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Autore: MarsKingdom    18/09/2013    4 recensioni
“Contatterò io il suo manager per consegnare le foto alla rivista, d’accordo?”, dissi nervosa e spazientita, rigirandomi tra le dita la mia catenina con la triade, quella che non toglievo mai.
Aspettai inutilmente un cenno, una parola, anche un grugnito da parte del tizio.
Sembrava di parlare con un muro.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Finalmente (o purtroppo, dipende da voi) sono tornata e sono riuscita a scrivere un altro capitolo della storia. Spero vi piaccia; ho cercato di mettercela tutta e di trovare tempo tra i vari impegni (lo studio, argh!). Ma quello della scrittura, a fine giornata, è uno degli ultimi piaceri che mi rimangono. Perciò, spero in giornate grigie di pioggia per poter continuare la storia.
Buona lettura!



Sotto casa mia, nel suv nero di Shannon, iniziai a formulare una frase per salutarlo.
Ero profondamente in imbarazzo.
“Ehm, allora Shannon, grazie di tutto”, dissi fissandomi le scarpe.
“Preferirei accertarmi che tu arrivi sana e salva fin nel tuo appartamento, se non ti dispiace. E poi hai tutta l’attrezzatura da prendere”, disse indicando con il pollice il portabagagli.
Con un sorriso teso, scesi dalla macchina e lasciai che mi accompagnasse fin dentro casa.
Matt stava preparando qualcosa da mangiare, perché era intento a rovesciare le scatolette di un take away dentro ad un piatto per rendere il cibo più presentabile.
Sorrisi.                                                     
“Sono a casa. E c’è anche Shannon”, aggiunsi, mentre la volontà di sotterrarmi era sempre più forte.
Matt sorrise guardandoci, si pulì le mani e ci venne in contro.
Si scambiò uno strano saluto con Shannon, quelle cose da uomini con vari gesti delle mani.
“Hei amico!”, rispose entusiasta Shannon.
Avrei giurato che Matt stesse scodinzolando.
Mentre loro parlavano, io cercai un oggetto nella stanza con cui mimetizzarmi per sparire dalla vista di quei due.
“L’accompagno in camera”, disse infine Shannon, indicandomi.
“Sì, prego. Guarda, è in fondo al corridoio, sulla destra”, rispose gentile Matt.
Ma sì, Matt, consegnami pure nelle fauci del leone!
Io, Shannon Leto e una camera da letto.
Il trinomio perfetto.
Afferrò il mio zaino e lasciò che lo guidassi fino alla mia stanza.
Quando fummo dentro, posò lo zaino in terra e io mi sedetti sul letto.
Lui chiuse la porta.
“Hai bisogno d’aiuto per qualcosa?”, mi chiese.
Lo guardai. Sembrava così normale. Un ragazzo, o meglio, un uomo semplice. Non sembrava per nulla una star mondiale. Gli sorrisi, intrecciandomi le mani in grembo.
“No, grazie”
“Che hai fatto alla mano?”, chiese allarmato.
Ma prima che potessi nascondere o tergiversare, mi aveva già raggiunto e stava togliendo i cerotti.
Mi guardò.
Aveva capito che c’erano pezzi di vetro, il vetro dell’obiettivo.
“Forza, pinzette e disinfettante se non vuoi giocarti la mano”, disse.
“Che cosa? No, no ti prego. Si stanno rimarginando i tagli”
“Sì, con il vetro dentro. Muoviti. Anzi, no, li chiedo a Matt”.
E sparì per poi tornare poco dopo con un kit ancora più accessoriato, che comprendeva anche un bisturi.
Stavo tremando.
“Aspetta un momento: la sai usare questa roba?”, gli chiesi in preda al panico.
Mi toccò con forza una spalla e guardandomi negli occhi mi tranquillizzò. Poi lo seguii alla scrivania e iniziò quella tortura.
 
“Non guardare la mano, guarda me e parlami”, mi disse, mentre facevo del mio meglio per non prestare attenzione all’odore del disinfettante.
“Come hai fatto ad imparare tutte queste cose?”, gli chiesi, per distrarmi.
“Io e Jared siamo cresciuti praticamente da soli, è utile saper fare qualche intervento di primo soccorso. E poi essendo sempre in giro con la band, può capitare”.
Nel rispondermi non mi guardò in viso: operava meticolosamente sulla mia mano. Si era fatto dare anche i guanti di lattice da Matt.
“Te com’è che invece ti metti sempre nei guai?”, mi chiese.
Sorrisi imbarazzata.
“Sono un po’ sfigata in fatto di salute”, risposi. E poi azzardai: “Però per i vetri è stato merito tuo”, dissi arrossendo.
Si fermò con l’ultimo pezzo di vetro insanguinato, a mezz’aria e mi guardò preoccupato.
“Che ho fatto?”, chiese mesto.
Pensavo l’avrebbe presa più alla leggera, così mi trovai a tergiversare.
“No, no sono io che stavo pensando troppo all’obiettivo rotto e avevo i vetri in mano. L’ho stretti un po’ troppo ed ecco cosa è successo”, spiegai in fretta.
Si fece silenzioso mentre mi spalmava la crema cicatrizzante e la massaggiava con cura.
Ero contenta in fondo che si prendesse cura di me, anche se questo mi faceva sentire stranamente indifesa e non ero sicura di quanto in realtà mi sarei potuta fidare di Shannon.
Sapevo come si comportava con le donne (e alla maggior parte andava bene così), ma sapevo anche come ero io: fondamentalmente gelosa, avevo la tendenza ad affezionarmi troppo e subito. E forse stava già accadendo.
  
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