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Autore: lilyhachi    18/09/2013    5 recensioni
(STORIA IN REVISIONE)
(What if; Killian Jones/Ariel; spoiler seconda stagione)
Visto che la Sirenetta dovrebbe apparire nella terza stagione e che adoro Hook, ho provato ad immaginare cosa sarebbe potuto succedere se le strade di questi due personaggi si fossero incrociate prima (precisamente sull'Isola che non c'è) e su come la presenza di Ariel potesse "incastrarsi" con gli eventi della prima e della seconda stagione. Spero tanto che vi piaccia e vi auguro buona lettura.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ariel, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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XI
 
A beautiful lie

 
“Why can't I find you?
Do you even want me to?”.
 
Dylan Harris non ricordava il suo primo incontro con Marina, a Storybrooke. Prima che la maledizione venisse spezzata, poteva soltanto dire che erano sempre stati insieme, da quando aveva memoria, ma le giornate che avevano passato insieme a Storybrooke erano lì, impresse in bella mostra nei suoi ricordi, ed era convinto che c'era un motivo se stavano insieme. Ancora non riusciva a togliersi dalla testa la figura di quella ragazza dai capelli rossi vista nella Foresta Incantata, seduta a pochi tavoli di distanza da lui.
Era così bella che sarebbe rimasto ore a fissarla, perdendosi in quegli occhi verdi e luminosi, che ogni tanto lo avevano squadrato timidamente, come se non volessero essere colti in flagrante, ma lui li aveva visti mentre lo fissavano e aveva sorriso. Si diede dello stupido più volte per non essersi avvicinato e per non averle parlato, era riuscito soltanto ad udire il suo nome, pronunciato dalla locandiera con il mantello rosso: Arie. Non avrebbe mai dimenticato un nome così suggestivo. Era strano dirlo ma Eric credeva che quel nome le calzasse alla perfezione: era un nome adatto ad una ragazza bella e diversa come lei. 
Marina era una ragazza affascinante quanto complessa. Era cresciuta senza una famiglia, e Dylan sperava con tutto il cuore di essere riuscito a compensare quella mancanza almeno in parte.
Per quel motivo, si era precipitato all'ospedale in preda all'ansia quando Ruby lo aveva chiamato.
Dylan non aveva nemmeno udito l'intera frase, gli erano bastate le parole “Ariel”, “confine” e “incidente”, per farlo sussultare, mentre il suo corpo fremeva per la preoccupazione al solo pensiero che le fosse successo qualcosa di brutto, a cui non si poteva porre rimedio. Quando giunse nella sala d'attesa dell'ospedale, venne fermato subito da David Nolan, che si apprestò a calmarlo, ma lui pareva non sentire. Riusciva solo a guardare oltre la sua spalla per scorgere la figura della sua fidanzata, chiusa chissà dove con gli occhi serrati, dei quali lui non poteva vedere il verde meraviglioso che si raccoglieva al loro interno; il viso pallido, che aveva preso fra le sue mani innumerevoli volte; le labbra rosse e screpolate che aveva baciato praticamente ogni singolo giorno da quando tutto era iniziato, come avrebbe desiderato fare anche quando l'aveva vista nella Foresta Incantata.
“Ehi, ehi!”, esclamò David, prendendolo per le spalle. “Calmo! Lei sta bene”.
“Cos'è successo?”, chiese Dylan, con la voce ancora scossa dall'ansia.
“C'è stato un incidente”, aggiunse lui, facendolo sedere e parandosi di fronte a lui. "E' finita oltre il confine e...”.
David non riusciva a completare la frase ma non ci voleva un genio per capire come doveva finirla.
Dylan ricordava perfettamente cosa succedeva a chi varcava il confine dopo la maledizione, lo aveva visto con i suoi stessi occhi, e sentì un brivido lungo la spina dorsale.
“Lei non ricorda nulla”, asserì il ragazzo, infilando le mani nel cappotto e stringendo le spalle, come se un vento gelido lo avesse appena colpito in viso. David si sedette accanto a lui, mettendogli una mano sulla spalla.
“Si ricorda sicuramente di te”, disse con voce speranzosa. “I suoi ricordi sono fermi alla maledizione".
“Lo so, e di questo almeno ne sono grato”, sussurrò il ragazzo. “Solo che è strano. Io ricordo chi siamo, il nostro primo incontro nella Foresta Incantata e lei mi vede solo come il fidanzato di sempre, come Dylan...non come Eric, il ragazzo timido che la fissava alla locanda”.
“La memoria può tornarle”, disse ad un tratto David.
“Come?”, chiese subito lui. I suoi occhi si erano illuminati.
“Con il bacio del vero amore”, dichiarò David con un sorriso, rammentando i giorni in cui lui e Snow avevano affrontato la stessa identica sorte. “Solo che non è semplice come sembra”.
“Cosa intendi?”, domandò Dylan, sconcertato.
“E' successo anche a me con mia moglie”, cominciò l'uomo, mentre Dylan lo osservava con estrema curiosità, cercando di trarre più insegnamenti possibili dalle sue parole.
Voleva capire. Voleva essere aiutato. Voleva far tornare la sua Ariel.
“Quando Snow ha perso la memoria”, cominciò, mantenendo il suo sorriso, “non ricordava chi fossi o i sentimenti che la legavano a me. Pensavo che un semplice bacio sarebbe bastato, invece doveva essere sentito e accettato anche da lei, per poter funzionare. Non potevo aiutarla senza che lei capisse prima quanto tenessi a lei e al nostro amore”.
Dylan rimase a fissarlo: il viso era un po' più sereno e sollevato, come se un barlume di speranza si fosse acceso in lui. Poteva far tornare la memoria ad Ariel, doveva soltanto avere pazienza, e la pazienza era forse una delle doti che meglio lo caratterizzavano. Tuttavia, quell'attimo di serena tranquillità venne offuscato da un pensiero che il ragazzo non aveva ancora preso in considerazione e che probabilmente a breve avrebbe cambiato le carte in tavola. Per quale motivo Ariel era al confine?
Una domanda fastidiosa, una nota stonata, una crepa in quel muro di mattoni che Dylan credeva di aver costruito per portare avanti la storia con quella ragazza. Gli aveva detto che era uscita con Belle, e quella parte sembrava essere apparentemente vera, ma allora perchè c'era anche Gold e, da quello che aveva sentito in città, un uomo con un uncino al posto della mano era rimasto coinvolto nell'incidente?
“Chi è il tizio che è stato investito?”, chiese il ragazzo, voltandosi verso David.
“Beh”, cominciò lo sceriffo con voce titubante. “Non sappiamo con esattezza chi sia”.
Mentì. Ancora non avevano idea del perchè quell'uomo, conosciuto come Hook, fosse coinvolto. Sapeva soltanto che Emma e Mary Margaret lo avevano incontrato nella Foresta Incantata e non sembrava un tipo molto raccomandabile; ma la cosa che non erano ancora riusciti a spiegarsi era come mai Ariel si fosse prodigata in quel modo per salvarlo. Purtroppo, visto che la sua memoria era andata perduta, non avrebbero ricevuto una risposta molto presto a quella domanda.
Intanto, Dylan non sembrava più tanto sereno: forse c'era qualcosa che Ariel non gli aveva detto.
 
Un mal di testa lancinante. Non riusciva a sentire altro: un mal di testa così forte che a breve le avrebbe perforato la scatola cranica per quanto le faceva male. Si portò una mano alla tempia istintivamente ma un'altra mano si appoggiò alla sua, stringendola con dolcezza e trasmettendole calore. Ariel sussultò, aprendo gli occhi di scatto e trovò la figura di Dylan, davanti a lei con gli occhi rossi, contornati da profonde occhiaie.
Il viso era pallido e un po' scarno, sembrava che non mangiasse da un po' e il suo viso sembrava tutto tranne che riposato. Vederlo in quello stato un po' le strinse il cuore, ma faceva quasi fatica a capire il motivo di tanta apprensione e soprattutto il motivo per cui si trovasse in ospedale.
“Marina”, sussurrò il ragazzo con un sorriso sollevato. “Come ti senti?”.
“Stonata”, rispose la ragazza con voce atona. Si guardò intorno. “Perchè sono qui?”.
“Hai avuto un incidente”, affermò il ragazzo, sedendosi sul bordo del letto. “Ora stai meglio”.
La ragazza lo guardò, ma sembrava ancora troppo stanca e confusa per porgli delle domande sensate e forse era un bene, visto che Dylan aveva idee ancora poco convincenti su come si era ritrovata coinvolta in un'incidente stradale. Ariel non aveva molti amici prima che la maledizione venisse spezzata, quindi non poteva nemmeno dirle che era insieme Belle, considerando anche il fatto che la stessa ragazza non si sarebbe ricordata di lei. Due ragazze senza memoria erano sicuramente difficili da gestire, e una parte di lui era dispiaciuta per Tremotino, che si trovava nella sua stessa situazione, ma almeno Ariel si ricordava di lui...se così si poteva dire.
Ariel aveva un ricordo di lui stabilito dalla maledizione, eppure nella Foresta Incantata non avevano avuto modo di conoscersi e di innamorarsi. Forse quello che avevano non era vero amore?
Dylan si rimproverò per i pensieri che gli stavano vorticando nella mente, cosa gli prendeva?
Lui amava Ariel, e anche lei lo amava a sua volta. Allora perchè si poneva domande del genere?
Perchè la maledizione li aveva fatti finire insieme? Da quello che aveva visto, tutti avevano perso qualcosa con quel sortilegio e la maggior parte si erano trovati separati dal loro vero amore: David e Mary Margaret; Eugene ed Allyson; Belle e il signor Gold. Perchè, invece, lui ed Ariel erano insieme? Se lo scopo di Regina era quello di fare in modo che nessuno avesse un lieto fine, a parte lei, come mai lui ed Ariel ne avevano avuto uno? Non capiva perchè si stesse ponendo tutte quelle domande, ma una parte di lui gli stava urlando che c'era qualcosa di irreale in quella situazione e che forse lui non l'avrebbe mai compresa.
Era possibile amare qualcuno che non voleva essere amato?
Quando Dylan fu costretto a lasciare l'ospedale, per tornare a lavoro, lo fece quasi con rammarico. Non voleva lasciare Ariel da sola. Voleva rimanerle accanto, anche se lei poteva non volerlo. Voleva condividere quei momenti insieme a lei, anche se prevedevano il silenzio. Prima di uscire, gettò uno sguardo alla sua fidanzata, che si era beatamente riaddormentata. Dylan sorrise, sperando che quelle domande erano soltanto paure che non si sarebbero mai realizzate.
 
“Ehi, ehi!”, lo ammonì Grimsby, parandosi davanti alla figura del suo capitano con fare preoccupato. “Non puoi camminare da solo, dove credi di andare?”.
“Ho fame e non voglio questa poltiglia” ribattè Killian con tono capriccioso, e indicando con la mano sana il piatto di gelatina intanto sul comodino accanto al letto.
Grimsby incrociò le braccia al petto, osservandolo con un sopracciglio alzato e l'espressione divertita. “Dove vorresti andare, allora?”, chiese con tono sarcastico.
“Non lo so”, affermò lui tranquillo. “Dove posso trovare del cibo accettabile”.
“Ci penso io”, esclamò Grimbsy rassegnato e facendo segno al capitano di rimettersi seduto. “Torno subito e tu vedi di non andare in giro per l'ospedale a spaventare le persone”.
“Perchè dovrei spaventare le persone?”, domandò Killian con tono offeso ma il suo amico era già fuori dalla stanza per riuscire a sentirlo.
Tuttavia, lui non aveva voglia di stare lì fermo, così decise che un giretto non gli avrebbe certo fatto male. 
Magari, si sarebbe anche imbattuto in Ariel, dato che desiderava rivederla dalla notte in cui li avevano portati in quel posto infernale con il peggior cibo del mondo. Cominciò a camminare per i corridoi dell'ospedale, incurante del fatto che Grimsby, non trovandolo in camera, sarebbe corso ad afferrarlo per le orecchie ma non gli importava. Doveva vederla, anche solo per assicurarsi che stesse bene e che fosse fuori pericolo. Killian osservava tutte le porte aperte, senza riuscire a scorgere una esile figura dai capelli rossi ma poi qualcosa attirò finalmente la sua attenzione. In una stanza, c'era proprio Ariel, seduta sul letto a gambe incrociate e con la coperta che la ricopriva fino alla vita, intenta a guardarsi le unghie con il viso di chi si stava annoiando a morte.
Stava bene. Era tutta intera e Killian poteva scorgere soltanto qualche livido in via di guarigione sulle braccia, per il resto non sembrava passarsela poi tanto male. Lo sguardo cadde sul collo della ragazza, dove se ne stava quel ciondolo che Killian credeva tanti anni fa di aver perduto. Lo aveva tenuto per tutto quel tempo, anche dopo la maledizione: doveva pur significare qualcosa.
Preso da quei pensieri, Killian aveva avanzato con lentezza, fino ad entrare nella stanza e sussultò quando Ariel si accorse di lui, osservandolo con sguardo accigliato e interrogativo.
“Tu chi saresti?”, domandò lei in modo poco gentile.
Killian rimase un attimo spiazzato dal suo modo di porsi. Non ricordava che Ariel fosse così scortese, poi però ricordò chi aveva di fronte. Quella non era Ariel, bensì la sua controparte, creata dalla maledizione e doveva essere l'opposto della sua vera personalità. Ariel era sempre stata dolce e gentile, a differenza della ragazza che lo osservava in maniera sempre più infastidita.
“Sono rimasto coinvolto anche io nell'incidente”, disse lui, cercando di apparire naturale. “Volevo soltanto vedere come stavi, dato che mi ricordo di te”.
“Oh”, sussurrò lei, che a quella affermazione parve quasi ridestarsi e cominciò ad osservarlo in maniera differente. Gli occhi non erano più ridotti a due fessure, ma si spalancarono leggermente, mostrando il loro colore e lo sguardo si fece più dolce e meno in allerta. Rimaneva sempre bellissima, con i capelli che le ricadevano in morbidi boccoli sulle spalle.
Killian continuava ad osservarla, pensando a qualcosa di appropriato da dirle, fin quando non notò un anello posto all'anulare della ragazza, la cui visione gli provocò un tuffo al cuore. Quello era l'anello del fantomatico fidanzato con cui Ariel sarebbe stata felice. Si chiese chi mai potesse essere quel damerino e se lo conoscesse, ma forse poteva renderla felice e sicuramente più di lui. Solo che la gelosia che lo stava invadendo, scoppiando dal centro del petto, proprio non voleva arrestarsi e Killian non si sentiva nemmeno in grado di combatterla.
Ogni ricordo di lui era stato cancellato, come se non avesse mai fatto parte della sua vita, e Killian non potè fare a meno di ricordare l'immagine di lei nella sua cabina che gli parlava, illuminata soltanto dalla tenue luce della luna che filtrava dalla finestra.
“Mi chiamo Marina”, esclamò lei, rompendo in silenzio e poi portandosi una mano alla bocca. Era stranita, come se non avesse intenzione di dire il suo nome, e, difatti, il suo sguardo torno serio. Forse non era nei suoi modi dare confidenza ad una persona qualunque sbucata all'improvviso e sembrava stupita del suo gesto improvviso, dettato da un sentimento strano quanto sconosciuto.
“Io sono Killian”, esclamò lui, avvicinandosi al letto della ragazza e rivolgendo uno dei suoi sorrisi.
“Non te l'ho chiesto!”, dichiarò lei, sforzandosi di non osservare quello sconosciuto.
Killian sorrise divertito. Ariel era sempre stata divertente quando si sforzava di nascondere ciò che provava o pensava, e lo era anche in quel momento.
“Nemmeno io ti avevo chiesto il tuo nome”, esclamò Killian con un sorrisetto vittorioso in viso, beccandosi un'occhiata gelida della ragazza che credeva di poter nascondere il sorriso che voleva incresparle le labbra. Era così strana...sembrava combattuta, come se volesse parlare con lui ma a tratti anche evitarlo per qualche strano motivo. E ad ogni gesto, Killian si sentiva spinto verso lei. Sapeva che non avrebbe resistito al desiderio di riconquistare quella ragazza. Era lì per colpa sua, senza memoria e lui aveva deciso che avrebbe fatto in modo che lei si ricordasse di lui.
 
 
Nel momento esatto in cui Marina aveva conosciuto Killian Jones in una camera d'ospedale, qualcosa in lei aveva iniziato a smuoversi, come una frana pronta a manifestarsi, e da allora la ragazza aveva provato a trovare una risposta nei suoi sonni agitati, mentre una piccola inquietudine riposava tranquillamente dentro di lei...un'inquietudine che presto sarebbe venuta fuori. Marina cercava qualcosa che proprio non ne voleva sapere di essere trovata e lei non sapeva nemmeno come procedere. L'incontro con quello strano uomo privo di una mano la spingeva a cercare qualcosa che forse aveva dimenticato ma non sapeva dire esattamente cosa. Le sue mani cercavano, frugavano e scavavano nei meandri dei suoi ricordi alla ricerca di un qualcosa di indefinito. Prima di essere dimessa non era riuscita a non guardare Killian più volte al giorno, e quel comportamento non era da lei. Lei non si attaccava alla persone. Non le cercava con il pensiero.
In tanti anni non aveva mai cercato di stringere amicizia con gli abitanti di Storybrooke, figuriamoci con uno sconosciuto sbucato all'improvviso.
Continuava a ripetersi che non era nel suo modo di fare ma più se lo diceva, più si impegnava a fare l'esatto contrario, come se fosse un atteggiamento spontaneo. Dylan non poteva stare con lei tutti i giorni, a causa del lavoro, ma lei non era dispiaciuta, e quei giorni di solitudine venivano riempiti con la presenza di quello strano uomo, che gironzolava per l'ospedale, sempre con tre uomini al suo fianco.
Sembrava che lui possedesse una barca e che si fosse trasferito in città in cerca di fortuna.
Alla parola “barca” la ragazza si era illuminata per la gioia ed era così estasiata all'idea di vederla, che Killian avrebbe desiderato mostrargliela.
Per Killian quella nuova conoscenza era meravigliosa quanto assurda. Stava riscoprendo tutto di lei e non sembrava che fosse passato molto tempo.
Sembrava ieri quando l'aveva letteralmente pescata dal mare, spaventata e infreddolita.
Ogni gesto, ogni parola che lei pronunciava riusciva ad associarla ai ricordi dell'Isola che non c'è.
Anche a Storybrooke, la ragazza sembrava avere dei problemi piuttosto seri con le candele e scoppiare a ridere insieme a Grimsby era stato praticamente impossibile quando lei aveva afferrato una forchetta, raccontandogli che da bambina voleva usarla per pettinare i suoi lunghi capelli rossi (1).
Una mattina sulla Jolly Roger, Ariel aveva fatto la stessa identica cosa e Killian poteva constatare quanto i suoi ricordi fossero “sparsi”.
La sua vita, quella vera, era ancora in lei, divisa in tanti piccoli indizi, come le tessere di un puzzle che qualcuno avrebbe dovuto rimettere insieme.
Forse doveva essere lui a farlo oppure era più giusto che fosse Dylan? Lo aveva visto soltanto poche volte e odiarlo gli risultava impossibile.
Killian si sforzava ma quello stupido ragazzo sembrava così buono e dolce, che avrebbe vomitato volentieri. Eppure, Ariel non sembrava molto presa da lei e Killian non riusciva a spiegarsi se dipendesse dalla maledizione o da una verità che lui ancora non riusciva a cogliere e forse nemmeno Ariel.
Se si fossero davvero amati, per quale motivo Regina li aveva riconciliati? Nessuno sembrava aver trovato un lieto fine e Diego era una delle tante prove tangibili, dato che la sua amata era nelle grinfie di un marito che non amava, ma soltanto perchè il suo amico non aveva trovato ancora il coraggio di correre a liberarla. Temeva che lei non sarebbe stata felice di vederlo, ma Killian sapeva che quella paura sarebbe durata ancora per poco.
Insieme a lui, Marina aveva imparato a conoscere ancora una volta Grimsby, Diego e Flynn, con il quale la complicità era innegabile, proprio come sull'Isola.
Alla ragazza sembrava che conoscessero Killian da una vita e non avevano tardato a raccontare aneddoti imbarazzanti su di lui.
Marina non sapeva dire come, ma ogni volta che si trovava insieme a loro, si sentiva diversa...si sentiva a casa, ed era strano.
Era strano perchè Dylan sarebbe dovuto essere la sua casa, l'unica persona cara che aveva mai avuto.
Tuttavia, Marina aveva sempre saputo che tutto ciò che possedeva non era reale, lo sentiva nelle vene: lei non amava Dylan, eppure si era sempre sforzata di mostrare il contrario ma da quando aveva fatto quello strano incontro, la voglia di mostrarsi comunque innamorata di lui era scemata. Non si preoccupava nemmeno di mostrarsi gentile o altro: non le veniva naturale e Dylan non ci aveva messo un'eternità a capire che qualcosa non andava.
Quella piccola inquietudine cominciò a crescere sempre di più, quando Marina vide Dylan avvicinarsi a lei, che cercava distrattamente un libro tra gli scaffali del soggiorno. La ragazza si voltò verso di lui con sguardo perplesso, e Dylan si avvicinò a lei, posando le labbra sulle sue e coinvolgendola in un bacio intenso.
Marina ricambiò il suo bacio, portandogli le braccia al collo, pur sapendo che lei non avrebbe mai guardato Dylan come Mary Margaret guardava David.
Il loro era vero amore e si poteva capire perfettamente dai loro sguardi. Da quando c'era stato l'incidente quella era la prima volta che si baciavano in quel modo. Il ragazzo aveva cercato di seguire le dritte di David, evitando di forzarla e lasciando che si riprendesse del tutto.
Dylan si staccò da lei e le rivolse un sorriso felice. “Ariel...”, sussurrò, carezzandole la guancia.
“Chi?”, domandò lei, sconcertata, e a quella domanda l'espressione di Dylan non appariva molto entusiasta. Il ragazzo rimase a bocca aperta per qualche secondo. “Pensi ad un'altra?”, continuò con un tono di voce divertito, ma Dylan non sembrava che si stesse divertendo.
“Non ha funzionato”, esclamò con un filo di voce, e in quel momento tutte quelle domande che si era posto il giorno dell'incidente stavano tornando a galla. “Marina...tu mi ami?”.
La domanda colse la ragazza impreparata.
Stavano insieme da tanto tempo, stavano per sposarsi e Dylan le chiedeva se l'amava? Perchè proprio in quel momento?
“Che razza di domande fai?”, chiese lei, cercando di nascondere la piccola inquietudine che aveva ripreso a crescere a dismisura, pronta a scoppiare.
“Mi ami o no?”, domandò ancora lui, con una nota di rabbia nella voce, che fece automaticamente indietreggiare la ragazza, spaventata dal modo in cui lui la stava guardando.
“Io...”. Perchè mentirgli era così difficile? Non lo era mai stato, cosa c'era di tanto diverso?
Dylan diede un pugno contro il muro, e Marina non poté fare a meno di tremare. Il suo fidanzato la stava decisamente terrorizzando e lei non voleva fare altro che correre via, fuori da quella casa. Dylan non riusciva nemmeno a guardarla in viso per quanto fosse sconvolto. Lei gli aveva permesso di vivere in un'illusione. Avrebbe potuto fare qualcosa, invece aveva deciso di continuare a starsene beata in quella falsa realtà che si erano costruiti, quando fuori c'era sicuramente qualcuno in grado di amare quel ragazzo a cui lei riusciva a dare soltanto bugie e false speranze (2). Prima che la situazione diventasse più difficile da sopportare, Marina sgusciò via dalla figura di Dylan che se ne stava ancora immobile e corse fuori, fingendo di non sentire il ragazzo che chiamava il suo nome.
Marina non era abituata ad un senso di colpa così lacerante e pesante da farla scoppiare in lacrime. Perchè il dolore che aveva provocato a Dylan la stava facendo sentire male solo allora, dopo troppo tempo? Ogni cosa si era persa all'improvviso. Era diventato tutto buio. La luce era sparita e per colpa sua, come ogni volta. Ogni cosa le era scivolata via dalle mani, come una goccia d'acqua, schiantandosi per terra. Marina doveva semplicemente correre il più lontano possibile, lontano dai sensi di colpa e da quella inquietudine che non voleva smetterle di inseguirla, gravando sulla sua testa e sul cuore nero, incapace forse di provare sentimenti...perchè quale persona di buon cuore avrebbe fatto quello che lei aveva fatto a Dylan? Soltanto una persona egoista e lei apparteneva sicuramente a quella categoria. Arrivò davanti all'entrata del Granny's, dove per qualche strano motivo, scorse Killian, insieme a Diego e Grimsby.
L'uomo la guardò preoccupato, notando le guance arrossate e gli occhi colmi di lacrime.
“Marina”, esclamò con voce allarmata. “Stai bene?”.
La ragazza fece per parlare ma qualcun altro rispose al posto suo.
“Di nuovo lui”. La voce di Dylan era ricca di ironia piuttosto velata. “Vorrei sapere da dove è sbucato. Prima del suo arrivo le cose andavano alla grande”.
“Ehi, ragazzino”, cominciò Killian facendo un passo avanti. “Piano con le parole”.
“Non so tu chi diavolo sia ma sento che è colpa tua”, sentenziò il ragazzo a dir poco adirato.
Grimsby afferrò la ragazza per un braccio, allontanandola dai due che sembravano sull'orlo di una discussione non molto amichevole, per quanto Killian si mostrasse cauto e paziente. In quei giorni, Tremotino non era in città e forse era un bene, dato che il suo capitano appariva più calmo e meno attaccabrighe, forse anche grazie alla presenza di Ariel che mitigava il tutto.
“Dylan, mi sembri sconvolto”, affermò Killian allungando una mano ma il ragazzo non voleva sottostare ad un dialogo finto e insulso.
Sentiva che c'era qualcosa sotto. Vedeva il modo in cui Killian guardava la sua fidanzata e come gli occhi di lei brillavano in sua presenza. Era stato cieco e stupido. Lui proveniva dall'Isola che non c'è, proprio dove aveva vissuto Ariel e non poteva essere una semplice coincidenza.
Perchè nessuno era abbastanza coraggioso da dirgli la verità?
Senza rispondere, il ragazzo gli sferrò un pugno, facendo voltare Killian dall'altra parte.
Ariel si portò una mano alla bocca, sconvolta e cercò di avanzare ma Grimsby la fermò.
Killian non sembrava incline a far finta di nulla e si avventò sul ragazzo, che sembrava avere la peggio. Ariel urlò diverse volte a Killian di smetterla ma lui non l'ascoltava perchè troppo catturato da ciò che stava facendo. Avrebbe voluto rispondergli e dirgli che era davvero colpa sua, che aveva conosciuto Ariel molto tempo fa ed era stato troppo debole per ammettere di volerla insieme a lui. Aveva preferito gettarla in mare, abbandonandola alla sua vita di sirena.
Ogni pugno che sferrava non era davvero per Dylan ma per sé stesso.
A separarli fu l'intervento di Diego e l'arrivo di alcune persone, fra le quali Ruby e David, che avevano sentito il trambusto proveniente da fuori, che li aveva portati a precipitarsi per strada. Quando i due furono ad una sicura distanza l'uno dall'altro, Ariel si precipitò verso Dylan, provocando in Killian uno sconforto che non credeva avrebbe mai provato in vita sua. Era corsa da lui, mettendogli delicatamente una mano sulla spalla e osservando l'occhio nero e il viso leggermente sanguinante. Perchè era corsa da Dylan e non da lui? Il ragazzo non la respinse.
David soccorse il ragazzo, comunicando ad Ariel che lo avrebbe portato in ospedale.
La ragazza fece un cenno di assenso con il capo e si voltò verso Killian, mentre Grimsby faceva rientrare tutti nel locale per non attirare troppa attenzione su di loro. In effetti, aveva ridotto Dylan piuttosto male e gli sguardi di tutti i presenti ne erano la prova: lo stavano giudicando e lui non lo sopportava.
Voleva tornare a casa. Quel posto era un inferno, pieno di persone che credevano di sapere la differenza fra giusto e sbagliato, che si credevano in grado di stabilire se lui fosse una persona cattiva o meno. Non esistevano il bene e il male, si trattava soltanto di persone che agivano per ottenere ciò che avevano sempre bramato, ma in quella città erano tutti troppo ottusi per capire che erano anche “umani”, non solo personaggi delle favole.
“Ti è andato di volta il cervello?”, domandò lei, furiosa.
“Il tuo fidanzato mi ha colpito”, ribattè Killian con tono ovvio.
“Era solo arrabbiato, non è da lui”, rispose lei, cercando di giustificarlo.
“Fino a poco fa eri sconvolta, perchè?”, domandò lui, cambiando argomento.
Voleva sapere il vero motivo di tutto quello che era accaduto.
“Niente, una discussione”, affermò lei, abbassando lo sguardo. “Crede che io non lo ami”.
“Ha ragione”, esclamò l'uomo, scrollando le spalle con una naturalezza che infastidì Ariel.
“Tu cosa credi di saperne?”. La voce era più alta e arrabbiata.
“Lo so e basta”. Killian non riuscì a continuare.
Non era mai stato molto bravo con le parole e la visione di quella ragazza davanti a lui con gli occhi lucidi lo riportò a tanti anni fa, sulla nave.
Si avvicinò velocemente a lei, e le prese il viso con la mano, attirandola a sé per baciarla.
Ariel inizialmente si irrigidì ma poi si lasciò andare a quel bacio, permettendo a Killian di riacquistare familiarità con le sue labbra che per troppo tempo aveva cercato. La ragazza lo stringeva maggiormente, avvicinandosi ancora di più a lui, ma d'un tratto la magia venne interrotta da qualcosa: la memoria di Ariel, che era appena tornata dalla sua proprietaria. Ariel si staccò subito, guardandosi intorno, come se stesse elaborando tutte le informazione che si erano radicate all'improvviso nella sua mente e lei le stava mettendo in ordine.
Guardò Killian con un'espressione a dir poco sconvolta, ricordando non soltanto tutto quello che era successo all'Isola ma anche quello che aveva fatto a Storybrooke, compresa la rissa con Dylan. Killian, notando la sua incertezza, cercò di avvicinarsi ma lei lo spinse via, pronta a scoppiare.
“Non toccarmi. Voglio andare a casa mia”, esclamò, indietreggiando: lo stava respingendo.
La ragazza, senza degnarlo di uno sguardo, gli voltò le spalle e prese a correre, forse sarebbe andata da Dylan, dettaglio che gli fece ribollire non poco il sangue nelle vene.
Killian cominciò a camminare a passo svelto verso il porto. Aveva bisogno di rifugiarsi nella sua nave, e cercò di ignorare la figura di Diego che aveva preso a rincorrerlo. L'uomo lo strattonò per un braccio, costringendolo a fermarsi e guardandolo con rimprovero.
“Cosa c'è?”, berciò Killian con tono infastidito. “Ha cominciato lui”.
“Già, e tu non hai esitato a farlo a pezzi”, ribattè Diego, allargando le braccia.
“Se l'è cercata”, sentenziò lui. “Lei non lo ama. Sono stato io a svegliarla”.
“Eppure è tornata da lui”, esclamò l'uomo, beccandosi uno sguardo truce. “Riuscirai mai a chiederti cosa sia meglio per lei, invece che per te? Dici di volerla riconquistare, perchè? Per riscattarti o perchè tieni davvero a lei? Sei consapevole che stare con lei significa rinunciare alla tua vendetta?”.
Killian abbassò lo sguardo e la risposta sembrava fin troppo chiara.
“Come sospettavo”, continuò Diego con sentenziosità. “Lei è diversa, lo sai. Ariel è buona, combattiva e ne abbiamo avuto le prove. Insomma, ha liberato un ragazzino per sottrarlo a te”.
Il capitano sgranò gli occhi, sconcertato. Era stato lui a far scappare il figlio di Tremotino, non lei.
“Soffri di memoria a breve termine?”, domandò lui con sarcasmo. “Hai dimenticato le frustrate che ti sei beccato per aver fatto scappare il ragazzino?”.
Diego scoppiò in una risata amara che rese Killian ancora più confuso.
“Le ricordo, eccome”, esclamò con un sorriso. “Ricordo anche di aver visto Ariel la sera prima, mi ha fatto ubriacare e lo ha fatto scappare, facendo ricadere la colpa su di me. Solo che forse non credeva che la punizione sarebbe stata provocata da una serie di frustate”.
“Perchè non hai mai detto niente?”, domandò Killian con tono afflitto.
Aveva fatto punire ingiustamente uno del suo equipaggio...un suo amico.
“Non sapevo cosa le avresti fatto”, rispose lui con voce tranquilla. “Non volevo esporla troppo. La punizione che le hai riservato, dopo aver scoperto la sua natura, è bastata anche per quello”.
Killian non aveva la forza o la voglia di aggiungere altro. Quella sera ne erano successe troppe.
“Ti lascio ai tuoi dilemmi”, esclamò Diego, voltandogli le spalle. “Spero che la notte porti consiglio al tuo cuore troppo colmo di odio e vendetta”.
Odiava dover ammettere quanto Diego avesse ragione.
Non aveva considerato minimamente il fatto che per stare insieme a lei, la sua tanto amata vendetta avrebbe dovuto perdere consistenza. Ariel non lo avrebbe accettato in quel frangente, e ne aveva già avuto prova molto tempo fa. Lui le aveva chiesto di restare insieme ma lei non aveva voluto...non a quel prezzo.
Non avrebbe acconsentito a fargli commettere un vero e proprio omicidio e poi riaccoglierlo a braccia aperte.
Tuttavia, lei lo aveva respinto ed era tornata da Dylan.
Forse la sua memoria le aveva fatto capire che non valeva la pena continuare a combattere per uno come lui, per un mostro come lui. Forse Dylan era la scelta più saggia, anche se non lo amava come voleva.
Forse Killian Jones era destinato a rimanere solo, con un grande vuoto nel cuore.
 
 
Note:
 
·(1) richiamo all'arriccispiccia della versione disney;
·(2) non so se si nota, ma in queste parti, ho cercato di evidenziare come Ariel stia emergendo, contrapponendosi a Marina. La presenza di Killian ha cambiato le cose, come se la stesse poco a poco risvegliando, anche se lei alla fine si trova un po' nella stessa situazione in cui si trovava David, cioè combattuta fra una persona che non ama ma con la quale ha una vita, e un'altra persona che la fa sentire finalmente viva.
 
Finalmente ce l'ho fatta, anche se con un po' di ritardo. Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e mi scuso davvero per l'attesa madornale. Ci stiamo avvicinando alla fine, il prossimo sarà il penultimo e poi ci sarà l'epilogo. Un grazie di vero cuore a tutti coloro che stanno seguendo questa storia, mi rendete davvero felice. Alla prossima <3
 

 
   
 
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