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Autore: LeFleurDuMal    22/03/2008    10 recensioni
“Diamond Dust!” Gridò Camus, con la sua voce limpida e fredda, come a evocare quella nebbia d’argento e averla per sé. Hyoga la guardò e la trovò stupenda. Come luna sbriciolata. Come diamanti ridotti in polvere.
Il ghiaccio si incrinò. Il ghiaccio infrangibile della Siberia. Sotto la Polvere di Diamanti creata da Camus.
Poi, scricchiolando, si spezzò in due.

Neve è un tributo amorevolissimo a Hyoga e a tutta la “Siberian Family”, tirando dentro anche Milo che la completa, pur restandone nella sua Atene. Copre il periodo dell’addestramento del Saint di Cygnus in Siberia con Camus e Isaac - e con Milo che si intrometterà, appunto, qualche volta - dal suo arrivo fino al ritorno a Tokyo.
Di tanto in tanto capiteranno capitoli Shonen Ai / Yaoi più espliciti. Non mi sembra il caso di cambiare il rating generale della storia, poiché episodi simili saranno molto rari ( l'unico Shonen-Ai/ Yaoi previsto riguarda la coppia MiloxCamus, quindi, considerata la presenza marginale di Milo, si tratta di una percentuale davvero scarsa sulla fanfiction ), ma li indicherò laddove si presenteranno, capitolo per capitolo.
[Unica considerazione forzata: si parla del regista Evgenij Bogratjonovic Vachtangov. In realtà Vachtangov muore mel 1922, quindi diversi anni prima della nascita di Hyoga. Gli ho DECISAMENTE allungato la vita. A voi, ora, decidere se ne è valsa la pena.]
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Cygnus Hyoga, Kraken Isaac, Scorpion Milo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAPITOLO: Come il Bianco

PERSONAGGI: Camus, Milo, Isaac, Hyoga. Poi: Vachtangov, Katjia

IN PROPOSITO: Milo parte, con rammarico. Isaac e Hyoga tornano da Camus. Tutti ammirano ghiacciai.

COSE: Il monologo di Vachtangov, ci tengo a precisarlo poichè è cosa buona e giusta, non è mio. E' di Vachtangov, appunto. Si tratta di parole vere e appuntate, giunte fino a noi. E ditemi che non sono bellissime.

Per quanto riguarda i monti Verchojansk, invece: l'idea appartiene alla magnifica Ren-Chan, il mio Camus. Potete ammirarla in tutto il suo splendore nella sua Polvere di Diamanti che vi consiglio con tutto il cuore. A voi.



Milo uscì nella luce bianca e accecante e rabbrividì. Tentò di fare rapidamente marcia indietro verso il tenue calore della stufa, ma trovò la mano di Camus che fece resistenza sulla sua schiena e lo spinse in avanti.

“Su, Scorpio. Non si indietreggia davanti al nemico” disse, ma gli angoli delle sue labbra erano vagamente tendenti verso l’alto. Milo riconobbe il tono divertito, ciononostante sbuffò rumorosamente producendo davanti a sé una consistente nuvoletta di vapore.

Ne rimase quasi sorpreso.

“Ma fa freddo...”

Camus non disse niente, ma, rapido, mosse le dita eleganti a mettergli a posto la sciarpa pesante che aveva tirato fuori dall’armadio per lui. Poi lo spinse ancora avanti, in tutto quel calmo candore gelato. Guardò e sembrò che la terra sfondasse il mare e il cielo, sbriciolando i punti di fuga. Come se non esistesse null’altro che quel bianco.

Il Bianco.

La forza divina della Giustizia senza macchia, la forza ancestrale cui avevano giurato fedeltà. Si girò con un mezzo sorriso e lasciò che lo affiancasse. Camus gli infilò sulla testa un cappello.

“Grazie. Ma non ce ne era bisogno, stavo proprio per bru…”

“Tu non brucerai il Cosmo, Milo di Scorpio. Non qui.” Tagliò corto Camus dell’Acquario e Milo, con i guanti, la sciarpa e il cappello, scoppiò in una risata energica e giovanile che accarezzò tutta la pianura bianca e senza macchia.

“Oh, smettila! Con te non si riesce mai a stare seri!”

“Cosa volevi farmi vedere?” Lo interruppe Milo, osservando che i propri piedi non lasciavano più impronte su quella lastra spessa e gelida di ghiaccio compatto sotto di sé.

Camus alzò un braccio, coperto appena da stoffa sottile sferzata dal vento e i suoi capelli – rossi come sole che arde al mattino- vennero coinvolti in una danza spietata. Il Santo di Scorpio seguì la direzione indicata.

Dal principio non vide niente, in tutto quel bianco accecante. Poi, man mano, tra il cielo, la terra e il mare, candidi e forti, scorse una sagoma leggera. E più la guardava più la vedeva meglio, come se una matita impalpabile la stesse tracciando sotto i suoi occhi, su di un foglio pulito.

Era una parete impervia, quella che emergeva dal bianco. Con i suoi contorni rigidi e spigolosi, con le insenature tagliate dal vento. Con la sua mole imponente e maestosa. Come un re e come un dio.

Come il Bianco.

“Sono i monti di Verchojanks.” Li riconobbe.

Non che li avesse mai visti, prima, in verità. Eppure li riconobbe, come si riconosce un vecchio amico di infanzia – come Aioria, per esempio – come si riconosce la propria terra.

Camus lo guardò, mascherando lo stupore.

Erano i suoi monti Verchojanks. Erano quel dio immanente e trascendente che gli era stato detto di prendere a modello, durante gli anni del suo addestramento, di cui gli era stata additata la superba fierezza. La fierezza della giustizia implacabile, del gladio che punisce e protegge, del Bianco.

Camus, da bambino, aveva guardato i monti Verchojanks e su di essi aveva modellato la propria anima.

“Come lo sai?”

 “E’ così che li ho immaginati.” Milo si strinse nelle spalle e in pratica affondò dentro la sciarpa.

“Quando è stato, che te ne ho parlato?” Camus sembrò turbato. Aveva la sensazione di essere fragile e vulnerabile quando faceva confidenze simili.

“Non ti ricordi? E’ stato all’alba che ha seguito la Notte degli Inganni. Dopo quelle ore che misero a ferro e fuoco il Santuario tu mi hai raggiunto e hai detto…

 

…non farti prendere dallo sconforto.” Isaac appoggiò le mani sulle spalle di Hyoga. “Non ce ne è motivo.”

Il bambino biondo alzò lo sguardo a incrociare quello dell’amico. Lo studiò a fondo, come per capire se davvero diceva la verità o se gli stava mentendo. Gli occhi di Isaac erano verdi e limpidi e nessuna menzogna ne ombreggiava la bellezza. Hyoga annuì.

Katjia li aveva accompagnati per un po’, nel candore abbagliante della pianura e adesso li stava salutando ridendo dalla collina ghiacciata, che aveva scalato con l’agilità di una lince. Se la ragazza fosse stata con loro, Hyoga non avrebbe mai avuto quell’attimo di debolezza.

Isaac si girò a guardarla e le sorrise. Hyoga agitò la mano nella sua direzione, Katija fece lo stesso, poi scomparve nel Bianco tutt’attorno.

“Devi concentrarti ed essere forte: il maestro Camus dice che non c’è niente come la forza del ghiaccio e niente di più puro della neve, fredda e bianca. Credi di capire? Grazie agli insegnamenti del Maestro, diventeremo Santi di Athena.”

Lo disse con una tale sicurezza che Hyoga ebbe la certezza di esserlo già un Santo di Athena. Di quell’Athena lontana e misteriosa. Fredda. Bianca. Come la neve.

Gli occhi verdi di Isaac mandarono  un bagliore che il piccolo Hyoga aveva già visto in quelli di Camus: era un bagliore di una forza così limpida e pulita da far credere davvero che non esistesse altro al di fuori di quella.

Nonostante non ci fosse più la mama, nonostante ci fosse solo freddo pungente.

Sbatté le palpebre.

C’era come qualcosa che cercava di ricordare e che afferrava in quello sguardo fiero, nello sguardo di Isaac e nello sguardo del Maestro Camus.

Era qualcosa che – tempo prima – aveva ammirato con la bocca socchiusa e gli occhi spalancati, in una cantina di Mosca, e che gli aveva fatto giurare a sé stesso, con la certezza tipica dei bambini, che sarebbe stato forte per sempre e che non si sarebbe arreso mai.

 

Il vecchio Vachtangov non ha l’andatura malferma né le gambe fragili. Nonostante il suo petto esile sia sconvolto dalla tosse e dai singhiozzi – sempre più di recente, in quelle fredde notti di Mosca, e Hyoga lo sente se talvolta si sveglia, rannicchiato contro Natassia –  si aggira sul palco come una belva, fiera e forte, tra i suoi attori che recitano stanchi e senza energia. Si volta con gli occhi fiammeggianti e Igor fa un passo indietro, verso la scenografia dorata.

Hyoga deglutisce: anche se lo vede di spalle, immagina quale sguardo abbia rivolto a Igor e quindi si fa piccolo e tace, sui cuscini.

Vachtangov li sta guardando tutti così, i suoi giovani, i suoi attori, e solo quando quello sguardo feroce e freddo passa anche su Natassia, sulla sua mama esausta che prova quello spettacolo dall’alba, Hyoga si raddrizza, ma non osa trotterellare fino da lei: il vecchio Vachtangov sta per dire qualcosa. E non si può interrompere il vecchio Vachtangov, mai, come non potrà, in seguito, interrompere Camus. Mai.

“Voi fingete!” urla allora agli attori spauriti e attoniti. Il vecchio Vachtangov è prossimo alla morte e forse lo sa, ma grida forte e chiaro, a farsi ascoltare e ascoltare bene: "Fingete una detestabile falsa modestia! tenete le spalle basse come se foste stanchi di avere recitato, con sorrisi di scuse sul viso! ‘Siamo così umili, così insignificanti’, dicono i vostri sorrisi. ‘Perchè ci applaudite? Non l'abbiamo meritato... Non siamo degli artisti, siamo entrati nel teatro semplicemente così, per recitare un poco... e il motivo per cui ci applaudite non lo sappiamo. Scusateci...!' che ipocrisia! Che incomprensione della responsabilità dell'artista di fronte al pubblico! Ma in realtà siete degli ambiziosi, sicuri di voi ed egoisti, infinitamente egoisti! Una volta per tutte, che questo non si ripeta più tra le mura del nostro teatro! Bisogna avere il coraggio di venire a salutare il pubblico come in una parata militare, severi e solenni, in modo elegante e variato. Senza far sorrisi e riverenze all'intero teatro come ballerine. Voi dovete avere il vostro modo di congedarvi al pubblico, con dignità, rispettando voi stessi e gli spettatori. Forse che Salvini dopo avere recitato Otello di permetteva di mostrare la propria fatica? veniva a salutare fresco e riposato come se fosse pronto a recitare la sua parte ancora dieci volte sempre con la stessa passione e lo stesso temperamento. E come lo si acclamava! 'Bis! Bis! Bravo!' A voi nessuno chiederà mai un bis. Come far recitare ancora questi parenti poveri del teatro, questi disgraziati esauriti! A stento riusciranno a tornare a casa, poveri piccoli. Che vergogna. Ora ripeteremo solo i saluti. Cento volte.”

 

Hyoga serrò le labbra e deglutì amaramente. Quando riportò lo sguardo su Isaac, lo vide sorridere. Evidentemente, nei propri occhi, doveva esserci adesso la stessa forza implacabile e pulita. Cento volte.

“Guarda.” Isaac gli tenne una mano sulla spalla mentre si girava verso il cielo candido. Sulle prime Hyoga non vide niente, poi cominciò, poco a poco, a mettere a fuoco qualcosa davanti a sé, come se una matita impalpabile la stesse tracciando sotto i suoi occhi, su di un foglio pulito.

Era una parete impervia, quella che emergeva dal bianco. Con i suoi contorni rigidi e spigolosi, con le insenature tagliate dal vento. Con la sua mole imponente e maestosa. Come un re e come un dio.

Come il Bianco.

“Montagne?” domandò Hyoga, osservando la forma familiare del grande ghiacciaio, adesso che lo distingueva bene, come se a nominarlo fosse semplicemente uscito dall’uniforme candore della terra e del cielo.

“Sono i monti Verchojansk. Sono i monti che il Maestro Camus vuole che guardiamo come esempio per le nostre vite.”

Hyoga osservò le montagne con occhi diversi, adesso. Li guardò per amarli e per capire come somigliare loro. La strada del ritorno all’isba divenne meno importante, adesso, anche se era un bambino fermo nel freddo. Adesso c’era da spalancare il cuore alla maestosità di quella bellezza altera che li guardava di rimando, a strapiombo sul mare.

“Ha detto così?”

“Hyoga, qualunque cosa accada, promettimi che sarai forte come quei monti.” Isaac quasi lo pregò, senza sapere cosa c’era di triste nel suo cuore ma intuendolo. “Io lo sarò per te e per il Maestro e tu devi fare lo stesso.”

Hyoga lo guardò, grave, e annuì. Pensò che il vecchio Vachtangov aveva sicuramente visto i massicci Verchojansk  e aveva voluto essere come loro. Allora sciolse l’ombra sul suo viso e appoggiò allo stesso modo una mano raggelata sulla spalla dell’amico, di fronte a lui. “Sarò forte per te e per il maestro Camus”

“Come quei monti.” Insisté Isaac “Che sono sempre forti e magnifici, che si stagliano nel cielo senza indietreggiare e…

 

…senza permettere che nulla di quello che succede loro intorno possa abbatterli o scioglierli.”

Si alzò un vento freddo proveniente dalla tundra e Milo si avvicinò di più a Camus, riparandolo, lui che aveva i guanti, la sciarpa e il cappello.

“Ho detto così, Milo?” Camus aveva lo sguardo lontano di chi ricorda giorni perduti, come doveva averlo avuto Hyoga nel ricordare Vachtangov, e - come Hyoga -  porse quella stessa domanda: “Ho detto così?”

Milo tacque, anche se avrebbe voluto confermare molte cose, come, ad esempio, erano stati utili anche a lui quei monti immaginari dopo la notte che aveva strappato al Tempio Aioros e Saga. Come sempre, però, si sbriciolava tutto sulle sue labbra prima di poter uscire davvero, quando si trattava di dire ad Aquarius cose importanti.

In un tentativo, si sporse in avanti e appoggiò allora quelle proprie labbra mute su quelle di Camus, per schiuderle piano, fino a che lo sentì rispondere al bacio.

Poi ci fu silenzio, a lungo, e si guardarono in mezzo a tutto quel bianco e a quella forza rigida della Siberia, che alleva i suoi figli selvaggia e rude.

“Adesso vai. Presto saranno qui.”

Camus fu di poche parole. Ma, infondo, delle parole si poteva fare meno e il sorriso che ebbe sciolse per un momento tutto il ghiaccio di Peveck.

Milo lo guardò, indugiando ancora, come ad imprimere i suoi tratti nella mente e sotto i polpastrelli delle mani, nonostante li conoscesse già a memoria, che staccarsi in quel finale era troppo difficile.

Ma erano Santi di Athena, lui e Camus, e non erano certo per le cose facili.

Così si allontanò, senza più girarsi, mentre dalla parte opposta due bambini si avvicinavano arrancando nella neve.

Un viaggio di dieci giorni e la permanenza di una notte soltanto: Milo non mise mai in dubbio quanto ne fosse valsa la pena. Era come combattere una vita per un solo lampo di vittoria.

Come rinunciare a tutto in nome della Giustizia sulla terra.

Come guardarsi dentro e scoprire di avere vissuto per quello che conta davvero.

Come il Bianco.

 

Molto bene: in quanto a voi. Gh.

Eli0023: Grazie >O< Ti aspetto e ti abbraccio forte.

War: çOç Mi hai commosso, con la tua recensione. Sapere di rendere in maniera sufficiente la psicologia infantile di due creature con un peso simile sulle spalle è davvero da ritenersi un grande complimento. Grazie.

Shinji: oh, grazie davvero per le tue parole. çOç Un altro che mi ha davvero commosso. çOç La sensazione un po’ così, agrodolce, è quella che volevo esprimere, è delizioso che sia arrivata. …sei sempre gentilissimo, un bacio!

Ren_Chan: E’ mio figlio quanto tuo, tomoyo! èOé  …ho fatto del mio meglio per creare un background accettabile, e lo sai che tutto quello che passa per l’adorabile famiglia dei ghiacci ha le mani in pasta con te. Sei un Gold Saint preziosissimo. çOç <3

Hagaren: Accidenti. E’ la volta buona che scoppio in lacrime. ;O; Grazie. Quella che mi hai detto è una cosa bellissima, mi sento quasi in imbarazzo. Ti stringo forte, e spero di vederti ancora.

Damaris: TU. Sì, TU. E le tue analisi. çOç Stupende. Fai sembrare il mio lavoro di gran lunga migliore di quello che è . ;O;  Non so davvero come ringraziarti per ogni recensione che mi lasci, sono piene di spunti anche per me, che devo continuare il lavoro, e di gratificazioni per quello che è stato scritto. Ti stringo. ;O;

HyogaChan: Anch’io li adoro! çOç E’ stato giocoforza, per Isaac. Ho dato un’occhiata alla cartina della Finlandia, e ho cominciato ad immaginare cose che avrebbero potuto più o meno essere plausibili. Ma mi ha fermato per un sacco di tempo il mettere a punto qualcosa XD Grazie davvero. Un bacio!

Snow Fox: Oh! L’hai letta tutta insieme! çOç Grazie! Mi hai davvero riempita d’orgoglio. Continuo e spero di non deluderti. >O< Bacione!

Manila: Grazie anche  a te, la tua recensione era semplicemente adorabile, mi hai sciolta dentro. Prendo i complimenti e ti ringrazio e spuccio insieme agli altri. Dolcissima.

Engel: Lo stesso vale per te: mi hai intenerita e fatta arrossire. Io adoro letteralmente Isaac. Non lo preferisco a Hyoga, semplicemente perché li amo entrambi con molta enfasi, e li capisco tutti e due. Di certo Isaac, delizioso com’è, non sarà svalutato o lasciato morire come personaggio: data la sua fine piena di eroismo e bellezza, ho intenzione di fare di tutto per dargli la completezza che si merita! èOé «« *si esalta*


RISPONDENDO ALLE RECENSIONI PER Bellezza è Verità, Verità è Bellezza

Ren-Chan: ç*ç Ti amo.

Shinji: Ti ringrazio dei complimenti. Caratterizzare psicologicamente Aphro e Des è sempre una sfida. Per fortuna ho degli ottimi modelli. E anche degli splendidi recensori, come te. ^__-

Eris_San: Grazie davvero, io ti aspetto sempre. Sì, credo che Aphrodite e DeathMask siano assolutamente complementari nel pensiero e nei modi, creando quell’unico di cui entrambi hanno bisogno. E insieme li trovo stupendi. XD

IrishBreeze: Inizio subito dicendo che i complimenti a quella tua deliziosa raccolta di drabble erano d’obbligo: te li rinnovo, sono delle chicche dolcissime. E spero che qualcuno ci butti più di un occhio, insomma.

In quanto alla mia fanfiction, non posso che ringraziarti dei complimenti, commossa: addirittura ogni frase. çOç sono felice del tuo pensiero a riguardo, davvero.  Per quanto riguarda Kurumada, sì, confermo: li ha trattati davvero male. E non solo in Hades, povere creature. E mi sembra assurdo dato l’altissimo potenziale di carattere e drammaturgico che hanno due personaggi come questi. ò__o  Spero di vederti ancora e presto! Bacio.

Kijomi: Davvero, tesoro. çOç Io ti voglio bene. Anche se SEMBRA che faccio quello che faccio per ucciderti o farti del male, ti assicuro che si tratta soltanto di una tua impressione. Io ti amo. E ti amo davvero. çOç  Phro, è per te. Goditela. *con sadismo, lo sa benissimo che sta rileggendo Keats. Milo GHIGNA*

PerseoeAndromeda: Ti ringrazio davvero dei complimenti, è bello trovarti. Come ho detto li amo moltissimo, questi due, e sapendo quanto li ami tu, sono contenta di sapere che ti sono piaciuti ^__-

 

   
 
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