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Autore: Lady Stormborn    19/09/2013    2 recensioni
Breve storia di un piccolo mondo fatto di personaggi e storie da raccontare.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tre personaggi e un lucchetto in cerca d'autore. 


È una mattinata strana.
In realtà non avevo voglia di uscire quando mi sono svegliata con i miei capelli rossi incollati alla faccia mentre mi muovevo come uno zombie in cucina alla ricerca di un caffè, ma alla fine ho dovuto cedere all’insistenza di mia madre e andare ai grandi magazzini della mia città, dove mi trovo ora,  per acquistare tutto l’occorrente per addobbare la nostra casa in vista del compleanno della nonna – che per inciso compierà novant’anni tra tre giorni – e gli ingredienti per il dolce di compleanno che mia madre è solita preparare  per queste occasioni deliziando tutti i presenti per la bontà della sua torta al cioccolato e annoiandoli con una dettagliata spiegazione della ricetta e delle sue qualità di cuoca che ogni anno si ripete sempre uguale per la nostra gioia.
Nonostante tutto però riesco ad amare queste riunioni famigliari che fanno molto telefilm americano anni ottanta: tutti parlano e scherzano; i cuginetti corrono per la casa smontando tutto quello che mia madre con tanto amore ha sistemato; mio fratello si butta sul divano con mio padre e mio zio ignorando tutti e puntando l’attenzione solo sulla televisione; io in realtà spesso mi trovo a scrivere in queste situazioni.
Potrebbe sembrare strano a chi non mi conosce il fatto che io sia solita mettermi a scrivere in una situazione del genere e non posso dargli torto; amo scrivere in ogni luogo in realtà e soprattutto delle sensazioni che mi danno le persone che vivono l’ambiente intorno a me che spesso diventano protagoniste involontarie delle mie piccole storie senza senso.
 
La mia passione non nasce dal nulla ovviamente: mio nonno scriveva esattamente come scrivo io ora. È stato lui, quando ancora era in vita, a infondermi la passione per le belle parole e l’usanza, che per me orami è più un vizio, di portare sempre con me un quaderno o un block notes per appuntare tutto ciò che attira la mia attenzione.
Mi è capitato più spesso di quanto possiate credere di essere guardata in modo strano dai passanti che mi scoprivano a osservarli mentre scrivevo quello che mi veniva in mente delle loro ipotetiche vite.
A volte mi trovo più semplicemente a scrivere del sole o della strana forma delle nuvole, ma mi è capitato anche di inventare dal nulla storie basate su vite inventate di passanti che attiravano la mia attenzione e fomentavano la mia curiosità, fosse anche solo per un cappello portato in un qualche strano modo o per un neo particolarmente sporgente sul viso.
 
Questa mattina, prima di uscire di casa, mi sono sentita quasi in dovere di inserire nella mia borsa – tra le sigarette e l’astuccio con le penne colorate – il mio block notes perché non esiste posto migliore al mondo del grande magazzino per scrivere delle vite di totali sconosciuti; sicuramente trascurerò il motivo per cui sono venuta qui oggi trovandomi a fare tutto di corsa – sotto le ingiurie della voce della mia coscienza che è casualmente quella di mia madre – e rischiando di trovare i negozi chiusi senza accorgermene.
 
Al momento sto camminando lentamente lungo i corridoi illuminati dalle fastidiose luci al neon; sembra che il mondo non si renda conto di quanto quelle diavolerie facciano male. Il centro è fornito di gigantesche finestre, ma continuano a distruggere gli occhi della gente con quelle luci artificiali.
 
«Chiedo scusa.» Una signora di mezza età, vestita di tutto punto e con una ventiquattrore sotto al braccio, mi ha appena urtata muovendosi velocemente.
Senza nemmeno pensarci un attimo tiro fuori il block notes, attirata dal suo modo distante di muoversi e di relazionarsi con il mondo circostante.
 
Si muove velocemente; mi chiede scusa, ma non mi lascia il tempo per rispondere (è di fretta); porta una borsa da ufficio ed è vestita elegante per cui è molto probabile che lavori per una qualche multinazionale importante; i suoi modi freddi mi dicono che di certo è una donna con un certo potere abituata a dare poca importanza agli altri o comunque meno di quanta ne dia a se stessa; porta tacchi alti e ci cammina bene per cui è ovvio che li indossa ogni giorno, forse per sentirsi più bella (è probabilmente meno sicura di sé di quello che sembra).
 
Chiudo il quaderno e sto per riprendere a camminare rendendomi però conto che un ragazzo e una ragazza si sono fermati per qualche secondo a guardarmi sconvolti per quello che stavo facendo – cioè scrivendo in mezzo a un grande magazzino pieno di gente – che per loro ovviamente non aveva senso mentre lo facevo e non ha senso nemmeno ora che ho rimesso il block notes nella mia vecchia tracolla di pelle.
Mi volto verso di loro e gli lancio un sorriso accondiscendente della serie “so che pensate io sia pazza, ma fidatevi è tutto ok”; evidentemente capiscono l’antifona perché li vedo riprendere a camminare sotto i miei occhi; tiro fuori di nuovo il quaderno e riprendo a scrivere: sapevo che questa sarebbe stata una giornata proficua.
 
Stanno insieme perché si tengono per mano; lui guarda interessato il muro quindi è evidente che non sta amando quel giro insieme alla sua fidanzata; lei gli stringe la mano e ogni tanto si volta a guardarlo (non riesco a vedere bene gli occhi, ma li immagino sognanti) e capisco che è evidentemente innamorata. Forse si tradiranno tra qualche giorno (probabilmente lui tradirà lei) per poi chiedersi scusa.
 
Richiudo nuovamente il block notes e lo rimetto in borsa; ho già trovato tre personaggi interessanti e mi sento particolarmente contenta del risultato. Potrei scrivere un sacco di storie interessanti di amori lontani; di donne altere che amano senza saperlo dimostrare; di amicizie difficoltose e di tradimenti con conclusioni tragiche.
 
Controllo l’ora e mi rendo conto che è passato più tempo di quanto credessi per cui decido di spostarmi al negozio di decorazioni – che in realtà è una specie di buco dove dentro trova stazione di tutto, anche ciò che non ti aspetti – e prendere i festoni che mamma mi ha chiesto; devo prendere quelli rossi o potrebbe uccidermi.
 
Entro con un grande sorriso sulle labbra, tanto che qualcuno potrebbe chiedersi cosa diavolo ho da sorridere in quel modo: la realtà è che amo questo piccolo negozio – è forse per questo che mia madre ha insistito tanto perché venissi io qui – pieno di tutto quello che la mente può essere in grado di pensare.
Sono capace di perderci delle ore tra questi scaffali dove ogni cosa – più o meno utile – viene accatastata in un modo privo di logica, ma assolutamente perfetto; chiunque entra nel Di tutto un po’ non dovrà mai chiedere al ragazzo allampanato alla cassa dove si trova questo o quello perché di certo, nonostante il disordine, sarà in grado di trovarlo da solo; i misteri della vita.
Passo di fronte a uno scaffale pieno di oggetti usati, il mio preferito. Lo amo particolarmente perché su tutti quegli oggetti ho spesso inventato delle storie o scritto poche righe sul mio quaderno; noto subito infatti un piccolo lucchetto che attira la mia attenzione.
 
Il colore oro è sbiadito, ma sembra che qualcuno lo abbia tenuto con cura per molti anni tanto che non sembra invaso dalla polvere o dallo sporco, è solo invecchiato dal tempo. Poteva chiudere una porta, o la catena di una bicicletta, o un diario segreto su cui una ragazza amava scrivere dei tormenti della propria vita, del proprio amore. Non c’è una chiave legata a questo e forse il motivo è che il proprietario l’ha buttata lontano, dove il suo occhio non poteva vederla e quindi il suo cuore poteva darsi pace da ciò che quella chiave testimoniava; potrebbero in realtà essere anche stati gettati lontani sia il lucchetto che la chiave e potrebbe essere stato ritrovato solo il lucchetto.
Un lucchetto senza chiave, che cosa particolare; è come pensare all’amore senza le persone che fisicamente fanno parte di questo.
 
Questa volta non metto via il block notes, ma lo tengo in mano così da averlo pronto per ogni pensiero, magari potrebbe venirmi in mente un unione tra le storie che sto immaginando; amo come le persone e gli oggetti che attirano la mia attenzione spesso si fondano creando un'unica storia particolare.
Questo accade perché improvvisamente la signora un po’ snob potrebbe diventare la madre di uno di quei due ragazzini innamorati, e potrebbe non essere sicura del loro amore al punto da cercare di dividerli e loro invece potrebbero amarsi al punto da scappare insieme usando quel lucchetto per proteggere dai ladri la bicicletta che li porterà in giro per il mondo.
Nessuno può sapere cosa potrebbe nascere da tre elementi che ipoteticamente non c’entrano nulla.
 
Tornando a casa con le cose per cui sono venuta qui so che non sarò in grado di aiutare mia madre e sarò solamente troppo presa a scrivere l’ennesimo racconto di cui nessuno leggerà il contenuto; una storia che nessuno potrà raccontare se non io, perché solo io posso immaginare la storia di quelle persone, la storia di quel lucchetto senza chiave. Nessuno può capire quello che provo nell’immaginare il mondo intorno a me e costruirlo per come dovrebbe essere.
Ad alcuni sembrerà una stupidaggine, ma non lo è per me.
 
Il cellulare squilla e sono certa, senza nemmeno guardare, che sia mai madre che mi sta chiamando per sapere dove sono e per distrarmi nel caso mi sia incantata a osservare qualche bambino giocare o qualche vecchietta fermare un ragazzotto di diciotto anni per raccontargli la storia della sua vita.
 
Un giorno troverò il mio nome scritto su una copertina, di un libro incastrato sotto mille altri; avrà la copertina consunta dal tempo e le pagine ingiallite; ci sarà sopra il mio nome e dentro ci saranno le migliaia di storie che ho scritto negli anni anche se non so quali e non so nemmeno se ci saranno tutte.
L’unica cosa che so per certo è che non le avrò pubblicate io perché il mondo che creo intorno alle persone e agli oggetti che incontro sul mio cammino sono qualcosa di talmente personale che non riesco nemmeno a pensare che tutti possano leggerle.
 
Il modo migliore per vivere una vita in sintonia con il mondo in cui viviamo e immaginare di vivere le storie di chiunque si incontri, senza esclusioni.
Le vite che immagini di certo saranno meglio di quelle reali e forse un giorno qualcuno ti ringrazierà per aver reso, almeno nella tua testa, la sua vita migliore di quella che è.
 
Questa è l’ultima frase che mi trovo a scrivere sul mio block notes per oggi; un pensiero semplice che esprime tutto quello che amo fare e che in pochi capiscono.
Mi rimetto velocemente in marcia sperando di arrivare a casa il più in fretta possibile: una storia mi aspetta.  


Nda.

Grazie a tutti voi che siete arrivati fino a qui. Spero che questa piccola storia vi sia piaciuta. Vi faccio presente che il libretto esiste davvero, ed è dentro la mia borsa :) 

Se vi va di lasciarmi una recensione e dirmi cosa ne pensate di questa storiella mi farebbe molto piacere. 
A presto.

Martina
   
 
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