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Autore: AsanoLight    19/09/2013    2 recensioni
Una raccolta di flash-fics e One-shots sul personaggio di Tokitatsu ed il rapporto che ha con il fratello Hirato.
Vari inserti anche sulla pairing Hirakari.
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Akari, Hirato, Tokitatsu, Tsukitachi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '♣ Karneval Parade'
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Titolo: Winning
Pairing: TokitatsuxAkari, Hirakari
Personaggi: Tokitatsu, Hirato, Akari
Avvertenze: One Shot
Wordcount: 1231





«Anche tu, Tokitatsu», grugnì Akari, esplorando bigio il fondo del bianco e frizzante calice di vino che il comandante generale del Circus gli aveva porto, il volto oscurato da un velo di scetticismo mentre seguiva con la pupilla le bollicine di aria sollevarsi dalla conca del bicchiere e risalire fino alla superficie scoppiando, «Vedo che è una prassi del Circus, quella di rifilare vino ai ricercatori che vengono a discutere di lavoro».

«Ahah, Akari, sei sempre così freddo», ribatté in un sorriso divertito Tokitatsu, un tono quasi giocherellone, di quelli che solitamente si teneva stretto per quando passava del tempo con il fratello, «Offrire al proprio ospite del vino da bere è una forma di cortesia, oltre che essere una formalità. Pensavo non ti sarebbe dispiaciuto, specialmente ad uno come te che a tenere le distanze ci tiene parecchio».

 

Sorseggiò lentamente il suo calice, assaporava il vino sciacquandocisi rilassato la bocca e poi alzava il mento e gli pareva che la mente gli si cominciasse ad annebbiare e le parole si sciogliessero in quello stesso liquido, magico ed al contempo fatale.

Appoggiò un gomito sullo schienale del divano, le palpebre gli reggevano a stento, voleva dormire ma al contempo restare sveglio.

Udì una vibrazione ed il display del telefono del dottore si illuminò in un bagliore poi si spense di nuovo rapido nel taschino del suo candido camice.

 

Esalò stracco un respiro il castano, si sistemò gli occhiali, che gli stavano lentamente scendendo lungo il setto nasale e cercò di rialzarsi ma, prima ancora che potesse fare altre mosse, si accorse che Akari era già in catalessi, assopito sul divano di fronte a lui, le labbra dischiuse facevano passare solo un filo d’aria, quanto gli bastava per respirare.

Tokitatsu si portò una mano davanti agli occhi e si coprì la vista.

Gli cominciava di nuovo a girare la testa, non riusciva proprio a reggere il vino. Nemmeno in quello sarebbe riuscito a vincere il fratello. Era comandante generale del Circus ma in quanto a forza fisica, Hirato era di certo superiore a lui. Si era sempre preso cura di lui, l’aveva sempre protetto, ma ora i loro posti si erano invertiti. Ora era Hirato a splendere, era lui quello che con le sue ali l’avrebbe avvolto e tenuto lontano dai pericoli.

 

L’aveva sorpassato in tutto.

 

Guardò riluttante Akari, scoprendosi un occhio. Notò il colletto inamidato della sua camicia leggermente sbottonato che dava da vedere ad un pezzo di nuda pelle del suo pallido collo e la cravatta, un tessuto di tela violacea, era ora slacciata e gli pendeva da una parte. Arrossì e fece presa sul divano per riuscire a rialzarsi, vincendo l’ebbrezza che lo spingeva a gettarsi nuovamente sopra quei cuscini a peso morto ed addormentarsi come un sasso.

Barcollò, eliminò la distanza che lo separava dal dottore scavalcando a fatica il basso tavolino, rischiando di rovesciare, toccandola con il ginocchio, la bottiglia oramai vuota e risucchiata fino all’ultima goccia di vino. Infilò la mano nella tasca del camice di Akari e ne sfilò il cellulare posandoglielo accanto.

Avvicinò i polpastrelli alle sue labbra, le tastò con delicatezza, guardandole con occhi stracchi ma innamorati.

Era la sua unica opportunità.

C’era ancora qualcosa su cui poteva primeggiare, qualcosa che lui, a differenza di Hirato, poteva permettersi di avere. Si appoggiò alle cosce del dottore con estrema delicatezza, così da evitare di svegliarlo, gli pareva un’emozione più unica che rara, quella di potersi finalmente avvicinare ad Akari.

La chiave per la vittoria era tra le sue mani, non poteva essere più felice. Era come sfiorare la superficie fredda dell’acqua dell’Oceano, lo si fa con incertezza, con timore, con paura, così Tokitatsu lo fissava dapprima da distante, valutando come gli sarebbe meglio convenuto avvicinarsi a quelle labbra ed allontanarsene al contempo quanto più rapidamente possibile.

Voleva saggiarle, conoscere il sapore che hanno le altre persone e nello stesso momento provare l’emozione dell’amore ed il brivido della vittoria. Gli sfiorò i capelli, Akari emise un leggero grugnito mettendo il broncio ma non fece altro. Le labbra gli restavano protese verso il soffitto, continuava a respirare dolcemente e per Tokitatsu rinunciare proprio ora a quella follia che sembrava picchiettargli nella testa attendendo solo di essere compiuta sembrava impossibile.

 

Il cellulare vibrò di nuovo.

 

Sbuffò il castano e con una passata di mano lo fece volare giù dai cuscini direttamente sopra il pavimento. Si fiondò sulle sue labbra -quasi non gli pareva vero, e gli lasciò un bacio a stampo, di quello che i bambini da piccoli danno alla propria mamma, in un fervore di eccitazione e scombussolamento al contempo.

Riaprì gli occhi.

Stava ancora tremando dallo stupore e non sentiva nemmeno un senso di colpa quando la porta del suo studio si aprì ed Hirato lo sorprese a cavalcioni sopra il dottore, con il naso ancora pericolosamente vicino al suo, dopo quel bacio timido che gli aveva lasciato. Il minore inarcò un sopracciglio, apparentemente tranquillo in volto, una calma che tuttavia celava un sentimento ancora più grande, un turbamento non indifferente.

«Posso chiederti con staresti facendo, Tokitatsu, con Akari?», ironizzò Hirato con tono sardonico ma tagliente, sembrava volesse strangolarlo solo con le sue stesse parole.

Sorrise il comandante generale del Circus, tentando di non scomporsi e cercando di nascondere tutta la gioia che gli aveva suscitato quel bacio appena donato –il suo primo bacio, dietro alla stessa maschera dietro alla quale si nascondeva il fratello: «Stavo solamente cercando di risvegliare il dottor Akari dal suo profondo sonno».

«Oh, un metodo per risvegliarlo, capisco...», ribatté freddo Hirato. Posò lo sguardo su Akari e non impiegò molto a trarre il resoconto della serata. Si era ubriacato di nuovo. Non riusciva mai a dire di no, roba da matti.

Non si tolse nemmeno il cappotto, si avvicinò semplicemente al fratello, si chinò appena prima di lui raccogliendo il cellulare del dottore e, dopo averglielo nuovamente infilato nel taschino del camice, si intromise tra i profili dei due e baciò senza imbarazzo Akari, sotto l’occhio basito del fratello.

Ricambiò a mano a mano quel bacio il dottore, spalancando leggermente gli occhi come fossero fessure di una veneziana. Le sue lunghe ciglia rosa si dischiusero e le iridi si mescolarono in quelle di mora di Hirato. Era ancora ubriaco, lo poteva vedere il Secondo comandante solo dalla maniera in cui lo guardava, languida e seducente.

Bruciò dalla rabbia all’eventualità che Tokitatsu avesse visto quello stesso sguardo. Akari dischiuse goffamente le braccia, avvinghiandosi alla nuca di Hirato, senza chiedergli nemmeno perché Tokitatsu fosse ancora a cavalcioni sopra di lui. Lasciò poi andare la presa quando le loro labbra smisero di toccarsi e si gettò all’indietro riaddormentandosi di nuovo, come un neonato dopo la poppata.

 

«Non hai vinto, Tokitatsu», commentò aspramente, il sapore dolciastro del vino che gli aveva lasciato la bocca di Akari un poco lo disgustava ma a questo poneva rimedio comunque la sublimità del momento che aveva da poco trascorso e l’occhiata del dottore.

Allentò la cravatta e se ne sbottonò il colletto scoprendo la pelle del collo, segni rossi e piccoli morsi la tempestavano.

 

«Non hai mai vinto»

 

Così disse e dopo aver visto il fratello alzarsi nello sgomento, raccolse il dottore e se ne sortì soddisfatto, trattenendolo tra le sue braccia, come stesse esibendo un trofeo di battaglia, conscio tuttavia che la vera battaglia sarebbe cominciata quando entrambi si sarebbero ritrovati l’uno accanto all’altro, sotto le coperte.

   
 
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