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Autore: shandahar7    22/03/2008    1 recensioni
Cosa penseresti se il tuo mondo stesse per essere spazzato via?
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 FIAMME E FUOCO





Il sole nascente rischiarava con la sua luce l’inizio di un nuovo giorno, sconfiggendo nell’ennesima battaglia
la notte nella loro infinita guerra, godendosi la sua breve vittoria almeno fino al tramonto, per illuminare
ancora una volta i campi incolti e i boschi lussureggianti. Il falco lanciò il suo grido scendendo in picchiata
verso la terra, sicuro della sua forza come un abile condottiero della fedeltà dei suoi uomini.  
                 

    
La Casa era silenziosa e buia, avviluppata da quel senso di mistero e sacralità abituale nei templi: solo i miei
passi leggeri  spezzavano quella che era apparentemente una quiete idilliaca. Suoni ritmici percorrevano il
lungo corridoio, mentre i piedi nudi seguivano un sentiero invisibile già tracciato di fronte a me. Nulla
nell’aspetto dell’antica dimora lasciava presagire qual era l’importanza di ciò che vi era stato per secoli
custodito e che era ancora nascosto negli anfratti più intimi del tempio.



 Ai piedi di una statua marmorea scolpita da tempo immemorabile ardeva la potenza di Vesta, la promessa
della grande ricchezza di Roma: fiamme inviolabili, conoscitrici di grandi segreti  e storie sconosciute, che
mai nessuno aveva osato lasciare spegnere.



Raggiunto il braciere mi inchinai profondamente fino a sfiorare il pavimento freddo, temendo l’ira della dea
per aver osato disturbarla a quell’ora così insolita. Raccolsi un fascio di legno profumato e lo gettai nel
fuoco, che accolse la mia offerta avvampando e lambendo le estremità della mia umile veste, che ormai da
molto tempo portavo con devozione.



Nella penombra, dettata dall’unica presenza del calore vermiglio e dalle candele consumate, mentre ogni
cosa sembrava confondersi, riuscii a catturare con lo sguardo la misteriosa bellezza di quel luogo, che pur
essendo poco più di una nicchia se paragonato ai restanti immensi spazi dell’edificio era avvolto da un’aura
così forte di misticità e rispetto forzato tanto da farmi sentire soggiogata e oppressa. Le pareti della camera
trasudavano la presenza di una qualche entità superiore e ogni dettaglio nella stanza mi rendeva
impotente.



Mi rialzai rabbrividendo, poiché nonostante il fascino particolare che emanava quel luogo non mi era mai
piaciuto e fin da bambina lo avevo temuto, anche se ora le mia mente volava verso altri più oscuri pensieri,
presagi di terribili destini che con il passare del tempo si avvicinavano sempre di più all’impero, fino a
incombere con la loro mole sulla città, minacciando di schiacciarla.



Ormai ogni notte avevo paura del sonno, dono divino che troppo spesso distribuisce ai mortali sogni e
premonizioni  al limite della realtà, trasformando desideri e apprensioni del nostro inconscio in fatti reali.
 Incubi tormentavano le mie ore di buio, impedendomi di riposare e di pensare lucidamente il giorno dopo.
Eppure non potevo credere a ciò che vedevo: non potevo e non volevo, perché una così grande civiltà non
avrebbe mai potuto essere distrutta e spazzato via da un soffio di vento come quello.



Osservai ancora per qualche istante il fuoco divampare vigoroso nell’oscurità, incurante di ciò che gli stava
intorno, prima di voltarmi e abbandonare la sala avventurandomi all’esterno nel mio solitario vagare
mattutino. L’aria si mosse al mio passaggio, aprendomi un varco nel buio, mentre scivolavo in silenzio
accanto all’unica candela rimasta ancora accesa, la cui debole luce tremolò e combatté ancora per pochi
effimeri secondi, prima di affogare definitivamente nell’oblio.
  
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