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Autore: DonnaInRosso    18/09/2013    0 recensioni
Una donna alle prese col proprio passato. Vecchi fantasmi che riaffiorano e nuovi casi da risolvere. Isabella ha tutto questo a cui pensare, e a volte il mero andare avanti non basta.
Dal primo capitolo:
Ho davvero necessità di dormire.
Ritorno a letto, sul comodino mi aspetta la mia vecchia amica, una seducente bottiglia di gin. Prendo una dose standard di pillole, ad occhio e croce sembrerebbero una mezza dozzina, e le butto gli d’un fiato con un sorso di gin. Per un po’ riposerò senza fare brutti sogni.
Domattina sarà un’altra giornata di merda.
Il cielo notturno è plumbeo, di sicuro domani pioverà. E quando piove le notizie sono ancora più brutte del solito. Un’ultima occhiata al cuscino per vedere se la Glock è ancora al suo posto, poi sprofondo in un sonno senza luce.
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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I’ve been walking in the same way as I did / Missing out the cracks in the pavement / And tatting my heel and strutting my feet…
 
<< Tanti auguri Isabel…la. È così oggi sono 26. Cazzo, sto invecchiando. E per giunta da sola. Ho bisogno di un caffè doppio malto per calmarmi e affrontare un altro schifo di giornata. >>
 
“Is there anything I can do for you dear? / Is there anyone I could call?” / “No and thank you” / “please Madam.” / “I ain’t lost, just wandering.”
 
<< Ah! Cavolo la lingua! Scotta, scotta! Dov’è il limone? Credevo di averlo comprato l’ultima volta che sono andata dal fruttivendolo. Mmm, ah! Eccolo. >>
 
Round my hometown / Memories are fresh / Round my hometown / Ooh the people I’ve met...
 
<< Buono. Ok, mi ci vuole una doccia. Dio la testa, che male! >>
Poggio la tazza nel lavello e dribblo con passo di danza la bottiglia di gin ai piedi del divano; acchiappo un paio di slip puliti e una maglietta extra large gialla dal cassetto sgangherato e sono pronta per una super doccia rinfrescante.
 
È questa era “Hometown Glory” della magnifica Adele, tutta per voi. Qui è radio ZetaTetha sono le 5.15 di un altro favoloso mattino qui a Constantine City. Buongiorno mondo.
 
 
Driiin-driiiiin
 
<< Arrivo! >>
Apro la porta e chi mi trovo di fronte?
<< Alan! Che ci fai qui a quest’ora del mattino? Tra l’altro oggi non lavoro, Thompson mi ha concesso il giorno libero. >>
<< Ehm... Isabel, mi... mi spiace disturbarti. >>
<< Come se tu non fossi un fastidio continuo. Dai entra non rimanere impalato sulla soglia. Ti avverto che ieri sera ho finito la mia scorta di superalcolici per cui ho solo orzo e camomilla. Serviti pure da solo, io cerco di domare questa massa informe di capelli che mi ritrovo. >>
<< Si... Isab... >>
<< Non far caso al disordine, sposta quel che trovi e accomodati pure sul divano. >>
<< È un po’ difficile spostare i residui di patatine. Comunque... >>
<< Dimmi pure. Cazzo che male! Maledetti nodi! >>
<< Isabel potresti indossare qualcosa alle parti basse? Tipo un pantalone? >>
 
Cosa?
Abbasso lo sguardo e noto con orrore che indosso solo una T-shirt di Spongebob giallo fluo e un paio di slip viola.
Cazzo! Cazzo!!
<< Oh, Alan per la miseria! Sei tu che vieni a casa mia alle 5.30 del mattino. Potevi dirmelo prima almeno, no? >>
<< Beh, c’ho provato... >>
<< Copriti gli occhi! >>
<< Ahi! >>
<< Che succede adesso? >>
<< Ho battuto la testa! >>
<< Ci credo, cammini per casa come un imbecille con gli occhi bendati! >>
<< Ma tu hai detto... Ah! Lascia stare. >>
<< Dai siediti ti prendo del ghiaccio. >>
 
Recupero dei mini pantaloncini di jeans e un panno da cucina dal mucchio indistinto ai piedi del letto e vado in cucina. Alan è steso sul divano con gli occhi chiusi.
 
Che testa di...!
 
Prendo dei cubetti di ghiaccio e li avvolgo nel panno di cotone, poi ritorno nella stanza principale che funge da anticamera, sala relax e pseudo ufficio e poggio il fagotto sulla fronte del mio collega.
<< Oh, finalmente. >>
<< Ora mi dici perché mi sei piombato in casa? E questi cosa sono? >>
 
Ai piedi del divanetto giace un bel mazzo di girasoli freschi e mimose profumate.
<< Sono per te. Tanti auguri Isabel. >>
Sono senza parole.
<< Te ne sei ricordato. Grazie. >>
<< Grazie a te per il bernoccolo. Ne ho sempre desiderato uno. Che ne dici se oggi andiamo a mangiare una fetta di torta al limone da Carlo’s insieme ad un freddo bicchiere di latte? È ottimo per il post sbronza solitario. >>
 
Quant’è carino. È un imbranato colossale, un nerd sfegatato, ma con me è sempre gentile e soprattutto è tenace. Se gli ho concesso un paio di uscite è proprio per la sua testardaggine e la sua caparbietà.
Peccato che si sia preso una cotta per la persona sbagliata.
<< Il tuo disordine e la tua sciattezza mi fanno venire la nausea lo sai? >>
Ecco, appunto.
 
Avanti Isa, accetta l’invito e stacca la spina per un po’.
 
<< Mi piacerebbe venire a mangiare un boccone con te Alan ma oggi ho un appuntamento. E poi devo rassettare questo buco di casa. >>
 
Perché diavolo non mi do mai ascolto?
 
<< Per quello ti aiuto io. In due si fa prima. >>
<< E che ho da fare. >>
<< Isabel sono abituato ai tuoi due di picche. Tranquilla, ci andremo un’altra volta. Anche se il tuo compleanno arriva una volta sola in un anno intero. >>
Cerca di alzarsi dal divano, ma lo scatto repentino gli fa girare la testa e barcollando mi cade addosso e mi ritrovo bloccata al suolo dal peso del suo corpo.
I nostri occhi sono fissi in quelli dell’altro, le punte dei nostri nasi si sfiorano, posso sentire il suo respiro fresco sulle labbra.
<< Io.. io devo andare. Auguri Isabel. >>
 
Stupido, stupido, stupido! Ti prego non farti spaventare da me.
Forza Isa è sulla porta, sta per andare!
 
<< Aspetta! Se vuoi puoi restare. Voglio dire, ho proprio bisogno di una mano qui e tu sei così pignolo che forse questa volta riesco davvero a mettere tutto in ordine. Sempre se non hai niente di meglio da fare, si intende. >>
Alan mi sorride e mi porge il mazzo di fiori, un trionfo d’oro e di profumo.
<< Trova un vaso per questi, poi cominciamo. >>
 
<< Come fai a vivere da sola e avere tutto questo caos in giro? >>
<< Perché vivo sola. E poi questo posto è una topaia tanto è minuscolo. >>
<< Non è così male. Sembra piccolo perché non ci si può camminare liberamente visto i mucchi di vestiti sparsi per l’intera superficie calpestabile. >>
<< Sei il solito rompi. >>
<< Ehi questa sei tu? >>
Alan stringe tra le mani una vecchia foto incorniciata. Ci siamo io e Stella in primo piano e i nostri genitori sullo sfondo.
<< È una vecchia foto di famiglia. Non la trovavo più da un po’. >>
<< Era infilata sotto il divano. >>
<< Davvero? >>
<< Isabel, non parli mai della tua famiglia. >>
<< Perché non ho nulla da raccontare. >>
<< Non sapevo neppure avessi una gemella! >>
<< Perché non c’è nessuna gemella. >>
<< Ma è proprio qui nella foto! Siete identiche. >>
<< È MORTA, ALAN, OK? >>
Mi ritrovo in piedi, la foto stretta nella mano sinistra, pezzi di vetro rotto sotto i miei piedi.
<< Isabel stai... stai sanguinando. >>
<< Cosa? >>
Il vetro della cornice si è frantumato sotto la pressione delle mie dita e la foto sottostante si è macchiata di sangue.
<< Vieni, troviamo qualcosa per disinfettare il taglio e medicare la ferita. >>
Mi sento sopraffatta dalle emozioni, la stanza gira tutta e la vista comincia a diventare vacua e lattiginosa. Mi accascio sulle ginocchia e Alan è lì che mi stringe forte, senza parlare. Il suo buon profumo mi invade le narici e lo stringo più forte a me, soffocando sul suo collo i miei inarrestabili singhiozzi.
 
 
<< La teiera è sul fuoco, tra poco sarà pronta una buona tazza di camomilla calda. Ho trovato anche un goccio di miele nella credenza, ti aiuterà a eliminare il peso che hai sul petto. >>
<< Bastasse solo questo, sarei riuscita a conciliare il mio sonno molti anni fa. >>
<< Si chiama Stella vero? È il nome che ripetevi in aereo, durante il caso Castiel – Golden. >>
<< Si, il suo nome era Stella. >>
 
Fiuuu!
<< È pronto. Non muoverti arrivo subito. >>
 
Fiuuuu!
<< Guarda quanto è lungo! È come fischia! Mi senti papà? >>
<< Isabella non urlare per favore, ci guardano tutti. >>
<< Papà perché siamo alla stazione? Dove stiamo andando? >>
<< In un posto molto bello bambina mia. >>
<< E perché la mamma non è con noi? >>
<< La mamma è con la nonna adesso. Stanno organizzando il funerale di tua sorella. >>
<< Papà perché piangi? Padre Fernando ha detto che Stella adesso vive in cielo con gli angeli e dorme sulle nuvole. Si starà divertendo un mondo lassù. >>
<< Sta’ zitta Isa! >>
<< Papà, sei arrabbiato di nuovo con me? >>
Dal treno scende una donna vestita di nero che si avvicina a noi. Si inginocchia e mi guarda dritta negli occhi. Mi fa paura.
<< Questa deve essere Isabella. Molto bene, da questo momento la sua custodia è affidata a me. Potete venire a trovarla in qualsiasi momento con un dovuto preavviso di almeno 15 giorni e in occasioni particolari, potete portarla fuori dall’istituto per un massimo di 2 ore. >>
<< Né io né mia moglie siamo intenzionati a venire. >>
<< Capisco. Bene, allora direi che abbiamo finito. Forza Isabella, prendi la tua valigia e sali sul treno. In carrozza ti aspetta suor Gertrude. >>
<< Papà?? Tu vieni con me? >>
<< No Isabella. Questo è un addio. Questa donna si prenderà cura di te e farà in modo che tu possa crescere in modo retto e garbato. >>
<< Ma io voglio restare a casa! Non conosco questa signora ma sembra cattiva! >>
<< Isabella ora basta! Sii rispettosa. >>
E mi dà un forte ceffone sulla guancia.
<< Comportati da grande. Addio >>
<< Forza signorinella andiamo. E non piangere. Imparerai ad essere più educata, a sopportare il dolore e reprimere le tue emozioni. >>
<< È sbagliato piangere? >>
<< Mostrare le proprie emozioni non è utile. Non è la cosa giusta da fare, specie in pubblico. Forza asciuga quelle lacrimucce e vieni con me. >>
<< Signora che cos’è un addio? >>
<< È quello che succede quando si è cattivi come te. >>
Fiuuuuu...
 
 
<< Ecco, prendi. Attenta, è bollente. >>
<< Non piangevo così forte da quando ero solo una bambina. Credo mi si sia rotto qualcosa dentro al petto. Mi mancano le forze. >>
<< È la corazza che ti sei costruita. Ora si capiscono tante cose. >>
<< Quali cose? >>
<< Isabel sei una donna fantastica! Sei forte, intelligente e sicura di te, ma il tuo chiuderti a riccio nei confronti della vita, lo stare sempre sulla difensiva... non riuscivo a spiegarmi il perché del tuo comportamento. Ma adesso... >>
<< Adesso credi di conoscermi? Solo perché mi hai vista in un attimo di fragilità? >>
<< Ehi, mostrarsi vulnerabili a volte non è così brutto come credi. >>
<< Parla per te. >>
E butto giù una lunga sorsata di camomilla che mi riscalda il cuore.
<< È buono con il miele. >>
<< Lo so. >>
<< Ehi Alan, oggi non devi andare a lavoro? >>
<< Ho il cercapersone acceso, nel caso avessero bisogno di me. >>
 << Ti va di accompagnarmi in un posto? >>
<< Certo, dove vuoi andare? >>
<< A casa. >>
 
 
<< Isabel, dove vivevi coi tuoi? >>
<< Lo chiedi per sapere quanto manca? >>
<< Lo chiedo perché abbiamo già preso due tram, un taxi e adesso siamo in treno già da più di venti minuti e credo che la destinazione sia ancora lontana. >>
<< Avevamo una casa in campagna, molto fuori mano e dislocata dalla città o anche solo dal centro della piazza principale, dove ogni venerdì si faceva il mercato. Mio padre gestiva una fattoria proprio alle spalle della nostra abitazione, tutto quello che ci serviva era proprio lì, sotto il nostro naso. Non ci allontanavamo spesso da casa se non per qualche piccola gita nel bosco e qualche raro picnic. >>
<< E da quanto vivi in città? A quanti anni hai lasciato questo posto dimenticato da Dio? >>
<< Ho trovato casa a 18 anni. Ma ho lasciato casa mia quando ne avevo 6. Dopo la morte di Stella, i miei genitori mi hanno affidato ad un istituto gestito da suore. >>
<< Perché ti hanno fatto questo? Perdere una figlia non era abbastanza? >>
Bella domanda Alan.
<< Beh.. mia madre ha... ha avuto un crollo di nervi, ecco. Non riusciva a badare a me dopo il forte trauma subito. >>
<< E tua sorella, come... >>
<< Era malata di polmonite. Una forma molto acuta e violenta. >>
Mi affretto a dirgli e la conversazione si stronca lì.
Alan è intento a guardare gli alberi che sfrecciano veloci dal finestrino della nostra cabina e sembra assorto nei suoi pensieri.
<< A cosa pensi? >>
<< Al fatto che sei una pessima bugiarda. >>
<< Come? >>
<< Quando menti rotei gli occhi all’insù e scrolli le spalle con finta indifferenza. >>
<< Mi fai paura. >>
<< AhAhAh. Scusa! Hai ragione sono uno stolker! >>
<< Lo puoi ben dire. >>
<< E solo che ti osservo, tutto qui. >>
<< Ho notato! >>
 
<< Ancora mal di testa? >>
<< Un po’ >>
<< Vado nel vagone ristorante e ti prendo un caffè. >>
<< Sarebbe meglio un bicchierino di vodka. >>
<< Curi la sbornia bevendo cicchetti? >>
<< Mai stato ubriacato tu, vero? È la prima regola dell’alcolista: chiodo scaccia chiodo. >>
<< Si come vuoi, ma facciamo a modo mio ti va? >>
<< Ok, vada per il caffè, ma che sia bello forte. >>
 
Un’ora più tardi...
 
<< Eccoci arrivati. >>
Un cartello ci avverte che abbiamo messo piede ad “Halloween Town” come amo definire io questo posto, con una mastodontica avvertenza luminosa da sottotitolo:
“Attenti alle merde di vacca!”
 
Home sweet home.
 
<< Bene. Dove possiamo prendere un taxi? >>
<< Vedi Alan, da qui si estendono ettari ed ettari di campi coltivati e lunghe spighe di grano dorate che si stagliano in alto verso il cielo. E non c’è nemmeno l’ombra di un veicolo a quattro ruote che caga smog sulle loro preziose e vergini terre. >>
<< Quindi mi stai dicendo che dobbiamo incamminarci per sentieri sdrucciolosi e scalare colline per chissà quanti kilometri, il tutto sotto il sole cocente? >>
<< Comincia a buttar via la giacca e ad allentare il nodo alla cravatta! >>
 
 
 Hello darkness my old friend / I've come to talk with you again / Because a vision softly creeping / left it's seeds while I was sleeping / And the vision that was planted in my brain still remains / within the sounds of silence...
In restless dreams I walked alone / for narrow streets of cobblestone / 'neath the halo of a streetlamp / I turned my collar to the cold and damp / when my eyes were stabbed by the flash of a neon light / split the night and touched the sound of silence.
 
Camminiamo per ore sotto il sole, percorrendo sentieri solitari e alquanto instabili, incrociando mucche e pastori, vecchi e giovani, bambini che giocano con il fieno e coltivatori di terre intenti nella raccolta dei loro frutti.
 
And in the naked light I saw / ten thousand people maybe more / people talking without speaking / people hearing without listening / people writing songs that voices never share no one dare / disturb the sound of silence…
"Fools" said I "you do not know / silence like a cancer grows / hear my words that I might teach you / take my arms that I might reach you" / but my words like silent raindrops fell… / and echoed the will of silence.
 
Tutti ci guardano in cagnesco, perché in un posto come questo una faccia nuova la riconosci subito, e una faccia nuova non è mai ben accettata qui. Tutti si conoscono tra loro e nessuno vuole guai. Se ti ritrovi faccia a faccia con uno di città, la prima cosa che pensi è “buon Dio quel tizio vuole comprare la mia terra per costruirci sopra una superstrada!”
Ed eccoci qui, quelle facce silenziose e abbronzate per il sole preso a chiazze nei campi di lavoro durante il maggese, mi mettono ancora paura, come prima, come sempre.
 
And the people bowed and prayed / to the neon god they made / And the sign flashed out its warning / in the words that it was forming. / And the sign said, "The words of the prophets are written on the subway walls, and tenement halls" / and whisper the sound of silence.
 
<< Siamo arrivati. >>
In un campo di margherite appena fiorite, si staglia sovrana una lapide marmorea sulla quale si può leggere il nome “Stella” e vedere una sua fotografia. L’epitaffio recita:
“Ora dormi sulle nuvole bambina mia, coi tuoi angeli e le fate.”
 
<< Ciao Stella, quanto tempo. Questi sono per te, da parte del mio amico Alan. >>
<< Peccato si siano sciupati durante il tragitto. I girasoli hanno abbassato le loro teste. >>
<< Non importa, è il pensiero che conta. Tanti auguri sorellina. >>
<< Ehi, io vado a fare un giro per questo meraviglioso campo di margherite ok? >>
 << Alan, è un cimitero! Forza siediti qui con me. Anche se ti sembra assurdo, ho bisogno di parlare un po’ con mia sorella. Tra gemelle funziona così per tua informazione. >>
<< D’accordo. Piacere di conoscerti Stella, io sono Alan, il suo futuro marito. >>
<< COSA?!?! >>
<< Scherzavo!! >>
<< Torna subito qui!! ALAN!!! >>
 
 
<< Sono le 7 di sera, sarà meglio ritornare o perderemo l’ultimo treno che ci riporta in città e poi domani chi lo sente Thompson! >>
<< Visto che siamo qui, potresti fare un salto dai tuoi genitori, che ne pensi? >>
<< Penso che posso affrontare uno spirito alla volta. >>
<< Anche i tuoi genitori sono... beh ecco passati oltre? >>
<< Vuoi dire trapassati oltre?? Hahaha. Non intendevo dire questo. Mi riferivo ai miei spiriti passati. Magari un’altra volta. >>
<< Ok allora andiamo. >>
 
In treno...
 
<< Sai Alan, era davvero molto tempo che non facevo visita a mia sorella e per la prima volta dopo tanto, non mi sono sentita in colpa per quello che è successo. >>
<< E perché avresti dovuto sentirti in colpa. >>
<< Non lo so. È quello che mi hanno fatto credere i miei genitori e mia nonna. Io li detesto. >>
<< Probabilmente avevano solo bisogno di trovare qualcuno su cui accanirsi. Erano distrutti dal dolore e tu sei così simile a Stella. Probabilmente ogni volta che ti vedevano, gli saltava alla mente la figlia che gli era stata strappata via ingiustamente. >>
<< Questo non li giustifica affatto. >>
<< Certo che no. Ma almeno tu potresti sentirti apposto con te stessa e liberarti da questo senso di colpa che ti opprime l’animo. Credo che a Stella sarebbe piaciuto vederti vivere la tua vita appieno invece di sprecarla e buttarla via bevendo fino a stare male ed evitando ogni rapporto umano. >>
<< Ehi, a te do retta un pochino. Non evito tutti. >>
<< Ne sono onorato. >>
<< Sono stanca morta. >>
<< Anche io. Il viaggio è lungo, riposiamo un po’. >>
 
E quella volta, su quel treno, dormii senza fare incubi, con Alan al mio fianco.
 
Quando mettiamo piede a terra il cielo sopra di noi sembra volerci inghiottire. È tutto così buio e non si vede nemmeno una stella brillare nel firmamento. In compenso ci sono alti lampioni, cartelloni pubblicitari, semafori e insegne al neon di locali notturni.
<< Finalmente siamo tornati a casa. Caro vecchio smog, quanto mi sei mancato! >>
<< Smettila, dai. Ci siamo divertiti tutto sommato! >>
<< Ho bisogno di una doccia e del mio vecchio amico. >>
<< E chi sarebbe? >>
<< Linux. >>
<< Eh? >>
<< Lascia stare. >>
<< Ahahah. >>
<< E adesso perché ridi così? Stai soffocando. >>
Mi avvicino ad Alan e gli tolgo via dai capelli i residui di una spiga di grano.
<< Mio Dio quella cosa è stata sulla mia testa per tutto il tempo?? La mia reputazione da latin lover sta decisamente perdendo colpi con te al mio fianco. >>
Poi mi porge il suo braccio a cui aggrapparmi e ci avviamo verso il mio appartamento con l’aria più stanca che mai.
 
<< Beh allora buonanotte Isabel. Ci si vede domani a lavoro. >>
Si volta per andar via e con una mano levata verso il cielo blu notte ferma al volo un taxi.
Io sto lì sulla soglia di casa a ciondolare e giro e rigiro il mazzo di chiavi tra le dita che tintinna gaiamente.
 
Sbrigati fermalo!
 
<< EHI ALAN! >>
Si volta, lo sportello dell’auto già semiaperto.
 
Ok si è voltato. Ora invitalo dentro.
 
<< Vuoi venire a bere qualcosa? >>
 
Sorride e sbatte forte la portiera del taxi. Si china verso il conducente e gli dice qualcosa che somiglia ad uno “scusi”, poi si avvicina e mi dice:
<< Hai dimenticato che il tuo frigo è vuoto. Mi offri una tazza di orzo o di camomilla? >>
<< Non infierire, accetta l’invito e basta. >>
<< Opto per un bicchier d’acqua allora. >>
 
Entriamo in casa, Alan si siede sul divano ed io mi dirigo in cucina.
<< Ecco a te la tua acqua, ma non ho il ghiaccio, l’abbiamo utilizzato tutto stamattina. >>
<< Peccato, poteva passare benissimo per un bicchiere di gin con un paio di cubetti. >>
Mi siedo anch’io sul divano al suo fianco e raccolgo i pensieri per essere più chiara e concisa possibile.
<< Ok, sarò breve. >>
<< Ti ascolto. >>
<< Non interrompermi. >>
<< Muto come un pesce. >>
E con le mani finge di cucirsi la bocca.
<< Ti ringrazio per aver passato l’intera giornata con me. È stato il compleanno più bello che potessi mai desiderare ed in verità è il primo che festeggio da moltissimi anni. >>
Secondi di silenzio.
<< E ora puoi parlare! >>
 
Che stupidone.
Oddio! Perché sto pensando a lui con vezzeggiativi smielati?
 
<< Non devi ringraziarmi, sono stato davvero bene con te. >>
I suoi enormi occhi azzurri sono a meno di mezzo centimetro dalla mia faccia e non riesco a distogliere lo sguardo. Mi sento scuotere da forti brividi, ma non è come quando senti freddo. È qualcosa di stranamente piacevole. Sento il cuore battere forte e ho paura che possa esplodere da un momento all’altro. Strani crepitii partono dalla radio in cucina.
 
Ecco l’ultimo pezzo della giornata: Skyfall. Magnifica serata a voi, mondo!
This is the end / Hold your breath and count to ten / Feel the earth move and then / Hear my heart burst again…
For this is the end / I've drowned and dreamt this moment / So overdue I owe them / Swept away I'm stolen / Let the sky fall / When it crumbles We / will stand tall / Face it all Together…
 
<< Isabel? >>
<< Si? >>
<< Ho un regalo per te. >>
E poi le sue labbra sono sulle mie. E un bacio dolce, il più dolce del mondo. La sua lingua sfiora il contorno delle mie labbra delicatamente, quasi fosse un alito di vento. Un attimo dopo sono sopra di lui, le mie mani sotto la sua camicia, le sue dita tra i miei capelli.
Alan mi tiene stretta tra le sue braccia; è forte eppure allo stesso tempo la sua morsa mortale sembra un abbraccio pieno d’amore.
Mi ritrovo avvolta dalle fresche e candide lenzuola del mio letto vuoto da troppo tempo e sento il suo respiro affannoso sul mio collo.
La sua bocca corre lungo tutto il mio corpo, sfiorando appena la mia pelle diafana.
I nostri corpi sgusciano dai loro involucri, gli strappo di dosso la camicia, lui mi sfila gli slip così delicatamente che quasi non me ne accorgo.
Volano indumenti ovunque, la sua bocca corre sui miei seni piccoli e turgidi, i miei denti gli mordicchiano un lobo.
Mi tira su di lui, siamo seduti al centro del grande lettone e Alan mi stringe forte a sé; adesso siamo una cosa sola.
I nostri corpi si uniscono in un'unica meravigliosa cosa. Un calore indescrivibile m'avvolge e mi lascio inebriare dal profumo della sua pelle, senza che Alan se ne accorga.
Timidamente, scivolo sul suo petto, scoprendo il suo corpo palmo a palmo, ardendo di una passione inaspettata e violenta che mi spinge a chiedere ancora, insaziabile.
È muscoloso, quasi statuario, perfetto. I suoi capelli bruni sono una cascata di riccioli ribelli, le sue labbra carnose, sono il peccato capitale più dolce.
Le mie labbra baciano ogni lembo di carne che ricoprono il suo essere, bramose di quella amabile e allettante sensazione che mi colpisce alla testa, rendendo la mia vista acquosa.
Le sue mani si stringono più forte a me, mescolando dolcezza e vigore, alternando baci e dolci parole sussurrate al mio orecchio.
Sono sua tutta la notte e, avidamente, desidero esserlo per tutte le notti future.
Per tutte le notti del mondo.
Per sempre.
Non ho più voglia di dormire da sola, Alan. Ti prego resta con me.
 
 
Bip-bip-bip *click*
6.30 Un altro giorno.
Il sole non è ancora sbucato da dietro quelle grosse nuvole grigie. I vetri sono macchiati, forse stanotte ha piovuto. Cerco la mia amica di sempre sul comodino, ma non c’è. Né lei né le mie pillole scaccia sogni.
Guardo il mio corpo avvolto dalle lenzuola, sono ancora nuda, ma la mia maglietta di Spongebob è poggiata sullo sgabello ai piedi del letto.
 
Quindi è successo davvero.
 
Mi volto di scatto ma lui non c’è.
Il mio letto è ancora quello di una volta, sempre vuoto, sempre troppo grande per una persona
sola come me.
 
Porca puttana Isabel sei andata a letto col tuo collega di lavoro che è sgusciato via mentre tu dormivi candidamente come un ghiro in letargo. Sei la sensualità fatta persona, complimenti!
 
Ok. Tempo scaduto per l’autocommiserazione. In fondo sei sempre tu, la donna cinica e spietata che non si fa toccare da nulla. Ora ti vesti, vai in ufficio e lo affronti. Gli dici che è stato un momento di debolezza, che andava ad entrambi e che non ti mancheranno assolutamente le sue dolci mani sul tuo corpo e i suoi baci che rincorrono la tua schiena.
Si, più o meno così può andare.
 
*crash*
 
<< Che... >>
Chi diavolo c’è in cucina?
Prendo la Glock dal cassetto e mi avvicino furtivamente alla fonte del rumore.
Maledetto topo di fogna, chi sei un ladruncolo da quattro soldi? Sei nel posto sbagliato amico mio.
E ancora buio, ma riesco a distinguere una sagoma in piedi di fronte al frigo. Arrivo di spalle, non ha scampo. Miro alla spalla, sto per sparare quando la sagoma apre lo sportello del frigo illuminando il volto del mio intruso.
<< ALAN! >>
<< Oddio! Isabel, posa quella pistola! >>
<< Scusami avevo sentito un rumore. >>
<< Non pensavo che prepararti la colazione fosse un reato punibile con la morte! >>
<< Mi dispiace! E che casa mia è sempre vuota e... >>
<< E credevi che fossi sgattaiolato fuori dal tuo letto, appena ne avessi avuto l’opportunità vero? >>
Accidenti!
<< No! Beh, un pochino, ma solo per un istante! >>
<< Il tuo frigo è misero. Non dovresti sempre mangiar fuori nei fast food. Comunque ho trovato delle uova e del latte, ti preparo delle omelette, tu corri  a fare una doccia, Thompson ci distruggerà oggi. >>
<< Non darmi ordini. Sulla mia voglio lo sciroppo d’acero. >>
 
 
<< Perché siamo andati a lavoro insieme? >>
<< Perché mi fai questa domanda? >>
<< Beh sei tornato a casa tua per prendere dei vestiti puliti, non c’era bisogno di passare a prendermi. >>
<< Isabel? >>
<< Che c’è? >>
<< Stai rinnegando ciò che è successo stanotte? >>
<>
<< Signorina Isabel! Signorina Isabel! >>
<< Carlo! Buongiorno. >>
<< Buongiorno signorina Isabel. Agente Moore. Ho qui per lei quei fascicoli che mi aveva chiesto. >>
E mi porge un involucro giallo imbottito.
<< Grazie Carlo ti devo un favore. >>
<< Si figuri. Sempre al suo servizio. Buon lavoro. >>
<< Anche a te Carlo. >>
Mi volto e lo sguardo di Alan è sconvolto.
<< Che hai? >>
<< Perché Carlo si rivolge a me chiamandomi Agente e con te usa il tuo nome di battesimo? >>
<< Il mio nome di battesimo è Isabella. E poi non dirmi che sei geloso. Tra l’altro è un ragazzino. >>
<< Di questo ne riparleremo. Stai lavorando ad un caso indipendente? >>
<< Anche di questo ne riparleremo. Ora corriamo da Thompson. >>
 
Mi siedo alla mia scrivania e scarto il pacco che mi ha consegnato Carlo. Dentro c’è il fascicolo che riguarda il caso dell’omicidio di mia sorella e l’indirizzo del suo assassino. Bravo ragazzo.
Dall’ultima volta che l’ho visto, il tizio si è fatto una plastica facciale e a cambiato i suoi dati anagrafici, credendo così di rimanere nell’ombra, a quanto pare senza successo.
Dopo quella fatidica notte, venti anni fa, la notte dell’omicidio di Stella, ho rivisto il volto del suo assassino un’altra volta. E quella volta è stato per vendicarmi.
Ma purtroppo ho commesso un errore fatale e quel viscido è riuscito a farla franca. Ma questa volta non sbaglierò. Quando ci rincontreremo sarà l’ultima volta.
 
*toc-toc*
 
<< Isabel, scusa se ti disturbo, ma il vecchio sta facendo una bella strigliata ad Alan e il mio ufficio è troppo vicino all’area di guerra. Non è che posso rintanarmi qui fino a che la bufera non è passata? >>
<< Certo Maggie. Tu resta qui, io vado a vedere cosa succede. >>
 
Mi affaccio in corridoio e tutto quello che vedo è Davide che indietreggia di fronte la mostruosità di Golia.
 
<< Questo è un lavoro serio! Ieri avevo bisogno di te qui! Dove diavolo sei stato! Se proprio non ti va di venire in ufficio a lavorare, da oggi puoi continuare pure a poltrire a casa tua! Sei sospeso dal servizio a tempo indeterminato! Ed ora levati di torno! Ti voglio fuori da questo ufficio in meno di 2 minuti! >>
<< Come vuole Signore. Questo è il mio distintivo, il badge e la pistola. >>
<< Bene. E ora sparisci. >>
 
<< Alan che stai facendo, non puoi andartene! >>
<< Tranquilla posso lavorare anche da casa. >>
<< La colpa è solo mia! Ora vado in ufficio e gliene dico quattro! >>
<< Così uccideresti il mio orgoglio maschile, Isa. Va tutto bene, non metterti nei guai anche tu. Ci vediamo. >>
 
Gli volto le spalle senza controbattere e mi rintano nel mio ufficio. Lavoro senza sosta tutto il giorno, Thompson mi sta col fiato sul collo. Esamino prove balistiche in laboratorio, altri casi vengono riaperti, i centralini squillano all’impazzata, la pazienza del capo sembra dissolversi ogni 3 minuti, le scartoffie ricoprono l’intera scrivania. In un batter di ciglia, la giornata e letteralmente scivolata via e il mio fascicolo è sommerso da innumerevoli altri casi.
<< Isabel, il tuo lavoro per oggi qui è terminato. Torna a casa. Gli agenti stanchi sono agenti inutili. Ci si vede domani. >>
 
Prendo le mie cose e mi lascio alle spalle gli orrori che domani mi daranno il loro macabro buongiorno e controllo il cercapersone. Non ha fatto altro che vibrare tutto il giorno e sul cellulare ci sono numerose chiamate senza risposte. Sono tutte di Alan. Ora non ho tempo di pensare a lui, mi dico, fermo un taxi e torno a casa. La mia caccia all’uomo è appena cominciata.
 
 
Lunedì.
Sono passati diversi giorni dal mio compleanno e da quello che è successo in camera mia con Alan e le cose sembrano essere tornate quelle di sempre: nessuno ha mai un momento di riposo, le corse frenetiche per i vari dipartimenti sono sempre all’ordine del giorno e il boss non fa altro che farci ramanzine e strigliate di capo ogni volta che può. Già tutto sembra essere esser tornato al proprio posto tranne che per un particolare; Alan.
È rimasto a casa 2 giorni, nei quali ha provato invano di contattarmi.
Se cerco di avvicinarmi con una scusa, mi risponde che è oberato di lavoro e sparisce dietro i suoi schermi e i suoi numerini cibernetici. Non mi sforzo più di tanto di attaccar bottone; sembra che quello che è successo, sia stata solo una parentesi di vita ormai già dimenticata, e a me va bene così, o almeno cerco di convincermene.
La mia caccia all’uomo non prosegue come sperato. Il tizio è furbo, non ha carte di credito, cellulare o mobili e immobili di proprietà da cui un agente può risalire ai suoi spostamenti. Tutto quello che ho è una faccia su un tabellone.
 
Giovedì
L’aria in ufficio è diventata irrespirabile. La freddezza di Alan mi lascia senza parole. Non mi saluta e si rivolge a me solo se è strettamente necessario, sempre e solo per lavoro. Così non posso andare avanti...
 
Domenica
 
*toc-toc*
<< Ciao posso aiutarti? >>
Ad accogliermi sulla soglia di casa Moore c’è una donna su 30, la pelle rovinata da troppe lampade solari, rossetto rosa shocking, big babol coordinata tra i denti, capelli sfibrati da fin troppo finte tinte color biondo platino, occhi azzurri incorniciati da lunghissime ciglia ricurve, anch’esse rigorosamente made in china.
<< Cercavo Alan. È in casa? >>
Si aggiusta il mini top azzurro all’altezza del seno siliconato e con le sue unghia da Barbie smaltate di un giallo canarino si scosta una ciocca di capelli, sembrerebbero extention.
 C’è qualcosa di umano in questa donna?
<< Al momento è sotto la doccia, chi lo desidera prego? >>
<< Lasci perdere. Scusi il disturbo. >>
Mi volto per andar via quando il cyber alle mie spalle comincia a starnazzare come un’oca giuliva.
<< Aspetta, io ti ho già vista! Tu sei la collega di Alan giusto? Lavori con lui. ti ho vista all’aeroporto quando siete partiti per uno dei vostri casi. >>
Mi volto e la guardo meglio.
Massì ora ricordo chi sei: la groopy di un motociclista Harley Davidson!
<< Già ora ricordo. Tu sei Karoline giusto? >>
 
*Pof*
 
Una bolla grande quanto una casa le scoppia sul viso.
<< Katerine. >>
<< Katerine, bel nome. >>
<< Accomodati, Alan ha finito. >>
E fa un ampio gesto col braccio scheletrico invitandomi ad entrare.
<< Aspetta qui. >>
Mi indica il divano e si volatilizza in cucina. L’appartamento di Alan è davvero diverso dal mio. Tutto è in un ordine quasi maniacale, ogni ambiente della casa è ben collocato e diviso dagli altri  e una magnifica vista sulla città si staglia su un intero lato della casa.
La Barbie botulinica ritorna con un vassoio ricolmo di biscotti, caffè, latte e dolcificante.
<< Serviti pure. Quando vedi Alan digli che sono andata via e che ci vediamo domani mattina. Buona serata lavorativa. >>
L’ultima frase suona come una minaccia.
<< Riferirò. >>
E detto ciò si infila i lunghi e altissimi stivali neri di pelle nera lucida e una giacca leopardata ed esce dall’appartamento con la massima disinvoltura.
Subito dopo compare sulla soglia opposta una sagoma.
<< Isabel! Che ci fai qui? >>
Mi volto per dirgli qualcosa ma le parole mi si bloccano in gola. È quasi totalmente nudo se si esclude un mini asciugamano di cotone che gli cinge teneramente i fianchi. La sua pelle e ancora bagnata e accaldata dal getto bollente d’acqua. Piccole goccioline scendono giù dai suoi capelli bruni e corrono veloci lungo i suoi pettorali scolpiti.
Sembra notare il mio sguardo imbambolato e si affretta a dire:
<< Scusa l ‘aspetto. Non aspettavo nessuno. Vado ad indossare qualcosa di comodo e ti raggiungo. Suppongo che adesso siamo pari. >>
<< Va bene anche così! >>
Ma che ti salta in mente Isabel!!
<< Perché sei qui? >>
<< Ho bisogno del tuo aiuto per un caso. Sono una frana con i computer e devo trovare una persona. È importante. >>
<< E solo per questo che sei qui? >>
<< Si. >>
<< Beh Isabel, non ho voglia di aiutarti. >>
<< Perché mi tratti in modo diverso. In ufficio mi eviti come la peste. Cosa è cambiato tra di noi? >>
<< Cosa, dici? Isa siamo andati a letto una settimana fa! forse per te non significa nulla, ma scusami se mi sono sentito un emerito cretino a credere di piacerti davvero! Invece a quanto pare sono stato solo un giocattolino per te. Spero tu ti sia divertita. >>
<< Come osi dire questo. Sei un’idiota! >>
<< Oh si che lo sono! Dici che io ti ho evitato e tu invece? Ti ho chiamata cento volte e tu hai di proposito preferito non rispondere. >>
<< Sai una cosa, posso chiedere a Jack questo favore, di certo sarà molto più disposto di te ad offrirmi il suo aiuto senza dover pregare come ora sto facendo con te. >>
<< Certo, ammesso che te lo porti a letto. >>
 
*sbam*
 
Un sonoro schiocco scoppia nell’aria. La guancia di Alan si tinge di rosso.
E subito dopo i miei occhi si riempiono di lacrime.
<< Isabel... mi, mi dispiace, scusami. Non ho alcun diritto di parlarti così; se non vuoi creare qualcosa con me, non posso di certo fartene una colpa. >>
<< Sta’ zitto! Sei uno stupido! Pensi davvero che io vada a letto con il primo che capita? Che mi porti a casa tutti gli uomini che incontro per riempire una qualche carenza d’affetto? >>
<< No. >>
<< Sei un imbecille come tutti gli altri! >>
Corro verso l’uscita, ma Alan e più veloce di me e con un braccio blocca la porta impedendomi di andar via.
Nella foga il piccolo asciugamani vola via e giace a terra privo di vita dopo un debole vorticare a mezz’aria.
<< Sono un vero idiota, perdonami. La mia è solo gelosia. Non penso assolutamente tutto quello che ti ho detto. >>
<< Tu mi giudichi e pretendi di psicanalizzarmi, quando in realtà sei tu quello che tradisce la sua ragazza. >>
<< Cosa? Ma di che stai parlando? >>
<< Della sciacquetta bionda che mi ha aperto mentre eri sotto la doccia. >>
<< Katerine? Praticamente mi fa da mamma! Mette apposto casa, cucina e stira tutto qui! >>
E scoppia in una fragorosa risata.
<< A me piacciono le rosse lentigginose Isabel. >>
Tutto quello che ricordo dopo e la sua pelle umida sulla mia e la mia lingua strisciare nella sua bocca.
 
Un altro Lunedì.... alba
 
*brrrmm*
<< Il tuo stomaco brontola. Ho solo uno yogurt magro in frigo, ma non ho tazze, quindi dovrai mangiarlo dal mio stomaco. >>
<< È allettante, dico davvero, ma devo passare. Ho davvero bisogno del tuo aiuto per risolvere una volta e per tutte una questione in sospeso. >>
<< Cosa cerchi? >>
<< L’assassino di mia sorella. >>



FINE 3° EPISODIO
  
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