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Autore: Shainareth    19/09/2013    1 recensioni
La luna piena, un'atmosfera romantica e un gesto inequivocabile che, manco a dirlo, porterà comunque ad una serie infinita di fraintendimenti.
Breve long di appena due capitoli, che tratta dell'amore e della sua contorta semplicità.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Garu, Pucca
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO PRIMO




Aveva avuto una giornata piena. Pienissima, anzi, per colpa di quello scellerato di Tobe che, in uno dei suoi soliti attacchi kamikaze, aveva ben pensato di fargli passare un pomeriggio d’inferno, tenendolo occupato per ore in un continuo mordi e fuggi, dimostrando ancora una volta di essere un vigliacco senza pari. Già solo il fatto di portarsi dietro una scorta di guerrieri ninja per metterlo al tappeto la diceva lunga, dal momento che il più delle volte pareva non avere il fegato necessario per affrontarlo in un duello da uomo a uomo. Alla fine, comunque, anche Garu aveva dovuto cedere ad un aiuto esterno, sia pure in gonnella e con dei graziosi occhi a mandorla. Anche quella, a ben guardare, era routine quotidiana, ma per una volta il giovane non aveva avuto nulla da ridire, poiché sapeva che se Pucca interveniva per dargli man forte in situazioni come quella era solamente perché non voleva che si facesse male; nella più rosea delle aspettative, dal momento che ancora non erano certi che Tobe, vincendolo, avrebbe avuto il buon cuore di lasciarlo in vita. O forse sì, ma unicamente col malvagio proposito di disonorarlo e sbeffeggiarlo fino alla nausea? Sarebbe stato abbastanza infantile, eppure perfettamente calzante per quel farabutto.
   Dopo essersi concesso una lunga, calda doccia ristoratrice, pur col patema d’animo che Pucca potesse far irruzione in bagno perché guidata dai suoi immancabili, biechi propositi – che a volte erano persino peggiori e ben più temibili di quelli di Tobe –, Garu aveva avvolto le stanche membra in uno yukata marrone e si era seduto sotto al porticato della sua abitazione, ad aspettare che la sua amica finisse di lavarsi e di cambiarsi. Anche lei, dopotutto, aveva avuto una giornataccia, finendo col guadagnarci alcuni lividi e degli abiti sporchi e strappati all’altezza di gomiti e ginocchia. Vista l’ora tarda, Garu l’avrebbe senz’altro riaccompagnata a casa, glielo doveva. Sospirò con rassegnazione al pensiero che questo gli sarebbe costato diverse seccature, come avviticchiamenti e sbaciucchi vari da parte della fanciulla. Decise di non farsi prendere dall’ansia anzitempo, non ne aveva la forza, non quella sera.
   La luna piena era ben visibile in cielo e rischiarava tutto intorno, mentre una leggera brezza gli solleticava i lunghi capelli umidi e scuri, facendo oscillare lentamente alcune ciocche ai lati del suo viso. Il silenzio della notte era rotto unicamente dal canto dei grilli e il tenue bagliore di alcune lucciole, che fluttuavano nei pressi della polla d’acqua in cui nuotavano le carpe, rendeva l’atmosfera ancora più pacifica, comunicando una serenità che Garu non era mai stato capace di raggiungere neanche durante i suoi più riusciti esercizi di meditazione, nel folto della foresta di bambù che circondava la sua piccola casa di legno. Eppure, complici la spossatezza e il piacevole tepore di Mio che gli si era acciambellato in grembo a fargli le fusa, quello stato di pace interiore non lo indusse affatto alla riflessione. La sua mente, al contrario, parve svuotarsi e tutto ciò che egli fece fu guardare le meraviglie che quel paesaggio notturno aveva da offrirgli.
   Rimase per parecchi minuti in quella trance, del tutto inconsapevole di esserci entrato, e si riscosse unicamente allorquando un leggero fruscio alla sua destra annunciò la presenza di qualcun altro. Volse il viso in quella direzione e scorse un’ombra che esitò a proseguire. Dall’esilità del profilo, per il giovane non fu difficile capire che si trattava di una donna; ma fu solo nel momento in cui ella fece un altro movimento che la luce della luna ne rivelò l’identità. Uno yukata scuro di foggia maschile, del tutto simile a quello che indossava lui, copriva le forme della fanciulla e una cascata di sottili capelli neri incorniciavano un volto che quasi Garu faticò a riconoscere, abituato com’era a vederla con la chioma raccolta in due odango ai lati del capo.
   D’altro canto, anche Pucca, per la prima volta, si ritrovò incerta sul da farsi e questa nuova condizione psicologica la spiazzò. Non le era mai capitato di avere timore di avvicinarsi a lui, tutt’altro. Eppure, senza riuscire a comprenderne la ragione, le cose stavano proprio così. Se ne domandò il motivo e si sorprese nel non trovare una risposta logica. Avvertiva soltanto una strana, elettrizzante sensazione che le faceva venire la pelle d’oca, probabilmente dovuta al fatto di ritrovarsi da sola con lui a quell’ora tarda, senza che il ragazzo avesse nulla da obiettare. Anzi, era stato lui a insistere affinché si fermasse a casa sua per riposare dopo la battaglia. Avrebbe dovuto esserne felice, giusto? E allora perché le pareva che le gambe non volessero saperne di avanzare? Forse era solo stanchezza fisica, cercò di illudersi, prendendo un bel respiro. Altrimenti non avrebbe avuto senso esitare in quel modo. Adesso avrebbe ingollato un altro po’ d’aria, avrebbe sfoderato uno dei suoi larghi sorrisi e si sarebbe lanciata a peso morto su di lui, pronta ad un nuovo corpo a corpo, assai più piacevole di quello a cui erano stati costretti quel pomeriggio da Tobe e dai suoi scagnozzi. L’idea la stuzzicò al punto che, anziché riprendere il cammino con calma, saltellò allegra come al solito e si accucciò accanto al suo adorato ninja, accoccolandosi contro la sua spalla e facendogli delle fusa che avrebbero fatto invidia persino a Mio.
   Garu sospirò rassegnato, ma la lasciò fare, anche e soprattutto perché si rese conto che, in fin dei conti, la sua presenza non intaccava affatto il profondo stato di serenità in cui era entrato spiritualmente. Anzi, contribuiva inaspettatamente a farlo rilassare.
   Di colpo, però, un guizzo nell’acqua li fece sussultare. Poi, il placido gracidare di una rana accompagnò il canto dei grilli, inducendoli a ridere scioccamente per il piccolo spavento che si erano presi. Si scambiarono un sorriso e, sorprendentemente, tutto il loro mondo parve capovolgersi.
   Nessuno dei due si mosse per diversi istanti, durante i quali i loro sguardi si accarezzarono a lungo. Poi, quello di Pucca cedette ad uno sconosciuto pudore che la costrinse a chinare il viso, stupendo Garu a tal punto da fargli credere che qualcuno avesse eseguito una qualche stregoneria su di loro.
   Era senz’altro una novità per entrambi. Rimasero fermi lì, a scrutare la luna, le lucciole e le carpe che di tanto in tanto guizzavano sulla superficie dell’acqua, mentre il canto dei grilli e quello della rana faceva da sottofondo a quell’incanto. Nessuno dei due osò spezzarlo, se non quando, muovendo distrattamente le dita di una mano, Garu sfiorò quelle di Pucca, che sì irrigidirsi a quel tocco. Fu una sensazione strana, quella che lo spinse istintivamente a stringerle e poi a intrecciarle alle proprie. Con un tuffo al cuore, la fanciulla si volse a fissarlo da sotto in su con una timidezza che non sapeva di possedere. Il giovane avvertì il fiato venirgli meno quando incrociò ancora una volta i suoi occhi a mandorla, davanti ai quali danzava, nella brezza notturna, una lunga, sottile ciocca di capelli che lei non si era curata di ricacciare indietro. Garu si sorprese nel pensare che Pucca avesse degli occhi davvero belli e assai femminili. Di nuovo, una forza estranea alla propria volontà, lo indusse a muoversi nella sua direzione, scostandole delicatamente quella ciocca dal viso. Quel gesto fece rabbrividire la ragazza, che arrossì non appena le dita di lui le accarezzarono involontariamente la guancia. E fu allora che accadde ciò che nessuno dei due si sarebbe mai aspettato.
   Spinto forse dall’atmosfera del momento, Garu abbandonò ogni resistenza. Si chinò su di lei e sfiorò le sue labbra con le proprie, ritrovandosi ad assaporare quell’attimo come mai aveva fatto prima. Non avvertì alcuna resistenza dall’altra parte, solo un lieve fremito che interpretò con orgoglio virile. Osò perciò trasformare quel lieve contatto in qualcosa di più tangibile, ma comunque delicato. E gli piacque. Molto. Forse perché era assai diverso da tutti gli altri baci che si erano scambiati fino ad allora, probabilmente per il semplice fatto che questo era il primo che lui ricambiava, senza doverlo per forza subire passivamente.
   Il suo cuore ebbe un gradevole guizzo che si ripercosse fin giù nello stomaco e quasi lo fece sorridere. Ma ben presto sobbalzò per qualcosa che lo riportò bruscamente alla realtà: Pucca si scostò da lui e, dopo averlo fissato con espressione smarrita e quasi impaurita, sciolse le dita dalle sue e si alzò, affrettandosi ad allontanarsi da lì per scivolare oltre la portata del giovane che, troppo sorpreso per reagire, rimase immobile, lo sguardo perso nel vuoto che improvvisamente gli piombò attorno e addosso, schiacciandolo contro le assi di legno del pavimento. Tutto ciò che poté udire, fu il rumore ovattato dei piccoli piedi della ragazza che si perdevano nel silenzio della notte, rotto unicamente dalla melodia della natura.
   Ciò che lasciò sconvolto Garu, persino più del modo assurdamente atipico in cui entrambi si erano comportati, fu il raggiungimento di una sgradevolissima consapevolezza: adesso si rendeva conto di cosa provava Pucca tutte le volte che lui le sfuggiva, rifiutando ogni forma di affetto nei suoi riguardi. Faceva male, dannatamente male. Al punto che quasi gli mancò nuovamente il fiato, ma in maniera differente rispetto a prima, quando si era reso conto di quanto amasse quegli occhi che fin troppe volte aveva ignorato. Ogni sicurezza del giovane vacillò improvvisamente e una morsa gli attanagliò lo stomaco al pensiero che, dopotutto, quello che Pucca provava per lui poteva non essere altro che un sentimento labile e leggero, che lei si divertiva ad ostentare per gioco e che ora, spaventata dalla serietà con cui Garu aveva finalmente accettato ciò che da sempre cercava di negare, era crollato su se stesso, svanendo come una bolla di sapone. Un attimo dopo, tuttavia, il ragazzo si vergognò di quanto aveva appena supposto; non per orgoglio o arroganza, quanto perché sapeva che Pucca era sempre stata sincera e che mai, per carattere e buon cuore, avrebbe osato prendersi gioco di lui o dei sentimenti di chicchessia. Pucca lo amava, eppure era fuggita proprio quando aveva avuto la certezza di essere ricambiata.
   Garu imprecò fra sé, affondando il volto nei palmi delle mani. Dunque era innamorato di lei? Era per questo che, sotto sotto, assecondava con rassegnazione tutti i suoi capricci, senza allontanarla definitivamente da sé? O il piacere di averla attorno, di ricevere tutte quelle attenzioni, era una mera scusa per fomentare il proprio ego? Non avrebbe saputo rispondere a quelle domande, non quella notte. Anche perché l’unica sua reale preoccupazione, in quel momento, era quella di aver ferito Pucca, benché non gli fosse ancora ben chiara la ragione. Non era lei a spasimare per un suo bacio? Allora perché fuggire come se avesse avuto a che fare con un appestato?
   Per un tremendo istante, Garu ebbe l’assurdo timore di avere l’alito pesante. Scacciò quell’idea ridicola un secondo dopo, ricordando fin troppo bene tutte le volte che, incurante della fiatella mattutina, Pucca lo aveva svegliato mangiandogli le labbra dopo essersi introdotta furtivamente in casa sua allo spuntar del giorno. Quasi gli venne da ridere, se per allegria o disperazione non seppe dirlo, al pensiero che quella matta era sempre stata capace di fare follie anche peggiori di quella pur di condividere un solo attimo di contorto romanticismo insieme all’uomo che amava. Il quale, invece, la respingeva immancabilmente, ferendola nell’animo come lei aveva appena fatto con lui, senza tuttavia mai perdere il sorriso o la forza di provare ancora e ancora e ancora, sicura che prima o poi sarebbe riuscita ad attirare la sua attenzione. E in quello, invero, era sempre stata una campionessa, anche se con risultati differenti da quelli che si era prefissata. O forse no, visto quanto era appena accaduto.
   Alzando nuovamente gli occhi scuri alla luna piena, Garu si domandò se tutto quello era successo per la seconda volta a causa sua, che con quella bellissima luce era riuscita a rischiarare finalmente i suoi reali pensieri e il suo cuore, rimasti per troppo tempo ignorati. Aveva passato la vita a rincorrere ciò che egli riteneva il più alto degli ideali; ma cosa c’era di onorevole nel ferire costantemente i sentimenti di qualcuno? Sarebbe stato assai meno crudele, da parte sua, scomparire dalla vista della ragazza che sosteneva di non amare, anziché continuare a ronzarle intorno ben sapendo che prima o poi lei sarebbe tornata inesorabilmente a dargli il tormento con i suoi abbracci e i suoi baci non richiesti. Evidentemente, si ritrovò ad ammettere il giovane, niente di tutto quello era realmente una seccatura, per lui. E, forse, al contrario di quanto si erano aspettati entrambi, quella rivelazione aveva avuto il potere di intimidire, e persino spaventare, Pucca. La povera fanciulla, in effetti, doveva essere stata presa alla sprovvista da quella situazione, molto più del suo affascinante seduttore.

L’affascinante seduttore in questione, però, non sapeva che al momento anche Pucca si stava martoriando dai sensi di colpa. Anzitutto per l’essere scappata via come una codarda non appena aveva capito che il suo sogno più grande era in procinto di avverarsi. Poi, anche perché quella sua reazione era stata causata da una consapevolezza decisamente più struggente: un bacio ricambiato, desiderato anche dall’altra persona, era qualcosa di incommensurabilmente meraviglioso. Nulla a che vedere col supplizio cui sottoponeva quel poveretto di Garu ogni santo giorno. Quante volte lo aveva costretto a contatti tanto intimi? Fin troppe, e adesso i rimorsi di coscienza si erano finalmente svegliati, schiaffeggiandola con violenza: era stata terribilmente ingiusta, prepotente ed egoista. Aveva ben ragione, lui, a respingerla con decisione.
   E poi… E poi era quello, l’amore? Era davvero quello? Per la barba di Master Soo! Neanche nelle sue più rosee aspettative Pucca aveva immaginato qualcosa di tanto dolce e… e… Come poterlo definire? Non avrebbe saputo farlo in nessuna lingua esistente al mondo, di questo era assolutamente convinta mentre si aggirava frettolosamente in lungo e in largo nella propria stanza, al buio, in preda a dei sentimenti così contrastanti di gioia, di paura e di rammarico che quasi la lasciavano senza fiato.
   Arrestò di colpo il passo quando, nella follia di un momento, le venne il sospetto che quello che l’aveva baciata – di propria iniziativa! – non era affatto Garu, quanto piuttosto qualcuno che gli assomigliava come una goccia d’acqua, sebbene avesse il suo stesso, ammaliante odore, proprio quello che le faceva girare la testa tutte le volte che gli si faceva vicina, mandando completamente in tilt i suoi ormoni femminili. E se si fosse trattato di una sua copia? Alla fine Garu era parecchio pratico della tecnica del doppio, la famosa Illusione Garusiana, che per uno sventurato caso aveva già provocato fra loro diversi fraintendimenti e problemi, in passato. Ma se si fosse trattato di un clone, non sarebbe dovuto scomparire al minimo contatto fisico? Sì, se fosse stato un clone normale. Con un urlo insonoro, Pucca crollò in ginocchio sul pavimento e si strinse nelle spalle con fare angosciato. Alla mente le tornò quel dannato doppio che, dotato di parola e di modi da sciupafemmine, era stato in grado di prendersi gioco di lei, almeno fino a che non aveva rivelato la sua reale natura, finendo col fare il filo anche a Ching. Senza contare che, quella notte, c’era anche la luna piena, e lei e Garu avevano sperimentato insieme gli effetti, a tratti disastrosi, che poteva avere su di loro. A conti fatti, potevano essere molte le ipotesi che spiegavano il comportamento tanto anomalo di Garu – ammesso che fosse stato davvero lui, a baciarla. E se invece fosse stata colpa di quel dannato clone? O se fosse stata nuovamente colpa del plenilunio, che accendeva la fantasia e gli ormoni delle persone, compresi quelli di un ninja apparentemente incorruttibile? Anche quella volta, quand’era stato stregato dalla luce della luna, Garu aveva ricambiato ogni suo singolo bacio, elargendone a profusione sebbene non fossero richiesti, risultando spesso persino inopportuni, al punto che Pucca aveva desiderato avere indietro il vecchio Garu, quello che rifuggiva le sue smancerie in preda all’orrore. Ma erano stati comunque baci molto, molto diversi da questo.
   Il timore di essere stata nuovamente vittima del capriccio del destino le fece salire le lacrime agli occhi: benché fosse sempre ottimista e avesse una forza d’animo inaffondabile, in quel momento Pucca ebbe l’impressione che, se si fosse trattato ancora una volta di un’illusione d’amore, il suo cuore non avrebbe retto al dolore.
   Eppure, in fondo all’animo, avvertiva la sensazione che così non era, che quello che era appena accaduto era reale e sincero come mai lo era stato prima di allora. Era per questo, forse, che l’emozione provata era stata tanto forte da mandarla in confusione, facendole ricercare una via di fuga anziché cogliere l’attimo e approfittare di quella manna piovuta dal cielo – cosa che invece aveva sempre fatto, in passato, rimanendo puntualmente con un palmo di naso.
   Corrucciò la fronte, infastidita da tutte quelle paturnie che, a ben guardare, non avrebbero portato a null’altro che ad una notte insonne. Con uno sbuffo, si lasciò cadere all’indietro sul letto, a braccia spalancate, gli occhi fissi sul soffitto della stanza. Vero o non vero che fosse quel bacio, almeno aveva realizzato una cosa di fondamentale importanza: non erano soltanto i suoi sentimenti ad avere voce in capitolo su determinate questioni, ma anche e soprattutto quelli di Garu.
   Si girò sul fianco, afferrò la bambolina con le fattezze del suo amato e la strinse gelosamente al petto. Quasi le venne da ridere al pensiero che, se non avesse avuto tutta quella confusione in testa e nel cuore, non avrebbe esitato un solo istante a saltargli addosso e… beh, forse a pretendere ben più di un bacio, in quella fatidica notte. Il sorriso svanì di colpo dalle sue labbra e di nuovo le sue sopracciglia sottili si incresparono: Garu se l’era forse aspettato, da lei? Se sì, lei avrebbe saputo dirgli di no? Cielo, che razza di domande si poneva, quando lo aveva appena fatto?
   Con un nuovo, sonoro sbuffo, Pucca decise di averne abbastanza. Si rimise in piedi e si adoperò per andarsene una buona volta a letto, con la speranza che qualche ora di sonno l’avrebbe aiutata a schiarirsi le idee. E neanche Master Soo sapeva quanto ella ne avesse bisogno, al momento.












Non chiedetemi perché io mi sia impelagata in questa impresa, ma tant'è... La fanfiction è già stata scritta nella sua interezza, ho solo bisogno di rivedere a dovere il secondo capitolo (più lungo e movimentato) e poi, penso per domenica o giù di lì, posterò anche quello.
Si tratta di un fandom su cui mai mi sarei aspettata di scrivere qualcosa, invece sono già alla seconda storia su questa adorabile e divertentissima serie. Mi auguro solo che lo stile non risulti troppo contorto, perché spesso mi accade di aver tante cose da scrivere ma poca lucidità mentale per metterle in fila, l'una dietro l'altra. Spero che le azioni e, soprattutto, le riflessioni dei due protagonisti siano piuttosto lineari. In caso contrario, vi prego di darmi voce, così che io possa intervenire e rendere il tutto più semplice e comprensibile. Stessa cosa se doveste trovare degli strafalcioni grammaticali e/o sintattici.
E per il momento credo sia tutto.
Anzi no: a scanso di equivoci, conviene specificare che i due protagonisti, in questa fanfiction, hanno ovviamente alcuni anni in più rispetto alla serie animata.
A presto,
Shainareth





  
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