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Autore: Laylath    18/09/2013    1 recensioni
Il suo posto era altrove, la sua fedeltà era per un’altra persona, un altro gruppo.
E ne aveva passate tante prima di giungere a loro…
La storia del nostro amato Maresciallo Falman.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Team Mustang, Vato Falman
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 16.
1905. Shot.



Per quanto fosse consapevole di non essere solo in quel magazzino, Falman si sentiva completamente inghiottito da quell’universo di polvere e buio. Era come se l’unica protezione che avesse fosse quel flebile fascio di luce procurato dalla torcia, ad evitare che le tenebre ingoiassero pure lui.
Oltre al buio quasi totale, la cosa più inquietante di quel posto era il silenzio: era come se anni e anni di abbandono avessero amplificato l’assenza di rumore. Il suo respiro, i suoi passi, gli sembravano così forti e fuori luogo che ne era quasi spaventato.
Era un ambiente così particolare e agghiacciante che sì sentì inevitabilmente intimorito, tanto che per i primi minuti vagò senza meta, dimenticandosi il motivo per cui si trovava lì.
Quando poi vide, poco distante, il riflesso della luce di un’altra torcia, si ricordò che non era solo e che doveva cercare una cosa ben precisa.
Il registro… devo trovare quel maledetto registro.
Ma in quelle condizioni e nel buio quasi totale era davvero un’impresa improbabile.
In primis aveva una visione veramente limitata tutto quel posto: c’erano casse? Quante? In che ordine erano disposte? Come poteva individuare tutti i possibili nascondigli se non riusciva a vedere che a pochi metri dalla sua persona? Avrebbe avuto bisogno di una visione totale dell’ambiente.
Rischia solo di essere una grandissima perdita di tempo e noi non possiamo permettercela.
“Signore?” si arrischiò a chiamare, la sua voce che rimbombava tremendamente nel buio
“Che succede, Falman?” rispose Mc Dorian, da molto lontano
“Lo so che forse apparirà inappropriata come richiesta, ma… questi magazzini non hanno delle lampade nel soffitto? Non c’è un interruttore principale?”
“Vorresti accendere le luci?” chiese la voce di Alexis più vicina a lui
“Sì… lo so che è azzardato, ma senza una visione d’insieme qui non otterremo nulla – spiegò – è troppo grande come posto e se continuiamo ad avanzare alla cieca rischiamo solo di perdere ore preziose. Del resto il magazzino è completamente chiuso… dubito che qualcuno vedrà le luci”
Non ottenne nessuna risposta da parte del tenente e questo lo imbarazzò moltissimo.
Forse ho detto una cosa così stupida che nemmeno merita risposta.
“Alexis, Falman, raggiungetemi – li chiamò il tenente dopo qualche minuto, mentre la luce della torcia si alzava in alto per indicare il posto dove stava – mi serve il vostro aiuto”
I due soldati raggiunsero il loro superiore e videro che stava davanti a un pannello attaccato alla parete.
Illuminandolo maggiormente videro che si trattava dell’interruttore principale.
“Alexis tu sei il maggior esperto in queste cose – disse Mc Dorian – sai venirne a capo di tutti questi pulsanti?”
“Posso provarci, signore” annuì il giovane facendosi avanti e iniziando a studiare le sigle impolverate sopra ogni pulsante o leva. Si dovette mettere d’impegno per almeno cinque minuti, ma alla fine azionando i giusti meccanismi si sentì un ronzio improvviso e le fredde luci del soffitto si accesero.
“Sono riuscito ad attivare uno dei generatori autonomi: – spiegò Alexis – quello centrale non funziona più e ci dobbiamo accontentare di questa soluzione. Ma non posso garantire che durerà per molto: sono sistemi che hanno bisogno di manutenzione e questo è da anni che non viene usato”
“Un motivo in più per muoverci: forza ragazzi, riprendiamo a cercare”
Adesso che era decentemente illuminato dalle luci del gruppo elettronico d’emergenza, quel magazzino si presentava ai soldati in tutta la sua grandezza. Falman poté vedere le numerose casse dei materiali che si impilavano in ordinate file per tutta la superficie dell’ambiente.
Sono tantissime e maledettamente uguali… come possiamo anche solo pensare di trovare quest’ago nel pagliaio.
Alzando gli occhi al soffitto per la disperazione, vide che al di sopra della sua testa c’erano delle lastre di metallo.
“Una passerella?” chiese
“Oh sì, - rispose Mc Dorian, fissando la medesima cosa – serviva per fare manutenzione agli argani e agli altri dispositivi appesi al soffitto”
Falman annuì distrattamente, ma poi gli venne un pensiero improvviso: se saliva sopra quella passerella e otteneva una visione dall’alto, avrebbe potuto scorgere qualcosa di interessante. Seguendone il percorso con lo sguardo, riuscì ad individuare la scala metallica da cui salire, proprio al lato opposto del magazzino. Con determinazione si diresse verso quel posto: doveva assolutamente avere una visione completa.
 
I meccanici e gli operai che avevano lavorato in quel posto dovevano certamente aver avuto notevoli doti di funambolismo: quella passerella ondeggiava sinistramente ad ogni minimo movimento che faceva. Sulle prime Falman si chiese se era il caso di proseguire la sua camminata verso il centro dell’ambiente, considerato che i sostegni di metallo che tenevano quelle passerelle attaccate al soffitto mostravano diversi segni di usura… Ma era anche vero che lui era particolarmente leggero e forse il suo peso sarebbe stato sostenuto senza particolari rischi.
Così, passo dopo passo, arrivò finalmente al centro della stanza.
Un mosaico grigio e marrone si apriva sotto di lui, con quel labirinto di casse che spuntava dal pavimento ricoperto di lastre. Tuttavia, nonostante a prima vista potesse sembrare un labirinto da cui era impossibile uscire, Falman vi individuò la razionalità tipica dell’esercito: c’era sempre lo stesso schema tra le file di casse e dunque i passaggi tra di esse erano destinati a incontrarsi per poi ricongiungersi all’uscita o agli spazi vuoti, evidentemente destinati al lavoro. C’erano anche diversi segni in cima alle casse, cosa che non aveva avuto modo di notare: sigle in vernice nera che ne indicavano il contenuto a chi fosse stato in grado di riconoscerne il significato.
Distrattamente vide Alexis e il tenente che si muovevano tra quelle casse, ma lui si focalizzò sulla propria ricerca.
Anche qui è stato seguito lo stesso metodo, ne sono certo. E’ in un posto così evidente che nessuno si curerebbe mai di controllare…
I suoi occhi si mossero rapidamente su tutta la superficie di quel posto, vagliandone ogni singolo dettaglio, cercando quel particolare che l’avrebbe condotto vicino a quel registro. Quella ricerca durò una decina di minuti, ma alla fine ci arrivò.
Quella vecchia scrivania in fondo a tutto… dove ci sono i registri del magazzino. Certo! Il primo posto dove uno cercherebbe un registro!
Con un sorriso soddisfatto, si girò e tornò verso la scaletta metallica. Non si preoccupò nemmeno di avvisare gli altri che stavano controllando la parte opposta del magazzino: voleva essere lui a mettere le mani su quel registro… gli sembrava quasi un suo diritto dopo tutto quello che aveva passato per colpa di Leon. Voleva assolutamente toccare l’arma con cui l’avrebbe portato alla rovina, vendicando finalmente suo padre.
Dandogli finalmente giustizia! Chiudendo la missione che aveva iniziato anni prima.
Con passo affrettato si diresse verso il lato opposto del magazzino, fino a quella scrivania polverosa, in parte nascosta da grosse casse messe lì sicuramente negli ultimi giorni di utilizzo, che giaceva attaccata al muro. Sul ripiano non c’erano che vecchi fogli legati da pezzi di spago ormai logori.
Polvere di almeno trent’anni, certo… ma il pomello di questo cassetto non mi pare così sporco.
“Eccolo…” sussurrò incredulo, quando il cassetto venne aperto e un registro dalla copertina nera, palesemente recente, apparve davanti ai suoi occhi. Con mano tremante il soldato lo prese, constatando quanto fosse grosso: lì dentro c’erano anni e anni di traffico illecito di armi che si era espanso per buona parte del paese; c’erano nomi e cognomi di persone insospettabili che si erano arricchite in questo modo, o erano morte.
Qui ci sono tutte le prove che cerchiamo.
Avrebbe dovuto chiamare subito il tenente e Alexis, ma la sua curiosità era troppa: così aprì la prima pagina di quel registro, percorrendo ogni singola riga con lo sguardo.
Era così concentrato che non si accorse di niente, fino a quando non sentì lo scatto della sicura di una pistola proprio accanto al suo orecchio destro.
“Ciao Vato, - disse Leon – a quanto vedo sei proprio come tuo padre: non puoi fare a meno di mettere il naso in affari che non ti riguardano. Adesso non fiatare e andrà tutto bene.”
 
Avrebbe voluto chiamare aiuto, tentare qualche mossa per disarmare quell’uomo, ma la consapevolezza che la pallottola l’avrebbe colpito in nemmeno una frazione di secondo lo paralizzava totalmente. Non riuscì nemmeno a volgere lo sguardo verso il suo avversario: i suoi occhi continuarono a fissare quelle pagine fittamente scritte, con le parole che diventavano stranamente offuscate.
Non riusciva nemmeno a pensare che Alexis ed il tenente si sarebbero potuti chiedere che fine avesse fatto: gli sembrava che fossero distanti chilometri e chilometri in quel labirinto di casse.
“Adesso chiudi quel registro e vieni con me: – sussurrò Leon, facendolo riscuotere – lasciamo i tuoi amici a giocare alla caccia al tesoro”
Falman annuì lievemente, conscio che in quel momento non poteva fare altro che obbedire a quell’uomo.
Chiuse il registro e lo tenne con entrambe le mani, mentre Leon, dopo aver provveduto a disarmarlo, gli afferrò il braccio destro e lo incitò a camminare.
Perché!? Perché il tenente e Alexis sono proprio dall’altra parte di questo labirinto maledetto!?
Gli vennero le lacrime agli occhi mentre raggiungevano l’uscita di emergenza e sgattaiolavano fuori senza che nessuno li notasse: adesso era in totale balia del suo avversario.
Nonostante fossero fuori dall’edificio, Leon lo incitò a proseguire lungo il viale dove si affacciavano gli ingressi dei magazzini: lo fece quindi infilare nel piccolo vicolo che c’era tra il numero 10 e il numero 11… proprio dove un lampione aveva la lampadina fulminata.
Con una rapida mossa, Leon si portò davanti a lui, puntandogli la pistola direttamente alla fronte: Falman poteva sentire il freddo del metallo contro la sua pelle accaldata.
“Allora, Vato, – disse Leon, a voce più alta – che cosa devo fare con te? Ti ritenevo un ragazzino più giudizioso rispetto a Vincent… ero quasi tentato di lasciarti in vita. Ma il vecchio Mc Dorian ti ha messo strane idee in testa, vero?”
“Io…”
“Dovevi restare nella polizia, ragazzo. Lì non ti sarebbe successo nulla: ti saresti dimenticato di me e di Vincent e avresti vissuto la tua vita, in piena tranquillità”
Falman rimase rigido davanti a quelle parole; nonostante la paura si accorse di esigere delle risposte
“Perché… perché l’ha ucciso? Poteva… poteva lasciarlo a New Optain”
“Ti riferisci a Vincent? Tsk, se lo lasciavo lì con Mc Dorian quei due sarebbero arrivati in fretta a me… meglio separarli e tenerne d’occhio uno. Lontani non potevano pararsi il culo a vicenda, hai visto pure tu cosa è successo”
“Che aveva scoperto mio padre? Perché… ha aspettato sette anni per ucciderlo?”
“Aveva iniziato a capire che tutte le volte che si avvicinava all’obbiettivo, questo scappava via come se fosse stato informato… a fare due più due ci si impiega poco, no?”
“Certo… lei era uno dei pochi al corrente delle indagini…”
“Anche l’unico, fidati. In ogni caso, quando fu chiaro che Vincent stava iniziando a capire troppo, fu il caso di levarlo di scena. Ora, finite queste spiegazioni, capirai che non posso lasciarti in vita, vero?”
Mi ha praticamente confessato tutto quanto… ovvio che non aveva intenzione di risparmiarmi…
La vita era davvero ingiusta: aveva finalmente tutte le risposte, l’assassino di suo padre a portata di mano… tutto quello che aveva cercato per anni. Eppure questa verità la stava per pagare con il prezzo più alto: che senso c’era nell’averla seguita così disperatamente?
Aveva letto che nei secondi precedenti la morte una persona ripensa a tutti i momenti più importanti della sua vita… ma nella sua mente c’era soltanto il vuoto più totale. Gli uscì solo un pensiero, mentre lacrime involontarie iniziavano a scivolargli sulle guance magre.
Papà… papà, mi dispiace…
“Sparagli e ti faccio fuori, maledetto” esclamò una seconda voce
Senza abbandonare a posizione di totale immobilità, Falman spostò lo sguardo verso l’ingresso del vicolo e vide Mc Dorian e Alexis che tenevano le pistole puntate contro Leon. Nonostante le lacrime gli offuscassero la vista, il soldato non poté fare a meno di notare come l’espressione del tenente fosse glaciale e impenetrabile come mai aveva visto.
“Tenente Mc Dorian, ci si rivede – salutò Leon, senza smuovere la pistola dalla fronte di Falman – peccato che l’occasione non sia delle migliori, vero?”
“Figlio di puttana, ti do dieci secondi per abbassare la pistola dalla fronte del mio uomo”
“Già… il tuo uomo, il figlio di Vincent. Se non riuscissi a salvare nemmeno lui sarebbe un’altra sconfitta, vero? Secondo te ci impiega più il tuo proiettile a raggiungere me o il mio a raggiungere il cervello di Vato?”
“T…tenente – mormorò Falman – mi… mi dispiace…”
“Finiscila, Falman: – disse Mc Dorian, senza spostare lo sguardo da Leon – hai trovato quel maledetto registro e questo è quello che conta. Il resto è tutta colpa di questo maledetto”
“Allora, la situazione è di stallo: – disse Leon, con un freddo sorriso – come la mettiamo? Per come la vedo io possiamo morire in due e l’esercito avrà il suo registro… oppure non muore nessuno, ma non avrete né me né il registro. C’è sempre un prezzo da pagare, no? E questa volta l’offerta più conveniente mi pare palese… oppure questo giovane è solo una pedina per salire in alto, tenente?”
“Non osare parlare di pedine… proprio tu, schifoso bastardo!”
“Allora, abbassa l’arma… e ordina di farlo anche a tuo figlio”
Una parte di Falman avrebbe voluto gridare al tenente di non compiere un simile gesto, ma la parte più umana e vulnerabile di lui tirò un sospiro di sollievo come vide l’uomo abbassare davvero la pistola e segnalare ad Alexis di fare altrettanto. Ebbe quasi l’illusione che certamente ne sarebbero potuti uscire vivi.
“Molto bene…” annuì Leon
“Adesso tocca a te levare la pistola dalla testa del ragazzo, Leon – disse gelido, Mc Dorian, senza levare lo sguardo da lui – io ho fatto la mia parte”
“Vato, dammi il registro” ordinò Leon, tendendo la mano libera verso di lui
“Si…” ansimò Falman, ma mentre la sua voce diceva questo, si strinse al petto il grosso volume con la copertina nera.
Perché sto facendo questo? Daglielo, Vato, dagli questo maledetto registro!
“Andiamo, ragazzo, non farmi perdere tempo…”
“Tu hai ucciso mio padre…” pianse Falman appoggiandosi pesantemente contro il muro dietro di lui.
Si sentiva la testa pesantissima, lo stomaco aggrovigliato... un forte senso di nausea lo invase, mentre i ricordi del funerale gli tornavano di colpo come un pugno.
Ci vediamo dopo…
Quelle ultime parole, il sorriso di Vincent mentre gli arruffava rapidamente i capelli prima di uscire dall’ufficio verso quell’ultima fatale missione.
“Vuoi raggiungerlo? Se non mi dai quel registro ti accontento subito”
“Falman! – intervenne Mc Dorian – fai un respiro profondo, ragazzo… e dagli quel cazzo di registro. La tua vita vale molto di più”
La voce del suo superiore riuscì per qualche secondo a superare la follia che lo stava circondando e le sue braccia abbandonarono la presa sul registro che cadde a terra con un tonfo.
“Idiota… avanti raccoglilo”
“Non… non ci ri… riesco…” disse Falman in tutta sincerità
Ed era vero: era come se il suo corpo avesse perso qualsiasi capacità di reazione o movimento
“Non dire stronzate!”
“Calmo Leon, non vedi in che condizioni è? Non riesce davvero a muoversi… e sotto shock”
“Va bene… allora vieni tu qui, ragazzo – disse, facendo un cenno ad Alexis – raccoglilo e passamelo: io la pistola dalla sua fronte non la levo”
Alexis annuì e si fece avanti, raccogliendo il volume da terra e porgendolo con cautela a Leon. Annuendo lievemente, l’uomo lo prese e gli fece cenno di tornare indietro, accanto a Mc Dorian.
“Adesso hai il tuo maledetto registro – mormorò Mc Dorian – avanti, leva quella cazzo di pistola dalla sua fronte”
“Certo, ma prima buttate le vostre armi lontano, non vorrei che mi sparaste appena levo l’arma da lui”
Con il viso sempre più rabbioso, Mc Dorian ed Alexis fecero quanto era stato detto.
Una volta avuta anche quella garanzia, Leon allontanò finalmente la pistola dalla fronte di Falman.
La fine di quel contatto col freddo metallo fu come se liberasse il soldato da catene invisibili, tanto che iniziò a scivolare lentamente a terra.
“Papà…” mormorò in preda a un forte crollo nervoso
“Tsk… non vali nemmeno un briciolo di lui, Vato” lo brutalizzò Leon dandogli un calcio sullo stomaco e facendolo piegare in due dal dolore.
Nonostante tutto, lo sguardo di Falman si alzò verso quella voce, ma non vide Leon, vide solo il registro nero nella sua mano.
L’oggetto che aveva tanto cercato… il suo obbiettivo.
Non era più cosciente della situazione e con uno scatto improvviso, dimenticandosi delle fitte allo stomaco, si buttò con tutto il suo peso verso Leon, sbattendolo al muro.
Il colpo partì dalla pistola che l’uomo ancora teneva in mano.
Falman sentì un fortissimo e bruciante dolore all’altezza della spalla destra e poi più nulla.
 





___________________
nda.
Yeeeh! Ed eccomi tornata ad occuparmi di Vatino! Purtroppo per lui la ripresa è stata davvero col botto, è proprio il caso di dirlo. u.u Ma del resto che ci possiamo fare? Bisogna arrivare alla resa di conti con Leon, no? Forza e coraggio Falman! Le vacanze sono finite!
  
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