattate noi schiave! Siamo oggetti e non persone per voi!”, rispondo con tono freddo e distaccato perché le parole che mi rivolge sono dure e mi infastidiscono, io non sono quello che lei crede che io sia: “Mi dispiace che tu pensi questo di me. Io ero venuto per cercare di fare qualcosa per lenire il tuo dolore.”, lei mi risponde voltando il capo dall’altra parte, dandomi le spalle: “L’unica cosa che aiuterebbe a lenire il mio dolore, per usare il tuo eufemismo, mio signore, è l’unica cosa che non farai mai e poi mai!”, cosa sta per chiedermi? “E quale sarebbe?”, “Sciogliermi dal vincolo degli amuleti, così da liberare il mio potere di strega per rigenerarmi e guarire le mie ferite.”, avevo immaginato lo potesse fare e ora ne ho la conferma: “Lo puoi fare?”, “Sì, sulla mia pelle non resterebbe nemmeno una cicatrice! Ma so che non mi libererai perché hai paura del mio potere, tutti ce l’hanno!”, mi crede così codardo?! “Io non ho paura del tuo potere!”, si alza a sedere di scatto, il vestito penzola mollemente sul davanti e non le copre i seni, e mi afferra entrambe le mani nelle sue, un gesto implorante e disperato: “Allora spezza il sigillo, solo tu puoi farlo, ti prego, aiutami, mio signore!”, lo avrei fatto di certo, anche senza che mi supplicasse, “Sdraiati!”, le ordino in un sussurro, lei guarda per alcuni brevi istanti nei miei occhi, come a valutare la mia reazione e a cercare di capire dalla mia espressione quale sarebbe stata la mia mossa, poi abbassa lo sguardo, arrossisce e si rimette sdraiata, dandomi ancora le spalle.
Ma che ha da arrossire? “Perché sei arrossita?”, le domando incuriosito, mi risponde in un soffio, curvando le spalle imbarazzata: “Niente, mio signore…”, voglio farmi dire la verità e insisto: “Avanti, dimmelo! Voglio la verità da te, sempre, chiaro?”, le ordino pressante, lei si curva ancora di più per quanto le permettono le ferite e mi risponde con un mormorio indistinto, tanto che faccio fatica a sentire le sue parole: “I tuoi occhi sono molto belli, padrone!”, sorrido, “E così ti piacciono i miei occhi?”, “Sì!”, sussurra imbarazzata, le replico dolcemente: “Beh, anche i tuoi sono molto belli. Un po’ inquietanti forse, soprattutto quando diventano fosforescenti, ma belli!”, lei si volta verso di me e punta il suo sguardo nel mio, poi mi domanda timidamente: “Davvero?”, le sorrido teneramente: “Certo! Dai, mettiti comoda che togliamo questi maledetti amuleti!”, lei mi abbozza un sorriso riconoscente e ricade con la testa sui cuscini.
Muovo esitante le mani verso di lei, sporgendomi sul suo corpo, sperando che questa volta non respinga ancora il mio tocco, e le faccio per toglierle i capelli dal gancetto della collana, lei non si scosta, anzi, alza le mani per aiutarmi a spostare i capelli dal suo collo, raccogliendoli e stringendoli tra le mani, allora io con poche e rapide mosse sgancio la collana e gliela sfilo, facendola scorrere lungo il suo collo e la appoggio sul comodino, di fianco al letto, lei sospira di sollievo. Mi alzo e mi dirigo ai suoi piedi, rimuovo anche la cavigliera e la appoggio vicino alla collana.
Quando mi giro di nuovo verso di lei con la testa per chiederle se ora sta bene, quasi prendo un colpo! La sua pelle in prossimità delle ferite e le ferite stesse brillano di luce propria, lei ha un’espressione di calma beatitudine sul viso e capisco che sta guarendo. Il tempo di rendermi pienamente conto di quel pensiero e la luce scompare, lasciandosi dietro solo una pelle perfettamente liscia e vellutata, come se non le fosse accaduto nulla! “Incredibile!”, mormoro meravigliato e, senza rendermi conto del gesto, passo una mano sulla sua schiena, dove prima c’erano le ferite. Appena mi accorgo del mio gesto quantomeno inopportuno, levo bruscamente la mano, lei mi guarda come se le dispiacesse e fosse triste per qualcosa, ma cosa? Non voglio saperlo, ho già fatto la mia figuraccia quotidiana per oggi con quel gesto da maniaco sulla sua schiena, meglio lasciar correre!
Recupero un po’ di buon senso e le dico con tono pragmatico: “Bene, allora, oltre quella porta c’è un bagno, immagino vorrai come minimo farti una doccia, perciò usalo senza problemi: fruga in giro, dovresti trovarci asciugamani, accappatoi, salviette, eccetera. Il vestito è ormai inutilizzabile: chiederò a una serva di portartene uno nuovo e pulito mentre ti rinfreschi. Dopo rimettiti gli amuleti, sono inutilizzabili ora perché il vincolo è stato rotto, ma ci servono per far credere agli altri che sei ancora priva di potere. Puoi passare la notte qui, oppure nella stanza che ti è stata assegnata, a te la scelta, anche se è chiaro che questa sarebbe più confortevole. Io non ti disturberò, fai con comodo! Ora ti lascio, visto che stai ragionevolmente bene, ma mi raccomando, non fare cazzate tipo suicidarti nel mio bagno, chiaro?”, lei sorride tristemente e annuisce, allora io mi dirigo alla porta e faccio per uscire dalla mia camera da letto, lei mi segue con lo sguardo e appena prendo la maniglia per abbassarla e aprire la porta mi sussurra con tono triste e sconsolato: “Allora te ne vai davvero!”, mi vuole con sé forse? Per questo è triste? “Fammi chiamare da un servo, se hai bisogno di me.”, detto questo me ne vado, senza aspettare una sua risposta, domandandomi se allora tanto mostro non sono ai suoi occhi.
Vado allo studiolo privato mio e di Tom, sperando di trovare un po’ di pace per mettere un po’ d’ordine nella mia testa e ritrovare un po’ d’equilibrio, è stata una giornata lunga, pesante e complicata: ho bisogno di rilassarmi un po’, magari con un bicchierino di qualcosa di forte come accompagnamento. Dentro ci trovo mio fratello, seduto su una poltrona, che fissa il fuoco del camino acceso e scoppiettante, “Come sta?”, mi chiede senza mezzi giri di parole e sapendo che non può essere nessun’altri che io ad essere entrato qui, senza annunciarsi con almeno una bussata di porta, visto che questo spazio è solo nostro, “Sta bene, ora. L’ho liberata dal vincolo degli amuleti, così ha potuto guarirsi da sola.”, il mio gemello si volta sbigottito verso di me: “Cosa? Ma sei pazzo? Sarà una ragazza ingestibile, così!”, gli rispondo con molta tranquillità: “Mi fido di lei.”
 
 
- TOM -
 
Aspetto mio fratello al nostro studio privato, so che verrà qui, quando avrà sistemato le cose con la sua schiava, voglio sapere come è andata e raccontargli quello che ci siamo detti a cena io e mamma, così dopo posso andare ad occuparmi della mia di schiava.
Fa il suo ingresso e gli domando immediatamente, senza volgere lo sguardo verso di lui: “Come sta?”, sono preoccupato per lui: so che Bill ha un’etica tutta sua e che non è rimasto bene con la storia della punizione, quella scenata prima di cena, poi, è stata eclatante! “Sta bene, ora. L’ho liberata dal vincolo degli amuleti, così ha potuto guarirsi da sola.”, mi volto sconvolto verso di lui, che cosa? Ma è impazzito? Non sa che quella tipa ora potrebbe usare il suo potere su di lui? “Cosa? Ma sei pazzo? Sarà una ragazza ingestibile, così!”, gli dico, ad onor del vero, lui mi guarda negli occhi e con molta calma mi dice: “Mi fido di lei.”, o mio Dio! Spero con tutto il cuore che il suo istinto non abbia fatto cilecca e abbia riposto fiducia nella persona sbagliata! “Molto bene!”, gli dico un po’ titubante, poi continuo con tono più sicuro: “Non mi chiedi come è andata la cena senza di te?”, Bill solleva le spalle in un gesto di simulata noncuranza e si siede sull’altra poltrona, di fianco a quella in cui siedo io, e si mette a fissare le fiamme.
Io continuo: “Gordon era stranamente silenzioso e continuava a lanciare occhiate in direzione di mamma, ad un certo punto, lei ha preso parola e ha detto che le dispiace molto per come si sono messe le cose, che non pensava che quel gesto ti avrebbe offeso così tanto, che è profondamente rammaricata per le parole dure che le hai rivolto perché lei in realtà ci vuole bene e quando agisce spera di farlo sempre per il nostro bene. Io ho difeso la tua posizione, sostenendo che però, in questo caso, aveva valutato male la situazione, facendo punire la ragazza sbagliata perché, a rigor di logica, quella che si stava ribellando era la mia schiava e non la tua, quindi sarebbe stato più giusto punire la mia e non la tua, che aveva solo reagito d’istinto per essere stata insultata e malmenata e poi che stava solo cercando di sopravvivere alla momentanea sensazione di soffocamento dovuto all’attivazione degli amuleti!”, Bill si alza in piedi e si dirige al tavolino degli alcolici e si versa un bicchiere di scotch, “Ti ringrazio per aver difeso la mia posizione, Tom, lo apprezzo molto!”, butta giù un dito di liquore e torna a sedersi in poltrona, “Figurati, non c’è di che! E comunque noi dobbiamo essere sempre uniti visto che fra due anni governeremo il regno insieme!”, gli dico, a onor del vero, Bill sorride e ribatte: “Sì, ma le faccende amministrative sono tue, eh?!”, già, il mio fratellino è una capra nell’amministrazione e nella contabilità! Ridacchio: “D’accordo, solo se tu ti occuperai delle questioni di previdenza sociale e sanitaria, in quelle sono io la capra!”, ride di gusto e risponde: “Affare fatto!”, gli do un’affettuosa pacca sul ginocchio e gli dico: “Bene, fratellino, ti lascio al tuo drink! Io mi ritiro nella mia stanza, buona notte!”, “Notte, Tom!”, mi saluta a sua volta e io lo lascio lì, seduto su quella poltroncina a guardare il fuoco e sorseggiare il suo scotch.
Quando arrivo in camera mia, ci trovo la mia schiava, seduta sulla panca sotto la finestra, a guardare la notte, con sguardo malinconico e con una mano appoggiata al vetro, come se provasse nostalgia del mondo esterno. “Victoria!”, la chiamo forte e chiaro, lei si volta lentamente verso di me e percorre con lo sguardo la mia figura da capo a piedi: so che cosa vede, un ragazzo con le treccine legate in una coda, vestito con jeans larghi, canottiera aderente e camicia lasciata aperta, dilatatori alle orecchie, piercing al labbro e barbetta incolta, la spada l’ho lasciata nel mio deposito privato, fuori da quella stessa porta, quindi, se sta valutando il suo avversario per attaccarlo e malmenarlo, sa che sono disarmato.
Lei abbassa la sguardo sulle sue mani, allacciate in grembo, e mi sussurra: “Mi dispiace, mio signore, per aver fatto passare dei guai a quella ragazza, non se lo meritava…”, le ribatto bruscamente: “Infatti! Saresti stata tu quella da punire per esserti ribellata a quel modo e per tutto quello che hai detto! Forse dovrò farlo io!”, la minaccio, lei si alza in piedi e si dirige verso di me, poi si inginocchia a capo chino ai miei piedi, e così conosce i comportamenti che devono assumere le schiave con i loro signori, eh? O glieli hanno insegnati prima di essermi stata regalata, oppure è una schiava già da tempo, quale delle due? Prima o poi glielo chiederò. “Così sia, mio signore, lo merito! Fai di me quello che vuoi! Ma prima potrei avere l’ardire di fare una richiesta?”, mi dice in tono mesto, “Parla!”, le ordino lapidario, alza il capo per guardarmi negli occhi e mi dice: “Posso chiederti come sta, padrone?”, prendo un respiro profondo, questa ragazza mi confonde, è troppo ligia al dovere e all’onore, per essere una che sta tirando a campare! Mi ricorda molto l’etica dei soldati il suo atteggiamento remissivo e rispettoso degli ordini, mi riprometto di studiarla attentamente questi giorni per capire se ho ragione nelle mie valutazioni. “Sta bene, Bill si sta occupando di lei e la tratterà con rispetto.”, le dico per amore di verità, lei china di nuovo il capo e sussurra sollevata: “Sono contenta!”, le giro intorno e mi dirigo all’armadio, dove ripongo la camicia che mi tolgo.
“Sdraiati sul mio letto!”, le ordino perentorio, poi continuo: “Adesso vedremo quanto eri onesta e sicura quando mi hai chiesto di fare di te ciò che voglio!”, la vedo guardarmi allarmata, deglutire, poi dirigersi rassegnata verso l’enorme letto e sdraiarcisi sopra, a braccia e gambe spalancate, come un agnello sacrificale legato all’altare del sacrificio. “Togli il vestito!”, le comando con un sussurro roco, è proprio una bella donna e mi sta già facendo perdere la testa!
Lei si slaccia i molti bottoncini a forma di perla sul corpetto dell’abito blu notte che porta, con mani sicure e ferme, poi si solleva a sedere e lo fa scivolare giù dalle spalle, per poi calciarlo via da una gamba e dopo dall’altra, buttandolo a terra, porta una guepiere sotto e le dico di togliersi anche quella, di togliersi tutto, finche non rimane nuda, sdraiata sul mio letto. Mi libero degli abiti in fretta e furia e mi sdraio su di lei, già più che pronto a consumare il mio rapporto con lei. Comincio ad accarezzarla e baciarla ovunque per prepararla ed eccitarla a ciò che stiamo per fare, lei si inarca, spalancando la bocca, un muto gemito di piacere che mi spinge a titillarla ancora di più con le mie mani e la mia bocca, sui seni e in mezzo alle gambe. La sento incredibilmente bagnata e questo mi manda fuori di testa, amo che una donna si bagni così per me, non potendo contenere il suo desiderio struggente di me. Dio, che spettacolo che è sotto di me, i capelli allargati a ventaglio sui cuscini, aggrovigliati attorno ai miei bicipiti! È una donna bellissima e io la voglio, la voglio tutta, voglio ogni centimetro di lei, per eccitarla e coccolarla, per stimolarla e accarezzarla, per bramarla e vezzeggiarla. Ci do dentro alla grande con la lingua, mentre la bacio con trasporto, poi entro dentro di lei con una vigorosa spinta, afferrandole saldamente le cosce per spalancarle di più, sentendola irrigidirsi per un momento e lasciarsi scappare un ansito. “Va tutto bene?”, le domando con un sussurro roco, stringendo i denti nello sforzo di dominarmi, “Sì!”, bisbiglia senza fiato. Scivolo fuori e poi sprofondo di nuovo dentro di lei, gemiamo insieme, lei stringe convulsamente le lenzuola, e a me non sta bene per niente. “Voglio le tue mani su di me, mentre siamo a letto insieme, hai capito?”, le dico serio, afferrandole il mento con una mano per farmi guardare bene negli occhi, lei annuisce e, per dimostrarmi appieno di aver capito, mi mette le mani sulla schiena, stringendosi a me. Soddisfatto, comincio a muovermi sul serio dentro di lei, a ritmo costante e spietato, portando entrambi sull’orlo dell’orgasmo. Ci perdiamo nel vortice del piacere che ci stiamo dando e lei viene per prima, lasciandosi andare ad un urlo forte, “Signore!”, è come se ci fosse una nota sbagliata in quello che sento pronunciato da lei ma non me ne curo al momento, sto per arrivare all’apice anch’io, vengo come non mi è mai successo prima, con un senso di appagamento che non ha mai avuto eguali in tutte quelle occasioni di sesso che ho sperimentato in vita mia, affondo un altro paio di volte dentro di lei e la seguo, gemendo il suo nome: “Victoria…”, immobilizzandomi e svuotandomi dentro di lei.
Sono ancora affondato in lei e comincio ad eccitarmi di nuovo, vendendola così, abbandonata e paga, con la schiena inarcata e senza fiato, sotto di me, con quegli occhi color ametista velati e socchiusi, i capelli tutti arruffati e in disordine, e così, dopo qualche minuto, sono pronto a ricominciare, e lo faccio, ancora e ancora, pompando dentro di lei ad un ritmo sfiancante e sfibrante, finché non crollo sfinito dalla parte libera del letto, dopo non ricordo più nemmeno quanti orgasmi che ci siamo regalati, lasciando lei mezza svenuta lì, nel mio letto, e me completamente privo di forze.
“Bene, Vichy, molto bene!”, le mormoro appagato e lei geme, rannicchiandosi in posizione fetale, la guardo mentre, con le ginocchia strette al petto, cerca di far tornare regolare il suo respiro, sconvolta e distrutta: non sono stato particolarmente gentile nei suoi riguardi, ma lei mi è stata dietro alla grande, adattandosi a me, non deludendomi mai! “Vieni, qui, vicino a me!”, le ordino dolcemente, tendendole una mano, lei l’afferra e striscia verso di me. Copro entrambi con le coperte e le faccio poggiare la testa sul mio petto, avvolgendola con le mie braccia, per tenerla salda al mio fianco, mentre ci addormentiamo. “Non ti dispiace, vero, se ti chiamo Vichy?”, la sento scuotere la testa contro il mio petto e sussurrarmi: “No, mio signore, puoi chiamarmi come vuoi!”, la abbraccio più stretta e le dico: “Molto bene, Vichy sia, allora! Sei stata molto brava, questa sera, mi hai soddisfatto, sempre, perciò magari possiamo saltare la punizione per questa volta! Ora dormi!”, la sento sorridere, più che vederla, e mi pare di sentire un malizioso: “È stato un piacere!”, ma non ne sono certo.
Non mi sono ancora del tutto abbandonato al sonno quando la sento scivolare via dalla mia stretta, rivestirsi velocemente e lasciare la mia stanza chiudendosi delicatamente la porta alla spalle, non prima di avermi sussurrato: “Buon compleanno, Tom!”, sorvolo su quella mancanza di rispetto nell’aver pronunciato il mio nome senza permesso, anche perché, non so per quale motivo, mi piace sentirlo dalle sue labbra, era forse questo che volevo che pronunciasse al momento del raggiungimento dell’appagamento?
 
My Space:  eccoci con un nuovo cap! Qui si entra in po' più nel vivo della storia... e scopriamo qualcosa in più dei personaggi!!!!
Un grazie infinito a _Vesper_ e Lia483 per aver recensito il precedente capitolo, mi ha fatto un enorme piacere leggere le vostre parole; un grazie va anche a Layla7, Lia483 e Rabbit001 per avere inserito questa storia tra le seguite e di nuovo a _Vesper_ per averla messa tra le ricordate; infine un grande grazie anche a chi legge soltanto...
A presto con il prossimo cap!!!!

 
  
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